Notturno
A Myri, che dovrebbe sentirsi profondamente in colpa.
Penombra.
Quanti anni ho passato, nel folle errore di odiarti?
Silenzio. Qualche scricchiolio dei mobili. E un verso di un uccello notturno, lontano, che tace quasi subito.
Troppi.
E stralci sottili di bianco, dove la luna colpisce il lenzuolo che ti scivola via tra le mani, sulle spalle, sui fianchi.
E intuisco le linee sottili del tuo corpo, in punta di dita prima che con gli occhi.
Sono stato uno stupido.
E la tua pelle che sa di amaro e di dolce insieme, sotto tocchi leggeri delle mie labbra.
E darsi dell'idiota č stato quasi troppo tardi.
Ho temuto di doverti lasciare andare.
Un sospiro che si perde nel fruscio del cotone.
Rumori, lontano.
Poi, oltre a te, il nulla.