Déjà Vu
DE’JA’ VU
Era una notte come tante altre…almeno questo era quello che
avrebbero potuto dire al loro risveglio i Chipmunks e le Chipettes,
loro, infatti, stavano tranquillamente dormendo sotto le soffici e
calde coperte dei loro letti. Non era il caso di Dave, però.
Nonostante anch’egli fosse a letto in quel momento, i suoi
tentativi di addormentarsi erano resi vani da un qualcosa che
probabilmente poteva essere nient’altro che uno scherzo della
sua mente. Nel corso della giornata aveva vissuto il più
grande senso di Déjà Vu della sua vita,
perlomeno…all’inizio poteva sembrare un
Déjà Vu, ma col trascorrere delle ore quella
sensazione di “Già visto” si era
lentamente trasformata in qualcosa di più grande e
più intricato. Se prima la sua era solo una
“sensazione”, ora gli sembrava che si trattasse di
qualcosa di “vero”, qualcosa che aveva per davvero
vissuto, ma che la sua mente gli teneva bloccato nei più
oscuri anfratti del suo inconscio. E il vano tentativo di sbloccare la
sua mente per accedere a quel ricordo era anche lo stesso motivo che
gli impediva di dormire quella notte.
Tutto ebbe inizio quella mattina.
Dave aveva accompagnato i suoi sei chipmunk alla loro casa discografica
affinché terminassero di registrare gli ultimi brani del
loro prossimo album. Tutto si era svolto in modo
regolare…fin troppo, considerando che per la prima volta
Alvin aveva resistito alla tentazione di combinarne un’altra
della sue. Al termine, Dave stava discutendo con i tecnici incaricati
delle registrazioni gli ultimi dettagli riguardo ai brani che avrebbero
dovuto inserire nel cd, quando la sua attenzione fu richiamata proprio
dal piccolo chipmunk con la felpa rossa. Alvin, ancora
all’interno della sala di registrazione insieme agli altri
scoiattoli, nell’attesa, si era arrampicato
sull’asta che sorreggeva il microfono, e una volta giunto in
cima, si mise in piedi in equilibrio proprio sopra di esso. Fu in quel
momento che Dave, vedendolo, ebbe quella sensazione di
Déjà Vu. L’immagine di Alvin, che si
teneva in equilibrio sulle zampe posteriori in cima al microfono non
gli fu nuova…
Il resto della giornata era stato un vero tormento!
Normalmente chi vive un’esperienza di
Déjà Vu attraversa tre fasi: la prima
è quando lo si vive, mentre nella seconda, che in genere
comincia pochi secondi dopo la prima, il soggetto cerca di scavare nei
suoi ricordi per cercare di dare un significato concreto a quanto ha
appena vissuto. Nella terza, che sopraggiunge alcuni minuti dopo, la
persona, resasi conto di non poter concretizzare quanto crede di aver
vissuto, semplicemente si dimentica del Déjà Vu e
torna a vivere la sua abituale vita.
La mente di Dave era rimasta incastrata nella seconda fase, e
lì ci ha fatto le radici. Nonostante qualunque suo impulso
razionale lo spingeva a dimenticarsene (o per lo meno ad ignorarlo), la
sua mente inconscia semplicemente glielo impediva. Col risultato che
Dave trascorse tutta la giornata a tormentarsi…senza
giungere a niente.
Quella notte? Stessa storia!
Dave era esausto. Nel tentativo di trovare quel ricordo si era ridotto
allo stremo delle forze.
Ogni tanto aveva provato a chiudere gli occhi e a cercare di
addormentarsi. Quando ci riusciva, cominciava quasi da subito a fare
strani sogni, i quali lo spingevano a risvegliarsi pochi minuti dopo.
Dopo l’ultimo, vano, tentativo di dormire, voltò
la testa verso il piccolo tavolino che si trovava nel lato sinistro del
letto e guardò l’orario sulla sveglia posta sopra
di esso: 3.42
Il pensiero che fra sole quattro ore avrebbe dovuto alzarsi dal letto
per preparare la colazione ai suoi ragazzi lo spaventò.
Non potendone più, si alzò e si mise seduto sul
letto. Osservò ancora una volta la sveglia, notando che era
passato appena un minuto. Il cambio di prospettiva della sua visuale
gli fece notare anche qualcos’altro: dietro la sveglia
c’era il suo lettore mp3, con gli auricolari ordinatamente
arrotolati intorno ad esso. Sapeva di persone che dormono regolarmente
con le cuffie nelle orecchie e la musica a palla, ma riteneva di non
farne parte. L’idea di addormentarsi con un baccano come
quello prodotto da un mp3 per lui era inconcepibile, ma data la
situazione, decise che per lo meno valeva la pena di tentare, e nel
peggiore dei casi avrebbe avuto qualcosa di diverso a cui pensare.
Raccolse il lettore, si mise gli auricolari e lo accese. Non perse
molto tempo a scegliere la canzone, cercava solo un diversivo per far
fronte a quella fastidiosa sensazione di Déjà Vu.
Quando la musica partì (un brano Hip hop…uno dei
suoi meno preferiti), Dave si rimise sotto le coperte, chiuse gli occhi
e tentò per l’ennesima volta di addormentarsi.
Contro ogni aspettativa, la musica riuscì per davvero a
distrarlo dai suoi tormentanti pensieri, e pochissimi minuti dopo,
aiutato anche dall’ora e dalla stanchezza, finalmente prese
sonno.
Nonostante questa volta riuscì per davvero a dormire, non
poté fare a meno di ripetere quello strano sogno, anche se
sarebbe stato più corretto definirlo un insieme di immagini
e scene prese apparentemente a caso dai suoi ricordi: avvolte vedeva
Alvin, altre volte rivedeva se stesso da bambino, ai tempi in cui
abitava ancora a Fresno, una cittadina che si trovava nella zona
centrare dello stato della California, altre volte ancora, immagini e
spezzoni apparentemente privi di significato della sua vita. Tutto
questo insieme d’immagini e ricordi era accompagnato da una
colonna sonora che nel contesto poteva apparire sensata (ma che nella
realtà non era altro che la musica che proveniva dal lettore
mp3, che la mente assonnata di Dave alterava e incorporava nel suo
sogno).
A furia di rivivere questo o quel ricordo, la notte (o meglio, quello
che ne rimaneva, vista e considerata l’ora) trascorse
rapidamente.
La mattina fu svegliato da Simon, che lo avvertì di essere
in ritardo.
Dave si alzò con gli auricolari dell’mp3 ancora
attaccati alle orecchie, ma senza che questi emettessero musica. Prese
il lettore in mano e premette qualche pulsante, constatando quello che
temeva: la batteria era scarica.
Si tolse gli auricolari, si vestì in tutta fretta e corse a
preparare la colazione ai Chipmunks e alle Chipettes.
Mentre loro mangiavano, lui bevé una tripla razione di
caffè, dal momento che le quattro ore e mezza scarse che era
riuscito a dormire non gli erano stati per niente sufficienti per
ricaricare la SUA batteria. Poi, quando tutti ebbero finito, li
accompagnò a scuola.
Giunti al parcheggio del cortile del liceo West Eastman, Dave
salutò i suoi ragazzi e loro ricambiarono il saluto prima di
avviarsi.
In quel momento gli tornò in mente quel
Déjà Vu. Gli aveva concesso un po’ di
tregua durante la colazione e il tragitto, ma ora era prepotentemente
tornato.
<< Simon! >>. Chiamò Dave il
chipmunk.
<< Sì, Dave? >>
<< Puoi tornare un attimo in macchina? Questione di un
paio di minuti! >>
Simon obbedì e tornò all’interno del
veicolo, gli altri, incuriositi, si erano fermati per guardarsi
indietro, e Dave fece loro gesto i andare.
<< C’è qualche problema, Dave?
>> gli chiese Simon.
<< Bhe…dimmi una cosa…quanto ne sai
di psicologia? >>
La domanda suonò strana al chipmunk, ma rispose comunque:
<< Abbastanza da riuscir a sopportare
Alvin…perché? >>
Dave non gli rispose, ma aggiunse una domanda:
<< E di psicanalisi? >>
<< Dave, vuoi dirmi che ti succede? >>. A
quel punto Dave gli raccontò rapidamente tutto, gli
parlò del Déjà Vu venutogli dopo aver
visto Alvin nella sala di registrazione, dell’ossessione che
gli stava provocando e dei sogni che aveva fatto nel corso della notte.
<< Bhe…la storia del
Déjà Vu in effetti fila con questi tuoi
sogni… >> gli rispose a quel punto Simon.
<< Ah sì? E in che modo? >>.
Dave si rendeva conto di dover tagliar corto, perché ormai
Simon correva il rischio di arrivare in classe in ritardo, ma oramai
che erano entrambi qui, tanto valeva concludere il discorso.
<< Recenti studi hanno dimostrato che i sogni sono
un…chiamiamolo “mezzo”, che la nostra
mente addotta per risolvere alcuni problemi, diciamo come una domestica
che fa ordine in casa mentre tu non ci sei...e le esperienze che
viviamo nei nostri sogni non sono altro che ricordi in disordine che il
sogno sta cercando di rimettere a posto. Questo tuo…
Déjà Vu… deve in qualche modo aver
scombussolato qualche tuo vecchio ricordo…e il fatto che tra
le varie scene che hai rivissuto nel sogno c’erano spezzoni
della tua vita da bambino avvalora ancora di più questa
teoria. >>
<< Dunque? Che dovrei fare? Rimettermi a dormire e
aspettare che i miei sogni mettano tutto in ordine? >>
<< E’ una soluzione, ma potrebbe anche
provocarti più confusione di prima…e peggiorare
ulteriormente le cose…un’alternativa sarebbe di
sfruttare gli indizi del tuo sogno per far riemergere quello specifico
ricordo…o per lo meno per convincerti che quel
Déjà Vu non era altro che uno scherzo della tua
mente. Questo è l’unico suggerimento che mi sento
di poterti dare…purtroppo la psicologia dei sogni
è una scienza ancora troppo imprecisa…
>>
<< Certo, capisco...grazie per il
suggerimento…ora credo che dovresti andare…
>>
<< Oh, nessun problema, Dave. Mi auguro che tu riesca a
venirne a capo! >>.
Simon uscì dall’auto e cominciò a
correre verso l’entrata. La campanella suonò nel
momento in cui il chipmunk aveva varcato la porta.
“Appena in tempo!” pensò tra se e se
Dave.
Tornato a casa, l’intenzione di Dave sarebbe stata di andar a
far la spesa al supermarket, ma cambiò subito idea
rimuginando sulle parole di Simon: “I sogni sono un mezzo che
la nostra mente adotta per risolvere alcuni problemi”;
“Sfrutta gli indizi del tuo sogno per far riemergere il tuo
ricordo bloccato”. Dunque, cosa gli aveva suggerito il sogno?
Si era visto da bambino…quindi forse è qualcosa
legato alla sua infanzia?! Cos’altro? Alvin...beh, Alvin
poteva significare il contesto in cui è partito tutto,
quindi la casa discografica! La domanda era: “Da bambino
aveva mai avuto un esperienza legata alle case
discografiche?” L’unica cosa che gli tornava in
mente era il periodo in cui andava al College. Era proprio durante
quegli anni che aveva cominciato ad aspirare ad una carriera nel campo
della musica…e ora che ci pensava, in quel periodo Ian Hawke
era anche la persona che lui considerava il suo migliore amico.
Comunque non era il momento per pensare ad Hawke.
Non trovava un filo logico tra il periodo del College e la sua infanzia
a Fresno, quindi scartò quest’idea.
Cercò decine di ipotesi che potessero legarsi ad Alvin e a
Fresno, ma niente da fare. “O per lo meno per convincerti che
quel Déjà Vu non era altro che uno scherzo della
tua mente”. Questa frase, con la quale Simon aveva concluso
il suo illuminante discorso sulla psiche umana, stava ormai per
diventare l’unica ipotesi possibile al problema di Dave. Ma
non appena stava per accettare questa realtà, la sensazione
che sotto sotto qualcosa gli era sfuggito era tornata a martoriargli la
testa, tanto da provocargli quasi un emicrania.
Cos’altro poteva fare? Mettersi a dormire ancora! Era la sua
idea iniziale…sconsigliata da Simon. Però, dal
momento che il suggerimento del chipmunk era fallito miseramente, tanto
valeva tentarle tutte.
Dave andò in camera da letto e tentò di dormire,
ma sta volta il compito gli fu ancora più arduo,
perché oltre al ricordo che lottava per riemergere, ora si
sommava anche l’emicrania!
“E non posso nemmeno ascoltare quella dannata musica, con
l’mp3 scarico!” si lamentò tra se e se.
In quel momento nella sua mente avvenne qualcosa di paragonabile
all’esplosione di una bomba che abbatte un muro. La MUSICA
era la parola chiave! Era palese, il sogno gliel’aveva
suggerito durante la notte. Aveva reso un album Hip hop da lui odiato
in una colonna sonora che si legava perfettamente a tutte le scene che
aveva rivisto. Due candelotti di dinamite: uno “LA SUA
INFANZIA”, l’altro “ALVIN”. E
la “MUSICA” era il detonatore.
Ora ricordava tutto:
ANNO 1968.
Dave aveva 8 anni a quell’epoca. In quel periodo era estate,
e come da tradizione, lui e un piccolo gruppetto di suoi amici, tutti
accompagnati dai rispettivi genitori, erano andati a trascorrere un
weekend di campeggio al Parco Nazionale di Yosemite, che si trovava
all’incirca a 100 chilometri a Nord dal centro della
città di Fresno.
I due giorni di campeggio erano trascorsi all’insegna del
divertimento e della gioia, ma a Dave non importava molto dei giochi
che organizzava la sua piccola combriccola di amichetti, a lui
interessava cantare, gli era sempre piaciuto, solo che si vergognava di
ammetterlo. Perfino i suoi stessi genitori erano all’oscuro
della cosa.
Dave, nonostante fosse solo un bambino, sentiva di sbagliare a tenere
segreta una cosa del genere, ma la paura di una figuraccia, o magari di
essere preso in giro dagli amici aveva sempre preso il sopravvento sul
suo desiderio di esibire quelle che lui considerava
“abilità canore”. Nonostante il timore,
aveva deciso di rivelare il suo segreto proprio durante
l’ultima sera del campeggio, e per l’occasione si
era preso la briga di scrivere una piccola canzone.
Quella sera, dopo mangiato, le famiglie dei tre amici di Dave e la sua
(che comprendeva oltre a suo padre e a sua madre anche la giovane e
simpatica zia Jeckie, sorella di suo papà) si erano radunate
intorno ad un falò per raccontarsi tra di loro le classiche
storie dell’orrore che in genere si raccontano al campeggio.
Ogni famiglia contribuiva con un proprio racconto, alcuni improvvisati,
altri scritti e preparati per tempo. La storia più
spaventosa era certamente quella del padre di Dave, che raccontava
della leggenda di un terribile mostro che abitava in quei boschi, e
dello sfortunato incontro che un gruppo di campeggiatori avevano avuto
con la bestia.
La storia aveva spaventato i bambini e inquietato un po’
anche gli altri genitori tanto era ben raccontata.
Al termine del racconto d’orrore i genitori invitarono i
bambini a andare a dormire. Dave si rese conto che se voleva cantare la
sua canzone, doveva farlo subito, quindi si armò di tutto il
coraggio di cui potesse disporre un ragazzino di otto anni e
parlò.
Raccontò a tutti della sua passione per il canto, e la sua
autostima crebbe vedendo le espressioni di felicità assunte
dai suoi genitori quando appresero la notizia.
I bambini, che erano già entrati nelle rispettive tende,
tornarono a sedersi intorno al focolare. Fecero lo stesso i genitori
che si erano precedentemente alzati.
Tutti erano tornati a sedersi intorno al falò, solo Dave era
in piedi. Estrasse dalla tasca il foglio in cui aveva appuntato il
testo della canzone e cantò.
Durante la sua esibizione, alcuni del suo pubblico avevano assunto
un’espressione sorpresa, altri curiosa, e questo convinse il
bambino di star facendo un’esibizione sublime! Quando ebbe
terminato si aspettava applausi, grida di gioia e
complimenti…gli applausi ci furono…ma non erano
esattamente come se li aspettava, sembravano quasi…forzati.
I suoi tre amici, il cui loro giudizio sarebbe stato quello che Dave
avrebbe considerato il più importante, invece di
complimentarsi con lui cominciarono a ridere di lui e a prenderlo in
giro. Durò per poco, perché in seguito i genitori
ordinarono loro di smetterla subito, ma quel poco sconvolse Dave, che
stava per mettersi a piangere dopo aver subito la più grande
delusione di tutta la sua vita.
Mamma e Papà cercarono di tranquillizzarlo, di convincerlo
che la sua esibizione era stata bellissima, ma Dave non volle dar loro
ascolto. Disperato, corse via, allontanandosi dal gruppo ed
addentrandosi nell’oscurità dei boschi del Parco
Nazionale di Yosemite.
I genitori tentarono di seguirlo, chiamandolo e implorando che tornasse
indietro. Anche gli altri bambini e le loro famiglie si unirono alla
ricerca.
Lo cercarono per diversi minuti, allontanandosi anche di molto dalla
zona del loro accampamento, non immaginarono che Dave, con grande
maestria, si era nascosto a non più di dieci metri dalle
tende, ed era intenzionato a restare lì per un bel
po’. Era troppo deluso e pieno di vergogna per tornare al
campo, ma in compenso non piangeva più.
Nel buio più totale, con la voce dei membri del suo gruppo
che occasionalmente interrompevano il silenzio di quella notte gridando
disperati il suo nome, Dave stava cominciando ad avere un po’
di paura, in particolare, ripensò alla leggenda del mostro
che abita quei boschi… “E se il mostro esistesse
davvero?” “E se mi trovasse, cosa farà?
Mi mangerà?” .
Dave stava seriamente cominciando a pensare che forse sarebbe meglio se
fosse tornato al campo, quando un rumore che proveniva dai rami di un
albero lo inquietò. “Forse è solo un
uccello…o forse è il mostro che vuole farmi un
agguato!!!” . Non era niente di tutto ciò, era
solo uno scoiattolo. Un piccolo scoiattolino della specie che
chiamavano “Chipunk”…NO, errore! Era
“Chipmunk”!!
Quello scoiattolino scese di alcuni altri rami e si mise
fermò sulla porzione finale di uno di essi, mettendosi in
equilibrio sulle zampe posteriori e guardandolo negli occhi.
ANNO 2011
Dave, sdraiato nel suo letto aveva finalmente scoperto il significato
del suo Déjà Vu, ora capiva finalmente dove e in
che contesto aveva già vissuto le scena di Alvin in piedi
sul microfono.
Ripensando al nome ALVIN, nella mente di Dave si sbloccò
anche qualcos’altro:
ANNO 1968
Nonostante fosse buoi pesto, Dave riuscì a vedere che il
piccolo chipmunk era intento a fissarlo.
Il bambino si aspettava che pochi secondi dopo lo scoiattolo se ne
sarebbe andato, invece il chipmunk scese ancora di qualche ramo, di
fatto, avvicinandosi sempre di più a Dave.
<< Non dovresti tornare dai tuoi, piccolo?
>>
Dave sentì una piccola e strana vocina fargli questa
domanda, ma nel buio di quella notte non si accorse che a parlare era
stato proprio lo scoiattolo. Il bambino cominciò a guardarsi
intorno, cercando di capire da dove fosse provenuta quella vocina.
<< Hey, girati, sono quassù? >>
aggiunse la voce. Dave sta volta capì da dove veniva, ma
quando si girò e sollevò la testa in direzione
del chipmunk tra i rami, non poté crederci.
<< S-sei stato tu a parlare? >> chiese
timidamente Dave al roditore.
<< Certo che ho parlato io! >> gli rispose
il chipmunk
<< M-ma questo non può essere! Gli scoiattoli
non possono parlare! Per caso sei un alieno? O un folletto, magari?
>>
Il chipmunk ridacchiò, emettendo un piccolo squittio che
Dave trovo molto simpatico.
<< No no, niente di tutto ciò, sono solo un
comunissimo chipmunk! >>
<< E come mai parli? >>
<< Oh, bhe, tutti i chipmunk sanno
parlare…solo che non parliamo molto con le persone,
preferiamo parlare tra di noi…abbiamo più
argomenti in comune. Dimmi, ti chiami Dave giusto? Ho sentito gli altri
umani chiamarti con questo nome >>. Dave annuì.
<< Beh, io sono Alvin, piacere di conoscerti, Dave!
>>
<< Alvin…che bel nome! >>
<< Hey! Ti ringrazio! Sai, era il nome di mio nonno!
E’ una tradizione di noi chipmunk! In ogni famiglia il
secondogenito eredita il nome del nonno…un giorno anche mio
nipote si chiamerà Alvin! >>
<< Forte! Non credevo che anche gli scoiattoli avessero
tradizioni! >> commentò Dave stupito.
<< Ci sono tante cose che voi umani non sapete di noi,
piccolo…ma ora dimmi, perché sei scappato in quel
modo? >>
La domanda aveva un po’ turbato Dave, ma il bambino rispose
comunque << Avevo scritto una canzone da cantare davanti
ai miei amici e ai miei genitori, ma loro poi mi hanno preso in giro
perché era una canzone brutta… >>.
Il bambino era sul punto di rimettersi a piangere, e Alvin sentiva di
dover fare qualcosa per aiutarlo.
<< Beh…io l’ho
ascoltata…e l’ho trovata molto bella!
>> cercò di consolarlo il chipmunk.
<< E uno scoiattolo cosa ne sa di
cos’è una canzone bella?! >> gli
chiese in tono accusatorio Dave.
<< Hey, hai idea di quanti campeggiatori passino da
queste parti, e quanti di loro ascoltino la musica in campeggio?! Ne so
quanto basta! E a me la tua canzone è piaciuta molto!
>>.
<< Allora perché mi hanno preso tutti in giro?
>>
<< I bambini prendono sempre in giro i loro amici,
è una cosa normale! Anche noi chipmunk ci prendiamo in giro
tra di noi! >>
<< Davvero? >>
<< Ma certo che è la vero! Sono un chipmunk
serio io! >>
A sentire le confortanti parole di Alvin, Dave si calmò. Lo
scoiattolo e il bambino restarono in silenzio per alcuni secondi, prima
che la quiete di quella notte fosse infranta dall’ennesimo
disperato urlo di sua madre che lo cercava chi sa dove.
<< Penso che ora dovresti tornare dai tuoi amici e dalla
tua famiglia >> gli disse Alvin.
<< E’ vero…vuoi venire con me, ti
posso presentare a mamma e a papà! >> gli
propose Dave.
<< Oh, è meglio di no…se si venisse
a sapere che i chipmunk parlano, questi boschi si riempirebbero di
gente, e noi non avremo più pace, mi capisci?
>>.
<< Sì…beh, credo di sì
>>.
<< Prometti di mantenere il segreto? >>
<< Lo prometto! >>
<< E promettimi un’altra cosa >>
<< Che cosa, Alvin? >>
<< Devi promettermi che continuerai a scrivere canzoni!
Anche se ti diranno che non sei bravo, tu continua, senza mai fermarti!
Un giorno troverai la tua strada! >>.
Dave non capì il senso di quest’ultima parte.
“Quale strada?” si chiese tra se e se, ma aveva
compreso la prima parte, avrebbe ascoltato il consiglio di Alvin e
avrebbe continuato a scrivere canzoni!
<< Ok! Lo prometto! >>
Il bambino e il chipmunk si dissero addio. Nonostante si conoscessero
solo da pochi minuti, per entrambi quella separazione era stata molto
dolorosa, ma era necessario…ognuno di loro doveva tornare
alla sua vita.
Dave fece ritorno al campo, dove ad aspettarlo c’era la zia
Jeckie. Quando lo vide riemergere dal bosco, corse verso di lui e lo
abbraccio sollevata. La zia avvertì ad alta voce le famiglie
che si trovavano ancora nel bel mezzo del bosco che Dave era tornato e
attesero insieme il loro ritorno al campo.
ANNO 2011
Rivivere quel ricordo con così tanta nitidezza, quasi come
se fosse tornato indietro nel tempo, aveva fatto provare a Dave
un’emozione come mai in tutta la sua vita ne aveva vissute!
Finalmente comprese il perché di quel
Déjà Vu cos’ossessivo: i tasselli della
sua vita, che fino ad ora erano stati solo un puzzle in disordine in
cui pezzi erano tenuti insieme solo dalla fortuna, ora avevano
finalmente cominciato ad assumere un proprio ordine. Non era stato un
caso, il suo incontro con i Chipmunks e non è stato un caso
se la sua tenacia di compositore gli aveva fatto tener duro anche
quando i suoi testi erano stati rifiutati dal suo ex-migliore amico Ian
Hawke! Era tutto scritto nel suo destino!
Si alzò dal letto rendendosi conto che ormai la mattina era
completamente trascorsa, tra poco sarebbe dovuto andar a prendere i
ragazzi a scuola.
Aspettandoli all’uscita, Dave ripensò ancora una
volta ad alcune delle frasi che gli disse quel chipmunk, tanti anni
prima: “Io sono Alvin…era il nome di mio nonno!
E’ una tradizione di noi chipmunk! In ogni famiglia il
secondogenito eredita il nome del nonno…un giorno anche mio
nipote si chiamerà Alvin!”.
Dave sentì la campanella della scuola suonare per il termine
delle lezioni. Pochi minuti dopo vide i Chipmunks e le Chipettes uscire
dall’edificio, in mezzo ad una folla di altri studenti.
I sei scoiattoli raggiunsero la sua auto e Dave aprì loro la
porta per farli entrare.
<< Dave, come va con quel tuo problema? >>
gli chiese Simon, cercando di essere quanto più discreto
possibile.
Dave si voltò verso di loro e disse << Alvin,
Simon, Theodore…voglio raccontarvi una storia!
>>-
Fine.
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