Io dico, ma se parti con l'idea 'oh sì facciamo una scenetta
fluffosissima e piena di coccoleeee *w*' come fa ad uscire invece
questa cosa?!?!? TAT Non ho parole...
Mah... prendetela così com'è, un piccolo sclero della mia mente affranta, colpa di greco!
Sarebbe un piccolo Missing moment ambientato dopo la puntata 'The
paradise Syndrome', quello dove Jim rimane con gli indiani per due
mesi, perchè aveva perso la memoria, si sposa, aspettano un
bimbo, poi lo ritrovano e lei muore.
http://en.wikipedia.org/wiki/The_Paradise_Syndrome
Perchè non so più scrivere fluff??? D:
-Fede te lo dedico, mi spiace tesoro, non doveva venire così ma sempre meglio di un dito in un occhio XD ...spero-
Non ho messo la dicitura Slash perchè si può interpretare
liberamente, anche se Star Trek e Slash sono pressochè sinonimi
XD
**
Due mesi… erano scivolati via… in un batter di
ciglia… due mesi… e come dopo venir destato da un sogno, la vita doveva ora riprendere
normalmente. Come se nulla fosse accaduto. Anche quella volta la sua vita
ricominciava, tranquilla, consueta,
sorvolando noncurante quel frammento…
‘Come se
nulla fosse accaduto’
Ma c’era un segno, indelebile, che anche
quell’estratto gli avrebbe marchiato dentro.
Un’altra lesione agglomerata che ne arricchiva la
vasta schiera, oppressa e dimenticata, dentro di lui.
Aveva vissuto un’intera esistenza su quel pianeta,
estranea e inconsapevole di ogni altra cosa.
Un’altra persona, un’altra vita, un’altra mente.
Osservava quei ricordi senza riconoscersi, ricordi
che eppure conservava nella sua memoria, ma che non erano suoi, appartenenti ad
una vita sgorgata nei recessi della sua vera essenza assopita.
Una vita che eppure, era felice.
Mentre l’acqua bollente continuava a scendere sul
suo corpo stanco, con gli occhi rivedeva il volto di Miramanee. Ostinatamente,
ogni qualvolta sbatteva le palpebre quel volto era lì…
‘Buffo…’
Era il loro
volto che prepotentemente si impossessava dei suoi sogni e delle sue veglie, era
la sua nave, la sua vita, erano le loro
voci a riempire la sua mente, la
mente di quell’esistenza appena lasciata. E ora che era tornato, un curioso e
malsano contrappasso dantesco aveva ribaltato le carte in tavola.
‘Miramanee…’
Soffiavano, senza emettere suono, le sue labbra.
Le labbra che avevano incontrato le sue, un incontro che aveva fatto nascere qualcosa...
una vita. Un’esistenza che non era più… un frutto troppo acerbo caduto
inesorabilmente, un frutto andato distrutto. Troppo presto persino per essere
considerata vita, era già volata lontano.
Una non-vita
che gli apparteneva. Che pesava, che si impadroniva del suo animo, gridando.
Sentì un freddo improvviso graffiargli la liscia pelle
ambrata, l’acqua aveva frenato la sua discesa
“E’ più di un’ora che sei sotto la doccia…”
Girò il volto, incontrando i luminosi occhi
celesti, sorridenti e gentili, che carezzavano amorevolmente il suo corpo e gli
donavano il loro calore.
“Erano due mesi che non ne facevo una!”
Sorrise, macchinalmente, tirando fuori quella
solarità che lo caratterizzava in ogni situazione, che doveva rappresentarlo.
Si gettò sul soffice materasso, ancora una volta
la memoria corse veloce e autonomamente nel suo ennesimo dibattito, stavolta
concernente il letto e il giaciglio che aveva accolto il suo corpo e quella
della sua sposa nelle precedenti settimane.
Riemersero altri ricordi, riemerse la culla, la
culla già pronta per accogliere quella vita tradita,
che ancora gridava.
“Sapevo di non appartenere a quel luogo…”
Mormorò quasi inconsapevolmente. Gli occhi celesti
non smettevano di cercare di lenire le sue pene, seduto accanto a lui, l’uomo
gli teneva la mano con fermezza
“…sognavo ogni notte… voi, la nave… sapevo che il
mio posto era qui… eppure non ricordavo…”
Una nota di rammarico e responsabilità nella calda
voce
“Non puoi incolparti di questo Jim…”
Gli carezzò i chiari capelli, assaporando quella
dolce sensazione, come aveva sognato di fare per settimane. Settimane che lo
avevano quasi condotto al limite della follia, li avevano condotti.
Settimane frenetiche e nervose, trascorse nel
silenzio e nella lontananza, nello scontro, perché quella parte mancava. Quella
parte che tutto conciliava, riuscendo a sommare ed amalgamare i tre frammenti.
Mancava il loro nucleo, il loro Sole, intorno al
quale i loro elementari assi continuavano a girare, in un movimento perfetto ed
equo. Perdendo la loro stella, le orbite si erano sfaldate, sciolte, e i due
distinti pianeti erano andati inesorabilmente in collisione e alla deriva.
“Aspettava un figlio… mio figlio…”
Sussurrarono gli occhi dorati, di quel Sole che
aveva ripreso il suo posto.
Altre due
vite che si erano spente a causa di un suo fallimento
‘…di un mio
sbaglio…’
In un vociare indistinto, il sonno scese pesante
sui suoi occhi stanchi e adombrati, sotto quelle calde mani amorevoli. Non
portò con sé volti, né voci, né luoghi.
Il passo lento e cadenzato dell’alto ufficiale
riempì la silenziosa stanza semibuia. I suoi occhi neri e profondi come il
cosmo si adagiarono su quel delicato viso addormentato.
“Ora sta bene, Leonard”
La sua voce calda e sicura raggiunse gli oscurati
occhi celesti, che vegliavano accorti quel sonno
“Sì… sta
bene… lui sta sempre bene, deve…”
Le mani umane carezzavano quelle aliene.
Lo sguardo chiaro rimproverava quel ruolo imposto
al quale il suo ragazzo era vincolato.
Quel sorriso, quella serenità, quella superficialità nella quale si costringeva
ostinatamente, mostrando al resto dell’universo - e allo specchio- ciò che
necessitava vedere, ciò su cui unicamente si soffermava; sicurezza, coraggio,
sfrontatezza.
Era questo ciò che a Jim veniva chiesto, era
questo ciò che Jim offriva.
“Anche la corda più resistente del mondo si rompe,
a forza di venire tirata, Spock…”
“E’ nostro dovere far sì che ciò non accada…”
I loro sguardi si incrociarono nel medesimo
istante che loro dita conversero, carezzanti entrambi la mano del capitano
assopito
“…e io non ho mai mancato un dovere”
Gli occhi neri rimanevano fissi nei suoi, emanando
quella scintilla passionale ed emotiva che raramente li illuminava, ma che si
mostrava con prepotenza ogni qual volta toccavano Jim. E la loro, forse
irrazionale, ma giustificata, sicurezza oltrepassò i loro confini e riuscì a
dipingere un sorriso sincero, rasserenato, sul volto dell’umano.
La mente aveva decretato con fermezza la sua verità.
Con quella sicurezza trasmessa e quella vitalità
di nuovo rinvigorita, gli occhi celesti sorrisero ancora, fiduciosi, pieni,
sereni
“Hai ragione, Spock… “
L’alzata del nero sopracciglio alieno, non poté
impedire al solito meccanismo, dal vulcaniano stesso appena ricaricato, di rimettersi
in moto. E immediatamente il dottore corrucciò la sua espressione
“…una volta tanto!”
Aggiunse borbottando frettolosamente. Un piccolo
gesto… riavviando la loro vita… come se
nulla fosse accaduto.
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