Titolo:
Come
foglie cadute
Fandom: Bleach
Personaggio/Coppia: [Grmmjow Kaggerjack]
Prompt: # 8 Autunno, foglie
secche
Rating:PG (Per tutti)
Conteggio
Parole:
649
Riassunto: [...]Lo aveva
odiato, quel maledetto, per tanto, tanto tempo. Lo aveva odiato perché
aveva lasciato sola sua madre. Lei che si faceva sempre in quattro per
aiutare gli altri e che lavorava giorno e notte per mantenere il
figlio. Lo aveva odiato fin quando aveva potuto, fin quando i ricordi
del suo viso, della sua voce e dei suoi gesti non erano svaniti,
appassendo come le foglie secche degli alberi, per poi cadere e venir
spazzate via dal tempo che passava, inesorabile.
[...]
Note: AU; One Shot
Come foglie
cadute
C’era un vento
tremendo, quel giorno. Scuoteva gli alberi fin quando tutte le foglie
ormai ingiallite e secche non cadevano giù, toccando terra per pochi
secondi, per poi volare di nuovo via, mosse da quelle folate insistenti
che sembravano non volergli dare tregua.
Sospirò,
Grimmjow. Sopirò, incazzato nero a causa di quel vento maledetto che
gli faceva consumare le sigarette troppo in fretta, lasciandogli quella
maledetta voglia perenne lì, tra la gola ed il petto, costringendolo ad
accendersene un’altra, appena quella che teneva tra i denti finiva.
Bofonchiò poi qualcosa, mangiandosi le parole per non dover imprecare
ancora contro un qualcosa di inanimato e che non avrebbe reagito alle
sue provocazioni.
Era nervoso,
Grimmjow. Era nervoso perché odiava le ventose giornate d’autunno,
quando le foglie secche cadevano a terra, facendo ingrigire il mondo
che lo circondava. Le odiava perché era stato in un giorno come quello
– era piccolo allora certo, ma se lo ricordava ancora! – che suo padre
aveva abbandonato lui e la madre per andarsene chissà dove.
Lo aveva
odiato, quel maledetto, per tanto, tanto tempo. Lo aveva odiato perché
aveva lasciato sola sua madre. Lei che si faceva sempre in quattro per
aiutare gli altri e che lavorava giorno e notte per mantenere il
figlio. Lo aveva odiato fin quando aveva potuto, fin quando i ricordi
del suo viso, della sua voce e dei suoi gesti non erano svaniti,
appassendo come le foglie secche degli alberi, per poi cadere e venir
spazzate via dal tempo che passava, inesorabile.
Afferrò
l’ennesima sigaretta, il nervoso e la voglia di fumare che si facevano
ancora una volta strada al centro del petto. Se ci fosse stata Haine in
quel momento l’avrebbe preso sicuramente a calci, insultandolo. Lei
odiava il fumo più di ogni altra cosa. Due sigarette o tre gliele
poteva concedere, certo. Ma una decina no.
Sbuffò sapendo
cosa avrebbe fatto al suo ritorno a casa. Avrebbe controllato il
pacchetto – ormai vuoto – e gli avrebbe sequestrato le cicche per una
settimana buona. Ah, dannata marmocchia!
Solo quando il
vento decise di smettere di soffiare il ragazzo si concesse un ghigno
trionfale dei suoi. Poteva finalmente fumare una sigaretta in santa
pace. Le mani in tasca, il passo lento ma cadenzato, Grimmjow si
diresse verso una panchina poco distante da lì. Si sedette, osservando
il fumo che lentamente saliva verso l’alto, quasi danzasse. Solo dopo
qualche secondo si decise ad alzare lo sguardo verso l’alto, per
osservare le foglie farsi sempre più gialle, sempre più secche. In quel
momento gli venne nuovamente da pensare a suo padre. Chidori gli
raccontava sempre di come, ogni anno, lui raccogliesse una delle foglie
più belle cadute dagli alberi di quel viale per poi regalargliela
assieme ad un bel libro da leggere. A quel fastidioso pensiero fece
schioccare la lingua, irritato.
In quel momento
avrebbe tanto voluto che tutti quei pensieri fossero come le chiome
dagli alberi in autunno. Sarebbero caduti, uno dopo l’altro e
l’avrebbero lasciato in santa pace, portati via da un vento che solo
lui era in grado di sentire. Ma il ragazzo poteva semplicemente far
finta che non ci fossero, continuando a fumare come una ciminiera per
distrarsi da quella marea di sensazioni fastidiose fino
all’inverosimile.
Se ne restò lì,
Grimmjow. Se ne restò lì per un sacco di tempo, lo sguardo perso nel
vuoto mentre lentamente la cicca si consumava tra le sue labbra ed il
nulla prendeva possesso del suo corpo e della sua mente. Odiava
ammetterlo Grimmjow, ma andare in quel luogo – pieno di ricordi per la
madre, pieno di fastidio per lui – era un toccasana. Perché, nonostante
fosse fastidioso rammentare certe cose, era utile per lui farlo. Perché
così, per il resto dell’anno non avrebbe più portato alla mente
nessun’altro episodio, lasciandolo lì, in un angolo della mente e del
cuore. A marcire come meritava.
Come le foglie
secche ormai cadute a terra.
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