Le premesse per questa piccola
schifezza in onore dei BRIT Awards di stasera sono contenute in questo
video --->
http://www.youtube.com/watch?v=ZgFPAma_IQE
E ora.. Buona lettura! :D
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And
the winner is.. Take That!
Quelle parole hanno un
suono strano alle mie orecchie. Cioè, wow, abbiamo vinto il
BRIT Award per il migliore show dal vivo. Allora? Non abbiamo bisogno
di sentirci dire quanto siamo bravi, già lo sappiamo. E poi,
cazzo, mi gira la testa in maniera fottuta. Non avrei dovuto bere
così tanto, dannazione. Ma alla fine è
ciò che mi dico ogni santo giorno, finendo sempre per andare
a letto con la vista annebbiata, specie dopo i concerti. Quegli stessi
concerti per cui ora stiamo ricevendo questo premio.
Sono troppo
schifosamente depresso, cazzo. E il problema è che non ne so
nemmeno il perché. So solo che la mia vita è
tutta uno stress, a partire dal gruppo e dalla donna che abita con me,
che ora dice di volere un altro figlio. Non ce la posso fare, materialmente, ad andare avanti da solo. E
così trovo sempre calda accoglienza in un bicchiere di vino
rosso. O magari due.
Parte Rule The World,
tutti si alzano e si abbracciano. Sono raggianti, magari dovrei esserlo
anche io, no? Quindi mi alzo anche io, ma dopo gli altri. Non mi reggo
in piedi più di tanto. Faccio in tempo a vedere Gary baciare
sua moglie e avviarsi verso il palco, seguito dagli altri due.
Piano piano mi metto
in moto anch’io, anche se mi gira tutto e il rosso misto a
blu della scenografia del palco mi dà talmente fastidio che
mi sembra che possa penetrarmi nel cervello, alterandone le
già compromesse capacità cognitive. Che. Cazzo.
Eppure rido. Come un
cretino, senza motivo.
Gary stringe il premio
nella mano destra e comincia a parlare, disinvolto. Dio, quanto vorrei
essere come lui. O almeno lucido abbastanza da pensare come una persona
normale. Inutile dire che, comunque, non lo ascolto nemmeno.
«Abbiamo un
sacco di persone che organizzano i nostri tour, ma credo che dovremmo
ringraziare particolarmente Kim Gavin, Chris Vaughn, Mike Stevens..
Pensa a qualcun altro, Mark!»
E poi, disgraziato, mi
passa il microfono. Cazzo, Gaz, no! Troppo tardi.
«Ehm..
Sì, abbiamo.. Kim Gavin, Chris Vaughn.»
Un impercettibile
sussurro di disappunto di Gary mi giunge all’orecchio
«Oh,
l’avevi detto, Kim, vero? Ehm..»
E passo il microfono a
Jay, battendogli una mano sulla spalla e scoppiando in
un’altra risata.
Che male che sono
messo. Non so neanche più cosa fare delle mie mani. Quindi
le infilo in tasca, in attesa di usarle per schiaffeggiarmi da solo in
privato. Che figura di merda, Dio.
Gary però
mi stringe il polso e io mi giro a guardarlo. Mi mostra il premio,
sorridendo. Me lo sta porgendo, ma io sono troppo ubriaco per capirlo,
e quindi invece di afferrarlo porto la mano ad accarezzargli la
schiena. Lui mi guarda con aria severa ma divertita e allontana il
braccio da sé per infilarmi il premio in mano, con aria
incoraggiante.
Sta provando a farmi
dare un contegno, benedetto uomo.
Ma dove sarei a
quest’ora se non ci fosse lui? Dove, cazzo?
Nel frattempo Jason
ancora parla. Quanto parla, Gesù. Ma almeno ha qualcosa da
dire, per una volta non sono le sue solite stronzate. Poi passa il
microfono ad Howard, che ringrazia velocemente e, finalmente, scendiamo
dal palco.
Ora la mia mente
è rivolta verso un solo oggetto: la sedia. Da cui prevedo di non
alzarmi mai più. Anche se le nomination per questa sera
erano quattro se non ricordo male. Sussurro, esasperato, mentre Gary mi
passa un braccio intorno alle spalle e mi sussurra di farmi coraggio.
Ha capito perfettamente in che situazione sono. Scommetto che dopo
vorrà anche parlarne. O forse lo spero?
«Ragazzi,
ragazzi un’intervista!»
Eh no, cazzo. E invece
ci tocca, come al solito. Evviva, sì, che bello, abbiamo
preso il premio per cui abbiamo tanto lavorato, festa grande. O almeno
questo era quello che avevo previsto di dire. Da sobrio.
«No,
perché, il premio ora è uno, ma ci fanno delle
copie. Perché qui ne ricevi uno, no? Ecco, poi lo porti dove
li fanno e ti fabbricano delle copie di plastica da esibire in
salotto.»
Ma che cazzo..?
La ragazza ride e mi
guarda estasiata. Tipico. Ora però.. Portatemi via.
«Mark.»
mi fa Gary, severo, appena le telecamere si spengono. Poi mi trascina
per la manica della giacca in un angolo, facendo cenno agli altri due
di andare via.
Provo a parlare, a
giustificarmi, a ringraziarlo per ogni santa volta in cui mi ha parato
il culo. Non me lo merito, e non l’ho mai meritato. Ma non mi
esce neanche una parola. Rimango come un pesce lesso a fissare il blu
dei suoi occhi, che mi scrutano preoccupati da morire.
«Markie, che
cos’hai.»
Non è una
domanda, lo sa che ho qualcosa. Qualcosa di grave.
Ma la risposta a
questa domanda è «Non lo so».
Perché è vero, non lo so. Non so
perché bevo così tanto, non so nemmeno
perché sono depresso, non so perché in questo
momento vorrei tanto essere altrove, anche se abbiamo appena ricevuto
un premio importante che ci è costato mesi di duro lavoro.
Dio, la testa, la testa. Che male.
Forse è
solo il fatto che Robbie aveva ragione, non sono abbastanza mentalmente
stabile per fare la popstar. Non ho la giusta combinazione di carisma
ed equilibrio, quella che mi permetterebbe di vivere in pace
il successo. Ma nemmeno Robbie, d’altro canto.
Gary è quello che ce
l’ha. Lui è il padre di famiglia, sposato da nove
anni. Lui è il nostro capitano, colui che ci trascina sempre
fuori da ogni guaio (o forse dovrei dire, mi trascina). Lo stesso uomo
che ora è a pochi centimetri da me in un angolo buio del red
carpet deserto dei BRIT Awards a fissarmi con l’angoscia
negli occhi. E io lo conosco abbastanza bene per sapere che sta
soffrendo per me.
«Parlami, ti
prego. Apriti con me, sfogati, lo sai che mi puoi dire tutto. Non
sopporto di vederti così, Markie, io..» sussurra,
stringendomi a sé convulsamente, come se stesse per piangere.
Le sue braccia sono il
rifugio più sicuro e inespugnabile che si possa immaginare.
Lo sono sempre state, d’altronde. Fin dai vecchi tempi.
Inspiro a fondo il suo
profumo, che è sempre diverso ultimamente, da quando ha
scoperto quel negozio di essenze in Regent’s Street, ma che
in qualche modo resta sempre una sua caratteristica. Pungente,
penetrante e, stasera, con una nota di mora e muschio. Semplicemente
perfetto, da sballo totale. Dio, sono diventato anche un drogato.
Salvatemi. Eppure (possibile?) sento gli effetti dell’alcool
affievolirsi lentamente.
Mi accarezza la
schiena, piano, affondando a sua volta la testa nel mio collo. Lo sento
sospirare profondamente e poi sento una minuscola goccia inumidirmi la
clavicola destra.
«Ehi, ehi,
Gary! Che c’è, amico?» gli dico,
staccandolo leggermente da me per poterlo guardare negli occhi. I suoi
sono più azzurri che mai, e irrimediabilmente grondanti di
lacrime.
«Mark, devi
smetterla di farti del male. Devi smetterla di distruggerti il fegato e
di spappolarti il cervello con tutte quelle stronzate. Non hai
vent’anni, non più. E poi..»
Provo a fermarlo, ma
mi intima di fare silenzio. Si asciuga le lacrime col polsino della
camicia e poi mi prende il viso tra le mani.
«Sei una
persona fragile, Mark. Lo sei sempre stato. Non posso esserci sempre io
a controllarti, lo sai. Ma non oso immaginare cosa farei se ti dovesse
accadere qualcosa, io credo che..» fa una pausa, trattenendo
le lacrime. Ora lo ascolto e capisco ogni parola che mi dice, ora sono
lucido. Non so se sia solo un momento, ma sta funzionando.
«Non devi
fare cazzate, Mark Owen. Smettila di ubriacarti, non
risolverà i tuoi problemi, anche se non so quali sono, ma te
lo posso assicurare. Finirai per ammazzarti, Dio!» gemette,
questa volta non controllando un singhiozzo. Mi si spezza il cuore a
vederlo così.
Mi avvicina ancora di
più a sé, ora la sua fronte è a
contatto con la mia. Sento il calore del suo respiro sul naso, sulle
labbra, sulle palpebre.
«Se tu
dovessi.. Mark, io..»
E poi, d’un
tratto, preme le labbra sulle mie, chiudendo gli occhi. Ok, momento.
Sta davvero succedendo o è ancora la sbronza? Gary Barlow,
l’uomo equilibrato, pater familias e capitano della nave mi sta
baciando?
Sono talmente incredulo che ricomincia a girarmi la testa e non chiudo
gli occhi né rispondo al bacio.
Lui si stacca dopo
pochi secondi, guardandomi con aria mortificata e terrorizzata.
«Io.. Non so
cosa mi sia preso, scusa, fai finta che non sia mai accaduto
ok?» mi dice, voltandosi e avviandosi all’uscita.
Non posso lasciarlo
andare così, non dopo aver realizzato ciò che
è appena successo. Ok, diciamo pure che ciò che
mi circola nelle vene è un 50% sangue, 20% alcool e un buon
30% di adrenalina pura, combinazione perfetta per spingere la mia mano
ad afferrare la sua e ad attirarlo di nuovo a me, aggredendo la sua
bocca con una convinzione e una passione che non avevo mai usato con
nessuno prima d’ora. Lui è il mio Gary, la mia
ancora di salvezza, e questo vuol dire molto di più di
qualsiasi altro bacio che abbia mai dato.
Le sue labbra
accarezzano piano le mie, senza fretta di approfondire il bacio, mentre
le sue dita si intrecciano alle mie e mi spinge di nuovo
nell’angolo di prima, dove siamo lontani da occhi indiscreti.
Qui posso baciarlo
come vorrei, come forse, in cuor mio, ho sempre voluto. Apro la bocca
piano, sentendo che lui fa lo stesso, e accarezzo timidamente il suo
labbro inferiore con la lingua, prima di ingaggiare
un’amorevole lotta con la sua. Porto le mani sul suo collo e
lo attiro più vicino possibile a me, non voglio interrompere
questo contatto per nessuna ragione al mondo.
Percepisco altre
lacrime bagnare le nostre guance, ma questa volta ne conosco il
significato.
Ecco perché
si preoccupava tanto per me, ecco la ragione per cui non ha mai
vacillato nel coprirmi le spalle o nel passare un po’ di
tempo con me. E io sono stato cieco, sordo e muto, annebbiato da
preoccupazioni e Chardonnay, e non mi sono accorto di nulla. Mi sento
schifosamente male per non averlo capito prima, ma al contempo tutte le
mie preoccupazioni sembrano essere state dimenticate o messe
momentaneamente da parte, per far spazio all’amore profondo e
incondizionato che quest’uomo meraviglioso ha per me. Che io
ricambio fino all’ultima lacrima.
Sospira tra i baci,
prima di separare le nostre labbra e stringermi a sé. Mi
aggrappo a lui, sorridendo sul suo collo e sentendomi sussurrare:
«Era tanto
che volevo farlo, ma non ne avevo mai trovato il coraggio.»
Poi fa in modo di
guardarmi negli occhi.
«Ti amo,
Mark, con tutto me stesso. Ti prego, ritrova la voglia di vivere, fallo
per me. Ma anche se cadrai, beh.. Sappi che io verrò
giù con te.»
Che dire? Se prima
nella mia testa c’era un ronzio fastidioso ora ci sono
violini e arpe, che suonano una melodia dolce come tutto
nell’uomo che mi sta davanti e che ha appena finito di
dichiararmi amore eterno.
Cristo.
Lo bacio ancora, e
ancora, e non so quanto tempo passi, voglio solo che tutto si fermi e
rimanga così per l’eternità.
Ma
cos’avrò mai fatto di così meraviglioso
per meritarmi tutto questo? Dev’essere questo il Nirvana,
dopotutto.
NdA
Ecco, mie adorate, questa è una cosa che mi
è venuta in mente tempo fa e giaceva dimenticata nella mia
cartella di fanfiction. E ci sarà un motivo, mi sono detta.
Però ho sentito il bisognodi pubblicarla lo stesso XD Povera
scema eh? .__.
Un bacio a tutti :D
Ceci_
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