Sono appena tornata dal lavoro,
sono stanca morta, è tardi e ho ancora un casino di cose da fare.
Sbuffo e mi rimbocco le maniche, rassegnata, e comincio a lavare i
piatti.
Sento suonare al campanello.
Mi asciugo le mani e corro alla
porta.
-Chi è?-
-Sono io!-
Riconosco la voce.
Spalanco la porta, non ci posso
credere. Non può essere veramente...
-Ciao Samantha.-
-ZIO!!!-
Da dietro di lui sbucano due
teste bionde.
-Ciao, Sam!-
-E' passato tanto tempo, eh?-
-STEVEN!!! DUFF!!!-
-Ehi piccola!-
-AXL!
Gli salto letteralmente
addosso, abbracciandolo.
-Oddio ma cosa ci fate qua?!
Non dovreste essere in tour o robe del genere?!-
-Eeeh il caro zio Slash ha
insistito tanto per aggiungere New York alle tappe, quindi eccoci qui!-
spiega Duff, scompigliando i capelli allo zio.
-Come avete fatto a trovarmi?!
Mi sono appena trasferita!-
-Karen non è mai stata una tipa
discreta, appena le ho telefonato mi ha vomitato addosso tutto!-
-Ma come ha fatto se stava al
telef... oooooh sì sì ho capito!-
-Sempre il solito, eh Steve?
Dio come siete cambiati! Che ti è successo al labbro, Duff?-
-Aaah niente, rissa in un bar.-
-Axl ma... ti sei truccato?-
-Miss Vanity Fair ha cominciato
ad impastricciarsi la faccia da quando ha letto su un giornale...-
comincia lo zio.
-Che le teenager preferiscono
le rockstar curate ma virili a quelle sporche e incrostate di fango.
Basilare, no?-
-Per me è un po' una roba da
frocio...-
-Almeno i miei pantaloni non
sono così attillati da poter distinguere ogni cellula del culo, Slash!-
-Ehi io metto in mostra il mio
pacco, signorina bella! Si chiama merchandising!-
-Tu...-
Scoppio a ridere senza
contegno, mi sono mancati da morire i loro battibecchi.
-Ahahahah ritratto non siete
cambiati per niente!-
Ridono anche loro, mentre la
mia vicina di casa esce fuori a ficcare il naso nei miei affari.
Di colpo smettono. Qualcosa mi
si avvinghia alla gamba e piagnucola. Merda.
Duff sbianca e balbetta
qualcosa che sembra un: -Quello è...-
-Questo...- mi muore la voce in
gola; -...è Gabriel... mio figlio...-
Dio, l'hanno presa bene.
Siamo... siamo ancora tutti vivi.
Sono seduta sul divano con
Gabriel in piedi sulle mie gambe, lo zio è di fianco a me e gli altri
seono seduti sulle sedie attorno al tavolo del salotto.
Nessuno osa parlare, solo
Gabriel a volte emette qualche lamento, nervoso, tirandomi i capelli.
Povero, tutti lo fissano come
se fosse un'apparizione, e lui se ne accorge.
Lo zio lo prende in braccio e
se lo mette sulle ginocchia.
-E' cresciuto molto dall'ultima
volta che l'ho visto.- osserva, scompigliandogli i capelli.
-Tu lo sapevi?!-sbotta
incredulo Axl.
-Sì... però ho preferito non
dirvelo, ragazzi.-
-Perchè cazzo non avresti
dovuto dircelo?!-
-Gliel'ho chiesto io.-
intervengo.
Axl si gira e ricade
all'indietro sullo schienale della sedia.
-Ne parliamo dopo.-
Duff sbuffa e si alza in piedi.
-Ok basta, adesso! Non siamo
venuti qui per incazzarci e fare gli stronzi! Dovrebbe essere una
visita di piacere! Quanto tempo ha?-
Si avvicina al piccolo e si
lascia mordicchiare un dito, sorridendo.
-Tre mesi. E' nato il 29.-
-Già tre mesi? Sembra molto più
piccolo!- esclama Steven.
-Naah, mi ricordo che mio
fratello era più o meno così! E poi che ne sai tu di bambini, Steven?-
-Niente, era un'impressione! I
miei genitori mica facevano figli a destra e a manca, Duff!-
Duff lo incenerisce con lo
sguardo. -Che stai cerc...-
-Ok ok basta, per favore!- li
calmo.
-Ma tu senti questa stupida
pecora...- borbotta Duff.
Axl si alza e si siede di
fianco a me.
-Posso...?- chiede indicando
Gabriel. Annuisco e lo zio glielo passa, di controvoglia.
Axl se lo sistema sulle
ginocchia, ma Gabriel si alza in piedi e gli tira la bandana.
-Ah, ti piace? La vuoi? Tieni,
ecco.- Se la sfila e la da al bambino, che la prende soddifatto e la
morde.
-Scusa per averti mentito.- gli
sussurro, in modo che solo lui possa sentire.
-E' una bella bugia.- risponde,
giocando con Gabriel.
Sorrido, non se l'è presa.
-Dove diavolo è finito Izzy?
Quanto ci vuole a trovare un parcheggio?- sbuffa lo zio.
"Oh. Mio. Dio. Che diavolo faccio adesso?!"
Gabriel mi tocca una guancia e
mugola, come per chiedermi se c'è qualcosa che non va.
-Va tutto bene, Gabe. Gioca con
lo zio Will, eh?-
-Quindi io sono lo zio Steve!-
esclama entusiasta Steven, saltando sulla sedia.
-E io lo zio Duff! O lo zio
Mickey!- si aggiunge l'altro. Ah, litigi su litigi ma alla fine sono
culo e camicia!
-Bravi, e io sono lo zio Slash.
Cioè... sarei più nonno Slash, o prozio Slash, ma mi va benissimo anche
zio Slash.-
-E' inquietante quante volte
sei capace di infilare il tuo nome in una frase.- osserva Axl, preso a
convincere Gabriel a non staccargli la ciocca di capelli che gli sta
tirando.
-Gabe, lascia...- gli dico
dolcemente aprendogli la manina.
-Grazie... credevo sarei
rimasto calvo. Piccolo furfante che non sei altro!-
In tutta risposta il piccolo si
pulisce il nasino nella sua maglietta.
-Ma che fai?! Non si fa,
Gabirel!- lo sgrido prendendolo in braccio. -Scusami, è veramente
dispettoso!-
-Non fa niente, tanto dovevo
già lavarla...-
Gabe piagnucola e si sporge
verso il pavimento, cercando di divincolarsi.
-Cosa c'è, tesoro? Vuoi andare
giù? Dove devi andare?-
Lo appoggio a terra e subito
scatta in piedi, correndo scompostamente verso una sedia vuota di
fianco allo zio.
Duff lo aiuta a salirci, dando
fpndo alla sua esperienza da fratello maggiore.
-Aspetta, ti aiuto io!
Eeeeeccolo qui, attento a non cadere eh!-
-Tienilo, pertica bionda che
non sei altro! Se si fa male te la spacco in testa, quella sedia!-
-Slash stai calmo, santo cielo!
Sei peggio che con Sam!-
-Lei non è un cosino fragile di
tre mesi!- esclama lo zio.
Qualcuno bussa alla porta.
-Vado io.- mi affretto a dire,
odiandomi subito per averlo detto. Mi sono appena scavata la tomba.
Apro e mi trovo davanti la mia
vicina, che sbircia subito in casa senza ritegno. Suo figlio Joel, che
mi fa una corte spietata da quando mi ha vista, mi saluta da dietro di
lei. Dev'essere passato a trovarla.
-Buonasera signora Berger. Ha
bisogno di qualcosa?- chiedo cercando di non far trapelare la mia
improvvisa voglia di ammazzarla di legnate con il suo stesso bastone.
-Chi sono quei ragazzi? Non
sapevo che dovessero venire!-
-Tecnicamente non sono tenuta a
dirle chi mi viene a trovare e quando.- ribatto acida.
-Chi sono, allora?-
-Penso che questi non siano
affari suoi, signora. Ora, scusi, ma devo ritornare di là.-
-Aspetti, aspetti!- esclama lei
mentre le chiudo la porta in faccia.
-Chi diavolo era?-
-La mia vicina di casa, zio.
Quanto la vorrei ammazzare, si fa sempre gli affari degli altri! E'
colpa sua se in questo palazzo non c'è nessuno che mi saluta, è andata
in giro a dire che sono una sgualdrina, perchè non sto con il padre del
bambino.-
Sento ancora bussare alla
porta. Oh, adesso mi ha stancata.
La spalanco e sto per urlare a
quella vecchiaccia di andarsene affanculo, quando mi blocco.
-Ehm... ciao...-
-Izzy, finalmente! Quanto tempo
ci hai messo?- lo salutano gli altri da dentro.
-Posso entrare? Quella
vecchietta mi sta guardando male.- mi chiede, rivolgendomi un sorriso.
Annuisco e mi sposto, per farlo
passare. La signora Berger ci scocca un'occhiata scioccata.
-Siediti pure...- mormoro
richiudendo la porta.
Si avvicina ad una delle sedie
e si ferma.
"Oh, cazzo..."
Tende le braccia e prende in
braccio Gabriel, che lo guarda calmandosi.
-E'... tuo?- mi chiede
voltandosi verso di me.
Mi guardano entrambi e mi si
stringe il cuore. Dio, come gli somiglia.
-Sì, è... è mio.-
-Come si chiama?-
-Gabriel.-
-Ah... ciao, Gabe, lo sai chi
sono?-
No, non lo sa chi sei! Vorrei
tanto piangere...
-Steven, ho... ehm...
dimenticato una cosa in macchina!- dice Duff trascinando l'amico sul
pianerottolo.
-Ehm... io e Slash andiamo a
fumarci una sigaretta giù in strada...- aggiunge Axl raggiungendoli,
tirandosi dietro lo zio e richiudendo la porta.
Nervosa, guardo Gabriel, ancora
in braccio a Jeff.
Povero, il mio bambino, in
braccio al suo papà e nessuno dei due lo sa.
-E' piccolo...-
-Ha... ha tre mesi.-
Jeff socchiude la bocca e sta
un attimo in silenzio. Giusto il
tempo di fare qualche calcolo, mi dico.
-Io sono...-
Annuisco, sul punto di piangere.
Culla il bambino che si agita
tra le sue braccia e si gira di nuovo a guardarmi.
-Perchè non me l'hai... detto?-
-Io... volevo solo... tornare a
New York... e tu mi... tu mi avevi appena...-
Richiudo la bocca, con le
lacrime che mi impediscono di parlare.
-Oh...- si lascia sfuggire, con
Gabriel che gli tocca la faccia. Anche lui ha capito chi è quel ragazzo
che lo guarda assorto.
Il piccolo mi guarda e
piagnucola, tendendo una manina verso di me.
-Andiamo dalla mamma?- gli
chiede dolcemente Jeff, avvicinandosi.
Gli sfilo il bambino dalle
braccia e lui nasconde il visino nell'incavo del mio collo,
sbadigliando.
-Ha sonno?-
Annuisco e lo porto cullandolo
nella sua cameretta, accendendo la luce sul comodino. Anche Jeff mi
segue.
Mi avvicino al lettino e cerco
di arrivare alle coperte senza svegliare Gabriel. Stupide sbarre...
-Dai qua...- Jeff lo prende in
braccio e riesco finalmente a raggiungerle, scostandole.
-Attento a non svegliarlo...-
sussurro, mentre lui lo sistema nel lettino.
Lo ricopro e gli accarezzo la
testa.
-Non riesco ancora a
crederci...- mormora Jeff, senza staccare gli occhi dal bambino, da
dietro di me.
-Cosa?-
-Che questo è... è mio
figlio...-
Lo guardo per un attimo, non
riesco a smettere di sentire questo stupido peso sul petto...
-Avevo paura che sarebbe
cresciuto senza un padre.-
-Adesso... adesso però sono
qui, no? ...sempre che tu voglia che io rimanga...-
Mi volto e lo stringo,
soffocando un singhiozzo nel tessuto della sua camicia.
-Certo che lo voglio, stupido!-
-Mi sei mancata.-
-Anche tu... Ti devo... ti devo
far vedere delle cose.-
Mi scosto e mi avvicino
all'armadio, apro un cassetto e tiro fuori l'album.
-Queste sono tutte le sue
foto... ci sono anche le ecografie e c'è il braccialetto che aveva alla
nascita...-
Glielo porgo e lui lo prende,
sorridendo.
-Ti andrebbe di andare di là e
di farmele vedere?- mi chiede.
-...e questa ecografia l'ho
fatta a otto mesi.-
-Questa è la testa vero?-
Annuisco e mi sorride, cambiando pagina. Sfila dalla plastica una foto.
Ci siamo io e Gabriel.
-Qui aveva poco più di due
mesi.-
La osserva, socchiudendo la
bocca. Fa passare un dito sui lineamenti che hanno in comune, sui
capelli neri e sugli occhi.
-Ti somiglia tantissimo.-
sussurro.
-Eri bellissima.-
Per un attimo i nostri sguardi
si incrociano, mi prende la mano e me la stringe.
-Cosa farai?- gli chiedo.
-Penso che... verrò a vivere
con voi, oppure verrete voi a Los Angeles. Staremo insieme, come una
famiglia.-
-Prima però... devi sapere una
cosa.-
Mi guarda, senza capire la mia
improvvisa agitazione.
Tendo un braccio e apro il
cassetto della scrivania di fianco al divano, e ne estraggo una
boccetta.
-Che cos'è?-
-E' una medicina che devo dare
a Gabriel ogni giorno.-
-E' malato?- chiede preoccupato.
-Non proprio... durante la
gravidanza ho avuto delle complicazioni. Avrei potuto anche perdere il
bambino, ma per fortuna non è successo.-
-Perchè mi stai dicendo queste
cose?- Sembra allarmato.
-Perchè queste complicazioni
sono dovute alla tua tossicodipendenza, Jeff. E se vuoi che io e
Gabriel veniamo a vivere con te, mi devi promettere che la smetterai
con tutto.-
Mi fissa negli occhi, confuso e
spaventato, quasi non respira.
Scatta in piedi e si preme i
pugni contro le tempio, gli occhi gli si riempiono di lacrime.
-E'... è colpa mia! Avrei
potuto ucciderlo, avrei...-
Mi alzo e gli prendo le mani,
devo calmarlo.
-Jeff, guardami. Non me ne
importa di ciò che sarebbe potuto succedere, l'importante è che Gabriel
sta bene, no?-
Si abbandona sul divano e
nasconde gli occhi contro i palmi delle mani.
Mi inginocchio tra le sue
gambe, sta piangendo.
-Mi faccio vomitare.- geme.
-Non devi dire queste cose.-
Gli alzo il viso e lo bacio...
mi è mancato da morire.
Mi solleva velocemente da terra
e mi sistema su di lui, stringendomi i glutei.
-Cerca di fare attenzione,
questa volta.- gli sussurro all'orecchio, facendolo sorridere.
Qualche
mese dopo, Londra, The Ritz Hotel
Mi sveglio, tasto il letto di
fianco a me. Dov'è andato Jeff?
Mi alzo controvoglia e
controllo l'orologio: sono le tre della mattina.
Esco dalla camera e vado in
cucina, dove c'è la luce accesa.
-Jeff?-
Eccolo lì, mezzo addormentato,
in boxer, in piedi davanti al microonde con Gabriel in braccio.
Mi avvicino e prendo il bambino.
Jeff si gira e apre gli occhi.
-Che stai facendo?-
-Gabe... stava piangendo...
così gli ho scaldato il latte...- risponde in uno sbadiglio.
Sospiro, sorridendo.
-Sta già dormendo di nuovo. Vai
a letto, non dormi da quasi tre giorni. Sicuro che sia stata una buona
idea farti raggiungere da me e Gabriel mentre sei in tour, anche se
solo per qualche giorno?-
Lui annuisce, e vado a
rimettere Gabriel nel lettino.
Quando torno Jeff è ancora in
cucina, con la testa appoggiata all'anta dell'armadietto e gli occhi
chiusi.
Lo sveglio delicatamente e lui
mi bacia il collo, appoggiandosi contro il ripiano.
-Da quanto tempo non lo
facciamo?- mi sussurra all'orecchio, infilandomi una mano sotto la
maglietta.
-Da quando ti addormenti in
giro per la stanchezza.- gli rispondo, facendo scivolare una mano nei
suoi boxer e massaggiandogli l'erezione.
Mi sfila gli slip e mi fa
sedere sul tavolo dietro di me, aprendomi le gambe e sistemandosi in
mezzo. Quando mi penetra mi lascio scappare un urletto, potrebbe essere
meno frettoloso a volte.
-Dietro il muro c'è la stanza
di Duff...- ansimo mentre comincia a spingere.
-Duff può andare affanculo.-
Qualche
giorno dopo
Mi avvicino a lui, da dietro, e
gli bacio il collo. Sta facendo i pancake? Quanto lo amo.
-Mmmmh, baci di prima
mattina... non me la racconti giusta, Sam. Allora? Cosa c'è?-
Sbuffo. Dev'essere sempre così
intuitivo?
-C'è che la deve smettere di
mettermi incinta, signor Stradlin.-
-E lei la deve smettere di
farmi eccitare, signora Isbell.- ride lui girandosi e baciandomi.
-Freeena frena frena che
diavolo hai detto?! Come incinta?! Come eccitare?!- urla lo zio
sputando in faccia il caffè a Steven.
-Ssssch, zio, spaventi il
bambino!-
-Ma lui ti ha messa incinta!-
si giustifica indicando con un dito Jeff, che se la ride sotto i baffi.
-Sempre questa mania del sesso
libero, eh Izzy?- borbotta Axl.
-Non dire certe cose di fronte
al bambino!- lo riprende Duff staccando un morso del suo pancake, con
in braccio Gabriel.
-Oggi si fa il check-sound al
The Marquee alle cinque, poi siete liberi di tornare all'hotel o di
andare in giro, però per le nove dobbiamo essere di nuovo lì, PUNTUALI,
Steven!, e poi il concerto inizierà alle dieci.-
-Allora Slash ti vedi ancora
con Perla? Oppure Renèe ti tiene il guinzaglio?- chiede Duff addentando
di nuovo il pancake.
-Mah, non so nemmeno come ho
fatto a sposarla, quella là! Dovevo essere ubriaco! Comunque con la mia
dolce Perla va tutto liscio come l'olio.-
-Forse io e Perla potremmo
avere un figlio, un giorno...- mormora lo zio.
Ci guardiamo tutti.
-Naaaah!-
Adesso
potete pure uccidermi.
Magari
fosse andata così, eh? Ma sono troppo stronza!
Avevo
scritto l'inizio (neanche il primo paragrafo) di questa storia con
l'intenzione di pubblicarla come seguito della mia prima storia... in
effetti rileggendo mi verrebbe quasi da cancellare quello che sto
scrivendo adesso...
Mah,
ditemi voi! Tutti i commenti sono ben accetti, chiaramente!
Arrivederci! |