Land
of Make-Believe
Part 1: Donten
-Forever
we’ve been-
00. Pregare
[The leaden sky is a heavy sign]
Terra#10: Germoglio.
*
“Mi
ha sorpreso apprendere che la parola samurai voglia dire: servire.”
Nathan
Algren – L’ultimo Samurai
*
Gli fanno male le
mani.
Alla prima palata di
terra gli si sono riempite di vesciche biancastre e doloranti che, poi, sono scoppiate,
lasciandogli i palmi rossi e irritati. Adesso anche la pelle si
è ritirata e ha cominciato a sanguinare.
Hijikata Toshizou
scruta il reticolo rosso scuro che gli cola tra le dita, indifferente,
prima di pulirsi le mani sugli hakama in un gesto sbrigativo. Ha di
meglio da fare che piangere.
Torna a scrutare il
terreno con l’occhio critico degno di un figlio di contadini.
La buca.
È troppo profonda? Troppo larga? Basterà?
‘Va bene
così,’ Si dice infine, sicuro. Lascia cadere la
vanga che ha maneggiato con tanta fatica sin'ora: non gli serve
più. Si inginocchia e tira a sé il sacco di iuta.
Lo apre.
Il
germoglio di bambù è giallastro e fiappo; le
poche, tenere foglie che lo avvolgono penzolano mestamente da un fusto
appena sbozzato. Sembrerebbe morto, non fosse per la protuberanza verde
chiaro che balugina in cima.
È per
quella che Toshi si è sporcato all’inverosimile e
l’ha tolto dai rifiuti prima che potesse sparire, fagocitato
dalla dimenticanza.
Lo prende con
delicatezza. Il sangue e il sudore formano una patina scivolosa sul
mozzicone di pianta, rendendo difficile maneggiarla.
Con cautela, il
bambino la sposta nella buchetta che ha scavato per lei. Il legno morto
è duro e irto di schegge a contatto con i suoi palmi
spellati. Spinge la terra al suo posto, in un monticello scuro e
soffice, seppellendo la parte putrescente del bambù,
finché non è solo quella minuscola punta di
freccia verde pastello.
Fatta. È fatta.
Si asciuga la fronte col dorso della mano, lasciandosi uno sbaffo di
fango in faccia. Con uno sbuffo, allontana i capelli dalla faccia. Si
alza in piedi, concedendo a sé stesso un istante per
ricomporsi.
Uno sguardo al cielo:
nuvole basse tingono la volta immensa di un grigio plumbeo, ferroso. Si
preannuncia brutto tempo.
Distrattamente,
si chiede se qualcuno lo sentirà, attraverso quella cortina
di vapore acqueo.
Batte le
mani martoriate tre volte, richiamando l’attenzione degli
dei. Ha i palmi talmente impastati di sangue e terra che fanno un
umido, schifosissimo ciac,
ma spera che ai Kami non importi.
Bene così. Ora,
inchino.
Poi, anche quel
pensiero si dissolve.
"Vi prego."
Non esiste altro che
la preghiera. Quella che ha sempre ripetuto tra sé e
sé, quasi ogni notte. Quella che ha messo radici dentro di
lui da quando ha memoria.
Radici salde e
profonde come quelle di un sakura.
Parte esitante. Viene
da sola.
Vola.
"Vi prego, o dei,
concedetemi la possibilità di realizzare questo mio
desiderio.
Permettetemi di
diventare un samurai."
È quello
che finora ha sempre bisbigliato al vuoto. Questa è la prima
volta che chiede davvero a qualcuno di accontentarlo. Che si trova
abbastanza coraggio per recitarla ad alta voce.
"Non
m’importa di tutto il resto. Non m’importa se
dovrò allenarmi fino a non stare più in piedi.
Non m’importa quanto farà male. Non importa se
nessuno mi ascolterà.
È tutto
ciò che voglio. Tutto ciò che desidero."
Silenzio.
Solo silenzio a rispondere.
Poi, una
goccia.
Una
goccia che cade dal cielo e gli colpisce il naso.
Toshi spalanca gli occhi, batte le palpebre.
Un’altra lo centra dritto in fronte. E un’altra gli
cade sulla spalla. E un’altra ancora…
Un sorriso gli si
dipinge in faccia.
Piove.
Piove in piena estate,
dopo mesi di siccità. Piove sul villaggio Ishida, nella
provincia di Musashi, in un Giappone che - nessuno lo sa, ancora- sta
cambiando. Piove sui tetti delle case, sui gatti acciambellati agli
angoli delle strade e sui contadini al ritorno dal lavoro.
Piove sui suoi dubbi, sulle sue paure. Piove su di lui, bambino
inzaccherato fino ai capelli, stanco e felice.
Piove sul germoglio
della speranza, ai suoi piedi.
Non è stato
un gran rituale.
Però qualcuno, a quanto pare, l’ha ascoltato.
[632 parole]
#
Note dell'autrice:
Una piccola precisazione storica: Hijikata ha davvero
piantato un bambù all'età di otto anni. E ha
davvero giurato su di essa di diventare un samurai. La pianta si leva
ancora oggi nel giardino di casa Sato, dove Toshizou passò
la maggior parte dell'infanzia e dell'adolescenza e dove
cominciò a prendere lezioni di kenjutsu da Kondou. Se avete
la fortuna di fare una visita a Tokyo e non vi tocca restare chiuse in
casa per tutta l'estate come la sottoscritta, fateci una visitina ;].
*sbadiiiiiiiiiiiiglio*
E come si dice? Si finisce una storia, se ne comincia un'altra. Mi pare
ovvio ;]. Come avevo accennato nelle note finali di Burning, dunque,
eccomi qui - prima del previsto, ma mi premeva postare presto qualcosa.
Dunque. Land of Make-Believe nasce per la Challenge "The Four Elements"
di xdxdxdxd, sul forum di EFP. Si tratta di una raccolta di....48
shots, una per ogni prompts delle quattro tabelle su cui è
basata questa sfida, ognuna con un POV diverso a seconda del
personaggio a cui ho associato il prompt. Inclusi gli improbabili- o
forse dovrei dire invisibili, dato che la serie glissa spesso e
abbondantemente su di loro.
Eh già. Ne avrò di roba con cui stressarvi.
Per rendere la cosa un po' più agevole, ho deciso di
dividere il totale di 48 capitoli in tre "momenti" della
storia della Shinsengumi. Si parte dal passato, come appunto
avrete constatato. Forever
we've been, come cantano gli HIM in Nightside of Eden
(kudos a Ellie per avermi fatto notare quanto questa canzone sia
calzante con i minna-san); dato che solo "passato" mi sembrava banale,
ho aggiunto quel "Donten"; significa cielo piovoso, ed è il
titolo di una splendida canzone dei Does (nonchè epica
opening di Gintama) che ha ispirato questa prima sezione di Land. Qui
la potete ascoltare. Quanto ai lyrics...beh, per la fine del passato,
li avrete tutti in mano ;] ognuno è stato riportato sotto il
titolo della one-shot.
Avviso già da ora che numerose shot prendono spunto dalla
storia della vera Shinsengumi (utilissime fonti d'informazione sono
stati svariati siti web, libri a tema- tra cui il Moeyo Ken- bloggers
che meriterebbero una statua, traduzioni di drama-cd e least but not
last, i pochi frammenti tradotti del diario personale di Nagakura
Shinpachi, pubblicato nel 1998 e purtroppo irreperibile anche solo in
inglese): da qui l'avvertimento di What if.
Che altro dire? Spero
che questa serie
possa piacere a persone più disparate. Cercherò
di essere più eclittica
possibile e di toccare sia argomenti allegri che tristi, in modo da
avere un lavoro variegato. Ringrazio fin d'ora chi mi
lascerà un commento, chi mi seguirà e chi
semplicemente leggera. Buona lettura ^^.
Mata ne,
Kei
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