Per favore dio. Per favore dio. Per favore dio.
La vecchia madre piangeva in ginocchio in cucina. Tra le
mani stringeva un rosario e piangeva. Le lacrime si perdevano tra le rughe, le
incisioni impietose di una vita dolorosa e di una prossima uscita di scena
sullo sfondo di un totale fallimento.Un marito che la
tradiva, un figlio che giovane se ne andò di casa, una
solitudine agghiacciante. Di fallimento in fallimento si ritrova ora sola a
quasi ottanta anni. Quello che la vita le aveva dato
lei lo ha perso e il poco che aveva accumulato ora è un polveroso accumulo di
foto prive di senso e di cianfrusaglie che affollano gli scaffali. In queste
sue ultime notti prega. Una litania che si alza priva di interruzione
e priva di senso. Che senso può avere per questa larva di essere
umano chiudersi in una silenziosa preghiera a Dio? In che può sperare? Prega
per tutti i suoi fallimenti? Spera nella consolazione di un Dio superiore e
perfetto?
Purtroppo la storia era molto più triste. Purtroppo il Dio
non era perfetto. Purtroppo era un tutto, onnipotente, purtroppo totalmente
incapace di trovare un equilibrio. L’uomo in vecchissime favole ricorda di altre storie, altre umanità, altri occhi che hanno
osservato altri cieli. Era altri uomini, tentativi di
un Dio dall’infinito potenziale creativo e distruttivo. Nel creare instillava vita e morte allo stesso tempo, nel creare instillava
produttività ed entropia. Provò ad non entrare in
contatto col creato con emanazioni di se che mediassero il suo potere.
Disperato ripose tutte le sue speranze in esseri eterni, bellissimi, giusti che
avrebbero dovuto tutelare un creato che altrimenti sarebbe stato fragile.
Angeli, li chiamò. Messaggeri. Inizialmente funzionò. Inizialmente egli pensò
di aver coronato il sogno di una vita solitaria e incompleta. Quando i suoi
splendidi angeli gli voltarono le spalle le lacrime del creatore
ricoprirono la terra ed in un avvampare si spense. Coloro che gli erano rimasti
fedeli lo piansero, gli altri, per quanto ad egli avversi,
si sentirono persi. In un secondo l’anima immortale del mondo si sradico dal suo creato e si racchiuse in un minuscolo punto.
Nel suo infinitesimale microcosmo allontanò da se il pensiero dell’eterno
fallire a cui era legato dalla sua stessa natura di paradosso.
Rimase indifferente nella sua disperazione e atarassia fino
all’istante in cui non si destò richiamato da un grido di dolore. Samael, angelo tra tutti ancora devoto al suo creatore,
scelse la morte. Dopo millenni di immortalità l’angelo
desiderò la morte, desiderò il nulla.
Quando infine una delle poche creature da me ancora amate si
spense in sacrificio, per non permettere che tutto il mio sforzo venisse frantumato dai traditori, capii che ero un codardo e
che era il momento di tornare e tentare ancora una volta di tentare un ordine,
un nuovo ordine.
In una notte di inverno in cui le
luci mancarono per un secondo, sull’Europa, brillò calda e malinconica una
stella rossa. In quella stella iniziò a germogliare la speranza di un Dio. La
speranza che tra tutto quel letame risplendesse ancora un filigranato amore.