Nuova pagina 1
Ritornare
a nuotare
Sei
eccitata, tremendamente eccitata.
Sei nello
spogliatoio, quasi non ci credi.
Lo senti di
nuovo, l’odore del cloro.
Ti riempie
le narici e non ti dispiace come un tempo.
Non sa più
di candeggina.
Chiudi gli
occhi e sorridi.
Sei sola nel
camerino piccolo e stretto.
È cambiato
molto in questi ultimi dieci anni.
Dieci
anni.
Sono
trascorsi dieci anni dall’ultima volta che hai messo piede qui dentro.
Ti sei
guardata attorno ed hai visto tutto uguale, uguale eppure diverso.
Non te lo
sai spiegare ma è così.
Niente è
come prima, eppure tutto è immutato.
Metti il
costume nuovo e ti accorgi che qualcosa è cambiato.
Il tuo seno
è più grosso.
Sorridi
perché, anche se è solo una seconda abbondante, non è piatto come dieci anni
fa.
Oggi sorridi
senza motivo.
Leghi i
capelli in una specie di crocchia.
Ci ripensi,
li sciogli.
Hai la pelle
d’oca.
Non è lo
sbalzo di temperatura.
È
l’adrenalina.
Indossi
l’accappatoio e poi via, con la cuffia stretta in mano.
Un respiro
profondo prima di varcare la porta che ti separa dalla vasca.
Un respiro
profondo prima di andare.
…
Entri e ti
fermi.
Guardi
l’acqua
che riflette le luci dei fari.
Alzi gli
occhi per vederli. Sono piazzati sul soffitto, ma non sono tutti accesi,
dopotutto c’è la luce del sole proveniente dall’esterno.
L’odore
del cloro, qui, è più intenso.
Lo respiri a
pieni polmoni, ti è mancato.
Quello che
ti colpisce maggiormente è la mancanza del cicaleccio che ti accompagnava da
ragazzina.
C’è
silenzio, tanto silenzio.
Gli unici
suoni che arrivano al tuo orecchio sono quelli creati dalle mani, dalle braccia,
dalle gambe che entrano in acqua.
È la musica
del nuoto.
Ti riscuoti
dal tuo sogno ad occhi aperti.
Avanzi
incerta.
È il tuo
mondo, ma non è più tale.
È strano
perché fino a dieci anni prima ti muovevi con naturalezza… adesso ti senti un
elefante dentro una cristalleria.
Muovi i
primi passi, imbarazzata.
Non c’è
molta gente eppure sembra che tutti ti stiano fissando.
Le tue
solite fisime mentali.
Ti sfili
l’accappatoio e lo lasci sul bordo di una panca.
Ti chiedi se
porterà fastidio a qualcuno.
Stai per
riprenderlo ma ci ripensi: l’accappatoio sta bene dove si trova.
Vai verso le
docce.
Leghi i
capelli in una crocchia improvvisata, con te non hai neanche un elastico.
Ti ricordi
della cuffia lasciata sulla panca e torni indietro.
La prendi, e
con un movimento unico l’allarghi per poi infilarci dentro la testa.
Un unico
gesto, come facevi dieci anni.
Sorridi per
questo semplice movimento.
Sorridi
perché stai rientrando nei vecchi meccanismi.
Vai verso le
docce ed apri il rubinetto.
Ti infili
sotto e quasi urli.
Ecco, questo
non è cambiato!
L’acqua è
sempre ghiacciata.
Ti bagni
rapidamente e poi scappi via.
Quasi
scivoli per come sei corsa da sotto il getto di acqua fredda.
Adesso
eccoti davanti al blocco numero due.
Hai sempre
odiato il blocco numero uno.
È un odio
sciocco il tuo, ma lo odi.
Ogni volta,
al momento del tuffo, avevi paura di andare a sbattere contro il bordo-vasca,
ecco perché lo evitavi.
Ti giri per
vedere se qualcuno sta aspettando i tuoi comodi e, per la prima volta, ti
accorgi di come la piscina sia quasi deserta.
È sabato,
sono le nove di mattina.
Secondo te
chi potrebbe essere così folle da andare a nuotare il sabato mattina?
Tu,
naturalmente.
Ti
complimenti con te stessa per aver scelto un giorno così poco frequentato.
Non ti piace
nuotare quando c’è troppa gente.
Non puoi
seguire il tuo ritmo.
Non puoi
seguire il ritmo dei tuoi pensieri.
Sali sul
blocco due.
Ti tremano
le gambe.
Ecco, è il
momento del tuffo.
Ti pieghi su
te stessa.
Con i medi
tocchi il bordo della piattaforma.
Stiri le
gambe e le divarichi un po’, non troppo o il tuffo sarà sbilenco.
Porti il
piede destro indietro.
Pieghi
leggermente il ginocchio sinistro.
Cosa
potrebbe mai accadere di tanto imbarazzante?
Un tuffo
sbagliato.
Un tuffo
che, nel gergo catanese, prende il nome di panzata
Coraggio.
Ci saranno sì
e non dieci persone.
Dieci
persone che non conosci.
Dieci
persone che rideranno di te se dovessi sbagliare.
Ce la puoi
fare.
Basta con la
paura.
Inspiri,
incassi la testa tra le spalle.
Stai attenta
che il mento aderisca bene allo sterno.
Chiudi gli
occhi e ti dai la spinta.
Sei sospesa
nel vuoto.
È
quell’attimo in cui ti sembra di volare.
È
quell’attimo in cui tendi il tuo corpo.
Le braccia
si avvicinano rapide alle orecchie.
Le mani,
quasi, si sovrappongono.
Le gambe si
distendono.
E tu entri
in acqua.
Non brucia
nessuna parte del corpo.
Non hai
fatto figuracce.
Non hai
fatto panzate.
Inizi a
muovere le gambe.
Non le
sbatti, no.
Le muovi in
sincrono.
Come se
fossero la coda di un pesce, o di una sirena.
Quando avevi
dieci anni ti piaceva immaginarti una sirena, una piccola Ariel.
Adesso non
hai più dieci anni.
Ne hai quasi
trenta ed è da dieci anni che non nuoti in una piscina.
Non sai se
ne sei ancora capace.
Pian piano
risali.
Ecco, adesso
la tua schiena non è più immersa, il tuo viso però è in acqua e con gli
occhi segui la T che delimita il percorso della corsia.
È arrivato
il momento di muovere le braccia.
Hai deciso
di respirare ogni due bracciate.
Hai deciso
di respirare a destra. Sempre e solo a destra.
Così,
attraverso la grande vetrata, hai modo di vedere l’Etna ed i suoi fianchi
coperti di neve.
Muovi le
gambe.
Muovi le
braccia.
Un movimento
fluido.
La prima
bracciata.
Scende il
braccio, va giù, si allontana dal tuo corpo per poi riemergere velocemente.
Esce
dall’acqua, risale, tocca il punto più in alto e traccia una nuova parabola
discendente per tornare verso la superficie dell’acqua.
Ritorna a
toccare il tuo orecchio e quindi si ferma.
L’altro
braccio esegue il medesimo movimento.
Allora è
vero: nuotare è come andare in bicicletta, non si dimentica mai.
Terza
bracciata è il momento di prendere aria.
Giri il viso
e lo vedi.
Grande,
maestoso. Il tuo vulcano.
L’Etna, ed
il suo manto bianco.
Per i
Catanesi l’Etna è la montagna. Per tutti gli altri è il vulcano.
Per i
Catanesi l’Etna è una bella donna. Per tutti gli altri è un semplice
vulcano.
Per te
l’Etna è… un conforto.
Stupidamente,
cerchi il suo profilo anche quando sei lontana da Catania.
E ti manca
non vederla svettare sulla città come a proteggerla o pronta ad incenerirla, a
seconda dei momenti.
Sorridi, ci
sei riuscita: si è innescato, il meccanismo magico.
Stai
nuotando e, senza farci caso, hai iniziato a pensare a nulla di importante.
Stai
nuotando e ti stai rilassando.
Stai
nuotando e ti sembra di essere tornata viva.
Adesso però
basta pensare.
Sei in vasca
per allontanarti dalla tua vita e dai suoi piccoli e grandi problemi.
Lascia che i
tuoi pensieri fluiscano via dalla tua mente come se fossero gocce di acqua che
scivolano via dal tuo corpo.
…
Sono le
dieci ed un quarto.
È da
un’ora che sei in vasca.
Ti fermi.
Hai il fiato
corto.
Ti senti
sudata ma sai che non è così.
È
impossibile sudare mentre si è in acqua.
Ma è la
sensazione che hai sempre avuto quando si tratta del nuoto.
Le guance le
senti caldissime.
Ti bruciano.
Respiri in
modo irregolare.
Hai nuotato
per un’ora intera.
Bugiarda,
hai nuotato per poco meno di mezz’ora, ogni due vasche ti fermavi per
riposarti.
Però è
normale.
È da dieci
anni che non entravi in vasca.
Guardi se la
corsia uno è occupata, quando sei sicura di avere libero accesso, passi sotto
le boe che delimitano i due spazi.
Esci le
braccia dall’acqua e le abbandoni, stremata, sulla superficie piastrellata.
Poggi la
testa sul giaciglio formato e respiri.
Avresti
bisogno di riprendere fiato e ti viene in mente l’esercizio che Lucio ti aveva
insegnato.
Ti vergogni
però.
All’epoca
avevi solo otto anni.
Adesso ne
hai molti di più, per questo decidi di non eseguirlo.
Ti avvicini
alla scaletta.
Per uscire,
non hai neanche la forza per issarti sulle braccia.
Sali quei
pochi scalini di acciaio con difficoltà.
Quando sei
fuori, cammini lentamente.
La testa ti
gira un po’.
Le gambe le
senti pulsare.
Che sia
in arrivo un crampo?
Speri di no,
adesso vuoi solo sederti e riposare, non ce la faresti a stirarti la gamba da
sola e non vuoi chiedere aiuto ad un estraneo.
Togli la
cuffia e la prima cosa che fai è andare a sciogliere quella specie di crocchia
che hai fatto prima.
I capelli
sono umidi.
Maledette
cuffie, mai che reggano!
Ti infili le
ciabatte.
Odi
camminare scalza in piscina, non sai mai cosa puoi beccarti.
Metti
l’accappatoio prima che di buscarti una polmonite. Per così poco poi!
Te lo
stringi in vita.
Ti giri a
guardare la vasca davanti a te.
- Ci vediamo
martedì.
Poi te ne
vai.
|