Un racconto, una storia. Ecco quello che aveva fatto
prima. Aveva dato a tutti la cosa che di più cara aveva. I ricordi di pochi
giorni che le avevano lasciato un segno indelebile nel cuore.
Jack, del quale non esistevano
documentazioni, ma solo ricordi, la aveva salvata in tutti i modi in cui una
persona può essere salvata…le aveva donato la sua vita, si era sacrificato per
salvare lei, la aveva fatta sentire amata e difesa, le aveva dato fiducia. E di
lui, di una persona così buona e importante per lei, non c’era né una foto né
uno scritto, ora solo una storia che aveva aperto il cuore a tutti i suoi
ascoltatori. Uno sguardo indietro per ricordare, piangere e sorridere pensando
a quanto tempo è passato…
Era lì, di nuovo, come
ottant’anni prima. Arrampicata sulla prua di una imbarcazione, come quando lo
aveva conosciuto, e il caso volle che si trovava esattamente sopra quella nave,
che mentre affondava si portava con sé tanti sogni e promesse.
Sorrideva e pensava quanto
accaduto anni fa… Eccola, l’ultima cosa che la legava ancora al passato, quella
collana. Ricordava quando l’aveva ritrovata nella giacca con la pioggia che le
bagnava i capelli e le rigava il volto, sotto la statua della libertà.
Quanti ricordi erano legati a
quel diamante…un disegno, la relegazione di Jack nella parte bassa della nave,
forse era stato questa l’arma letale di quell’episodio.
Era arrivato il momento di
liberarsene. Lo gettava e lo vedeva cadere e affondare, proprio come faceva il
corpo senz’anima di Jack.
Ora poteva morire, poteva morire
libera, quasi felice.
Aveva adempito a tutte le
promesse che aveva fatto a lui. Gli aveva promesso di continuare la sua vita,
sposarsi, avere dei figli e quant’altro.
Inalava l’aria fresca che tirava,
quasi come a cercare qualcosa in essa. Mille ricordi le correvano alla mente in
quel momento.
E cullata dai ricordi si trascinò
in cabina a piedi scalzi, come a voler sentire meglio la terra sotto di se.
Le sue foto, alcune bianche e
nere altre a colori, facevano bella mostra sul comò che si trovava accanto al
letto.
Delle foto, dei ricordi, delle
promesse mantenute.
Insieme avevano deciso di fare
una lunga cavalcata in riva al mare - con una gamba su ogni lato - aveva
detto a lui. Ed eccola la foto di lei sulla spiaggia, sopra un cavallo. Lo aveva
fatto senza di lui, ma gli aveva mantenuto la promessa.
Ogni promessa fatta era stata
mantenuta, adempita, come voleva lui. Aveva rispettato il suo volere.
Tante erano le cose che dovevano
fare insieme e che aveva fatto da sola.
Con se, per ricordare, non aveva
portato foto del suo matrimonio o dei suoi figli o dei suoi nipoti. Ma di quei
momenti in cui sarebbe dovuta essere con lui. Insieme, felice, come quei tre
giorni a bordo della nave dei sogni.
Il letto, eccolo. Piccolo giaciglio di morte, morbido e quasi
inutile.
Si distese, chiudeva gli occhi.
Quelle foto e il racconto che aveva fatto poco fa le avevano ricordato l’unica
promessa, l’unico sogno che non aveva realizzato.
Si vedeva giovane sul Titanic,
l’unico posto dove nascono e muoiono i sogni. Attraversava il salone grande,
quell’atrio con le scalinate e l’orologio. Lo vedeva girarsi, come quando la
aspettava per andare insieme a ballare ad una festa per i poveri borghesi che
avevano scelto di viaggiare in prima classe.
Tutti attorno a lei, tutte quelle
persone che aveva conosciuto là, gli amici di Jack, il capitano della nave, i
vari intellettuali e sostenitori della creazione di quel hotel che viaggiava
sull’oceano.
La madre, le sue amiche, tutti a
sostenerla. E avanzava e lo baciava. L’ultimo dei suoi desideri e dei suoi
sogni.
Rose Dawson, l’ultima
sopravvissuta alla tragedia del Titanic, moriva nell’anno 1994, o per pura
casualità o per semplice fantasia del destino, proprio sulla nave su cui
sognava di essere.
Ringrazio tutti coloro che hanno
letto, e in particolare coloro che recensiranno questa mia fanfiction, seppur
breve, scritta molto repentinamente e tutta in una volta!
Grazie mille!!
Summers