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AMORE E' IL
PROGETTO E IL PROGETTO E' MORTE
Nessuno riuscì a
comprendere in tempo che il Progetto si sarebbe realizzato quella sera stessa.
Pur essendosi in qualche modo annunciato, nessuno lo vide arrivare, né riuscì ad
opporvisi. Semplicemente, non poteva essere evitato.
La donna, con
un'espressione di composta malinconia, si avvicinò alla finestra, fissando il
mosaico di minuscole lucciole che splendevano nelle case del piccolo villaggio.
Dietro di lei, il bambino, poco più che un neonato, si agitò, mugolando
debolmente nel sonno. La donna distolse lo sguardo quasi a malincuore, e si
affacciò sul lettino del bimbo, che continuava a frignare.
Dev'essere un incubo pensò Lily, prendendo con
cura il figlio fra le proprie braccia e cullandolo dolcemente per
tranquillizzarlo.
(Oppure è il
Progetto)
Un pensiero assolutamente estraneo e alieno
attraversò la mente della giovane donna; Harry le sfuggì quasi dalle mani, e
solo una notevole prontezza di riflessi impedì al bambino di picchiare la testa
contro la testiera del lettino. Lily si affrettò a riadagiare il figlio, che nel
frattempo sembrava essersi tranquillizzato, sul morbido materasso, prima di
portarsi le mani alla testa, premendo le dita affusolate all'altezza delle
tempie, come per assicurarsi di cancellare ogni minima traccia di quel pensiero.
Le sembrava la cosa più sgradevole alla quale avesse mai pensato, nonostante
fosse una frase così banale. Era come se le avesse lasciato all'interno del
cranio una scia di bava velenosa che le corrodeva la mente, penetrando sempre
più in profondità. Come se non riuscisse a smettere di pensare
(al
Progetto)
a quelle parole.
Il lieve cigolio della porta la fece sobbalzare per
la seconda volta in pochi minuti. Si voltò, mettendo mano alla tasca nella quale
era riposta la sua bacchetta magica, ma solo per ritrovarsi a fissare il volto
del marito. James Potter sorrise alla moglie, ma fu un sorriso debole e stanco,
che non coinvolse i suoi occhi. Il viso dell'uomo era teso e provato; la
preoccupazione si era raggrumata negli angoli degli occhi e della bocca,
scavando impietosamente un reticolo di rughe precoci.
"Stavo leggendo in soggiorno quando ho sentito Harry
lamentarsi, e così sono venuto a vedere se andava tutto bene..." borbottò lui in
tono quasi di scusa. Lily distolse gli occhi dal consorte, per tornare a
fissarli sul figlio, placidamente disteso su di un fianco. "E' tutto a posto,
non dovevi disturbarti..." rispose lei in tono freddo. Che bisogno ha di
mentire? pensava nel frattempo E' chiaro che se fosse stato dabbasso non
avrebbe potuto sentire un bel niente. La verità è che se ne stava qui fuori, ad
aspettare... ad aspettare cosa?
"Che cosa stavi aspettando?". Le parole le uscirono
di bocca senza alcun motivo. O forse, inconsciamente, aveva voluto pronunciarle
solo per poter vedere la reazione sul viso di lui. James però non parve capire
la domanda, e atteggiò il volto in un'espressione di educata perplessità:
"Cosa?" domandò. "Perchè eri qui fuori?" ripetè Lily, con una nota di fuoco
nella voce. "Te l'ho detto, ero giù in soggiorno, io...". "Oh, per favore,
smettila!" sbottò la giovane donna, lanciandosi verso la porta e spalancandola.
James perse l'appoggio sulla maniglia e fu costretto ad appoggiarsi allo stipite
per non crollare a terra. "Lo so benissimo che eri qua fuori, cosa credi? Non
sono stupida, e lo sai benissimo!". L'uomo le sorrise, e per un attimo Lily vide
nel volto di lui il ragazzo vivace ed arrogante che aveva conosciuto quando
frequentava Hogwarts, lo stesso ragazzo con il quale aveva scelto di condividere
la vita...
"Hai ragione, non sei stupida" ammise lui "Stupido io
a pensarlo, piuttosto". James sospirò, e si passò una mano nella foresta di
ribelli capelli scuri, tanto simili alle piccole ciocche che ricoprivano il capo
del bambino che riposava tranquillo nella culla "E' solo che... sono preoccupato
per Harry, ecco tutto...". "Ah, ti preoccupi per Harry? E di me? Chi si
preoccupa di Lily, eh?" ribattè lei, piccata. "Oh, piantala. Ti stai rendendo
ridicola." la rimproverò lui "Siamo d'accordo sul fatto che tu non sia una
stupida, quindi evita di comportarti come tale". Lei sembrò riscuotersi al suono
di queste parole; chinò la testa, così che una cascata di capelli rosso ramato
le ricadde sul volto, nasconendone i delicati lineamenti. "Scusami" la sua voce,
da urlo colmo di furia, si era trasformato in un sussurro: "Anch'io... anch'io
sono preoccupata per lui. Per te. E soprattutto per me stessa. So che può
sembrare egoista, ma... ma...". Le lacrime iniziarono a cadere sull'allegra
moquette azzurra, picchiettandola con macchioline scure. "Non voglio morire"
disse, con una voce ferma nonostante il pianto "Ormai è una settimana che non
dormo più, continuo a pensare a che cosa può accaderci, a quella maledetta
profezia, e
(al
Progetto)
al fatto che Voldemort potrebbe scegliere di uccidere
proprio Harry, e..." e Lily non sembrò capace di continuare. James le si
avvicinò, la afferrò per le spalle e la strinse a sè: "Non preoccuparti, Lily.
Non permetterò mai che tu venga uccisa, finchè avrò vita. Ricordati che non
siamo soli. Ci sono Sirius, Remus, Peter, Silente... Non siamo soli. Finchè
Peter manterrà il nostro segreto e Silente continuerà a vegliare su di noi come
ha fatto finora, andrà tutto bene...".
Fu allora che tutto andò storto.
E che il Progetto ebbe inizio.
La porta d'ingresso della casa esplose, e le pareti
tremarono, mentre i delicati soprammobili del soggiorno precipitavano a terra in
una pioggia di frammenti di cristallo. Lily e James, ancora abbracciati,
crollarono contro la parete, mentre Harry, dal suo lettino, mandò un lieve
gemito.
"Che succede?" il bisbiglio terrorizzato di Lily si
perse quasi fra i singhiozzi che la scuotevano. Scivolò a terra come una bambola
rotta, mentre James, con il volto pallido e tremendamente deciso si avvicinava
alla porta della stanza. "No..." mormorò Lily, senza alzare la testa "No...".
James la fissò, mentre gli occhi gli si colmavano di tanta tristezza che per un
attimo lo attraversò il buffo pensiero che forse non avrebbero retto e si
sarebbero gonfiati fino a scoppiare... e forse, non era neppure un pensiero
tanto buffo.
James appoggiò la mano sulla maniglia, e nello stesso
momento accaddero due cose: Lily gli afferrò l'orlo dei pantaloni, e dall'atrio
giunse un lieve scricchiolio: chiunque fosse entrato in casa
(ed era chiaro chi fosse questo chiunque, no? Era
mortalmente chiaro)
aveva iniziato a salire le scale.
"Lily, ti prego..." implorò lui, con dolcezza. Lei si
limitò a scuotere la testa.
Scricchiolio. Un altro gradino. Scricchiolio. Un
altro gradino.
"Non ti ricordi che cosa ti ho detto? Che finchè avrò
vita non permetterò che qualcuno ti possa fare del male...". "Mi hai detto..."
singhiozzò lei "Mi hai detto anche che non eravamo soli... E invece Peter ci ha
traditi!" la sua voce crebbe, alzandosi di un'ottava "Ci ha traditi, quel
lurido figlio di...".
"Ssshh!" fece James, pur sapendo che ormai era
inutile. Gli scricchiolii si fecero più rapidi ed intensi. Ora Voldemort sapeva
dove poteva trovare ciò che voleva.
"Mi dispiace, Lily..." disse l'uomo. Con una torsione
della gamba, si liberò della debole presa della moglie, e prima che lei potesse
reagire, si infilò fuori dalla stanza, la bacchetta stretta nel
pugno.
Dal momento in cui vide per l'ultima volta suo marito
vivo al momento della morte di Lily passarono circa venti secondi, eppure per la
donna il tempo sembrò dilatarsi, come se fosse diventato l'elastico della fionda
con la quale amava giocare da bambina.
E improvvisamente si vide, a otto anni, una
mocciosetta sempre sporca di fango con le ginocchia sbucciate, nella grande casa
di campagna dei suoi genitori. La sua noiosa sorella maggiore se ne stava seduta
sul dondolo, all'ombra del portico, sospirando sulle melense pagine di un
romanzetto d'amore. Ma era luglio, le scuole erano finite, e il tempo era troppo
bello per sprecarlo a leggere e a non far nulla.
Sua madre aveva fortemente disapprovato il fatto che
lei, per il suo ottavo compleanno, le avesse chiesto una fionda in regalo. "Non
è un giocattolo appropriato per una signorina" aveva commentato, e le aveva
invece comprato una grossa bambola che lei aveva a malapena degnato di uno
sguardo. Suo padre, invece, era rimasto molto colpito dal fatto che la sua
secondogenita desiderasse un regalo tanto atipico, e gli aveva acquistato
personalmente il modello più costoso del negozio, suscitando le ire della moglie
e della primogenita. Lily, dal canto suo, si divertiva un mondo; passava il suo
tempo acquattata all'ombra degli alberi che formavano un piccolo e fresco
boschetto dietro a casa sua, esercitandosi a colpire le foglie più alte per
migliorare la propria mira.
Finchè, un giorno, non aveva sbagliato la traiettoria
del colpo. Invece di aprire una ferita sferica al centro della larga foglia
d'olmo alla quale aveva mirato, la piccola Lily aveva visto precipitare a terra
una delicata massa piumata, che aveva colpito il terreno con un tonfo sordo a
qualche metro da lei. La bambina si era avvicinata, incuriosita, e si era
accorta che quello che era caduto a terra era un piccolo uccellino bruno, quasi
sicuramente un passero, che ora pigolava debolmente. Dopo essersi infilata la
fionda in tasca, Lily lo raccolse con circospezione e lo portò dal padre, che
stava raccogliendo le prime prugne dal grande albero che si ergeva al centro del
giardino. Glielo tese, senza parlare. Lui prese l'uccellino dalle piccole mani
di lei, e lo osservò per qualche secondo.
"Lo puoi aggiustare?" chiese Lily titubante. Suo
padre la fissò con uno sguardo un po' triste: "No, Lily, non posso... Nessuno
potrebbe...". L'uomo appoggiò la mano libera sulla testa della figlia, poi
riprese: "L'hai trovato nel bosco?". "No..." rispose Lily "Io... io credo di
averlo colpito con la fionda...". E poi la bambina fece una cosa che faceva
davvero raramente: scoppiò a piangere.
Di solito tutti si complimentavano con lei, perchè
nonostante molto spesso si ferisse, si graffiasse e si sbucciasse gomiti e
ginocchia, non versava mai nemmeno una stilla di lacrime, ma sopportava
stoicamente la vista del sangue, cosa che invece mandava letteralmente in crisi
sua sorella Petunia, e permetteva addirittura a sua madre di anestetizzarle le
ferite con l'alcool, stringendo la piccola lingua fra i denti per impedirsi di
urlare.
Ma quella volta le lacrime iniziarono a scenderle
copiose, e Lily si trovò stretta fra le braccia del padre, mentre ripeteva fra i
singhiozzi: "Mi dispiace, ma io non volevo, non volevo...". "Lo so. Tu non sei
una bambina cattiva" le rispose lui "Ma devi capire che per ogni nostra azione
c'è sempre un seguito. Quando tu tendi l'elastico della tua fionda... Devi
sempre ricordarti che colpirai qualcosa, quando lo lascerai andare".
E, mentre da sotto la porta filtrava un tetro
bagliore verde, e qualcosa cadeva a terra nel corridoio, facendo gemere le assi
dell'impiantito, Lily, di nuovo donna, di nuovo in piedi, pensava a quanto era
vera l'affermazione di suo padre. Il vero problema pensò, un momento
prima che la porta si spalancasse, e Voldemort entrasse nella stanza è che
non sempre sei tu a tenere in mano la fionda, e non puoi vedere dove punta
l'elastico finchè il colpo non è partito.
"Cos'abbiamo qui?" sibilò Voldemort, in tono di
sottile giubilo "Una madre che protegge il suo adorato figlio... Ammirevole. E
inutile. Ora spostati, Mezzosangue, o sarò costretto ad uccidere te prima di
eliminare il piccolo Harry.".
Ma Lily non si mosse. Rimase lì, in piedi, con le
braccia allargate, davanti al lettino di Harry, i capelli sparsi sulla schiena
come un mantello fulvo, e gli occhi, dello stesso verde della maledizione che
pochi secondi dopo l'avrebbe colpita, fissi in quelli rossi dell'uomo che più di
ogni altro rappresentava la disumanità. Non ci furono lacrime. Non ci furono
parole. Solo un pensiero
(il Progetto
il Progetto il Progetto il Progetto il Progetto)
che le martellava ossessivamente il cranio, senza un
come, senza un perchè...
"Allora?" disse Voldemort con impazienza "Questa è la
tua ultima possibilità di salvare la tua patetica e miserevole esistenza.
Obbedisci o muori!". Ma Lily non si spostò. Pensava solo
(il
Progetto)
E mentre Voldemort alzò la bacchetta, per condurla
verso un luogo senza ritorno. Capì.
Si dice che chi si trova sulla soglia della porta
della morte, e attende solo di appoggiarci sopra le nocche per bussare, riveda
tutta la sua vita. Ma per Lily l'esperienza fu diversa. Non vide la sua
esistenza, ma quella di suo figlio. Non sarebbe morto, ma avrebbe vissuto.
Soffrendo e piangendo a volte, ma circondato dall'affetto di amici sinceri.
Sarebbe diventato forte, avrebbe dovuto attraversare molte difficoltà; ma un
giorno, si sarebbe scontrato faccia a faccia con Voldemort, e quel
giorno...
E in quel momento, quel brevissimo istante prima che
la donna crollasse a terra, le lacrime sgorgarono per l'ultima volta, senza però
arrivare mai a lambire le labbra di lei, distese in un sorriso di quelli che
sembravano essere gioia e trionfo. E con esse, un pensiero: Però ci sono
delle volte, in cui l'elastico della fionda, per l'eccessiva tensione, finisce
per rompersi.
Eccolo, il Progetto!
Perchè l'Amore è il Progetto.
E il Progetto è Morte.
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