Finalmente a casa
Note: Scritta
per la
THE COW-T: The Clash of the Writing Titans - TERZA SETTIMANA
@
maridichallenge
prompt: attesa
Disclaimer:
Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia
contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Finalmente
a casa
Napoleone gironzolava inquieto per lo studio, aveva percepito un
cambiamento della luminosità che proveniva dalla finestra:
questo voleva dire che presto quella snervante attesa sarebbe
terminata. Si fermò, all’improvviso, al centro
della stanza inclinando la testa da un lato. Aveva forse sentito un
tintinnio di chiavi? Aggrottò le sopraciglia cercando di
valutare meglio le vibrazioni che aveva avvertito, ma quando il rumore
si ripeté si accorse che era solo uno scampanellare di
bicicletta. Grugnì frustrato e riprese a muoversi
irrequieto.
Wellington sbadigliò e con
passo tranquillo lasciò il suo posto presso la biblioteca e
si appostò alla finestra ignorando il compagno di stanza: di
certo ciò che accadeva per strada era infinitamente
più interessante del suo ciondolare nevrotico. Tutte le sere
era la stessa storia: appena si avvicinava l’ora di ritorno
del loro amico, Napoleone cominciava ad essere impaziente, come se
muoversi su e giù per lo studio avesse il potere di
velocizzare il tempo. In un certo qual modo, però, questo
confortava l’attitudine abitudinaria di Wellington.
Napoleone sapeva che presto il
Professore sarebbe tornato a casa, ma era più forte di lui,
non riusciva a contenere la sua impazienza. Era già una
sofferenza accettare ogni mattina il fatto che l’uomo dovesse
andar via, abbandonandolo nella solitudine, nonostante la presenza di
Wellington che, però, non gli era di nessun conforto. Ed era
per questo che la sera era tanto più felice di sentire il
rumore inconfondibile dei passi del Professore sulle scale e la chiave
girare nella toppa con quella piccola, tipica esitazione appena prima
del doppio clic che annunciava l’apertura della porta.
Napoleone girò su se stesso ancora una volta, diede un
piccolo sbuffo impaziente e infine si rassegnò a sedere con
la testa rivolta verso la porta.
Nel frattempo Wellington si era
accomodato alla scrivania e aveva osservato seduto
tranquillo, con espressione beffarda, il girovagare di Napoleone: non
capiva proprio il motivo di tutta quell’agitazione. Ovvio che
fosse lui stesso impaziente del ritorno del Professore, in fondo si
prendeva cura di lui da parecchio tempo e per questo era giunto a
provare per lui una certa affettuosa devozione. Ma non vedeva il motivo
per eccitarsi a quel modo: il Professore sarebbe arrivato alla solita
ora, che loro si agitassero o meno. Ma quel testone di Napoleone era
pronto ad alzarsi di nuovo e ricominciare il suo snervante balletto.
Wellington sbadigliò di nuovo, mettendo in mostra i dentini
aguzzi e cominciò a pulirsi per l’ennesima volta
nel suo modo metodico e languido, partendo dal naso e finendo dietro le
orecchie.
Da parte sua Napoleone stentava a
comprendere l’impassibilità di Wellington, quel
suo modo di fare sempre imperturbabile lo irritava eppure, per qualche
assurdo motivo che non capiva, il rituale della toeletta riusciva quasi
sempre ad ipnotizzarlo, tranquillizzandolo. Si accomodò
davanti alla grande poltrona di pelle dove il Professore era solito
sedersi, dividendo la propria attenzione tra la porta e la tolettatura
di Wellington. Condividevano la casa da così tanto tempo che
Napoleone non ricordava un solo momento in cui non fosse stato presente
anche Wellington e sebbene lui fosse più grosso e muscoloso
del convivente era sempre il piccolo, snello compagno ad avere
l’ultima parola su tutto. Ma a Napoleone non importava in
realtà, purché non gli rubasse il cibo o
l’affetto del Professore.
Wellington strizzò gli occhi
e frustò l’aria con la coda in un lento movimento
sinuoso. I rumori cittadini giungevano attutiti dalla strada, il
rintocco rumoroso della pendola anticipò lo scalpiccio di
passi sulla scala. Napoleone si alzò e corse verso la porta
agitando festoso la coda e uggiolando piano. Wellington con un balzo
leggero lasciò la sua postazione sulla scrivania, si
stirò inarcando voluttuosamente il dorso, poi sedette
composto leccandosi una zampa. Uno sbuffare da dietro la porta, un
tintinnio di chiavi, un doppio clic e finalmente il Professore
aprì la porta. Napoleone abbaiò felice: era
arrivato, era arrivato! Con un salto si lanciò verso
l’uomo, leccandogli le dita. Il Professore rise e lo
gratificò con una poderosa grattata dietro le orecchie e sul
dorso bruno. Scodinzolando Napoleone gli girò intorno
diverse volte dandogli il suo benvenuto. Poi, placatosi,
andò a sedersi davanti alla poltrona di pelle con la testa
fra le zampe. Quando tutta quell’agitazione
terminò, Wellington si avvicinò a sua volta
all’uomo e gli si strusciò voluttuosamente diverse
volte contro le gambe. Il Professore lo tirò su da terra
mormorandogli complimenti con voce dolce e tenendoselo premuto contro
gli grattò con un dito diverse volte sotto il mento.
Wellington rispose con un sonoro fuseggiare: non lo avrebbe mai
ammesso, ma era proprio felice che il Professore fosse
finalmente tornato a casa!
|