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PARTE I
Life is a moderate good play with a badly third act
Truman Capote
CHAPTER I – CHANGED PLANS
CANZONE
DI VIAGGIO
Sole
illumina il mio cuore
vento
disperdi le mie pene e i miei lamenti!
piacere più
profondo non conosco sulla terra
se non di
andare lontano.
Per la
pianura seguo il mio corso,
il sole
deve ardermi, il mare rinfrescarmi
per
condividere la vita della nostra terra
dischiudo
festoso i miei sensi.
E così
ogni nuovo giorno mi deve
nuovi
amici, nuovi fratelli indicare,
finché
lieto posso tutte le forze celebrare,
e di ogni
stella diventare ospite e amico.
H. Hesse
Ah Vacanze!
Finalmente le mie meritate vacanze!
Era incredibile come dopo gli esami del
secondo anno in università, durati fino a luglio, e dopo altre
questioni secondarie e tante peripezie, potessi finalmente adagiare
il mio sederino sul comodo divano di casa mia e mettermi dallo stadio
“stress da studio” a quello “relax, take it easy !”.
Naturalmente il tutto era coordinato
dal balletto dei miei neuroni, che a breve avrebbero lasciato il mio
cervello in massa per recarsi alle Bahamas per un meritato riposo.
Ero così presa da una così bella
prospettiva che non avevo calcolato una variabile impazzita: mia
mamma.
Non feci nemmeno in tempo ad adagiare
il mio deretano sul quel comodo divano sfoderabile di pelle di casa
mia che mia madre, in versione “fa quello che ti dico perché sono
io che te lo dico”, fece capolino vestita di tutto punto e pronta
ad uscire per andare al club del libro, neanche stesse andando a
prendere un tè con la regina Elisabetta in persona.
Il club del libro di mia madre era
particolare.
Si leggevano libri su tutto ciò che
riguardasse la vita di una casalinga tuttofare.
Quella settimana c’era “101 modi
per fare economia”.
-Che fai?- mi chiese mia madre, come se
stessi imbrattando i muri di casa con scritte anarchiche.
- Adagio il mio deretano finalmente sul
divano ed estrapolo il mio cervello dal cranio per rimetterlo a posto
tra circa due mesi e mezzo- a volte la mia vena un filo sarcastica
veniva fuori. Feci un sorriso a trecentosessanta gradi per
convincerla della mia affermazione.
Mi guardò con un sopracciglio alzato e
le braccia incrociate, in un aspetto alquanto imperioso avrei osato
dire.
- Smettila di dire stupidate e vai a
preparare le valigie coccinella.
- Non chiamarmi così mamma!-
Dicevo io, coccinella? Un nomignolo un
po’ più decente no?
- Perché dovrei preparare le valigie
poi?- solo in un secondo momento mi resi davvero conto di quello che
aveva appena dichiarato.
Non ve lo avevo detto vero?
Dovevate sapere che mia madre era la
maestra del dirmi le cose all’ultimo minuto, quindi mi preparai
psicologicamente al peggio.
- Coccinella mia! Ti avevo detto che le
vacanze le avresti passate da tuo fratello a Vancouver, ti ricordi?
Parti domani piccola mia! Ti ho preso il biglietto un mese fa.
- Cosa?Come?Perché?E quando me lo hai
detto?
A parte il fatto che la mia amica
Monica mi avrebbe ammazzato perché stavamo progettando da un pezzo
una vacanza a San Francisco, a parte che io ero italoamericana,
trapiantata californiana al 100%, della serie “se mi tolgono il
sole faccio la fine delle piantine rinsecchite della nostra vicina
Mrs Polly”, perché cavolo mia madre mi voleva mandare da mio
fratello?
- Non te l’ho detto??
OssantoIddio!
Sta di fatto che pur di non sprecare i
soldi del biglietto, un po’ perché avevo voglia di vedere che fine
avesse fatto mio fratello e perché Monica mi aveva chiamato dicendo
che non poteva più partire ( Coincidenze avreste detto voi?Io la
chiamavo sfiga!Supponevo che mia madre avesse fatto quattro
chiacchiere con la mia amica ) dato che c’era stato un problema
nella sua pasticceria, mi ritrovai contro la mia volontà - ma poi
non così tanto- spedita su un aereo un po’ come pacco postale in
quel di Vancouver.
Appena misi piede fuori dall’aereo i
miei capelli, che non avevano mai avuto una forma definita, mai tutti
lisci o tutti ondulati, si arricciarono a causa dell’umidità ed
ora c’erano ciocche boccolose e non che vagavano libere come dei
cowboy sulla mia testa.
Già stavo amando quella città.
Ritirai la valigia che come minimo
pesava il doppio di me, a causa di tutti i libri che ci avevo
infilato - per non parlare dello zaino – e andai alla ricerca di
mio fratello più grande James.
Delucidazione: mio fratello più grande
di cinque anni James lavorava nel campo della cinematografia.
Dopo tre anni ancora non avevo capito
quale fosse la sua reale occupazione.
Non che non gli volessi bene, sia
chiaro, ma, per quanto ne sapevo, poteva lavorare in incognito per
l’FBI e io non mi sarei accorta di nulla.
L’ultima volta che l’avevo visto
era stato a Pasqua e non faceva altro che parlare di contratti
cinematografici per questo o per quell’altro film in giro per il
mondo... e io facevo finta di ascoltarlo perché quel giorno stavo
male a causa della prozia Maude che mi aveva fatto ingurgitare a
forza talmente tanto cibo che in seguito digiunai per quattro giorni.
Mi guardai a destra e a sinistra in
aeroporto.
Ero alla ricerca di mio fratello da
dieci minuti ormai. Ero sicura che come al solito fosse in ritardo e
io odiavo, ODIAVO davvero, i ritardi con tutta me stessa, quando ad
un tratto, ecco che lo vidi.
Ma. Che. Diamine. Gli. Era .Successo?
Mi ritrovai un James molto cambiato.
Aveva abbandonato i pantaloni strappati, le felpe e le magliette da
metallaro per un completo giacca/cravatta ed i capelli lunghi e neri
fino alle spalle ora erano del suo colore naturale, castano chiaro
come i miei, corti, tirati su con quella che sembrava una
superformula profumata di una tonnellata di gel più una tonnellata
di lacca.
James corse verso di me e mi abbracciò
forte. Io ero ancora sconvolta.
- Chi sei tu e che ne hai fatto di mio
fratello?
- La solita scema!!Non ti piace il mio
cambiamento?- e fece una giravolta per mostrarsi in tutto il suo
splendore- Comunque non ti preoccupare, avevo solo un colloqui per un
progetto. Dai dammi la valigia Cake!- la fissa dei soprannomi era un
difetto di famiglia da parte di madre e mio fratello lo aveva
ereditato.
- Almeno non mi chiami più coccinella
come la mamma- cercai di guardare il lato positivo della cosa.
Mio fratello era molto più piacevole
di mia madre sotto molti punti di vista
- Me lo ero dimenticato!- ridacchiò.
Ma stare zitta io mai eh?- D’ora in poi solo coccinella!-
Stava scherzando vero?vero??VEROO????
- Quando parte il primo aereo per Los
Angeles?-
Anzi qual è il primo aereo che
partiva?
Ж
Per motivi di lavoro a me ancora
sconosciuti, mio fratello passava parte delle sue giornate tra i set
e la sua roulotte.
James abitava a Vancouver –anzi nelle
vicinanze- ed aveva bisogno della roulotte?
Lui diceva che c’era sempre bisogno
di lui e che quindi era meglio che fosse il più vicino possibile.
Altra cosa: per sorpresa non mi aveva
detto a che film stesse lavorando in quel momento.
Si era pure meravigliato del fatto che
io non l’avessi ancora scoperto!
Come se io passassi la mia vita davanti
alla Tv per vedere solo programmi sul cinema...semmai l’avrei
passata solo davanti a quelli musicali, possibilmente rock andante.
Arrivammo alla sua roulotte dopo aver
passato non so quante barriere formate da bodyguard che ti guardavano
in cagnesco che avevo paura che mi avessero preso per una terrorista.
- Oh cazzo!- esclamai io alla vista
della roulotte.
- Che c’è??- mi chiese mio fratello
preoccupato.
- La tua roulotte!
- Che c’è di strano?- ora mi
guardava come se fossi pazza
- E’ così...così...
- Così cosa Valeria???- stava perdendo
la pazienza
- Grande!-esclamai. Mio fratello mi
guardò come se fossi senza speranza - E’ enorme - ed era vero -
Ho per caso bisogno di un sentiero luminoso che mi conduce in ogni
parte o c’è una mappa?
- Scema, la vuoi vedere dentro la tua
roulotte sì o no?
- Perché questa roulotte è per me?-
non ci potevo credere
- Se vuoi dormire nella cuccia del
gatto per me non ci sono problemi, fa pure...- faceva pure lo
spiritoso James!
- Ma se questa roulotte è tutta per me
tu dove dormi fratellone?- questa sì che era una domanda
intelligente!Il mio cervello si stava congratulando con me.
- Emh...ecco Cake...c’è una cosa che
ti devo dire...
Era appurato da venti anni di relazioni
con mio fratello che James che cercava di spiegarmi qualcosa rosso in
faccia ed incominciando a sudare poteva significare solo una
cosa...ragazze!
- Aaaahhhh!!!!- urlai, abbandonai la
valigia e gli saltai letteralmente addosso!-Mamma andrà in brodo di
giuggiole!!!!
- Cosa???- stava soffocando data la mia
stretta da anaconda. Lo lasciai libero.
- Chi è la ragazza Jam??
- Ecco...- timido quando si tratta di
ragazze, soprattutto se ne doveva parlare con me, poi ad agire non si
faceva problemi ovviamente, ma tu guarda...
-Cuccioloooooooooooooooo!!!!!!!-
qualcuno gridò
Cucciolo?Jam?James??Mio fratello
cucciolo?
-Cosa…?!?- feci per dire io
-Sta zitta e non farmi fare figure di
merda!!!- era quasi una minaccia.
“Leggermente” velata eh, ma pur
sempre una minaccia.
- Perché dovrei farti fare figure di
mer...oh cazzo!-
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