Capitolo
1
L’inquietante
cigolio del finto portoncino da saloon si udì in tutta la
sua vibrante lunghezza nel lieve chiacchiericcio del locale. Come
sempre
accadeva, tutti gli astanti, altrettanto abitualmente un numero esiguo
di
clienti, si distrassero dalle loro attività. Le carte si
appoggiarono,
esclusivamente coperte, sui tavoli un po’ unti dai resti di
vivande. Gli
sguardi si incrociarono per millesimi di secondo, dubbiosi, per poi
puntarsi
incuriositi sull’uscio, in attesa che quel suono desse
seguito ad un’apparizione
nell’ambiente fumoso.
Il
ticchettio dei tacchi sulla scala che portava a quella tavernetta
adibita a pub se possibile alzò ancora di più il
margine di attenzione. Solo i
più affezionati frequentatori riuscirono subito a capire
cosa li aspettava.
Un’unica donna frequentava di solito quel luogo e non era mai
una buona cosa.
Quando,
con gli stivaletti inzaccherati dalla terra bagnata e in una
mano l’ombrello grondante di pioggia, scese
l’ultimo gradino e giunse nel lieve
bagliore arancione delle lanterne, emise un sospiro soave, raffinato e
enfatico. Lasciò andare l’orlo fradicio e
macchiato del fine abito panna e si
ravvivò i capelli rossi, lunghi fino alla vita, purtroppo
resi crespi dall’umidità.
-
Oh, che tempo! – esclamò, con un falsetto
delizioso, rivolgendo sorrisi di cortesia a tutti i
presenti, per poi posare l’ombrello fradicio nel gruppo
all’ingresso –
Buonasera! -
-
Buonasera, Principessa! –
La
voce
divertita del padrone del locale rimbombò dal retrobottega
in tutta la sala,
strappando sorrisetti a molti.
Un
lampo
inquietante passò sul volto pallido della giovane. Eppure la
sua espressione
tornò forzatamente affabile in un istante. Con passo
leggero, liberandosi dalla
stola chiara, si sedette al bancone, accavallando le gambe con eleganza
sull’alto sgabello.
-
Ah,
Johnny! Vorresti per caso prendere la mia ordinazione,
carissimo…? – chiese. Una
patina quasi tangibile di lucente educazione rese ancora più
vibrante
quell’ultimo appellativo.
Il
locandiere uscì dallo stanzino con quattro larghi boccali di
vetro appena
lavati e asciugati, che appoggiò con cura su un ampio
ripiano posto subito
sotto i due scaffali ricoperti di bottiglie di alcolici. Si
asciugò con calma
le mani sul grembiule scuro, molto stretto sulla sua vita sottile di
ragazzo
poco più che venticinquenne.
-
Mi dica
pure… - la esortò, lisciandosi i baffetti da
moschettiere che più di tutto
rappresentavano il suo vezzo.
-
Va
benissimo il solito, molte grazie! – rispose lei, ignorando
l’ironia neanche
troppo velata delle sue parole.
Per
tutta
risposta, quello alzò gli occhi al cielo e le sorrise con
malizia.
-
Di
grazia…? – domandò lei, con un lampo
infastidito negli occhi neri come la pece.
-
Mi chiedo
perché non la smetti con questa storia. –
commentò quello, scuotendo la testa.
-
Se non mi
servi me ne vado. – rispose pronta, a voce bassa e
minacciosa.
Johnny
scrutò da vicino la curva pericolosa che avevano assunto le
sopraciglia di
fuoco della cliente e sospirò, senza però
smettere di stuzzicarla.
-
Come
vuoi, Principessa. -
Per
un
istante solo, breve come un battito di ciglia, le mani curate della
ragazza si
strinsero minacciose per poi tornare aperte per lisciare con noncuranza
l’ampia
gonna dell’abito panna.
-
Fingerò
ancora una volta di non aver sentito… -
sentenziò, rivolgendo un sorriso pieno
di civetteria ai due marinai seduti a pochi sgabelli di distanza.
-
Proprio
non ti capisco. Dovresti ormai averci fatto l’abitudine.
– riprese il giovane
locandiere, che si era già voltato a trafficare con dei
bicchieri.
-
Ciò non
toglie che non mantieni mai il favore che ti ho chiesto, caro. Per
questo mi…
altero lievemente… e potresti concedermi che non ho neanche
torto. – protestò
con tono leggiadro, ponendo un breve gesto della mano ad ogni
intervallo delle
sue parole, quasi fossero una melodia.
-
Ti rendi
conto, spero, che è una… - cominciò,
voltandosi per un istante a rintracciare
l’espressione di avvertimento della ragazza -
…sciocchezza… - si corresse
preventivamente.
-
No, è un
piacere. – minimizzò, estraendo dalla borsa uno
specchietto, con il quale si
controllò lo stato dei capelli mossi.
Poi
però si
voltò quanto bastava di lato per poter vedere riflessi nel
piccolo oggetto
anche i due ufficiali seduti al bancone, giusto a qualche sedile di
distanza.
Confabulavano a bassa voce, ogni tanto si rivolgevano sorrisetti e
gomitate.
Si, due perfetti soggetti da osteria, molto interessati a qualunque
donna
respirasse. Nessuno dei due piacente, per nulla, ma non si poteva
pretendere
molto in quel buco di isola. La ragazza sorrise al suo stesso riflesso.
Aveva
imparato molte cose importanti per una donna, cose che potevano
aiutarla nella
sua piccola impresa di eleganza e formalità. Una
però risultava sempre più
importante delle altre, ai suoi occhi: farsi desiderare, sempre, il
più
possibile, ad ogni costo, perché la civetteria era la cosa
più femminile che
esistesse.
Ed
era
certa che la via per essere una ragazza fine, gradevole e desiderabile
passasse
proprio per quella sottile arte che doveva migliorare ad ogni costo.
Ecco
anche
perché aveva ordinato “il
solito”…
-
A voi,
Mademoiselle… - la richiamò Johnny, appoggiandole
davanti un alto calice pieno
di liquido ambrato, nel quale navigava, placida, un’oliva.
Con
la coda
dell’occhio, la ragazza si godette gli sguardi stupiti e
ammirati dei due
uomini, che quasi non credevano a quello che vedevano.
Dall’altro capo della
stanza udì, quasi nello stesso tempo, un paio di affezionati
del locale
tossicchiare per celare le risatine, ma cercò di non farci
caso, preferendo
sollevare la sua ordinazione tra le due dita per poi concedere un gesto
simile
ad un brindisi ai militari.
Non
fece in
tempo a portarsi alle labbra il bordo del bicchiere prima di udire
l’evidente
risata del locandiere.
-
Johnny… -
lo ammonì lentamente, appoggiando con cautela il lungo
calice. Solo la
prospettiva di ciò che stava per dire le faceva sentire
particolarmente stretto
il sottile collarino di seta bianca che si era legata al
collo…
-
Non
fatevi ingannare, vi prego! – esclamò quello
rispondendo alle sue peggiori
aspettative – E’ semplice birra! –
Un
boato
generale di risate si sollevò in un’eco clamorosa
nell’intero locale. I due
marinai, dopo un istante di stupore, si unirono al divertimento
generale.
-
Bene, ora
ce l’hai fatta… -
Nel
fragore
quella breve frase, più simile ad un sibilo che ad un tono
umano, non si
sarebbe dovuta percepire. Invece, fu come uno scoppio che ridusse tutti
al
silenzio.
-
Sei un
bastardo. -
A
chiunque
fosse capitato in quel luogo per la prima volta, quella voce sarebbe
sembrata
sconosciuta almeno quanto oscura e diabolica. Nessuno con un tono tanto
cupo e
violento aveva ancora pronunciato anche una sola parola quella sera.
Molti, i
due militari compresi, cominciarono a guardarsi intorno alla ricerca
della
persona che aveva indirizzato quell’insulto come una sentenza
di morte, senza
riuscire a trovarla. Alcuni, i più saggi, cominciarono a
spostare cautamente le
sedie e ad avvicinarsi all’ingresso, pronti ad andarsene.
L’unico davvero tranquillo
era il barista, che sorrise affabile e disse semplicemente:
-
E tu sei
davvero falsa quando fai la signorina beneducata, Principessa!
–
Fu
a quella
frase che i passi verso l’uscita si fecero più
concitati. Johnny salutò con la
mano gli avventori diretti alla via di casa e questi risposero con un
altrettanto garbato cenno di saluto, ormai abituati a quel bizzarro
gioco al
massacro. Perché scatenare quella ragazza era qualcosa di
molto simile ad un
probabile massacro. Sentirla abbandonare il suo ridicolo falsetto per
quella
voce certo ancora femminile ma incrinata dalla rabbia, era un segnale
d’allarme
anche per i più inebriati dall’alcol.
Il
silenzio
era ancora palpabile quando finalmente nessuno poté negare
che la persona che
stava per scatenare l’inferno era seduta in mezzo a loro. La
minaccia era
scritta nell’espressione della giovane, dagli occhi neri come
abissi stretti
dalla rabbia, alle labbra rosse tirate per scoprire denti bianchi,
digrignati
come sciabole. La curva delle sopraciglia aveva raggiunto vertici
inimmaginabili, corrugando la fronte quanto mai sarebbe dovuto avvenire
per una
calma giovane di buona famiglia. Nessuno si sarebbe stupito se da un
istante
all’altro i lunghi capelli color fiamma fossero diventati
davvero di fuoco.
-
DEVI PIANTARLA
DI CHIAMARMI “PRINCIPESSA”! –
gridò, afferrando per il bavero il disgraziato
locandiere, che in realtà continuava a sghignazzare.
-
Non ti
sembra di stare molto meglio ora che sei te stessa, Principessa?
–
-
SMETTILA
DI RIDERE, DANNATO STRONZO! VAI AL DIAVOLO, VAI AL DIAVOLO! –
continuava a
urlare, scuotendolo come uno shaker.
La
coppia
di militari rimase immobile, pietrificata dal cambiamento repentino che
era
avvenuto in quella giovane prima leggiadra e fine, ora rude e violenta.
Non
sapevano neanche come reagire, fino a che lei puntò lo
sguardo assetato di
sangue verso di loro.
Lasciò
il
colletto del locandiere e sferrò un pugno al bancone prima
di risollevare il
palmo chiuso verso di loro, come per un gesto di sfida:
-
Non avete
mai visto una donna arrabbiata!? Allora!? Credete di essere i soli ad
avere il
diritto di urlare e sbraitare come ossessi!? Maschilisti figli
di… -
-
No, fai
la brava! – esclamò Johnny, nascondendo il vero
insulto dietro
quell’ammonimento.
-
Ma crepa
un po’ anche tu! – gli rispose lei, con un cenno di
stizza che avrebbe voluto
essere una sberla, se avesse avuto interesse a rivolgergli di nuovo lo
sguardo,
puntato invece sui due malcapitati – Voi eravate gasati!
Esaltati all’idea di
essere maschioni attraenti, pronti a sedurmi! Ho solo fatto il vostro
gioco! Dovrei
essere io a ridere di due come voi! –
Si
scambiarono uno sguardo di intesa per poi scuotere la testa
vigorosamente.
Inutile
dire che ciò non cambiò di molto
l’umore tempestoso della cliente. Continuò a
sfoggiare,
minacciosa, il pugno chiuso, sempre più vicino ai suoi
avversari improvvisati:
-
Ora non
vi divertite più, eh!? Solo perché avete quella
divisa vi credete tanto
superiori! Se le prendeste da me, immagino che figura fareste con i
vostri
superiori! Avanti, sfidatemi, se ne avete il coraggio! –
-
Su,
adesso stai esagerando! – la mise in guardia il locandiere,
cercando di afferrarle
quella mano ancora sospesa e prontamente si rivolse agli altri
– Scusatemi, ma
credo sarebbe meglio… -
-
Vecchio
prete, lasciami andare! Questi due montati li abbatto in un secondo!
–
-
Signorina, vi prego… - tentò il più
giovane dei due uomini di mare, tentando di
muovere un paio di passi verso di lei.
-
Ti sembro
una “signorina”!? Dove la vedi la
“signorina”, ora!? – esclamò
lei, pronta a
balzargli addosso.
Johnny
fu
abbastanza veloce da afferrarle il braccio per fermarla.
-
Vi prego,
signori, credo sia il caso che ve ne andiate, seriamente… -
interloquì ancora
il padrone, indicando la scala per l’uscita con il capo.
-
Non se ne
parla! Questi due balordi pieni di sé diventeranno pasticci
per la cena! – strillava
la ragazza, ancora determinata a sfogarsi.
I
due si
strinsero nelle spalle, lasciarono i soldi sul tavolo e si
allontanarono verso
l’uscita. Gli occhi scuri della ragazza li seguirono per
tutto il tragitto,
finché afferrarono l’ombrello e presero le scale.
Allora tornò a sedersi di
malagrazia sullo sgabello e buttò giù in un solo
veloce sorso il suo
bicchierino:
-
E adesso
dimmi cosa ti aspettavi di ottenere difendendo quei due montati in
divisa. Sei
proprio un sempliciotto, Johnny! –
L’altro
sorrise, posando nel lavello i due boccali appena svuotati dagli
sfortunati
avventori: - Io veramente pensavo di difendere te da
un’accusa di aggressione a
pubblico ufficiale… -
La
ragazza
lo fermò a metà di quella frase con un cenno
brusco della mano e nello stesso
movimento gli indicò la via per l’ingresso. Si
sentivano, attutite dallo
scrosciare della pioggia e dalla distanza, quelle che sembravano grida.
-
Attento a
dove vai! -
-
Chiedo
scusa… - rispose, a malapena udibile, una voce quieta.
-
Anche
questa ora! –
-
Siamo
ufficiali, dannazione! Attento a mancarci di rispetto! –
Ma
non
ottennero alcuna risposta e l’episodio sembrò
chiudersi lì.
Nella
tavernetta entrambi erano rimasti con il fiato sospeso ad ascoltare
quello
scambio di battute: un incontro sbagliato davanti ad un locale poteva
essere
l’inizio di una sequela di guai, per il malcapitato ma anche
per gestore e
clienti. Quando però tornò il silenzio, turbato
solo da un cigolio delle ante
da saloon e da
passi in discesa lungo il
passaggio, Johnny fu il primo a sciogliersi da addosso la tensione: -
Visto
quanto poco ci vuole…? –
-
E credi
che quei due idioti avrebbero avuto il coraggio di accusare una come me
di lesa
maestà!? Per favore! -
Mentre
ancora parlava si stava tuttavia accomodando in modo più
composto e sistemando
i capelli, pronta all’arrivo del nuovo avventore.
-
Principessa… - la ammonì il locandiere,
guardandola riprendere la sua sembianza
elegante.
-
Se mi fai
di nuovo fare una figura simile, è la volta che ti uccido
con le mie mani. –
sentenziò per risposta, sottovoce, ma con
un’occhiata crudele abbastanza
eloquente.
I
passi
terminarono sul parquet modanato del locale, dopo il fuggi-fuggi
generale di
poco prima, quasi vuoto.
-
Buonasera. – salutò una voce molto giovane.
Attirata
da
quella novità, la giovane si voltò quasi
contemporaneamente al padrone del
locale, curiosa di scoprire l’identità del nuovo
venuto.
Una
figura
alta, all’apparenza slanciata, si stagliava scura nel
bagliore arancione delle lampade
all’ingresso. Non faceva cenno di volersi togliere il
pesantissimo mantello
nero, che indossava coprendo anche la testa con il cappuccio,
nonostante fosse
evidentemente grondante d’acqua. Anzi, avanzò
qualche passo nella tenue luce
della sala, guardandosi intorno.
-
Buonasera! – esclamò conciliante Johnny
– Cosa posso servirti? –
Evidentemente
voltò il capo verso il locandiere e dopo un istante di
esitazione si avvicinò
al bancone:
-
Un
boccale di bionda. Grazie. -
Si
sedette
su uno sgabello poco lontano da quello della giovane e
appoggiò comodamente i
gomiti sul piano di legno. Tuttavia dopo pochi secondi nei quali era
rimasto
fermo in quella posizione, il mantello prese a gocciolare con molta
più
intensità, creando una pozza d’acqua intorno a lui.
-
Che
disastro… - osservò quella persona misteriosa,
abbassando il capo a scrutare il
lago che si formava ai suoi piedi.
-
Non ti
preoccupare, non c’è problema. – lo
rassicurò Johnny avvicinando il contenitore
di vetro al rubinetto della botte più vicina –
Asciugherò più tardi. –
-
Chiedo
scusa per il disturbo. – rispose, con voce sinceramente
dispiaciuta.
-
Temo di
dover essere io a chiederti scusa. Quei due marinai che hai incontrato
mentre
risalivano da qui sarebbero stati probabilmente molto meno scortesi se
non… li
avessimo aizzati un po’. – osservò, per
poi rivolgere un cenno del capo alla
ragazza – Giusto? –
-
Non dire
assurdità. La maleducazione è insita in gente
come quella. – rispose lei,
riprendendo a modellare la sua voce su quel fine falsetto.
Per
tutto
quel tempo, comunque, non aveva ancora tolto gli occhi da addosso a
quello
strano cliente. Decisamente saggia l’idea di usare un
mantello come quello,
evidentemente impermeabile, per coprirsi dalla pioggia. Ma che senso
aveva
arrivare a non toglierselo neanche al chiuso?
-
Scusate,
qualche problema? -
La
figura
si era accorta solo ora che aveva parlato della sua presenza e aveva
diretto il
viso verso di lei. La luce sfiorava solo il mento non molto pronunciato
e la
bocca sottile, lasciando ogni altro tratto nell’ombra del
cappuccio grondante.
Ecco,
adesso erano passate a tre le cose che infastidivano la ragazza: dopo
quel
mantello che non le permetteva di valutare la persona che vi era
nascosta
sotto; dopo il fatto che quel tipo, chiunque fosse, aveva dato prova di
essersi
accorto della sua esistenza solo sentendola rispondere al locandiere;
si
aggiungeva a quel punto anche l’uso del
“voi”. Una cosa era sentirselo dare con
cortesia da un ammiratore o da un negoziante o da un bambino piccolo,
ma a
giudicare dalla voce e dal poco che riusciva ad intuire dei tratti del
volto,
quello poteva essere un suo coetaneo. Nonostante ogni sua pretesa di
ammirazione e devozione, sentirsi trattare con quella riverenza, come
una
vecchia, da un ragazzo della sua stessa età le suonava come
un insulto.
Sarebbe
bastato questo a mandarla su di giri in qualunque altro momento, ma
questa
volta aveva intenzione di non perdere la faccia come poco prima.
-
No,
assolutamente. – rispose, dandosi un contegno fin troppo
sostenuto.
Quello
le
rivolse un lieve cenno del capo, rassicurato, per poi voltarsi.
Tornò
come
a fissare qualcosa di fronte a sé, ma quasi subito, con un
tonfo sonoro… crollò
sul bancone.
-
Johnny! –
esclamò lei, saltando giù dalla sedia e
accostandosi all’avventore mascherato.
L’interessato
si voltò di colpo e rischiò quasi di rovesciare
il boccale ormai colmo: -
Principessa, il tuo brutto vizio di picchiare la gente per inezie!
–
-
Ma se non
l’ho neanche toccato! E’ andato giù da
solo come un sacco di patate! – protestò
lei, gesticolando irritata.
Johnny
pulì
con uno strofinaccio la schiuma che scendeva dal bordo del grosso
bicchiere,
poi lanciò un’occhiata sbieca
all’avventore svenuto. La ragazza notò che quello
sguardo si concentrò per un istante sul braccio, dove il
mantello si era
scostato abbastanza da mostrare il tatuaggio di una
“E” maiuscola.
-
Ah! –
commentò allora il locandiere con un sorriso –
Allora so chi é! -
-
Mi fa
piacere… - rispose ironica lei, con una smorfia.
-
E
comunque non sta male, devi solo lasciarlo tranquillo. –
-
Come
sarebbe a dire!? – sbuffò l’altra,
guardando con sempre più malumore il
saccente disinteresse del padrone.
-
Tranquilla e fidati. – minimizzò, appoggiando il
boccale di fronte al tipo misterioso.
La
ragazza
sbuffò sonoramente e, conscia che insistere non sarebbe
stato né educato né
produttivo, per qualche momento cercò di distrarre la sua
attenzione. Dopo
essersi riavviata i capelli color fiamma dietro le spalle, chiese
vagamente se
servissero delle provviste al locale, perché le avrebbe
fornite volentieri e
senza alcun disturbo. Questa fu l’occasione per battibeccare
ancora qualche
minuto con Johnny, il quale fu ben lieto di ricordarle quante volte gli
avesse
fatto penare la semplice fornitura di spezie comuni. La cosa fu subito
allontanata dalle responsabilità dell’interessata,
che rinviò le colpe alla
feroce burocrazia delle compagnie mercantili. Al che il padrone scosse
la testa
e andò a chiedere le ordinazioni di due nuovi clienti, che
non si erano
lasciati spaventare dalla sala quasi deserta.
-
Devo
ricordare a quel rimbambito in emporio le dannate spezie… -
commentò tra sé,
pensando se fosse necessario segnarselo. Eppure vantava una memoria
abbastanza
buona, per quanto ne dicesse quell’ingrato, e non si
sentì di offendere la sua
stessa ricordanza con una stupida annotazione.
Adesso
però
non aveva più nulla con cui tenere la mente impegnata.
I
suoi
occhi tornarono subito, indagatori, su quell’individuo, a
giudicare dalla
respirazione regolare e rilassata, ora poteva affermarlo, solo
addormentato sul
duro ripiano di legno. Quella lettera tatuata in grande dimensione su
quel
braccio massiccio e forte doveva comporre una frase o una parola.
Nient’altro
si poteva vedere di quel ragazzo - perché era innegabile si
trattasse di un
giovane, non riusciva a trovare discriminanti: il fisico e il timbro
della voce
non mentivano quasi mai. Possibile che da quei pochi dettagli un
facilone come
Johnny avesse compreso l’identità segreta tanto
ben nascosta? C’era di certo
qualcosa che le sfuggiva.
-
Sei ancora
qui a fare il terzo grado al “bello addormentato”?
– chiese quest’ultimo,
tornando a riempire due boccali, appena inseriti tra le ordinazioni.
- Odio quella tua aria da
saccente. – sbuffò
lei, aggrottando in quel modo tanto pericoloso le sopraciglia
– Mi viene una
voglia di pestarti a sangue... –
-
Insomma,
è evidente! – rispose quello, preferendo aiutarla
a capire, piuttosto che
doversi difendere da un suo repentino attacco – Soffre di
narcolessia. Non ti
dice nulla, ora? –
-
Dovrebbe…? -
Johnny
la
guardò incredulo per qualche momento per poi scuotere la
testa e accennare ad allontanarsi
con i due boccali in mano:
-
Se è
così, non so cosa farci. -
-
Fai prima
a dirmi come si chiama, no!? – esclamò,
indispettita da quell’atteggiamento
indisponente.
-
Quando
una persona agisce per non far capire la propria identità,
chi sono io per
sbandierarla ai quattro venti? –
-
A me!
Dovresti dirla a me! E basta! – rispose lei, indicandosi
insistentemente con i
due indici.
-
Chiedi a
Clayton. – sentenziò l’altro, questa
volta allontanandosi per davvero.
-
Cosa
c’entra quello adesso!? – chiese lei, offesa.
-
Sono
stato in quel negozio, poco fa. –
La
rossa si
immobilizzò appena udì di nuovo la voce dello
sconosciuto con il mantello. Si
era appena sollevato dalla precedente posizione di riposo e stava
afferrando
con la grande mano il manico del boccale.
Ma
dato che
si era messo a sorseggiare la bevanda senza aggiungere nulla a quella
semplice
affermazione, cominciò a temere.
-
A fare
cosa…? – chiese, suo malgrado con quel falsetto
leggermente tremante.
Lo
sconosciuto si voltò nella sua direzione e questa volta il
cappuccio lasciò
intravedere anche la punta del naso, ma poco altro. Sembrò
inclinare la testa,
in un gesto di vago sconcerto.
-
A
comprare. Cos’altro? – chiese a sua volta,
incredulo.
Resasi
conto di aver rivelato un po’ troppo con quella sola
esitazione, si ricompose:
- Già, certo. E’ chiaro. –
-
Eppure mi
sembravate preoccupata. –
Lei
arricciò le labbra, infastidita: - Quel negozio è
frequentato da gente di ogni
genere. Spesso più interessata a rubare che a comprare.
Quindi, ogni dubbio è
di rigore. -
- Vi assicuro di non
rientrare in quella
categoria. – rispose, con un sorriso gentile visibile nella
penombra dell’ampio
cappuccio.
Con
dispetto, ma cercando di mantenere la sua immagine vagamente snob,
contestò,
scettica: - Dovresti allora concedere agli altri di giudicare. Invece
di
nasconderti sotto quella palandrana.-
Quando
si
sentiva piccata, non sapeva fare a meno di essere così
diretta e offensiva.
Incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo,
aspettandosi che anche
l’altro si sentisse oltraggiato e rispondesse a tono.
-
Non ci
posso fare nulla, temo. - riprese, al contrario placido e tranquillo
– Mi è
stato chiesto di evitare di dare spettacolo, nonostante dovessi fare
questo
giro in città, quindi ho accettato questo mantello.
– e sospirò sonoramente –
Anche se tiene un caldo insopportabile. -
Sorpresa
dalla novità, ovvero dall’atteggiamento
conciliante del tipo, tornò a
guardarlo, per quel poco che riusciva a distinguere. Non avrebbe saputo
dire se
quel modo di fare, per nulla indisposto alle critiche, le piacesse o
meno, se
lo considerasse saggio o indulgente alla sottomissione. Era strano che
qualcuno
non si arrabbiasse per le arie da superiore che assumeva e
intensificava con
commenti aspri. Per un istante, in una parte crudele mai completamente
celata
della sua personalità, si chiese come si potesse fare a
ferire una persona così
stranamente garbata. Tutti avevano un punto debole che scatenava
quell’istintivo bisogno di vendetta. Stuzzicare una persona
tanto paziente
poteva essere un passatempo un po’ infruttuoso ma piuttosto
gratificante se
portava all’indignazione del soggetto.
Essere
una
donna beneducata necessitava però di una certa eleganza, che
non si conciliava
per nulla con una serie di ripicche senza ragione, benché
molto gradite al
diavoletto sulla sua spalla sinistra.
Allora,
imponendosi un comportamento decoroso, si limitò a chiedere,
spiando attentamente
se si potesse intuire qualcosa di nuovo su quell’ombra oscura
approfittando di
un suo movimento:
-
Quindi
non avresti problemi a mostrarti. -
-
No, per
quel che mi riguarda, per nulla. Solo che non posso farlo. –
rispose, sicuro.
-
Umh… -
commentò lei, delusa.
-
Ti sta
disturbando? – chiese
Johnny, che era
appena tornato dietro il bancone.
-
No,
affatto! – esclamò subito la ragazza,
aggiustandosi con cura un ciuffo rosso
dietro l’orecchio.
-
Non avevo
dubbi. – osservò il ragazzo, ironico –
Infatti stavo chiedendo a lui! –
La
figura
nascosta fece un cenno di improvviso diniego con la mano e
tentò di parlare.
Tuttavia non fece in tempo a farsi le sue ragioni…
-
Johnny, -
il tono era tanto forzatamente pacato da suonare stridente –
cosa stai
dicendo…? -
-
Dico che
non l’hai ancora lasciato in pace a bersi un po’
della sua birra. Cosa molto
maleducata, se mi permetti. –
Forse,
ma
solo forse, avrebbe acconsentito a questa osservazione, se il
locandiere non
l’avesse esplicitata insieme ad un sguardo divertito e un
sorriso che era tutto
una presa in giro.
-
Stavamo
svolgendo una normale discussione… Se permetti, sei tu ad
essere… - tentò
ancora lei, anche se le friggevano le mani.
-
Oh, mi
sembrava piuttosto che lo stessi tormentando con domande alle quali non
vuole
rispondere. Quanta maleducata insistenza! - le fece il verso lui,
portandosi
due mani alla bocca in un accentuato cenno di femminile sconcerto.
-
Ma
brutto…! – scattò in piedi lei, con
fine indignazione ma gli occhi già
iniettati di sangue – Non ti permettere di fare una
così orribile imitazione! –
-
Non ci
siamo, Principessa! Non ci siamo proprio! – rise quello, di
gusto – Ancora con
questa finezza e graziosità! –
-
Io ti
spacco le gambe e vediamo alla fine dove ti metto la
“graziosità”! –
sbottò
allora, in un urlo rabbioso che fece sobbalzare i poveracci delle
ultime due
birre.
-
Ecco!
Così va meglio! – osservò raggiante il
ragazzo, schivando poi agilmente un
cartone che avrebbe rischiato di frantumargli il naso.
-
Vediamo
se andrà meglio quando ti metterò le mani
addosso! – scattò quella, pronta a
cominciare una rissa.
-
Quindi
sareste una nobile. –
Il
silenzio
piombò nell’intera sala come una pietra per
qualche secondo, momenti nei quali
anche gli stessi combattenti improvvisati si guardarono con uno strano
sgomento. La ragazza calò seduta sullo sgabello sul quale si
era appollaiata
per cercare di raggiungere il suo istigatore dietro il bancone.
-
Prego? –
chiese, rivolta, con uno sguardo allucinato, sulla misteriosa figura
che aveva
appena tratto tale conclusione, ai suoi occhi del tutto insensata.
Johnny
fu
invece più svelto a capire cosa intendeva quel tipo.
Interpretò un vasto
sorriso che gli scoprì tutta la dentatura avorio, portando
poi una mano a
lisciare i baffetti biondi:
-
Oh, ma
“Principessa” è il suo nome proprio!
– rispose, senza celare la soddisfazione
che gli procurava.
§ §
§ § § § § §
§ § § § §
Buonasera! Sono alla
fine giunta a buttarmi nella mischia di questa sezione! XD
Dopo molto sclero,
molto delirio su questa storia (ops, serie, perché
sappiate fin da ora che punta a diventarlo) sono riuscita a scrivere
abbastanza da osare la pubblicazione. Credo che questo "first step"
sarà sui cinque capitoli, ma spero vogliate poi
leggerne anche il seguito... ^_^ Devo solo preannunciare che,
ahimé, sono arrivata per ora solo al terzo capitolo, ma sta
cominciando l'ingrato tempo degli esami, che mi rallenterà
parecchio. Quindi vi diluirò parecchio gli aggiornamenti per
non lasciar passare poi tempi eterni.
Tre saranno i
personaggi originali ad avere un ruolo importantissimo nella saga e una
l'avete appena conosciuta. Non esattamente una "principessa Disney",
non esattamente una buona compagnia, non esattamente la coerenza in
persona. Tuttavia, spero con il tempo la adorerete quanto io non la
cambierei con nessuna al mondo! Poi, iInsomma, non suggerirò
chi c'é sotto il mantello, ma suvvia! ^_^
Sui comprimari non
mi sbilancio, anche perché non tutti saranno specialissimi
come il nostro Johnny, temo... Ma farò del mio meglio...
Grazie in anticipo a
tutti coloro che leggeranno questa mia follia e avranno la gentilezza
di lasciare un commento! ^_^
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