From tokio
Nonostante
le mie buone intenzioni, non sono andata molto avanti con la storia, ma
visto che qualche capitolo pronto comunque ce l’ho, credo sia il
caso di proseguire almeno per voi! ^_^
Eccovi il secondo capitolo, dove
farà la sua sfolgorante apparizione il nostro Tatone adorato!
*_* (e chi pensasse che Tom non è un tatone patastruffolo, non
ha capito niente di lui!)
Ma il giudizio lo lascio a voi!
A proposito… Ho visto tante letture ma pochi commenti…Via, fatevi coraggio, aspetto il vostro giudizio!
Buona lettura e grazie di nuovo a chi ha commentato!
Sara
2. Learning Arts
There's a lot of talk going `round now
Let'em talk, you know you're the only one
There's a lot of walls need tearing down
Together we could take them down one by one
(Let's Be Friends – Bruce Springsteen)
“Eve!” Richiamò, per almeno la quarantesima volta, la voce concitata di Bill.
La ragazza roteò gli occhi, poi continuò a sistemarsi i
capelli allo specchio; nonostante l’ansia nel tono di Bill stesse
raggiungendo livelli di guardia, lei sapeva benissimo di non essere in
ritardo.
Era successo tutto piuttosto in fretta, ripensò. Meno di un paio
di settimane prima Bill era andato ad una mostra con la sua adorata
Nathalie – simpatia a tratti del tutto inspiegabile, secondo Eve
– ed era tornato tutto preso dalla nuova conoscenza; pochi giorni
dopo aveva rivisto il soggetto in questione ed era rientrato talmente
su di giri, che Eve aveva dovuto calmarlo con una tisana. I due
ragazzi, poi, avevano cominciato a sentirsi per telefono, intavolando
lunghe conversazioni fitte e, all’apparenza, intime, da cui Bill
usciva immancabilmente sospirante e con sguardo perso. Due giorni
prima, infine, era stato fissato l’appuntamento. Eve,
all’inizio, si era stupita che le avesse chiesto di
accompagnarlo, ma aveva velocemente capito che il cantante necessitava
di un sostegno per stemperare l’ansia. Ora era pronta per
aiutarlo.
“Eve!” Il tono stava diventando lamentoso.
“Arrivo!” Sbottò lei nel suo solito modo brusco.
Uscì nel corridoio, mentre s’infilava una lunga catena al
collo; fece per imboccare le scale verso il salone, ma sentì un
rumore sulla rampa superiore. Sul ballatoio c’era Tom in
accappatoio.
Sorrideva con un angolo della bocca; la pelle del collo e della parte
di petto che si vedeva, erano umide, le treccine ancora gocciolanti.
“Hey.” Lo salutò Eve, avvicinandosi a lui.
“Uscite?” Chiese il chitarrista.
“Ehm, sì…” Rispose incerta lei; non era
sicura di poter parlare liberamente a Tom degli affari di Bill.
“Andiamo a vedere lo studio di quel pittore, sai… il nuovo
amico di Bill…” Aggiunse cauta.
“Ah…” Commentò Tom, deviando lo sguardo e irrigidendosi.
Il ragazzo, però, si sentì prendere la mano, così
tornò a guardare Eve, che gli sorrise con dolcezza.
“Tranquillo.” Lo rassicurò, stringendo appena le sue
dita tra le proprie. “Te lo tengo d’occhio io e poi ti
dico.”
Tom si rilassò un pochino, dopo quelle parole e rifece un mezzo sorriso.
“Non fargli fare casini.” Biascicò quindi. Eve ridacchiò e gli carezzò una guancia.
La ragazza, nel frattempo, aveva salito i gradini che li separavano,
fermandosi su quello appena sotto al suo. Gli posò le mani sulle
spalle e lo guardò negli occhi.
“La cena per i cani è nel frigo della dispensa, quella per
te nel forno della cucina.” Lo informò. “Non
confonderle.” Aggiunse sarcastica. Tom fece una smorfia.
“Voi non tornate?” Le chiese poi.
“Devo a Bill una cena da Salade Arcade.” Rispose Eve; le mani di lui posate leggere sui fianchi.
“Quanto scommetti che prende la Mega Cheese?” Fece il chitarrista.
Eve alzò l’indice, con espressione severa. “Non
scommetto su cose ovvie!” Dichiarò. Ridacchiarono.
Eve, quindi, dopo un breve saluto, si sfilò dalla sua presa e
ridiscese le scale; prima di scendere anche l’altra rampa,
però, guardò di nuovo Tom.
“Non divertirti troppo, tutto solo.” Gli raccomandò.
“Credo che organizzerò un festino con cibo spazzatura,
ballerine discinte e fiumi d’alcool.” Affermò
serafico il ragazzo.
“Bene.” Annuì Eve. “Non sporcare i
tappeti.” Gl’intimò atona. “Ci vediamo
dopo.” Aggiunse, però, con uno sguardo caldo. Tom le
sorrise soddisfatto.
“Smettetela di pomiciare sulle scale! Io ho fretta!” Gridò Bill in quel momento.
*****
Le indicazioni condussero Bill e Eve ad una strada tra le colline di
Malibu. Aveva guidato la ragazza, perché il cantante era agitato
per l’imminente incontro.
La vegetazione era rigogliosa lungo le curve che risalivano calme e,
quando arrivarono al numero civico che gl’interessava, trovarono
un cancello aperto su un giardino lussureggiante.
Si guardarono, esprimendo perplessità riguardo al fatto che non
fosse chiuso. Bill verificò l’indirizzo sul proprio
palmare, poi, mentre erano indecisi su cosa fare, mandò un
messaggio a Michael, che rispose invitandoli con entusiasmo ad entrare.
Nello spiazzo in cui parcheggiarono, accanto ad una vecchia jeep rossa,
c’era una piccola costruzione in mattoni grezzi ed una molto
più grande che rassomigliava ad un hangar da aeroporto.
Nuovamente si guardarono perplessi.
Eve e Bill si avvicinarono alle grandi porte di metallo, dove
campeggiava una coloratissima statua a grandezza umana dalla difficile
interpretazione. C’era anche un campanello molto banale, col
cognome di Michael.
“Suoniamo?” Domandò incerto Bill.
“Sennò che siamo venuti a fare qui?” Replicò pratica Eve.
“Non me la immaginavo così, casa sua…”
Affermò poi il cantante, continuando ad osservare il luogo.
“Un po’ strana è, effettivamente.”
Commentò lei, ma non fece in tempo a dire altro, perché
la serratura della porta scattò. “Ci avrà
sentiti?” Fece Eve.
“C’è una telecamera.” Rispose Bill,
indicandole un punto sopra le loro teste. Si sorrisero ed entrarono.
Si ritrovarono in un breve atrio, dove c’era una sedia strana,
con le gambe a forma di pappagallo, e un’ombrelliera fatta a
tulipano. Una porta a vetri, composta da riquadri colorati, socchiusa,
da dove presumibilmente si aveva accesso all’abitazione vera e
propria.
Bill, con un’espressione allegra e curiosa rivolta ad Eve, scostò l’anta e si fece seguire dentro.
Lo spazio era ampio e chiaro, grazie al lucernario che si apriva sul
soffitto. I grandi dipinti occupavano i due lati lunghi dello stanzone,
alcuni accompagnati da tavoli, sedie; panni bianchi o sporchi di
vernice erano lasciati a terra o su supporti improvvisati. Tutto era
impregnato dall’odore dei colori, del diluente, dell’olio
di lino.
Una piccola scala con la ringhiera bianca, dava su una porta a circa
metà del lato sinistro. In fondo, una parete di cubi di vetro
separava un secondo ambiente; lì davanti, una pesante scrivania
di legno scuro era ingombrata da carte e da un pc portatile. Non
c’era nessuno.
Eve e Bill si scambiarono un’occhiata, poi avanzarono, guardandosi intorno.
La ragazza era molto colpita dai quadri di Michael: erano belli,
emozionanti proprio come le aveva detto Bill, ne era affascinata.
“Ciao!” Li sorprese una voce. Spostarono gli occhi dal
dipinto che stavano entrambi guardando e videro Michael andargli
incontro, mentre si asciugava le mani con uno straccio.
“Ciao…” Mormorò Bill, con voce emozionata.
Eve lo guardò, accorgendosi subito dei suoi occhi
improvvisamente più brillanti ed espressivi. Sorrise tra se.
Michael, oltretutto, era veramente un bel ragazzo. Alto, spalle
sufficientemente larghe, nonostante fosse magro. I leggeri e larghi
pantaloni caki e la canottiera bianca sporca di vernice, oltre a
stargli da dio, facevano molto artista cool. Aveva anche degli occhi
bellissimi, proprio come le aveva riferito il cantante; peccato che la
sua attenzione fosse tutta per Bill.
I due, infatti, si fissavano, sorridendo in un modo che la diceva lunga sulla reciproca attrazione.
“Ehm…” Tossicchiò Eve, ancora in attesa di essere presentata.
Bill si riscosse, abbassò gli occhi verso di lei, quasi sorpreso, poi le afferrò la mano di scatto.
“Eve!” Esclamò, quindi si rivolse al pittore.
“Michael, lei è Eve, una mia cara amica.” La
presentò concitato.
“Piacere.” Fece lui, porgendole la mano con un bel sorriso.
“Piacere mio.” Rispose la ragazza, prima di stringergliela.
“Scusatemi, se non sono arrivato subito.” Affermò
l’artista. “Stavo dipingendo, così, quando vi ho
visto arrivare, sono andato a pulirmi le mai.” Spiegò.
“Non preoccuparti.” Replicò gentile Bill. “Ci stavamo godendo i tuoi quadri.”
“Sono bellissimi, davvero.” Soggiunse Eve.
“Grazie!” Esclamò Michael, con un altro sorriso
dolce e sexy. Beh, non ai livelli di quelli di Tom, ma sufficientemente
da turbare maschi e femmine.
“Posso offrirvi qualcosa da bere?” Domandò quindi il pittore ai due ospiti.
“Sì, grazie.” Rispose Bill, mentre Eve annuiva.
Poco dopo erano seduti presso la scrivania, sorseggiando
dell’ottimo the freddo. L’atmosfera era amichevole e anche
Eve, che era notoriamente scontrosa, conversava amabilmente, per la
gioia di Bill.
“È davvero particolare, casa tua.” Affermò, ad un certo punto, la ragazza.
“Beh, sì.” Ammise Michael. “Era il magazzino
in cui un riccone teneva la sua collezione di auto
d’epoca.” Raccontò.
“E come ci sei finito, tu?” Domandò incuriosito Bill.
“Il tizio è fallito, ha dovuto vendere tutto.”
Spiegò il pittore. “La villa se l’è comprata
un divo di Hollywood, credo… Questo terreno ed il capannone,
invece, erano rimasti. Il prezzo era buono, così l’ho
preso io.” Aggiunse, stringendosi nelle spalle.
“È comodo, per dipingere.” Constatò Eve, osservando l’ambiente.
“Oh, sì.” Annuì lui. “Specie se non sai
contenerti nelle dimensioni!” Scherzò poi. Risero.
Un momento dopo, sentirono la porta che si apriva: qualcuno aveva aperto con le chiavi.
“Michael?” Chiamò una voce maschile; il pittore si
alzò e si sporse oltre il quadro che gli copriva la visuale
dell’entrata.
“Oh, Johnathan… Vieni.” Fece poi, invitando il nuovo arrivato.
Eve percepì Bill irrigidirsi, si girò verso di lui e si
accorse subito del disagio nella sua espressione. Gli prese la mano e,
quando lui la guardò, l’interrogò con gli occhi. Il
ragazzo rispose scuotendo il capo, cercando di convincerla che andava
tutto bene.
Johnathan, nel frattempo, li aveva raggiunti. Era uno slavato biondino
con un’espressione supponente che diede subito sui nervi ad Eve.
Li osservava circospetto, specie Bill.
“John, ti ricordi di Bill, vero?” Gli chiese Michael.
“Oh, sì.” Rispose lui atono. “Molto
bene…” Aggiunse, con uno sguardo ostile per il cantante.
“Piacere di rivederti.” Soggiunse educato Bill, alzandosi e
porgendogli la mano. La ragazza si sentì molto orgogliosa di
lui, perché si stava dimostrando superiore. “Lei è
Eve, una mia amica.”
“Piacere.” Fece lei, dopo essersi alzata. Anche loro si
strinsero la mano, ma fu una cosa sfuggente, probabilmente spiacevole
per entrambi.
“John è una specie di assistente.” Spiegò
Michael; ad Eve non sfuggì la smorfia di Bill. “Mi
è praticamente indispensabile, perché quando sono preso a
dipingere mi dimentico anche di pagare le bollette! Se non ci fosse
lui, mi avrebbero già staccato la luce!” Scherzò
poi.
Bill fece un retorico sorrisino amaro, tra se, mentre Eve alzava le
sopracciglia perplessa, prima d’intercettare un’occhiata
analizzatrice e maligna di Johnathan per il cantante. Ok, bello, sei ufficialmente archiviato come stronzo… Si disse la ragazza.
“Sai, John…” Intervenne Michael, apparentemente
ignorando la tensione crescente. “…ho scoperto che Bill
è il cantante dei Tokio Hotel, li conosci?”
Il ragazzo biondo lo guardò, poi tornò su Bill.
“Sì… Non è quella band emo per
ragazzine?”
A quella battuta fatta con scarso umorismo, scese il silenzio. Bill era
rimasto stranamente impalato, fissava il vuoto, forse temendo una
brutta figura. Eve, però, non era intenzionata a fare
altrettanto.
“Non credo che tu li abbia ascoltati bene.” Gli disse infatti, dura.
“Mi spiace, ma non sono molto il mio genere.” Replicò antipatico Johnathan.
“Allora, dovresti pensarci prima di parlare.” Ribatté velenosa lei.
“Eve…” Esalò supplicante Bill, mentre loro si
scambiavano occhiate saettanti, sotto lo sguardo perplesso di Michael.
La ragazza, dopo la richiesta dell’amico, si ritirò di un
passo, ma non risparmiò altri sguardi omicidi verso il biondo.
Non le piaceva proprio quel tizio, faceva stare male Bill ed il suo
istinto protettivo non lo ammetteva.
“Ti va di vedere il mio materiale per la scultura, Bill?”
Domandò gentilmente Michael al cantante, interrompendo il
silenzio elettrico che si era instaurato. Bill sembrò accendersi
come una lampadina, felice che la tensione fosse stata allentata.
Sorrise al pittore e annuì contento.
“Vieni.” Lo invitò con un gesto.
Il ragazzo superò fluidamente Eve e poi Johnathan, cui
dedicò un’occhiata di superiorità, con un
sopracciglio esplicitamente alzato.
Eve e John rimasero soli. Il ragazzo seguì con lo sguardo gli
altri due, finché non sparirono dalla vista; quando tornò
a girarsi, lei era più vicina. Trasalì, scostandosi.
“Tranquillo.” Fece lei, mentre sbirciava alcuni schizzi
sulla scrivania. “Non ho intenzione di affogarti nel the
freddo.” Gli assicurò, ma poi alzò su di lui uno
sguardo penetrante. “Ma attento. Ti tengo d’occhio.”
“Cosa sei? La sua guardia del corpo?” Sbottò
sarcastico lui, incrociando le braccia. Eve si strinse nelle spalle,
incurante.
“La governante.” Rispose serena.
Michael condusse Bill nella stanza cui si accedeva tramite le scale che
aveva visto prima. Era più piccola dell’ambiente
principale e più buia; c’era uno strano odore, ma non
fastidioso. Il pittore accese la luce.
C’erano dei tavoli in legno, lungo le pareti, con sopra scatole e
barattoli, attrezzi di cui gli sfuggiva l’uso. In un angolo
c’era uno di quei cosi girevoli, che probabilmente aveva un nome
specifico che Bill non sapeva, ma che aveva visto usare per fare vasi e
oggetti in terracotta. Al centro della stanza campeggiava una specie di
blocco di legno con sopra qualcosa di coperto con un telo.
“Avremo fatto bene a lasciarli soli?” Chiese ironico Michael. Bill, mentre si guardava intorno, ridacchiò.
“Eve, di solito, non morde.” Affermò allegro.
“Di solito?” Fece incerto l’altro.
“Beh, se lo fa in determinati momenti, non dovresti chiederlo a
me!” Scherzò il cantante; si scambiarono uno sguardo
divertito e malizioso, poi risero insieme.
Bill, poi, si mise a girare per la stanza, osservando incuriosito,
toccando oggetti e utensili con dita leggere, quasi con timore di far
danno.
“Sono felice di poterti, finalmente, guardare negli occhi.”
Mormorò Michael, dopo aver fermato Bill toccandogli un braccio e
averlo fatto voltare verso di se. Lui sorrise con tenerezza,
ricambiando lo sguardo.
Rimasero a fissarsi per un lungo momento. Gli occhi di Bill erano belli
proprio come li ricordava: nocciola chiaro, dorato, il trucco leggero
che lo faceva risaltare, le ciglia lunghe. Vivi ed espressivi,
così pieni di sensazioni ed emozioni da potersi perdere.
E il sentimento era reciproco. Perché Bill non trovava niente di
inquietante nei lampi metallici che attraversavano il blu cupo delle
iridi di Michael, anzi li trovava appassionati e caldi.
“Mi perdoni per l’atteggiamento di Johnathan, vero?” Fece Michael, continuando a guardarlo negli occhi.
L’artista, però, capì subito di aver affrontato un
argomento infelice, perché Bill s’incupì e distolse
lo sguardo.
“Lascia stare.” Gli disse. “Non è colpa
tua.” Aggiunse, stringendosi nelle spalle, mentre si allontanava
di qualche passo. Michael sospirò, dispiaciuto di averlo
allontanato.
“Questo cos’è?” Domandò Bill,
distogliendo l’altro dai suoi pensieri; lo vide osservare
incuriosito l’oggetto al centro della stanza, coperto dal telo.
Michael sorrise.
“È un progetto a cui sto lavorando.” Spiegò
avvicinandosi. “Dovrebbe essere inserito in una struttura che sto
saldando nel garage.”
Bill sgranò gli occhi sorpreso. “Sei veramente
poliedrico!” Si complimentò poi. Lui fece un sorriso
soddisfatto.
“Vuoi vederlo?” Gli chiese quindi; Bill annuì
entusiasta. “Mi fa molto piacere, che tu sia tanto interessato
alle mie opere.” Dichiarò, prima di afferrare i lembi del
telo per toglierlo.
“Ma è ovvio, Michael! Sono stupende!” Esclamò il cantante.
“Non è così ovvio, credimi.” Commentò Michael.
“Per me sì.” Ribatté pacato Bill; si scambiarono un’occhiata solidale.
La scultura venne scoperta con un gesto abbastanza energico, ma, mentre lo faceva, Michael non distolse gli occhi da Bill.
Si trattava di un flessuoso busto di donna, atteggiato in una posa
tesa, il seno in evidenza, la schiena arcuata, come si protendesse
verso… il piacere. Quella fu l’impressione che diede al
cantante.
“Oh… E’ molto… sensuale.” Mormorò Bill a commento. E lo pensava davvero.
“Era quello l’intento.” Replicò Michael soddisfatto, osservando la propria opera.
“Sembri conoscere bene il corpo femminile…”
Constatò Bill, mentre osservava la statua da ogni angolazione.
Chissà perché, la cosa sembrava dargli un po’
fastidio.
“Devo dire che lo studio dell’anatomia mi
appassiona.” Affermò Michael allusivo; Bill alzò
gli occhi e si scambiarono uno sguardo significativo. “Certo, mi
ha aiutato essere stato sposato.” Aggiunse tranquillo.
Bill fermò improvvisamente il giro che stava facendo intorno alla statua e fissò sbalordito Michael.
“Sei stato sposato?” Gli chiese; lui ridacchiò.
“Lo sono ancora, tecnicamente, ma è solo una questione
legale, siamo separati da tempo. Lei vive con una donna, ora.”
Rispose poi.
“Ah, capisco…” Mormorò il cantante.
“Ho sempre conosciuto le sue inclinazioni sessuali.”
Spiegò allora Michael, accorgendosi della perplessità di
Bill. “Anzi, stare con lei ha chiarito le idee anche a me,
è una donna eccezionale.”
Bill era ancora sorpreso da quei discorsi, continuava a fissare Michael
con la fronte aggrottata. Grazie alla sua vita nel mondo dello
spettacolo, il cantante, era cresciuto in fretta ed aveva fatto
esperienze più intense di quelle che normalmente avrebbe un
ragazzo della sua età, eppure era solo da poco che alcune cose
su se stesso e sulle proprie preferenze gli erano diventate chiare. E
non era stato semplice. Per questo gli sembrava strano sentir parlare
di certi argomenti con quella tranquillità.
“Anne è ancora la mia agente, quindi ci vediamo spesso.” Concluse il pittore.
“Siete in buoni rapporti, allora.” Commentò atono l’altro.
“Assolutamente.” Annuì Michael. “Ci vogliamo
bene, Anne non è stata solo una compagna,
un’amante…” Continuò, guardando assorto la
statua. “…ma è anche la mia migliore amica, una
specie di madre… Considerato anche che ha sedici anni più
di me!” Dichiarò infine, allegro.
“Adesso mi sento molto banale.” Affermò sconsolato
Bill. “Credevo che la mia vita fosse originale, ma tu mi batti
alla grande!” Si guardarono e risero, ma nel cantante restava un
po’ d’imbarazzo.
Michael, allora, si avvicinò a lui, gli sorrise dolcemente,
guardandolo negli occhi. Bill prese un lungo respiro, rispondendo allo
sguardo con occhi tremanti ed emozionati. Sentiva il calore del suo
corpo sul proprio ed il suo profumo, di eucalipto e sole.
“Tu non potresti mai essere banale, Bill.” Gli
sussurrò Michael, mentre l’altro non riusciva a staccare
gli occhi dalle sue labbra.
“È tutta la vita che ci provo.” Rispose poi, sempre fissando la sua bocca.
“Secondo me ci riesci benissimo.” Mormorò
carezzevole il pittore, spostando gli occhi su ogni particolare di quel
viso bellissimo. Non riusciva a capire come fosse riuscito ancora a non
toccarlo.
“Credo di doverti dire che sono leggermente narcisista
e che i tuoi complimenti potrebbero farmi diventare molto frivolo e
disponibile…” Lo avvertì Bill, con voce bassa e
sensuale. Michael rise piano.
“La cosa potrebbe piacermi.” Soggiunse quindi.
I loro corpi, ormai, si sfioravano e cominciava a fare piuttosto caldo.
Michael alzò una mano, carezzando in modo appena percepibile il
braccio nudo di Bill, che fu percorso da un lungo e piacevole brivido.
“Forse dovremmo tornare di là, prima che succeda
qualcosa.” Affermò il pittore, continuando a fissare il
cantante.
“Non mi risulta che Eve abbia mai ucciso qualcuno.” Esalò Bill, perso nei suoi occhi.
“Intendevo: prima che succeda qualcosa qui.”
Sottolineò Michael; l’altro gli sorrise malizioso, ma poi
si ricompose ed annuì.
******
La macchina scivolava tranquilla lungo le strade, in uno sfolgorante
tramonto californiano. Ora guidava Bill. Avevano lasciato la casa di
Michael, dopo che lui e il cantante erano tornati nello studio. Eve si
era accorta subito che nell’altra stanza era successo qualcosa e
che Bill moriva dalla voglia di raccontarglielo; così avevano
salutato, con la promessa di rivedersi presto ed avevano preso la via
del ritorno.
I primi minuti di viaggio erano stati tutti per il racconto del
ragazzo, entusiasta del quasi bacio che c’era stato. Lei
l’aveva ascoltato contenta, perché lo vedeva felice.
Adesso si dirigevano alla loro cena nel regno delle insalate. Eve
finì di rispondere ad un messaggio e poi ripose il cellulare in
borsa.
“Tom ti saluta.” Riferì al cantante.
Bill fece una smorfia. “Perché quando siamo insieme,
chiama sempre te?” Fece poi, fintamente offeso. “Sono
gelosissimo.” Affermò.
“Anche lui.” Ribatté Eve. Risero piano.
“Evie...” Chiamò poi, con una voce quasi da bambino.
“Dimmi, tesoro.” Lo incitò dolcemente lei.
“Secondo te, quei due scopano?” Domandò timoroso, continuando a guardare la strada.
“Oh, ci puoi scommettere!” Esclamò la ragazza.
“Cazzo, Eve… Non dirmi così!” Replicò
affranto lui. “Speravo dicessi qualcosa tipo: no, Bill, ti stai
facendo le tue solite paranoie inutili!”
“Tu non vuoi sentirti dire questo.” Dichiarò sicura Eve.
“No…” Ammise Bill scrollando il capo.
“Mi pare chiaro che tra loro c’è qualcosa, Johnathan
è troppo territoriale per non andarci a letto.”
Esaminò la ragazza.
“Già.” Annuì il cantante.
“Ma dammi retta, amore.” Riprese lei, posandogli una mano
sul ginocchio. “Quello stronzo è già passato,
perché è evidente quanto tu piaccia a Michael.”
“Anche lui mi piace tanto.” Affermò lui, quasi triste.
“Non ti scoraggiare, lo mollerà.” Lo
rassicurò Eve. “Nessuno è alla tua altezza,
piccolo.” Aggiunse con uno sguardo orgoglioso. Bill le rispose
con un sorrisino grato.
“Ti adoro, quando mi veneri.” Le disse poi, con un’occhiata furba.
“Non ti ci abituare, stronzetto.” Replicò lei, con un sorriso storto. “Dai, ora, che ho fame.”
“Lo dici a me! Mangerei uno stadio!” Dichiarò
energico il cantante, prima di ripartire da un semaforo, direzione Salade Arcade.
*****
Quando Bill e Eve arrivarono a casa era ormai notte; furono salutati
allegramente dai cani, che li accolsero nell’ingresso, illuminato
solo da una piccola lampada.
“Ti va di bere?” Domandò Bill alla ragazza, mentre procedevano verso la cucina.
“Sì.” Annuì lei. “C’è dell’acqua tonica in frigo.”
Si fermarono a bere e Eve si accorse che Bill appariva pensieroso,
così gli si avvicinò e lo abbracciò da dietro. Lui
sospirò, prima di stringerle le mani.
“Non tormentarti con le pene d’amore, tesoro.” Gli
disse con dolcezza. “Non ce n’è ragione.”
Bill stirò le labbra in un sorriso un po’ forzato. “Ti voglio bene, Evie.”
“E io ti amo, lo sai?” Dichiarò lei, strizzandoselo contro.
“Ah! Ma sei scema?!” Protestò il ragazzo ridendo. “Mi rompi tutto!”
“Per forza, sei un secchio d’ossa!” Sbottò Eve
divertita. “Vattene a letto, non hai il fisico!” Lui le
fece la linguaccia.
Bill, poi, smise di ridere e si girò verso la ragazza con occhi luccicanti e le sorrise con tenerezza.
“Grazie, Eve.” Le disse, con tono sincero.
“E di che? Sei tu che mi hai assunta.” Rispose lei, stringendosi nelle spalle.
“Allora, sono proprio bravo.” Si complimentò lui, con un’alzata di sopracciglia.
Scoppiarono a ridere, prima di zittirsi a vicenda per il rischio di svegliare Tom.
Si salutarono con un bacio sulle scale, poi Eve andò in camera
sua, che si trovava nel mezzanino. La ragazza si cambiò e si
lavò i denti, quindi salì al piano superiore.
La sua stanza non era completamente buia, a lui piaceva dormire con le
tende aperte, e poi il televisore era acceso. Eve lo spense e poi
guardò il letto.
Lui dormiva quasi bocconi, abbracciato al cuscino, le treccine legate in una coda bassa, come sempre quando riposava.
La ragazza si sedette sul materasso, cominciando a carezzargli piano le
spalle nude e la schiena, poi si piegò su di lui e prese a
baciargli la spina dorsale.
Tom, a quel punto, mugugnò, lasciò il cuscino e masticò, prima di aprire appena gli occhi.
“Finalmente.” Biascicò con voce roca. “Mi ero stancato di aspettare.”
“Ma se dormivi.” Ribatté ironica la ragazza.
“Eh, sai, dopo il festino…” Mormorò il
ragazzo, girandosi ancora un po’ verso di lei e facendole un
sorrisetto sardonico.
“Ah, già! Dimenticavo…” Commentò Eve,
una mano ferma sul suo petto. “Sei stato bravo: non
c’è un cuscino fuori posto, una bottiglia in giro, una
macchia di bicchiere sul tavolo…”
“Mi hai insegnato bene.” Replicò lui con
un’occhiata allusiva, appena prima di passarle una mano sulla
nuca e cominciare ad accarezzarle i capelli.
“Sono una brava maestra.” Dichiarò la ragazza,
mentre Tom la tirava a se con un sorriso furbo. Si baciarono lentamente.
“Com’è andata?” Chiese il chitarrista, quando si staccarono.
Eve, che gli stava baciando il collo e la spalla, sollevò il
viso e lo guardò negli occhi. Lui sembrava in attesa, ma lei ora
non aveva voglia di parlare. Gli sorrise promettente.
“Ne parliamo dopo.” Gli disse.
“Ma…” Tentò Tom.
“Dopo.” Ripeté lei, tornando alla sua occupazione precedente.
Sapeva che, comunque, non sarebbe stato difficile convincerlo,
perché sentì subito le sue mani spostarsi sui propri
fianchi. Sorrise, poi si sollevò sedendosi sul suo bacino. Non
ci sarebbe stato bisogno d’altro per capire che la conversazione
era rimandata, ma si scambiarono un’occhiata d’intesa,
prima che Eve si togliesse la canottiera.
Bill si era già messo a letto e fissava il soffitto, indeciso su
cosa fare. Mettersi l’i-pod nelle orecchie e favorire il sonno
con un po’ di musica? Riprendere in mano il quaderno e dare
un’occhiata a quel testo che proprio non voleva saperne di
uscire? Smazzarsi le meningi pensando che Michael in quel momento
poteva essere con Johnathan?
Lo squillo del cellulare lo distolse dai suoi ragionamenti autolesionisti.
Guardò il display ed il cuore cominciò a battergli forte;
lanciò un’occhiata alla sveglia sul comodino, era quasi
l’una. Sorrise e rispose.
“Ciao, Michael.” Mormorò, cercando di non mostrare la soddisfazione che provava.
“Ciao, Bill.” Rispose l’artista.
“Come mai a quest’ora?” Chiese il cantante,
nascondendo in un tono casuale la felicità per essere stato
chiamato.
“Non riuscivo a dormire, non avevo voglia di
dipingere…” Rispose Michael. “Avevo voglia di
sentirti.” Aggiunse, con voce calda.
“Ah… Quindi sei da solo…” Buttò lì il cantante, lusingato da quell’attenzione.
“Completamente.” Affermò sicuro l’altro. Bill
non trattenne un gesto esultante, scattando sul materasso. “Tu
cosa facevi?” Gli domandò nel frattempo il pittore.
Bill sorrise furbo. “Aspettavo che tu mi chiamassi.”
Mentì poi, soave. Michael rise, con un suono caldo e dolce.
“Sei unico, Bill Kaulitz!” Esclamò quindi.
Partì, da quel momento, una conversazione che li tenne impegnati
a lungo, dimostrando ad entrambi che c’era poco da fare, potevano
girarci intorno quanto volevano, ma qualcosa tra loro era nato ed ora,
lo stavano coltivando con passione.
Eve sentiva la grande mano calda di Tom percorrere lenta la sua
schiena, in una carezza confortante. Lei, invece, osservava il suo
petto che si alzava e abbassava piano.
Tom aveva una pelle stupenda, morbida, liscia. Gli toccò piano,
con la punta delle dita, lo sterno, il pettorale, il capezzolo scuro
che riusciva a vedere, poi gli diede un bacio. Sollevò, quindi,
il viso e guardò il suo: il mezzo broncio sexy, le lunghe ciglia
ad adombrare gli occhi assorti.
“Cosa vuoi sapere?” Gli chiese improvvisa. Lui aprì gli occhi, guardandola nei suoi.
“Che tipo è? Il… pittore.” Esordì, dopo un attimo.
Eve fece un sorrisino furbo. “Sexy.” Tom
s’incupì subito, irrigidendosi. “Proprio il tipo che
piace a me: alto, begli occhi, belle mani…”
Lui si scostò un poco. “Ci godi a farmi incazzare?” Sbottò.
“Tanto.” Ribatté lei. “Sei eccitante, quando ti girano…”
“Vaffanculo.” Sbuffò Tom, dandole una piccola scossa, senza spingerla realmente via. Eve ridacchiava.
“Sul serio.” Riprese la ragazza. “È un bel
ragazzo, simpatico, dolce e fa dei quadri bellissimi, dovresti
vederli.”
“Hm…” Mugugnò lui, con una smorfia.
“È intelligente.” Continuò Eve, ignorandolo. “E guarda Bill in un modo bello.”
Tom si rifece improvvisamente attento. “Come sarebbe?” Domandò.
“Un modo bello, Tom.” Ripeté lei. “Come te lo
spiego… Lo guarda come se fosse una cosa bella, preziosa.”
Tom sembrò riflettere per qualche secondo, fissando il buio.
Teneva la ragazza ancora contro di se, come se sentire il suo corpo gli
desse sicurezza.
“Tu pensi che possa andare bene?” Le chiese infine, senza guardarla.
“Sembrano molto in sintonia.” Rispose tranquilla Eve.
“Vorrei che ne parlasse con me.” Confessò Tom, un po’ abbattuto.
“Forse, se non te ne parla, è perché ha paura di
come potresti reagire.” Ipotizzò lei, osservando il
disagio sul bel viso del ragazzo.
“Non sono un troglodita!” Reagì il chitarrista. “Io potrei… capire…”
“Neghi che le scelte sessuali di tuo fratello ti creino dei
problemi?” Fece la ragazza, continuando a tenere d’occhio
le sue reazioni.
Tom grugnì, la lasciò e si voltò su un fianco dandole le spalle.
Eve sospirò; non era mai facile trattare con lui, bisognava
sempre andarci con le molle, era uno scorbutico testardo. La ragazza,
però aveva imparato che la dolcezza spesso funzionava. Si
girò verso di lui, gli carezzò la spalla, poi ci
posò il viso e gliela baciò.
“Dai, orsetto.” Gli disse con tenerezza.
“Ti odio, quando mi chiami così.” Replicò burbero lui.
Lei rise piano. “Allora ti chiamerò porcospino.” Tom sbuffò.
“Hai ragione, sai.” Mormorò poi, dopo un momento di
silenzio pensoso. “All’inizio, quando ho capito cosa stava
succedendo a Bill, l’ho presa male, non capivo, non accettavo,
non riuscivo nemmeno a guardarlo in faccia, però…”
Eve lo incoraggiò abbracciandolo e dandogli un altro bacio sulla
spalla. “Io gli voglio bene, Eve, non voglio che abbia paura di
me. Non sono una persona aperta, lo so, ma per Bill… io posso
provare.”
“Ti ama tanto.” Sussurrò la ragazza con dolcezza al
suo orecchio, lui annuì. “Forse, è solo che non si
sente pronto.” Aggiunse.
“Lo aspetterò, allora.” Dichiarò Tom.
“Magari potresti provare a fargli capire che sei disponibile.” Suggerì Eve.
“E come?” L’interrogò lui.
“Parlandogli di qualcosa che finora non gli hai detto tu per primo…”
“Intendi di noi due?” Fece Tom, girando la testa.
“Sì.” Annuì Eve.
“Credevo lo avessi fatto tu.” Affermò il chitarrista.
“No.” Rispose lei. “Rispetto il vostro rapporto e non
credo di dover parlare di cose che riguardano voi due, anche se ci sono
di mezzo io.” Aggiunse pacata.
“E che ne so…” Commentò Tom stringendosi
nelle spalle. “Tu e Bill sembrate sempre così
affiatati!”
“Eh, certo!” Sbottò Eve. “Glielo potevo dire
in un momento del nostro affiatamento: ah, sai Bill, io e tuo fratello,
da circa tre mesi, ogni tanto scopiamo, ma così, eh, per passare
il tempo!”
“Pensi veramente che io lo faccia per passare il tempo?”
Ribatté Tom, con tono offeso e quasi triste, mentre si girava
dalla sua parte.
“No…” Rispose un po’ imbarazzata lei. “Ma non so perché lo fai…” Ammise poi.
“Non pensi che ti guardo in un modo… bello?” Le chiese quindi il ragazzo, citando le sue parole di prima.
Eve guardò i suoi occhi. Erano stranamente chiari,
nell’oscurità; le ciglia folte e morbide gli ombreggiavano
le guance. Se erano belli, gli occhi di Tom… Grandi e con quel
meraviglioso taglio a mandorla che li rendeva esotici e affascinanti.
L’avevano sempre turbata, specie da quando si era accorta che
avevano uno sguardo speciale per lei.
“Sì, lo penso.” Rispose infine, carezzandogli il viso; Tom la tirò a se.
“E allora, non farti domande stupide.” Le disse poi. “Stringimi e basta.”
CONTINUA
NOTE:
Come sempre la traduzione dei versi in introduzione:
“Ci sono un sacco di chiacchiere in giro ora
Lasciali parlare, tu sai di essere l’unico
Ci sono un sacco di muri che devono essere tirati giù
Insieme potremo abbatterli uno dopo l’altro”
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