Esistere - verbo al passato, presente e futuro

di Julietts
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-Il sole sta tramontando-
‘Oh ma che intuito’ pensa Emmet, mentre fa scivolare il braccio lungo i fianchi dell’ennesima ragazzina che lascerà prima della fine del mese, mentre le dà un bacio sulla testa cercando di imitare gli antichi gesti romantici che sono ormai solo ipocriti. La sente sospirare.
-Oh, Emmet...con te, mi sento bene, sono felice, sicura, protetta...-
‘Non me ne frega un cazzo’ pensa tra sé e sé, mentre mormora:
-E’ reciproco, fidati...-
Avrebbe dovuto pronunciare il suo nome. Ma aveva un vuoto di memoria. ‘Non importa’ pensa stringendola di più a sé ‘Non importa’.
Poi, Emmet sente un rumore. Dei passo tranquilli, sicuri.
Volta la testa, dà uno sguardo al sentiero. È tutto tranquillo, eppure, i suoi sensi, lo stanno come avvertendo: qualcuno sta arrivando. Non ci pensa, continua a essere carino con la ragazza senza nome.
Poi, sente ancora quei passi. Si volta. La vede.
Una ragazza – la ragazza- sbuca nel sentiero tra gli alberi. Sta ascoltando l’IPod, ha quella sua solita aria di sufficienza in volto, i capelli legati con un nastro bianco che ricadono per la maggior parte lungo le spalle, gli occhi chiari fissi su un punto preciso all’orizzonte, le braccia morbide lungo i fianchi, il bellissimo corpo fasciato da un paio di jeans aderenti e una maglietta morbida, che lascia intravedere le curve dolci e maestose.
Emmet resta a bocca aperta. La osserva con il desiderio negli occhi, mentre lentamente cammina in quel parchetto di Forks stranamente baciato dal sole, in quel momento. I raggi le vanno a illuminare il volto i capelli, e di scatto, si volta verso di lui. Emmet, d’istinto, si alza. La ragazza seduta accanto a lui fa per parlare, lui la zittisce con lo sguardo. Si avvicina a lei.
-Ciao, io sono Emmet- dice immediatamente, con il tono più seducente che riesce ad usare.
-Ciao-
La sua voce è bellissima. È la prima cosa che pensa, lui, quando la guarda negli occhi. E la vede. La vede davvero. Non era, ovviamente, la prima volta che lo guardava. Andavano a scuola insieme, lei era di quinta C, lui di quinta A.
Solo sguardi, rapidi, distratti, però, a scuola.
Ma in quell’istante, Emmet la vide davvero.
-Beh, scusa Emmet, ma dopo questo nostro guardarci in modo appassionato, temo che dovrò continuare la mia passeggiata-
Lo prende in giro, ironica, sottile, ed Emmet non sa se quello che ha provato lui...lo ha provato anche lei.
-Almeno...dimmi come ti chiami-
-Rose-
Rose. Rose sparisce dietro gli alberi, Rose non c’è più, Emmet non la vede più, Rose. Rose è scomparsa, la rivedrà a scuola, l’indomani, e la osserverà davvero, magari ci parlerà anche, con Rose, e Rose un giorno lo apprezzerà, lo amerà. Sarebbe pronto a dare tutto, Emmet, per essere amato da Rose. Il suo fascino, i suoi muscoli, il suo coraggio. Tutto per Rose. Rose.
Si riscuote. Lascia Rose nella sua mente, ma più distante. Rose non è scomparsa, è sempre lì, ma Rose ora non c’è.
Emmet torna alla panchina, ritornando a stingere la ragazza senza nome, che senza dire una parola, fa finta di niente.
 
Ma quella notte, per loro, sarà la prima e l’ultima. Perché lei non può ignorarlo ancora. Perché lui mentre facevano l’amore, l’ha ripetutamente chiamata Rose. 




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