La quinta
notte ~
prompt: #055,
impulse
«Uh... Coraline?»
Coraline si ferma. È curioso, no, stranissimo
sentirsi chiamare finalmente col nome giusto, qui nel mondo, da questa parte
della porta. Solo i suoi la chiamano Coraline. Quando la chiamano. Beh, è un
inizio. Ed è davvero una piacevole sorpresa quell’intonazione
incerta, quella sequenza di suoni esitanti, la pronuncia quasi cauta e timorosa
di sbagliare. Questa è proprio
una cosa nuova.
«Senti,
mi... Mi spiace. Ok? Mi spiace davvero per averti dato della pazza. E di averti
dato quella bambola. E anche di averti spaventata il primo giorno, adesso che
ci penso.» Wybie sbuffa, si schiarisce la voce,
si gratta la nuca ricciuta. Non che sia mai
stato l’interlocutore ideale, ma ora
il nervosismo lo sta portando pericolosamente vicino alla dislessia... «Sono
stato, beh, insomma, proprio un idiota.»
«Sì,
proprio.» Annuisce compunta. «Ma non hai deluso alcuna aspettativa,
sta’ tranquillo. Ho saputo che eri un idiota fin dall’inizio.»
Wybie inclina la testa – quasi a novanta gradi! –
e sorride per metà. Dev’essere il suo
modo di farsi perdonare. Ed è così
fastidioso quanto, alla debole luce
della mezzanotte, i suoi occhi sembrino lucidi e neri – come quelli dell’Altro, dell’Altro che non le ha
mai parlato ma l’ha salvata, dell’Altro che non l’ha mai guardata ma l’ha vista. Fastidioso, sì. Glielo
ricorda troppo, dannazione.
«Allora
siamo amici?»
Oh,
quanto vorrebbe avvelenarlo con una frecciatina ben mirata! Dirgli di stare coi
piedi per terra, che per lui è già fin troppo l’accettazione
del gatto – che lui, da ragazzino scemo qual è, scambia per
amicizia. Ma è impossibile, vero? Non si può condividere con
qualcuno un’avventura ai limiti del paranormale – e scaraventare in
fondo a un pozzo la mano affilata di una strega cucibottoni
e mangia-anime – senza sentirsi alla fine
uniti. Persino quando l’unica condivisione si riduce a un rocambolesco
salvataggio dell’ultimo secondo. Dopo che per giorni quel cosiddetto ‘amico’
non ha creduto alla storia della strega.
Perciò,
ecco, non dipende da lei, quell’impulso
assurdo che la muove. È più naturale
che voluta, quella cosa che la porta a pensare l’impensabile e a fare l’inconcepibile.
E certo non l’ha programmato di
avvicinarsi al naso di Wybie e stamparci un bacio su.
È
solo che è Wybie, ecco tutto. E Wybie, in qualche modo, è lo stesso che l’ha
salvata dall’altra parte della porta.
Si ritrae
bruscamente; lo sguardo stupefatto del ragazzo non fa che accrescere il suo
disappunto. Non ha intenzione di stare a spiegargli niente, proprio no. Gli
dovranno bastare uno sbuffo di sufficienza e una stizzosa voltata di spalle.
«Andiamo,
Why-born.»
S’incammina
decisa verso il Pink Palace, lasciandosi alle spalle un pozzo ben chiuso, seguita
[ma solo dopo qualche secondo] dai passi incespicanti di un falso teppista.
Il gatto
è già in cima al sentiero ad aspettarli. Abbassa il muso come per
annuire e, nonostante la distanza, Coraline ha la certezza matematica che stia ridendo
sotto i baffi.
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Nota: Letto il romanzo di Gaiman, devo ammettere che la versione originale e
letteraria di Coraline
è infinitamente migliore e più foriera di ispirazione. Ma c’è
una cosa che nel romanzo non c’è e su cui io avevo la necessità di scrivere: e
cioè Wybie Lovat. Che
all’inizio è petulante, infantile, così simile agli adulti
da scoraggiare subito lo spettatore nei suoi confronti; ma che, dalla comparsa
dell’Altro Wybie in poi, diventa una figura
adorabile. Il mio personaggio preferito subito dopo il gatto <3
Se non si fosse capito, il momento descritto in questa flash è
posteriore alla caduta nel pozzo della mano dell’Altra Madre, prima che Coraline e Wybie tornino a casa. Il
titolo si rifà al fatto che ci troviamo proprio nella quinta notte da
quando Coraline è arrivata al Pink Palace.