7° Capitolo
Quanto silenzio.
Troppo silenzio.
A Mana quel silenzio non piaceva.
Stava immersa nel buio del soggiorno.
La tv era spenta: il suo rumore non era stato sufficiente.
Era troppo abituata al frastuono che erano soliti fare i suoi fratelli
maggiori prima di andare a letto.
In quelle serate, rammentava chiaramente i rimproveri che muoveva a Miwako e
Koji, che ascoltavano musica e tv a tutto volume e, pur stando nelle proprie
stanze, impedivano a lei di addormentarsi.
Siccome anche i suoi genitori avevano una certa tendenza a fare le ore
piccole, solo dopo mezza notte la madre o il padre
intervenivano dicendo che era arrivato il momento di andare a dormire.
Per questo motivo fu per lei quasi una liberazione quando i due fratelli
iniziarono ad andare al college, cominciando cosi a passare sempre più tempo
fuori di casa.
Spesso nei finesettimana tornavano, ma almeno Mana aveva guadagnato cinque
giorni su sette di nottate tranquille.
Ora, a Neo-Tokyo 3, le due nottate di fastidio le mancavano immensamente.
Come tutto il resto.
Quando sarebbe tornata a casa?
O meglio: sarebbe tornata a casa?
Ecco, questo era molto più giusto.
A quel punto Mana si mise una giacchetta e uscì da casa.
Le strade erano deserte, illuminate solo dai lampioni sui marciapiedi.
Il condominio che la ragazza aveva appena lasciato alle spalle era un immenso
oggetto scuro, freddo e immobile come una tomba.
Mana cominciò a correre.
Correndo, finì davanti ad un incrocio e solo un improvviso colpo di clacson
le permise di fermarsi prima che un’auto la investisse.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo e vide poco distante un edificio
illuminato.
Gli ultimi clienti uscirono con delle espressioni chiaramente soddisfatte.
E Maaya, controllato l’orologio, cominciò a sparecchiare per chiudere il
locale.
I clienti non erano cosi numerosi da giustificare chiusure troppo ritardate.
“Buonasera”.
Maaya rimase piacevolmente sorpresa per quell’inaspettato cliente.
Si sistemò gli occhiali “Buonase… oh, sei tu”.
“Ehm, si” rispose l’altra.
“Se non sbaglio, ti chiami Mana Kirishima, giusto?”
“Sì. Mi scusi se la disturbo a quest’ora, ma avevo fame. Potrebbe prepararmi
qualcosa?”
“Naturalmente, fringuellina. Accomodati!”
Mana si sedette a un tavolo.
Maaya le porse un foglio. “Eccoti il menù”.
“Mi basta del ramen” spiegò lei.
“Te lo preparo in due secondi”.
Mentre l’altra andava in cucina, Mana si guardò intorno: all’odore di nuovo
si era aggiunto quello di chissà quanti altri cibi.
In effetti, non ci volle molto perché Maaya si presentasse con un piatto di
ramen fumante e invitante.
Mana lo assaggiò, trovandolo davvero gustoso
“Vedo che mangi con appetito. La cosa mi fa felice” le disse la proprietaria
riprendendo a sparecchiare.
“Finisco subito e me ne vado”.
“Oh, e perché?”
“Be, vedo che sta sparecchiando. Immagino che debba chiudere e non voglio
farle perdere tempo”.
“Ma figurati!” rispose prontamente l'altra dando a Mana una pacca assai energica
sulla spalla, talmente forte che il Fourth Children sentì quasi il suo braccio
staccarsi. “Io sparecchio per trovarmi già tutto pronto per domani. Però non ho
alcuna fretta. E poi dormo qui sopra” col dito indicò il piano superiore “quindi
puoi restare tutto il tempo che vuoi”.
“La ringrazio”.
Mana ricevette un'altra mega pacca sulla spalla. “Niente lei. Dammi del tu!
Il lei mi fa sentire vecchia!” esclamò Maaya.
Continuando a mangiare, Mana vide che Maaya, finito di preparare gli altri
tavoli, la fissava intensamente.
“C’è qualcosa che non va?”
“No, niente. Stavo solo pensando che in fondo è strano vederti qui, a quest’ora,
e non in compagnia”.
“Davvero?”
Maaya afferrò una sedia e si sedette vicino a lei sporgendosi in avanti.
“Una ragazza carina come te non ha un fidanzato?”
“Ehm, no. Almeno per il momento”.
“Forse quel cucciolotto grazioso di Shinji Ikari?”
“No! Assolutamente no!” rispose Mana arrossendo.
Tuttavia la sua interlocutrice tirò fuori uno sguardo scrutatore.
Mana tentò di reagire. “E lei, cioè, tu, Sakamoto, hai un fidanzato?”
Maaya si abbandonò sullo schienale della sedia. “Mai avuto il tempo”
ammise con una certa malinconia.
Sembrarono già esauriti gli argomenti, poi la proprietaria del ristorante
chiese: “Soffri di solitudine?”
“Eh? Io?”
“La tua presenza qui, dopo la tanta baldoria fatta l’altra volta, mi fa
pensare questo”.
“In effetti… si”.
“Ti manca la tua famiglia?”
“Sì. E a pensarci bene, in questi casi ci vorrebbe Tasty”.
“Sarebbe?”
Mana fu un po’ titubante, come se si vergognasse.
“Coraggio, fai conto di essere davanti ad un prete in confessionale” la
rassicurò Maaya.
“Ok… Tasty era il mio amichetto immaginario di quando ero piccola. A volte,
nei momenti in cui restavo sola in casa, o quando c’era un temporale fortissimo
e dormivo, non mi spaventavo perché mi sembrava di sentire qualcuno vicino a me.
Non so spiegartelo, era una sensazione. Non so neppure perché lo chiamai Tasty.
Fatto sta che mi sentivo bene, al sicuro. D’altronde non mi risulta di essere
mai stata tra quei bambini che chiedevano ai genitori di dormire con loro nel
lettone. Grazie a Tasty. Pensa che una volta, quando in casa c’eravamo solo io e
la nonna, due ladri tentarono di entrare. Chiamammo la polizia e ci chiudemmo in
cantina. Non successe nulla, i ladri se ne andarono senza nemmeno entrare.
Avranno avuto paura. Io comunque pensai che li avesse spaventati Tasty”.
Parlando, Mana aveva cominciato distrattamente a giocherellare con la posata.
“Poi hai smesso di crederci?”
“Oh sì, adesso sono troppo cresciuta per credere ancora agli amici
immaginari. Ti confesso” e Mana represse una lieve risata, visto l’esempio che
le era stato fatto prima “che me lo ero persino dimenticato. Solo adesso mi è
tornato in mente”.
“La memoria ha i suoi meccanismi. Su, visto che cerchi compagnia, ci penso io
a spomparti per bene” esclamò radiosa Maaya.
Gli Evangelion 00, 01 e 03 erano sistemati nelle gabbie per dei nuovi test di
sincronia.
L'unica assente era Mana: avrebbe dovuto esserci, ma dato il pesante
allenamento delle settimane scorse, e l’attacco dell’11° angelo durante il quale
la ragazza aveva forse rischiato una contaminazione, Misato aveva chiesto che al
Fourth Children fosse concesso un breve periodo di riposo.
Ritsuko aveva acconsentito, dicendo inoltre che quella sera dovevano testare
la compatibilità dei piloti con unità diverse rispetto a quelle assegnate loro.
Shinji sullo 00, Rei sullo 01, e anche Asuka e Mana avrebbero dovuto
scambiarsi gli Eva.
Ma siccome già Asuka aveva mugugnato alla grande perché infastidita dal fatto
di dover salire sullo 03, sapere che Mana sarebbe salita sullo 02 l’avrebbe
mandata in bestia come non mai, rischiando di disturbare il risultato del test.
Quindi era pure conveniente che Mana non ci fosse quella sera.
Il test di compatibilità poteva benissimo farlo da sola in seguito, magari
senza dirlo al Second Children.
“Certo che se pensano di fregarmi cosi, sono davvero delle stupide!” borbottò
Asuka sull’Evangelion 03.
Le sensazioni che provava sul nuovo Eva erano strane: molto simili e allo
stesso tempo molto diverse da quelle che aveva sul gigante rosso.
L’idea che Mana potesse salire sul suo 02 le faceva ribrezzo.
Però in fondo non avrebbe potuto ribellarsi.
Allora era meglio che lo facesse quando lei non c’era, fintamente ingannata
dalla dottoressa Akagi.
Inoltre anche in quel caso avrebbe saputo dove si trovava il Fourth Children:
lontana.
“Asuka, sembri distratta” le comunicò Ritsuko via radio “Cerca di
concentrarti”.
“Si, si” rispose scocciata la ragazza.
“Il tasso di sincronia è buono, anche se non raggiunge i livelli che hai con
lo 02. Comunque in caso di necessità, potresti diventare il pilota di riserva
dello 03”.
“Tsk, questo rottame non vale il mio 02. E poi non vedo perché dovrei
sostituire quella stupida di Kirishima. Se le capita qualcosa, sono affari
suoi!”
“Non è l’unica possibilità” obbiettò Ritsuko.
“Eh? Ehi, che vorrebbe insinuare dottoressa?! Che io potrei diventare la
ruota di scorta del Fourth Children?!”
Dalla radio non giunse risposta.
E Asuka diede un calcio al quadro comandi davanti a lei.
“Il mio Evangelion 02 è indistruttibile!” ringhiò.
Sentendosi ignorata, si mise a gambe incrociate, infischiandosene altamente
del test.
Poi aprì il collegamento con lo 00, e apparve l’immagine di Shinji assorto.
“Allora, idiota, ti senti al seno della mamma? Oppure di qualcun altro?”
Shinji sospirò girando la testa verso di lei. “Asuka, per quanto tempo me la
farai pesare? Sono giorni che m’insulti per quell’incidente”.
“Incidente? Nella stessa occasione ti sei abboffato con le tettine di quella
là e sei caduto addosso al magnifico corpo della sottoscritta! Doveva per forza
essere tutto pianificato!”
“Non è vero!”
“Solo un deficiente ti crederebbe!”
“Asuka, non disturbarlo!” ordinò piuttosto seccata Ritsuko.
Asuka allora chiuse il collegamento, poi avvolse la mano destra nella sua
chioma.
E tra i morbidi capelli rossicci s’intravide un dito medio alzato.
Asuka si rimise in posizione corretta, attese: non successe nulla.
“Tsk, sensori ultra sofisticati piuttosto facili da ingannare” pensò con
infantile soddisfazione.
Finché non risuonò in lontananza una sirena d’allarme, seguita da uno strano
rumore.
Come di metallo strappato.
“Oh mamma, basta, basta! Non ce la faccio più!”
Mana crollò letteralmente tra le braccia di Maaya.
Da quanto tempo ballavano al ritmo di canzoni pop accompagnate da una sorta
d’intricata break dance?
Mana non sapeva dirlo.
Aveva smesso di contare il tempo.
Certo Maaya si era rivelata sorprendentemente un’ottima ballerina.
Mentre Mana, incalzata dall’altra, più che altro cercava di scimmiottare i
suoi movimenti.
Ma quando l’ennesimo cd finì, poté finalmente mettere gli occhi sul suo
orologio.
“Cavolo! E’ mezzanotte e quarantaquattro! Devo tornare a casa. Altrimenti non
riuscirò ad alzarmi per andare a scuola”.
“Davvero? Mi dispiace che tu debba andartene” disse Maaya dispiaciuta.
“Comunque, ti sono piaciute le mie esibizioni?”
“Eccezionali! Saresti capace di diventare la migliore ballerina di tutti i
tempi secondo me! A proposito, quanto ti devo per il ramen?”
Maaya mise le mani in avanti. “Nulla. Essermi esibita ed essere stata
apprezzata sono un pagamento più che sufficiente per me”.
“Dici sul serio?”
“Oh yes!”
“Allora io vado, buonanotte e alla prossima” concluse Mana avviandosi verso
l’uscita e cominciando a sbadigliare a tutto spiano.
“Vuoi che ti accompagni?” le domandò Maaya.
“No, grazie, non sono troppo stanca” rispose Mana.
Che quindi barcollò in avanti e l’altra prontamente la afferrò.
“Dai che ti porto a casa io”. La ragazza si caricò Mana sulle spalle e chiuse
l’ingresso del suo ristorante.
Scrutò le strade buie. “Dov’è casa tua?”.
“Laggiù” indicò Mana puntando il braccio in avanti.
Maaya si avviò, portando Mana sulla schiena senza problemi, come se
pesasse niente.
Il sonno era tale che Mana non resistette e dovette appoggiarsi con la testa
su una spalla della sua accompagnatrice.
E poi il dondolio dei suoi passi era cosi rilassante.
Mana cadde addormentata.
“Eh, faticoso ma appagante fare la babysitter” commentò la ragazza con gli
occhiali.
Shinji si svegliò di soprassalto.
Intorno a lui non c’era nessuno.
Inizialmente non capì dove si trovava, poi vide che si trattava di una stanza
d’ospedale e cominciò a ricordare: era sull’Eva-00 per un test di sincronia…
quando era successo… qualcosa.
Qualcosa riguardante in qualche modo Ayanami.
Tuttavia i ricordi erano pochi e sfuggenti.
Si mise a sedere sul letto e contemplò la stanza.
Poi si sdraiò di nuovo.
“Ancora questo soffitto” commentò impassibile.
Poi a un tratto la porta automatica della stanza si aprì.
Shinji si voltò per vedere chi fosse.
Però non c’era nessuno.
“Chi è là?” domandò con una certa inquietudine.
La porta si richiuse.
Shinji fu tentato di alzarsi per controllare, ma poi concluse che forse la
porta aveva avuto solo un contatto e cercò di dormire.
Se la porta fosse stata ancora aperta, si sarebbe accorto dei passi che
cautamente si allontanavano.
Kozo Fuyutsuki stava giocando una partita di Mahjong contro se stesso
nell’ufficio di Gendo e si aiutava consultando un manuale.
Nonostante fosse un classico tra i giochi da tavolo in Giappone, l’anziano
uomo non era mai stato molto bravo. E ogni raro momento libero lo usava per
impratichirsi.
“Un’invasione di un angelo fuori programma e di seguito una pressione della
commissione venuta a conoscenza del fatto. Quegli uomini sanno solo lamentarsi.
Sono davvero inutili”.
Affianco a lui, impassibile nella sua solita posa, Gendo Ikari. “Le carte
vincenti sono tutte in mano nostra, loro non possono nulla”.
“Non per questo può essere saggio indispettirli. Se la Seele si dovesse
muovere ora, le seccature sarebbero molte. Senza contare che stavolta anche noi
non possiamo dire di avere tutto sotto controllo” obbiettò Kozo.
“Hai ragione. Più passa il tempo, più mi rendo conto che nel nostro copione
si è inserito un elemento estraneo”.
Gendo estrasse un fascicolo da un tiretto della sua scrivania e lo passò a
Kozo, che mise giù il manuale e lesse quel dossier. “Mmm, un rapporto
balistico”.
Mentre leggeva, il vicecomandante inarcò più volte un sopraciglio, poi guardò
Gendo: “Non sapevo di questo incidente occorso al Second Children”.
“E’ successo mentre noi eravamo in viaggio per il polo sud, poco prima che
apparisse il 10° angelo. E’ stata Rei a parlarmi di alcuni dettagli” spiegò
Gendo.
“Se quello che è descritto qui è vero, immagino il perché i nostri esperti ci
abbiano messo cosi tanto a scrivere il fascicolo”.
“Già. Dimmi, Fuyutsuki: secondo te è possibile con una vite intercettare in
volo un pallone e dargli una spinta tale da fargli quasi sfondare una rete
metallica e poi distruggerlo?”
“Be, in teoria sì. Ma se a fare questo è una persona, allora deve essere una
persona speciale”.
“Sì, cosi speciale che magari può anche buttare già da un treno quattro
persone in pochi secondi. E magari scassinare anche una porta automatica priva
di energia”.
“Oh” mormorò Fuyutsuki.
Lo stupore fu tale che il vicecomandante non sentì più il bisogno di
domandare a Ikari del recente incidente dello 00, del progetto Adam e della
Lancia di Longino.
Già sapeva che per Gendo era tutto sotto controllo, in questi casi.
Continua...
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