Come un Amuleto tengo i tuoi occhi nella tasca interna del giubotto.
Ritengo che
scrivere sia amore puro, è come se fossi una roccia che si
lascia tracciare solchi e divenga tramite di parole che assumono come
una consistenza,
le tracci e
irrimediabilmente affollano qualche scomparto della propria coscienza.
Ti seguiranno ovunque tu sia, ti consoleranno le mura insonni o ti
tortureranno diramandosi in incubi.
Riesci a credere in me? A
questo mio svanire lento e tornare ancora piena di emozioni e di cose
da condividere, da voler render tue; riversarti addosso come fosse del
liquido caldo tè, ogni pensiero, e trattenere il fiato per
non lasciar trasparire nulla, per divenire come la notte che consola le
nostre anime, così sicura e piena di significati ignoti fino a
che le tue mani fredde sono sulle mie.
Eppur sai quanto sia facile
sciogliere le tue dita dai miei capelli, come io possa perdere la
presa, abbandonare l’ incavo del tuo collo e scivolare
giù, definitivamente perdermi nel mondo che offre sempre troppe
strade e prospettive.
Provo vergogna, quella
domanda che ticchettia nelle mie orecchie come una bomba pronta a
esplodere, a scaraventarti lontano, potrebbe essere una valida
alternativa, l’ ennesima strada possibile a questa via. In fondo
questo libero arbitrio è la nostra dannazione.
Come immagini incomplete le
spargo su un letto di confusione, di neuroni nel caos, di ritagli che
dovrebbero incastrarsi come pezzi di puzzle, impaurita da quel lato di
te che riesce a scrutare tra il superfluo e a render proprio l’
essenziale, aumentando la mia colpa, cresce l’ impeto di
conservare ogni istante, e trovo a chiedermi se sia riuscita a
delineare una traccia di senso, nonostante le parole che ancora non
sono in grado di dirti, guardando fuori dal finestrino, cingendo le
mani cerco di fuggirne, cingendo le mani, proteggendo le mie
attendi.
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