Amor profano
Un passo a sinistra, un passo a destra.
Parata... e affondo.
Era un gioco cui Xerxes si era da lungo tempo abituato e col quale, doveva ammetterlo, aveva imparato anche a divertirsi.
Parò con eleganza ed
innegabile talento l'attacco del suo giovane avversario, quindi si
decise a sferrare l'affondo decisivo, nel quale - dovette riconoscerlo
- mise un po' troppa energia, catapultando il suo sfidante ad un paio
di metri di distanza, finché non atterrò dolorosamente
sulla schiena.
«Break! Non fargli del male!»
«Ne, ne, Gil
♥! Come sei noioso...! Non è mica fatto di vetro!»
esclamò l'albino, stringendosi frivolmente nelle spalle,
sospirando pieno di rassegnazione.
«Come fai a vincere
anche se non ci vedi?!» sbottò il suo avversario,
ignorando totalmente il commento del servitore, mettendosi seduto e
massaggiandosi con vigore la testa, rivolgendo tutta la sua attenzione
e indignazione verso Xerxes.
Quest'ultimo gli sorrise candidamente: «Sono un cavaliere dopotutto, signor Bezarius ♥».
L'interessato non poté fare a meno di ridere, mentre si rialzava.
«Signorino, state
bene?» domandò Gilbert, precipitandosi al fianco del suo
padrone, che scrollò le spalle e gli rivolse un mezzo sorriso
sghembo.
«Sì, sì... tranquillo Gil» lo rassicurò.
«Sei migliorato
notevolmente dall'ultima volta...» si complimentò Break,
sorridendo al suo rivale in modo vagamente lezioso.
Era solito rivolgersi a
tutti, sopra e sotto di lui, con la stessa familiare
informalità, infischiandosene delle buone maniere.
«... anche se non tanto da riuscire ad eguagliarmi ~ ♥» aggiunse in tono compiaciuto.
Diventava stranamente
antipatico quando utilizzava quel tono, almeno per Oz: sembrava sempre
che il suo intento ultimo fosse quello di prendere per i fondelli il
suo interlocutore - e magari era pure così, soprattutto in tale
frangente.
«Prima o poi ci
riuscirò senz'altro, Break» promise il giovane, sorridendo
a propria volta all'indirizzo dell'albino in quella maniera che
quest'ultimo aveva sempre definito "odiosa ed infantile". Sembrava
quasi volerne stuzzicare una qualche reazione accompagnata dalle sue
consuete frecciatine dolceamare.
«BREAK!».
Un richiamo femminile
attraversò riecheggiando tutto il cortile, giungendo chiaramente
all'udito dei tre, seguito da un rumore di passi rapidi e pesanti sul
prato.
Break fece appena in tempo
a voltarsi che una ventagliata si abbatté implacabile su di lui,
girandogli di lato la testa, scaraventandolo al suolo.
Un colpo rapidissimo che
lasciò basiti Oz e Gilbert, ma che lasciò completamente
indifferente la vittima, la quale si limitò semplicemente a
girar la testa e reggersi in posizione seduta con un braccio.
«Ojou-sama,
perché tanto arrabbiata...?» domandò a metà
tra la genuina curiosità ed un sospiro esasperato.
La ragazza che
l’aveva colpito si ergeva in piedi sopra di lui,
l’espressione feroce di chi è indignato ed infuriato nello
stesso tempo per qualcosa che gli sta particolarmente a cuore.
Oz era del parere che la
fanciulla, la giovane erede della famiglia Rainsworth, Sharon, fosse
estremamente bella: il vestito che aveva indosso era di un elegante
viola che somigliava a quello del primo crepuscolo. Il corpetto era
decorato con volant dello stesso colore che giravano tutt’attorno
all’ampia e poco profonda scollatura e alle maniche, le quali
arrivavano a coprirle metà delle mani. La lunga gonna le
scivolava sui fianchi fino ad arrivare ad oscurarle alla vista i piedi,
allargandosi progressivamente.
L’espressione che portava dipinta in viso era deliziosa anche se manifestava una palese ira.
«Break sei il
cavaliere cui sono stata affidata per essere protetta! Non puoi passare
il tuo tempo insieme ad altri: non è questo che dice il nostro
contratto!» esclamò.
Oz rimase a fissarla,
attonito: nel proferire quell'affermazione le sue guance s'erano
colorate d'un vivo rossore, come se fosse imbarazzata o stesse provando
una forte emozione.
La cosa non sorprese
più di tanto il Bezarius - al contrario del suo servitore, la
cui espressione lievemente perplessa parlava per proprio conto -: il
biondo, infatti, era a conoscenza del fatto che la giovane Sharon era
praticamente cresciuta insieme a Break.
Quest'ultimo - gli aveva raccontato suo zio - era un sedicenne quando fu presentato ad una Sharon di appena sette anni.
Xerxes era figlio di una
famiglia di cavalieri che da generazioni prestava servizio e protezione
ai discendenti delle famiglie nobili di più alto lignaggio -
come, appunto, la famiglia Rainsworth. Lo zio di Oz aveva preferito
affiancargli un servitore di tutt'altro stampo - ossia Gilbert, che era
stato ritrovato nel giardino della loro tenuta privo di sensi in una
gelida notte d'inverno - ma l’incolumità della sua
sorellina Ada era stata posta nelle mani di uno dei fratelli di Break.
Quest’ultimo sorrise
di sghembo alla sua padroncina in un modo - e dovette ammetterlo
perfino il Bezarius, benché fosse anche lui maschio -
dannatamente sexy e provocatorio. Sembrava portasse scritto in fronte
una dicitura che suonava più o meno come: "sono un gran figo e
sono qui per te". Aveva una posa ed un'espressione da poter far
tranquillamente smaniare di desiderio persino la più pretenziosa
delle donne.
Sharon continuava a
guardarlo con occhi colmi di severità, mentre le sue guance
s'imporporavano ancor di più, probabilmente a causa
dell'atteggiamento del cavaliere.
«Mi spiace che vi
siate rammaricata per la mia assenza dal vostro fianco, ma presumo che
anche stando nel cortile interno in compagnia del signor Bezarius io
stia adempiendo ai miei doveri nei vostri confronti,
ojou-sama...» si giustificò Xerxes.
S'interruppe un momento, come se volesse creare un effetto di suspense nel suo discorso.
Quando si trattava della
sua signorina - osservò tra sé Gilbert - non c'era mai
una volta che, anche inavvertitamente, utilizzasse una sintassi che
potesse far sembrare le sue affermazioni informali - contrariamente a
quando si rivolgeva a chiunque altro.Doveva portare proprio un gran
rispetto alla signorina Sharon, forse tanto forte ed incondizionato
come quello che lui medesimo nutriva nei confronti del suo signorino.
Le labbra dell'albino si
stirarono ulteriormente, mentre riprendeva: «... dopotutto, la
vostra stanza si affaccia su questo cortile, per cui potreste
facilmente chiamarmi in caso di pericolo» concluse, con una
logica ferrea ed inattaccabile.
I due spettatori ebbero
soltanto modo di vedere una sorta di flash bianco che s'abbatteva una
seconda volta sul viso di Break, poi gli occhi della ragazza che
iniziavano a riempirsi di lacrime.
«Signorino, penso sia
il caso di togliere il disturbo...» sussurrò Gilbert
all'orecchio di Oz, il quale semplicemente annuì in risposta.
«Sharon, grazie per l'ospitalità. A presto» salutò il biondo, senza tuttavia ricevere alcuna replica.
Decise allora d'andarsene
comunque, per lasciare la giusta intimità ai due, quindi
sgattaiolò via assieme a Gilbert.
Appena furono soli, Xerxes rise a mezza voce.
«Vi siete veramente
offesa ojou-sama, ne?» domandò «Addirittura fare una
scenata simile innanzi ai vostri ospiti...».
«Smettila Break. Ti prego» lo supplicò la fanciulla in tono deciso.
Sembrava che stesse soffrendo e sembrava anche che Xerxes ne sapesse il perché.
Seguirono minuti di quiete
ed immobilità totale da ambedue le parti, come se il tempo si
fosse fermato per un interminabile istante.
Infine, l'albino si mosse:
si rimise in piedi, risistemandosi sul viso il ciuffo di capelli che
nascondeva alla vista la sua palpebra vuota, quindi mosse qualche passo
verso la nobile.
«Torniamo dentro,
ojou-sama?» chiese alla ragazza, la quale, per tutta risposta,
gli si gettò letteralmente contro il petto, stringendo tra le
dita il morbido tessuto della sua camicia, stropicciandola.
«Break...
perché...?» esordì, ma fu interrotta da un soave,
dolce sussurro di lui, che le mormorò all'orecchio: «Non
qui, ojou-sama. Potrebbe sentirla qualcuno».
«Non m'importa» sussurrò lei.
«Cielo...
com'è problematica, ojou-sama...!» sospirò ad alta
voce il suo servitore, sollevandola da terra, prendendola
improvvisamente in grembo.
«Break...!» fece lei, indignata per l'inattesa audacia «Cosa stai...?».
«Se ojou-sama vuole seguirmi...» rispose lui, zittendola, avviandosi verso l'ingresso che conduceva alla casa.
Sharon si strinse al suo
petto d'istinto non appena l'albino mosse i primi passi. Si fece
portare senza opporre ulteriore resistenze, anche perché un tale
contatto con il suo servitore e protettore era quanto di più
ardentemente desiderasse al mondo; eppure si sentiva a disagio tra le
sue braccia.
Al contrario, Break pareva
assolutamente a proprio agio: si muoveva con una naturalezza
impressionante ed un'espressione serena ed anche un po' allegra in
volto.
Se si stava divertendo in quel momento, riusciva a nasconderlo discretamente bene.
In pochi minuti fecero
ritorno alla camera della ragazza, attraversando vari corridoi ed
incrociando vari domestici - ai quali abilmente il cavaliere fece
intendere che stava riportando in camera la signorina in grembo
poiché non si sentiva molto bene.
Quando arrivarono, Xerxes depositò la ragazza sul letto ed andò a chiudere la porta.
Nel voltarsi nuovamente a
lei, notò che quest'ultima si era alzata in piedi e lo fissava
con un'espressione indecifrabile.
«Ojou-sama...?» chiese lui.
«Non è giusto...» mormorò quest'ultima all'improvviso.
«Ne abbiamo già parlato...»
«E allora...? È ingiusto ugualmente!».
Sharon alzò gli occhi a fissarlo, un fuoco di determinazione che le ardeva nelle iridi.
«Perché non posso stare con te?» domandò con una lieve sfumatura carica di dolore nella voce.
Era palese il suo profondo
legame ed affetto nei confronti di Xerxes ed il suo desiderio di stare
al suo fianco anche in vesti ben diverse da quelle di protetta.
Break le si accostò lentamente, guardandola con una strana espressione, come se volesse scusarsi.
«Non potete,
ojou-sama. Io sono soltanto un vostro servitore. Sarebbe disdicevole
per lei intrattenere una relazione personale con me ♥»
esclamò, senza rinunciare né al suo solito tono
cantilenante né ad una venatura leziosa nella sua voce.
Pareva tenere in gran
considerazione il mantenimento dell'integrità dell'onore della
sua padrona - oltre ad una gran considerazione della sua posizione
sociale, che sembrava superare qualsiasi altra cosa per ordine
d’importanza.
«Non puoi dire così! Tu non sei un comune servo e lo sai benissimo!» sbottò la fanciulla, arrabbiata.
Nella sua testa, Sharon rivedeva scorrere brandelli della sua infanzia ed adolescenza assieme a lui.
Non c'erano altro che
ricordi felici in sua compagnia: anche se era un servo che le era stato
affiancato per proteggerla dalle insidie e i pericoli che potevano
sorgere tra i membri della nobiltà, Xerxes per lei era sempre
stato un amico ed anche qualcosa di più. Con lui aveva giocato,
scherzato e si era confidata sempre con l'assoluta certezza che sarebbe
stata ascoltata, capita e che i suoi pensieri non sarebbero stati
divulgati a terzi indesiderati.
Con il passare del tempo
aveva iniziato a provare qualcosa di più forte nei suoi
confronti, che l'albino si era sempre premurato di respingere
apportando in suo favore la disparità fra le loro condizioni
sociali, ma adesso la sua pazienza per quella scusa che aveva sentito
almeno un centinaio di volte era giunta al limite.
«Io...»
esordì Sharon, arrossendo ancor di più, ostinandosi a
fissare il pavimento «... io voglio stare con te, Break... e non
m'importa se sei un cavaliere o un nobile...! Io voglio semplicemente
te».
Xerxes continuò a squadrare la sua ojou-sama, che ai suoi occhi pareva essersi trasformata all'improvviso in una donna.
«E non v'importa proprio niente delle chiacchiere che si spargerebbero nell'alta società...?» domandò in tono quasi casuale.
Xerxes sapeva bene come
andavano le cose tra i nobili, visto che in famiglia gli avevano sempre
parlato di ciò in previsione della sua mansione: era inevitabile
che se si fosse scoperta una relazione come la loro tutti i nobili
avrebbero iniziato a spettegolare e mettere in giro ogni tipo di
chiacchiere, dalle più malefiche alle meno gravi e la famiglia
Rainsworth sarebbe stata perseguitata per anni dalle maldicenze e dalla
vergogna.
Soprattutto le nobildonne, in certi casi riuscivano ad essere veramente spietate.
«Soltanto
relativamente» ammise lei «Ma sai bene quanto me che i
malevoli pettegolezzi dell’alta società sono messi in giro
solo perché ci sono schemi mentali prefissati».
«Però ci si
aspetta che anche lei segua questi “schemi prefissati”,
ojou-sama ♥» controbatté amabilmente Xerxes.
L’albino stava
cercando di farla ragionare e, soprattutto, farle perdere una volta per
tutte quella ingiusta ma ai suoi occhi palese attrazione che provava
nei suoi confronti.
Tuttavia, se da una parte
il compito del cavaliere era quello di far “trionfare” la
ragione sui sentimenti, dall’altra avrebbe voluto il contrario,
perché alla fine, per quanto avesse cercato di opporsi e di
evitare, aveva finito con l’innamorarsi a propria volta della sua
padrona.
In quel momento, mentre
erano lì, da soli in quella stanza senza nessun potenziale
spettatore, la parte più recondita di lui avrebbe desiderato
starle vicino, magari abbracciarla o addirittura baciarla, ma il suo
senso dell’onore, quello che gli avevano inculcato a suon di
punizioni - corporali e non - fin dalla tenera età, gli impediva
categoricamente di dar sfogo alle proprie emozioni.
Il suo compito, per quanto in realtà lo ritenesse ingrato, era solamente quello di farla ragionare ed evitare scandali.
«Quegli schemi sono perfettamente inutili.
Servono soltanto a dare alle donne qualcosa di cui parlare nelle
feste» mormorò Sharon, quindi si avvicinò a grandi
passi a lui, fermandoglisi dirimpetto e fissandolo intensamente
nell’occhio scoperto.
Quell’azione
durò per un lasso di tempo indefinito che a Xerxes in
verità parve infinito e al quale dovette porre fine prima che le
sue emozioni gli affiorassero in viso.
«Ho qualcosa sul volto, ojou-sama?» chiese lui in tono ilare, indietreggiando d’un paio di passi.
La ragazza percorse la
distanza che li separava tenendo gli occhi fissi nei suoi, senza
neppure sbattere le palpebre. Nemmeno lei avrebbe saputo dire con
certezza che cosa stava cercando nella sua espressione, eppure sentiva
che in essa avrebbe trovato delle tracce di qualcosa che poteva
rassomigliare all’amore.
Non sapeva perché, ma era così.
In quel loro infantile
indietreggiare e raggiungere, ad un certo punto Sharon incespicò
nell’orlo del vestito e cadde in avanti.
I riflessi di Xerxes furono
eccezionalmente rapidi: con un unico fluido movimento si piegò
in avanti e protese le braccia, cogliendo la fanciulla e stringendosela
istintivamente al petto per sostenerla.
Il tutto fu quasi
istantaneo, tant’è che l’albino si stupì non
poco di vedersi comparire i meravigliosi occhi rosa della giovane
Rainsworth a pochissimi centimetri dal viso.
Si squadrarono ad occhi sgranati per alcuni momenti, ambedue sorpresi della ristretta vicinanza.
«Faccia più attenzione quando cammina. Potrebbe essere pericoloso» riuscì a dire il cavaliere infine.
«Non finché ci
sei tu nei paraggi...» sussurrò con un fil di voce Sharon,
esitando un momento prima di alzarsi in punta di piedi per superare la
distanza che la separava dalla testa di lui.
Quest’ultimo l’aiutò d’istinto nel compito, chinandosi su di lei.
Prima di quanto ciascuno
dei due potesse immaginare le loro labbra entrarono in timido contatto,
per poi iniziare lentamente a ricercarsi con più enfasi, da un
lato una lady che cercava l’accettazione dei suoi sentimenti,
dall’altra un cavaliere che tentava di affogare le proprie vere
emozioni in un abisso nero in fondo all’anima, senza riuscirci.
Per Break quel bacio fu il
culmine di una lotta interiore che aveva strenuamente combattuto per
anni e che aveva visto sfidarsi la razionalità discendente dal
suo senso dell’onore ed i suoi sentimenti in quanto essere umano
- i quali sembrava avessero finalmente trionfato in maniera definitiva.
Quando si separarono,
Sharon si lasciò sfuggire un debole: «Ti amo e anche se
sei un cavaliere... non importa».
L’affermazione, pregna di romanticismo e melodramma, fu accolta da un silenzio carico di suspense.
«... dovrei dire “anch’io”, ojou-sama?» la prese in giro lui, spezzando l’incanto.
«Break...!» lo richiamò, indignata, mentre l’albino le sorrideva candido.
«Il nostro è soltanto amor profano, ojou-sama ~ ♥»
«Hai parlato al
plurale, quindi mi ami anche tu!» l’accusò Sharon,
provocando un attacco di risa in Xerxes.
«Potrebbe essere, ojou-sama ♪».
«Sei così infantile
quando fai così!» ribatté la Rainsworth, battendo
offesa un piede a terra. Faceva sempre così quando si sentiva
derisa.
«Suppongo sia anche per questo che mi amate, ne...?».
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