Sedeva alla luce di una candela, sulla scrivania, i capelli biondi che
iniziavano a ingrigire gli scendevano sul volto.
La fiammella gli illuminava a malapena il volto stanco e invecchiato
precocemente.
Si passo una mano sul viso.
Stanco
Solo questo aggettivo bastava a descriverlo.
La guerra, la paura che ormai era intrinseca in lui, la morte che ormai
quasi ogni giorno affrontava..
Era stanco.
Stanco di tutto questo.
Perchè tutto non poteva essere facile come ai tempi di
Hogwarts?
Perchè non poteva più semplicemente starsene su
un prato al sole guardando i suoi migliori amici che si divertivano?
I suoi migliori amici..
James.
James era morto ormai da più di vent'anni, ormai.
Vent'anni.
Una vita. La vita di Harry, che ormai era l'unica cosa cara che gli
rimanesse, l'unica cosa importante, da difendere.
Peter.
Peter, dannato, piccolo, stupido Peter, che aveva venduto il suo
migliore amico a Voldemort.
Per cosa, poi?
Per paura, per quella paura fottuta che ormai regnava ovunque.
E poi Sirius.
Sirius che aveva ritrovato dopo tredici anni e che aveva quasi
immediatamente perso.
E, combinazione, l'aveva perso per mano dell'unica donna che lui avesse
mai amato.
Bellatrix
Un sospirò gli fu strappato dalle labbra, al solo pensare
quel nome, quel nome che così bene esprimeva l'animo di chi
lo portava.
Bellatrix
La sua Bellatrix.
La sua guerriera.
Ricordava come fosse ieri quel pomeriggio.
Era l'imbrunire.
Lei sedeva su un muretto, ancora non era totalmente buio ma la si
poteva a malapena distinguere da lontano.
Si era avvicinato, lei aveva le gambe raccolte contro il seno, le
braccia a stringerle.
Era il loro ultimo anno ad Hogwarts.
Chi avrebbe potuto immaginare cosa sarebbe successo alla fine di
quell'anno?
Chi avrebbe potuto immaginare che tutto sarebbe precipitato
così, fino a distruggere tutte le loro vite?
Ricordava ancora il rumore dei suoi passi sull'erba, ancora poteva
descrivere con precisione il mezzo sorriso che lei gli aveva rivolto
quando lo aveva visto avvicinarsi.
Un morbido cappuccio le copriva la testa, lasciando libere solo alcune
lunghe ciocche corvine leggermente mosse dalla brezza estiva di
quell'estate che si preannunciava torrida.
"Ciao"
"Ciao"
Un timido sorriso.
"Che ci fai qui da sola?"
"Penso"
Ora avrebbe dato tutto ciò che possedeva per sapere a cosa
stava pensando quella sera Bellatrix.
Ma allora non gli era parso importante, niente era importante quando
c'era lei.
La sua Bellatrix.
Lei continuò a fissare il cielo che lentamente si tingeva
d'inchiostro, senza vederlo davvero.
Lui rimase in piedi, rapito, a guardarla.
Era così incredibilmente perfetta.
All'improvviso lei si voltò, e lo guardò con quei
suoi occhi, quei suoi incredibili occhi, che si tingevano di ametista,
che contenevano tutto ciò che di bello c'era nel mondo, che
potevano diventare una fredda cortina nera o un dolcissimo mare di pece.
Si perse.
Per un momento si perse in quegli occhi, quegli occhi dal taglio
obliquo, quegli occhi da gatta.
Bellatrix era così dannatamente simile a una gatta, nei suoi
atteggiamenti, nel suo carattere.
Era indipendente, gelida, indifferente. Ma anche così dolce,
così bisognosa di protezione, così innocente, a
suo modo.
A volte pensava che Bellatrix avrebbe potuto vendere l'anima per un
pò di affetto.
E in effetti probabilmente lo aveva fatto, aveva venduto la sua anima a
Voldemort per sentirsi protetta, al sicuro.
Ma allora questi pensieri non lo sfioravano nemmeno.
Allora riusciva solo a pensare a quanto era felice, con la sua fata,
con la sua gatta.
E lei parve leggergli nel pensiero.
Accennò un sorriso.
"Meow"
E lui non riuscì a fermarsi.
Incurante di tutte le altre persone che vorticavano lì
intorno, incurante del mondo, le afferrò il viso e la
baciò.
C'erano solo loro, c'erano solo le loro labbra che danzavano, c'erano
solo gli occhi di lei, prima spalancati per la sorpresa, poi socchiusi
e infine serrati, mano a mano che il bacio si faceva sempre
più coinvolgente.
Le loro lingue erano un turbinio, un fiume in piena.
Rimasero così a lungo, lei seduta, lui in piedi, chino ad
assaggiare il sapore di quelle labbra.
Infine lui la strinse a se, lei premette il capo contro il suo petto,
si lasciò cullare dal battito del suo cuore.
E tutto era dannatamente perfetto.
Come poteva essergli successo questo?
Quel bacio fu come l'inizio della fine.
Dopo quel bacio lei gli rivelò di essersi fatta Marchiare,
di essere una seguace del Signore Oscuro.
E lui fuggì, la lasciò lì seduta, non
fece nemmeno in tempo a vedere la lacrima che solcò il suo
viso diafano.
Fuggì e non volle più parlarle, si
sforzò di convincersi che era finita, che erano troppo
diversi, che non poteva stare con lei.
Cercò di dimenticare tutto, seppellì Bellatrix
sotto altre ragazze, altre ragazze in cui cercava di ritrovare un
pò di lei, inconsapevolmente.
E ora tutto era tornato.
Era bastata quella lettera e tutto gli era di nuovo crollato addosso.
Silente lo aveva nominato capo di una spedizione contro i Lestrange.
Bellatrix.
Ora avrebbe dovuto seppelire davvero Bellatrix.
Di colpo sollevò il capo dalla scrivania, udendo dei
rintocchi.
Mezzanotte.
Un'ora all'attacco.
Doveva radunare le truppe.
Un'ora dopo era nell'ingresso di Grimmauld Place, ammantato in un
grande mantello nero, che lo copriva quasi integralmente.
Spiegava gli ultimi dettagli di una strategia già provata e
riprovata.
Alzò lo sguardo, attese l'assenso del Comandante Silente.
Silente annuì.
Fu il primo a smaterializzarsi, con un sonoro CRACK.
Arrivo amore mio.
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