L'ultimo pezzo
La notte venne
attraversata da una rete di lampi scarlatti. I fuggitivi saettavano
davanti ai nostri occhi, rapidi ed animosi, ma i miei compagni davano
loro filo da torcere. Pur nascosto dalla maschera, non temevo
d’essere scoperto: per loro, ormai, era un rinnegato, un
traditore. Il traditore.
Reggevo la mia finzione con abilità, anche in quel momento.
Lanciavo incantesimi simulando l’intento di disarmare e uccidere,
mentre la mira sviava leggermente, quel tanto da far sì che si
potesse pensare solo ad uno scarto fortuito della vittima oppure ad un
colpo di vento che aveva sbilanciato la mano. Nessuno avrebbe
sospettato che, nonostante tutto, collaborassi ancora alla causa.
Perfino loro.
Braccavo Bill Weasley ed il suo Potter sul Theastral, quando una sagoma
impazzita mi tagliò la strada, schizzando via, tallonata da un
Mangiamorte. Malocchio Moody. Era chiaro come il sole che quello con
lui non poteva essere il vero Potter: sbraitava, si agitava, imprecava.
Chiunque avrebbe riconosciuto Mundungus Fletcher in quel ragazzo
atterrito, seduto sulla scopa davanti all’Auror.
Avrei ripreso l’inseguimento, se non fosse accaduto qualcosa. Una
manciata di secondi, pochi grani di sabbia in una clessidra. Il
Mangiamorte appena passato fu colpito da Moody, si fermò un
istante prima di levare il braccio. Fu in quel gesto rapido e
controllato che riconobbi Rabastan Lestrange.
Non udii una sola parola emergere dai fori della maschera.
Quell’uomo aveva fatto voto di silenzio anni addietro, alla morte
della moglie. Morte attribuita proprio ad Alastor Moody.
Il guizzo verde dell’Avada raggiunse la schiena
dell’avversario. Non ricordavo di averne mai veduto uno di simile
potenza.
Un fagotto informe precipitò nel vuoto, abbandonando una scopa a correre nel buio della notte.
Nella caduta, il groviglio di mago e cenci si lasciava dietro una scia
di oggetti, che parevano distaccarsi come foglie autunnali
dall’albero.
Lestrange veniva subito dietro, seguitando a lanciare incantesimi
contro i bislacchi averi che gli si facevano in contro nella discesa.
Io seguivo poco più in là, ipnotizzato ed inorridito.
Come poteva essere accaduto? Era surreale. Proprio lui, che tanto
motteggiava di mantenere alti i livelli d’attenzione, ecco che
pagava lo scotto di una singola distrazione.
Sarebbe successo anche a me? Anch’io, dopo tutto, stavo
rischiando grosso, insistendo nel mantenere la mia copertura fra gli
adepti dell’Oscuro Signore dopo la morte di Silente. Un attimo.
Una scheggia di luce. Tutto che si spegne.
Una volta a terra, rimasi in disparte, osservando Lestrange avvicinarsi
al cadavere. Eravamo talmente prossimi alla città, che dentro di
me emerse la speranza che l’avvicinarsi improvviso di qualche
Babbano lo distraesse quel tanto da chiudere lì la vicenda.
Invece no. Le luci delle strade ritagliarono ombre mostruose sul volto
segnato dalla prigionia, che apparve quando gettò la maschera.
Avrebbe guardato in faccia l’uomo che riteneva responsabile della
morte della sua donna. In qualche modo lo capivo. Io stesso lo facevo
ogni volta che incontravo il Maestro.
Aloni improvvisi di malefici si sparsero nell’aria, illuminando
sagome scure tra i magri fili d’erba. Uno Spioscopio che pulsava
impazzito, tutto sbilenco sul suo piede d’appoggio, venne
sbriciolato come un biscotto troppo secco. Della gamba di legno, rimase
solo qualche malinconico dito della zampa di leone con cui terminava.
Strani occhiali multilente andarono a far compagnia alle prime gocce di
rugiada. Dalla bottiglia che portava con sé colava un rivolo di
liquido, simile ad una lunga lacrima.
Mi rifiutai d’assistere all’accanimento inutile e furibondo
del Mangiamorte sui resti già mutilati di Alastor. Ad ogni
bagliore, una parte di lui svaniva.
Era come se, evitando di guardare quella scena di morte, dolore, amore
e odio, stessi involontariamente cercando di esorcizzare il timore
della mia stessa fine. Morire da sciocco e sparire letteralmente dal
mondo, sotto i colpi di un nemico accecato da chissà quale
arcano intento. Essere cancellato. Annientato. Aver fallito la mia
missione allo stesso modo di come l’aveva fallita Moody.
Trascorso un oceano di tempo, la furia di Lestrange
s’acquietò. Ansimava, il capo chino sullo spiazzo bruciato
dal sortilegi. Riteneva compiuta la sua vendetta.
Mi riscossi, vedendolo puntare la bacchetta per l’ultima volta.
Era il momento di tornare a vestire i panni del Mangiamorte. Battei le
mani, lusinghiero, e gli andai vicino, raccogliendo da terra
l’occhio magico che vorticava impazzito, ormai privo
dell’orbita.
«Lo porterò al Signore Oscuro, come segno tangibile del tuo eccellente operato» dissi.
Lui tacque, la mascella contratta sotto la barba di qualche giorno. Nei
suoi occhi brillava riflesso l’ultimo memento di Alastor, quello
che io tenevo stretto nella mano. L’ultimo pezzo.
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