Il gruppo degli sterminatori di
demoni si fermò a trascorrere la notte in un villaggio. Misero
due uomini a guardia del carro e, con mio stupore, vari altri a
controllare gli ingressi del paese, come se si sentissero sotto qualche
minaccia. Questo accorgimento era molto seccante per me e Onigumo,
perché ci complicava di molto il furto della sfera degli
Shikon. Tuttavia decidemmo di provarci lo stesso quella notte, visto che non potevamo continuare a
seguire gli sterminatori nel loro cammino senza destare sospetti.
“Vicino a questo villaggio c’è
una vasta area di monti e dirupi” disse Onigumo “Se
anche fossimo inseguiti sarebbe pressoché impossibile trovarci là”
Decidemmo così di tentare un
assalto violento e improvviso: gli sterminatori erano tutti impegnati a
proteggere la sfera, ma non avevano messo la stessa cura nel controllare le loro armi, così fu facile per noi rubare alcuni dei loro
esplosivi. Quando l’oscurità calò sul villaggio, ci
avvicinammo furtivamente al carro dove era custodita la sfera; le due guardie
erano molto tese, ma sembravano preoccupate da qualcosa, perché lanciavano
continui e nervosi sguardi ai boschi che circondavano il paesino. Ma a me la cosa non interessava, l’importante era che non
badassero a noi. Ad un mio cenno, Onigumo accese la
miccia di un ordigno e la lanciò contro il carro, e lo stesso
feci io. L’esplosione fu tremenda, dilaniò le due guardie, colte di
sorpresa, e squarciò il carro. Gli altri sterminatori accorsero, ma non
abbastanza in fretta da impedirci di balzare fra i resti del carro, rubare la
sfera e darci alla fuga. Dopo l’iniziale stordimento gli
uomini iniziarono ad inseguirci, ma avevamo dalla nostra il buio, un buon
vantaggio iniziale e la nostra abilità di briganti nel nasconderci nelle
foreste. Per farla breve, dopo qualche ora riuscimmo a far perdere le nostre
tracce, e raggiungemmo i monti. Qui ci rilassammo e, dopo esserci complimentati
a vicenda per la bravura, demmo un’occhiata alla
nostra preda: la sfera era di certo un oggetto particolare, si vedeva da come
brillava, ma anche tenendola fra le mani non ci sentivamo più forti, né altro.
“Come si usa questa cosa?” dissi.
Onigumo
non fece in tempo a rispondere: all’improvviso sentimmo un rumore come se tutte
le fronde degli alberi intorno a noi si fossero mosse all’unisono, e insieme ad esso un forte e strano sibilo, da far accapponare la
pelle. Intimoriti, ci guardammo intorno, ma non vedevamo nessuno. Intanto, ogni
suono era cessato. Ma proprio mentre stavamo per tranquillizzarci, ecco che i ramo sopra di noi si ruppero con uno schianto, e dall’alto
ci piombò vicinissimo un ragno gigantesco, grande almeno quanto questa stanza.
Ma oltre alle dimensioni anche un’altra cosa ci riempì di terrore, e cioè che quell’essere mostruoso
aveva un volto di uomo, un volto orribile, scuro, con grandi occhi rossi e
denti acuminati. Un demone.
Io e Onigumo
eravamo bloccati, paralizzati dalla paura. E quella
creatura infernale ci parlò, con una voce che ancora oggi mi risuona
nella mente:
“Datemi... la sfera... degli Shikon”