SCAPPA.

di __WeatherlyGirl
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‘Ho voglia di scappare, di andare dall’altra parte del mondo e forse non tornare mai più. Non so neanche il motivo, lo potevo intuire da cosa mi dice il mio cuore: questo posto non mi appartiene. L’ho capito da quando un sentimento di estraneità si è insinuato nel mio cuore e nella mia mente.’ Stava rileggendo i suoi diari, frasi spezzate di una lingua giovanile, scritte veloci e disordinate su pezzi di carta a righe. Alcune cose non valevano più. Altre sì. Qualcosa, dentro di lei era rimasto, un’essenza della sua adolescenza che le aveva permesso di essere quello che era: una donna normale. Probabilmente lei non ci credeva. Era sempre stata convinta che qualcosa in lei fosse sbagliato, terribilmente sbagliato. Ma cosa poteva farci? Si era probabilmente arresa, ad un certo punto, a correggere i propri errori, ad essere così intransigente verso se stessa. Era confusa. In un certo momento, qualche sera prima, senza preavviso, le era tornata la voglia più consumante del mondo, la più terribile che le potesse venire: aveva bisogno di scrivere. Lasciar correre le proprie dita sulla tastiera, fermandosi solo agli spazi e per cancellare. Era come il desiderio di volare via, quello di guidare per ore, girare per la città senza meta, ma il suo era concettualmente diverso. La realtà la spaventava. La città la metteva in soggezione. Non aveva l’auto. Era sera. 

Si fermò a rileggere velocemente le ultime parole che aveva scritto e poi riprese scrivendo tutta la verità su se stessa, gli ultimi avvenimenti, a volte senza contestualizzarli. Scriveva così, come meccanicamente, guidata dall’esperienza e dal suo cuore. Anche in quel momento, come molti anni prima, sentiva il desiderio di scappare. Ma questa volta scappare significava lasciare una volta per tutte la realtà. Lasciare il mondo. Non era certamente la prima volta che le capitava, aveva già provato il desiderio di farlo, ma questa volta non era determinata. Non aveva voglia di progettare tutto. Voleva che accadesse, così; velocemente senza soffrire. Soltanto vedere cosa avrebbero detto ‘gli altri’ di lei. Della sua morte.

Ma chi erano ‘gli altri’? si chiese, forse erano i suoi amici, le persone più vicine a lei, o forse addirittura i suoi parenti, coloro che lei aveva cominciato a tenere lontani il più possibile. Invadevano i suoi spazi.

Solo una categoria di persone non li invadeva: gli scrittori. Loro avevano libero accesso alla sua mente ed ai suoi pensieri, ai suoi sentimenti più intimi. Potevano scatenare terribili lotte interiori, e lei non se ne curava. Era il loro mestiere, dovevano farlo. Chiuse gli occhi per pensare a cosa scrivere dopo. Niente. Aspettava solo che qualcuno scrivesse un libro. Una vera storia per poterla raccontare a modo suo. D’altronde cosa faceva? Questo, raccontava vicende con la sua interpretazione. L’aveva sempre fatto. Ma alla gente non piaceva. Alla gente le cose originali non piacciono.





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