Originariamente pensata per il bando
“Ricorsivo” di eoni fa (che poi nemmeno mi
capitò: il mio fu
“Stagionale”, che mi portò a scrivere
Stasi Stagionale... eoni
fa, appunto); riesumata per il prompt “Tre
personaggi” di
settimana scorsa @ COW-T e irrobustita da “Neve”
sulla cara
BDT... infine scritta questa settimana per il prompt
“Montagna”.
Questo giro di pulizie primaverili si fa complesso XD
Ciò detto... boh, a me questa piace tanto.
Spero di non aver trucidato l'idea originaria nel metterla per
iscritto.
Ragioni della neve
Temperate
Nell'Era, Atrus cercava gli alberi.
Sul piano di lavoro dello studio,
raccolti a semicerchio attorno alla mole imponente del Libro
Descrittivo aperto, giacevano strumenti e appunti relativi al
progetto, intervallati da tazze vuote e da una ancora fumante, carica
di spezie. E Atrus cercava gli alberi. Le righe si susseguivano
ordinate sulle pagine, con ogni 'parola grande' – ogni pietra
angolare dell'idea che stava costruendo – accompagnata da uno
stuolo di frasi che la complementassero, dettagliate quanto possibile
nella loro forma semplice. Grammatica e logica erano gli archi del
suo sestante; stabilita la rotta, col cuore navigava a vista.
Scriveva ogni grumo del terreno per i
semi che immaginava riposare nelle sue profondità. Quando
socchiudeva gli occhi, poteva vederli gettare le prime radici. Aveva
lasciato uno spazio, nella rilegatura del volume, per la prima foglia
che avesse trovato caduta in terra.
Le montagne lo portavano nel palmo. Il
punto di collegamento si rivelò essere un altopiano
circondato da
monti aguzzi e grigi, incastonati fra una terra scura e un cielo
carico di nuvole.
Si aspettava l'odore di resina e lo
inspirò a pieni polmoni, un frammento di
continuità con l'aria di
Myst che aveva appena lasciato.
Si aspettava il freddo e si
coprì di conseguenza, frugando in cerca di una sciarpa nella
sacca
che portava a tracolla. Avendo descritto i moti di rotazione e
rivoluzione, dall'ora del tramonto sarebbe stato forse in grado di
dare un nome alla stagione in cui era capitato, ma sapeva che, se
appena le nuvole avessero lasciato uno squarcio, ben prima di
terminare quei calcoli sarebbe stato distratto dalle forme infinite
delle stelle di un cielo nuovo. Si disse di essere in un
“inverno”,
pronto a corregersi al sopraggiungere di prove empiriche.
Non aveva pensato che i semi
che aveva cullato con la fantasia potessero appartenere a un passato
lontano e si snodassero ora in tronchi secolari che non sarebbe
riuscito ad abbracciare per intero nemmeno con l'aiuto di Catherine e
dei bambini. Una delle loro piccole foglie appuntite avrebbe fatto
una magra figura da sola in centro al volume: ne prese quattro,
disponendole già fra le pagine del diario in un disegno che
gli
parve grazioso.
“Un bosco in montagna”,
annotò deliziato.
Il fiocco che cadde
sull'inchiostro ancora fresco dei suoi appunti lo colse di sorpresa.
Il cielo grigio si era fatto scintillante di neve: si
rannicchiò
sotto un groviglio fitto di rami a guardarla cadere.
Voleva vedere le montagne.
Sentirne la roccia sotto le mani, girarsi e vedere quegli alberi (che
esitava a chiamare i 'suoi' – anche se, si disse, pure un
sentimento di amicizia può portare a un uso innocente di
tale
aggettivo) stendersi in un'unica macchia verde sull'altopiano.
Atrus si chinò a
raccogliere una manciata di neve. Se la rigirò fra le mani
fino a
che divenne una palla compatta; la lanciò in aria un paio di
volte,
lieto per quella compagnia insolita alle sue esplorazioni, e si
inoltrò nel bosco, confondendosi presto nella foschia.
Non vide la fessura che si
apriva sul terreno alle sue spalle.
Restehl
Nell'Era, Catherine cercava
se stessa.
Seduta a gambe raccolte sul
divano, con lo sguardo perso nella fiamma di una candela, sentiva le
parole formarsi dentro di sé in una sequenza univoca, come
un gioco
a incastri, ed era svelta a fissarle sul quaderno che reggeva in
grembo. Filava e tesseva le sue parole: c'era un'immagine lontana,
sepolta in lei, la cui realtà si scomponeva in fibre sottili
che
Catherine coglieva, torceva e ricomponeva in frasi fino a ordirle in
punta di penna.
Il sole era alto su Tomahna
quando aveva iniziato, sentendo la spinta di frammenti appuntiti che
fluttuavano verso una superficie, e la attendevano altri lunghi
pomeriggi di silenzio prima di venire a capo dell'intreccio in cui i
suoi fili di lettere si stavano disponendo. In seguito, sedere a una
scrivania e ricopiare il quaderno sulla giusta carta, con il giusto
inchiostro, avrebbe costituito il punto di partenza
dell'osservazione: avrebbe corretto la grafia, riscritto i punti
dubbi, confrontato il suo testo con le regole basilari che le aveva
tramandato Anna – per poi ignorarle del tutto, ma per scelta
cosciente.
La vera conoscenza, però,
sarebbe giunta solo appoggiando per la prima volta la mano sul
pannello di collegamento.
I suoi stivali sprofondarono
fino alle ginocchia in un terreno friabile. L'aria era pesante, non
per effetto della gravità, ma per la composizione propria
dell'atmosfera. Vi riconobbe l'oppressione che la inseguiva nel sonno
e nella veglia, che aveva iniziato a chiamare compagna. Qui, avrebbe
potuto recitarne la chimica; lo prese come augurio di riuscire a fare
lo stesso con quella che si portava dentro, un giorno.
Aprì gli occhi contro un
sole fioco e calante. Il Libro l'aveva portata sul crinale di una
montagna, i cui versanti si disperdevano in uno strato di nuvole
ambrate. Un picco s'innalzava in lontananza di fronte a lei, coronato
da una manciata di vette minori, mentre il punto di collegamento si
poneva sulla dorsale esatta della catena montuosa, che proseguiva
dritta in piano separando due valli ignote. Si sentiva in cima al
mondo, e pronta a cadere.
Il paesaggio era
uniformemente candido sotto il cielo giallo, che da una
tonalità
paglierina stava cedendo il passo ai colori bruni della sera.
Catherine si chinò per saggiare il terreno e lo
scoprì composto di
cristalli di ghiaccio. Non era neve come la conosceva: friabile al
tatto, sembrava una distesa infinita e leggera di sale, ogni grano
ben distinto dai suoi vicini. Si sedette, tenendo una manciata di
cristalli sul palmo aperto per studiarli meglio. Non notò
che quelli
che le erano caduti di mano nel raccoglierli erano rimasti a
fluttuare dolcemente a mezz'aria, appena smossi da un filo di brezza.
Quando in mano non le restò che qualche goccia d'acqua, e
tornò ad
alzare lo sguardo strizzando gli occhi per abituarsi alla luce
morente, aveva preso a nevicare fitto, ma il cielo era limpido e
punteggiato di stelle. I cristalli si sollevavano dal terreno attorno
a lei, sembravano sciami attorno alle cime più lontane,
bucavano le
nuvole in un lento moto verso gli strati più alti
dell'atmosfera.
Catherine si alzò, protendendo una mano a coppa col palmo
rivolto
verso il basso per sentire come il ghiaccio galleggiasse nell'aria
pesante. Camminò a lungo sul crinale, avvolta dall'incanto
di quella
neve al contrario.
“Sempre spaccata. La
superficie è fragile. Ciò che perdo
cadrà come pioggia”, scrisse
quella sera.
Non poteva vedere la fessura
che si era aperta nell'aria, sotto lo strato di nubi.
Eer
Nell'Era,
Yeesha cercava una prova, un trofeo, una direzione.
Studiava
sdraiata in terra, sul terriccio soffice di un'Era senza nome
– se
ne possedeva uno, nella lingua delle creature, non le era stato
comunicato o non l'aveva appreso, e la parlata intima dei mondi le
era ancora preclusa.
Vedeva
tracciati sulla pagina bianca gli schemi di pietra impartiti da
Calam; vedeva le parole che avrebbero dovuto riempirli; le seguiva
con il dito come se tutto fosse già tracciato, come se la
logica
D'ni non lasciasse scampo già dopo la prima parola scritta,
dettando
i legami di tutte quelle che l'avrebbero seguita; sentiva sulla pelle
ogni costrizione al pari di una gabbia di cavi metallici. In un
frullo d'ali tutto si disfaceva sotto le sue mani, lasciando
strutture in rovina a fare da gradini verso l'ignoto.
Scriveva
rabbiosa, rapida, trascinando i periodi nella sua corsa senza fiato e
nel prenderli con sé li caricava di nuove dimensioni, altre
valenze,
e riprendeva e andava oltre, più a fondo, inseguiva se
stessa,
seguiva le creature che la portavano oltre il foglio, oltre le
parole. Pianse la prima volta in cui infranse uno dei principi di
coerenza di suo padre. Ricordava le parole sue e quelle di sua madre.
Ricordava tutte le loro parole – le prendeva a manciate e le
plasmava, le ripeteva in cascate circolari. Vedeva gli schemi di luce
tracciati oltre il foglio: sapeva dove tessere e dove strappare. Il
Tutto si dispiegava di fronte a lei.
I suoi
piedi nudi toccarono ghiaccio. Quel mondo era spoglio e buio, ma
sentiva le montagne crescere ai suoi fianchi. Le loro vette si
perdevano nella notte, ma sopra la sua testa, a spaccare in due la
volta celeste, si apriva maestosa la Fessura Stellata con il suo blu
infinito e il baluginio di tutte le Ere. Dal centro del cielo
nevicava, e sembrava che nevicassero stelle, e l'aria che soffiava
era diversa, carica di profumi ignoti a quell'Era brulla: sapeva di
resina e foglie marcite. Cadevano fiocchi grandi, che Yeesha
sentì
scorrere sul volto come il tocco di chi non avrebbe più
accarezzato
la sua bambina con le sue mani gentili, e altri più eterei,
cauti
nello scendere a terra, frammenti di ghiaccio che ignoravano l'ordine
imposto dalla gravità. C'era riuscita. Scoppiò in
un pianto
disperato.
Si
sciolse i capelli, lasciando cadere le lunghe ciocche rossastre
libere sulla schiena; disfece i lacci del mantello imbottito, che
scivolò a terra. Tremava.
“Padre”,
urlò al cielo quando i brividi l'ebbero costretta china
sulla
superficie ghiacciata. “Madre.” Allungò
una mano verso un fiocco
fermo in aria di fronte a lei, sciogliendolo nello stringerlo a
sé.
“Sono sempre lontana...”
Accompagnamento
musicale by Loreena McKennitt – Tori Amos –
Björk, in rigoroso
ordine di WTF. Le trovo molto adatte ai rispettivi tre. Note:
@
Temperate: 'aggettivo semplice' o 'sostantivo semplice' sono le
scelte più frequenti di Atrus per le sue Ere, cfr.
Mechanical,
Selenitic, Oasis, Gravitation, Rime ecc. La immagino Scritta nei
primi anni su Myst, quelli più sereni prima delle varie
tragggedie.
@
Restehl: Catherine, invece, mi dà l'impressione di prendere
una
parola in una lingua che conosce e modificarla un po', a gusto suo o
secondo prefissi e suffissi di un'altra lingua – cfr. Myst e
Serenia, e chissà poi che vuol dire Tay. La immagino Scritta
a
Tomahna,
dopo Revelation e forse perfino dopo la partenza di Yeesha.
La sua neve galleggia perché ghiacciando del tutto diventa
più leggera dell'aria... che credo sia una cosa
possibile. Specie se uno è Catherine.
@ Eer:
nome a scazzo in D'ni per un'Era-sfogo di Yeesha, di cui altrimenti
conosciamo solo 'Relto' che pure dovrebbe essere una parola D'ni.
'Eer' è la benda e le serviva a mettere una pezza a una
botta di
nostalgia per i genitori. Le persone normali guardano vecchie foto,
qualcuno arriva
magari a scrivere o a tirar su il telefono, lei è lei e
arriva a
misure un po' più drastiche (FARSI VIVA? GIAMMAI)... la
immagino
Scritta post-Calam, in una specie di periodo di apprendistato dai
Chozo Bahro.
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