Ancora.

di AlexBlack
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Ancora.


Sposto un masso, alzo una trave, mi asciugo la fronte imperlata di sudore.
Una mano, un corpo, una vita da salvare.
Urlo, richiamo i miei compagni; i loro passi rimbombano veloci nelle gallerie che abbiamo creato sotto le macerie. In un attimo sono qui: sappiamo i passaggi a memoria, siamo qua tutto il giorno.
Spostiamo un masso, un altro.
Alziamo una trave, un’altra.
Ci asciughiamo la fronte, ancora.

Tastiamo il polso, guardiamo gli occhi.
Tutto fermo, tutto spento.
Ed è in questi casi che ti chiedi come sarebbe stato se fossimo arrivati prima.
Un’altra vita, un altro sorriso. Andati, persi.
La vita da pompiere è tutta al condizionale.

Se.

Ce ne sono troppi.

Se.

Mi invadono.

Se.

Dovevo arrivare prima.

Se.

Siamo noi.
Una pacca sulla spalla, un paio di occhi velati di lacrime, un ‘sarà per la prossima’ flebilmente sussurrato: è ora di tornare al lavoro, è ora di lasciarsi indietro tutto.
Ed ogni minuto che passa, tutto si ripete, monotono.
Un altro, un'altra, ancora.

È ora.
È ora di fare il tuo mestiere.
È ora rischiare la tua vita per un’altra.
È ora di tornare ad avere quel peso ‘se’ sulle spalle.
Semplicemente, è ora di tornare a sperare.


For Japan.




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