Camlann

di ailinon
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OMBRA E LUCE

CAMLANN

 

Sulla piana era sceso silenzio, dopo il gran clangore della battaglia. Ora tutto taceva, tranne il vento che scuoteva i pochi vessilli rimasti infissi nel terreno, con un suono lugubre.

Il sole stava calando all’orizzonte, tingendo di rosso il terreno ricoperto di morti.

La battaglia era finita senza vincitori né vinti ma solo in un massacro senza senso. La migliore cavalleria del regno si era spaccata su due fronti, per poi combattere fino alla morte. Gawain, Agravain, Gaheris, Estor… Tutti morti.

Resistevano, sulla piana, solo i due cagione della guerra. Re Artù e suo figlio, ser Mordred.

I due si fronteggiavano in silenzio. Le armi in mano, come estensione del loro braccio.

Ser Mordred teneva ancora la sua spada levata in alto, contro il padre che mai l’aveva riconosciuto.

Artù, con quel che ne restava della sua lancia.

Fu un attimo; il soffio di un tempo immortale. La spada fendette l’aria e si abbatté sul capo del re, mentre la lancia di Artù penetrò le viscere del figlio.

Lo stesso sangue macchiò le mani del padre e del figlio.

Stringendo i denti, Artù affondò l’arma nel ventre di Mordred tanto da trapassarlo da parte a parte, in una folle parodia di un abbraccio.

Mordred avvicinò la guancia a quella del padre e disse: «Finalmente un abbraccio, padre…» sibilò, in un sorriso di dolore.

 «Era il tempo, figlio mio» rispose Artù, cingendogli le spalle, per sostenerlo.

Le lacrime che si mischiavano al sangue che gli ricopriva un lato del viso, incrostandosi nella sua barba.

 «Finalmente con te… Anche se solo nella morte, padre…» sussurrò il giovane Mordred, abbandonandosi contro il torace del re.

Artù sorrise debolmente, mentre gli occhi gli si chiudevano.

«Si, figlio mio… ti seguirò fin dove vorrai…»

I due uomini rimasero immobili, come due profili neri nel tramonto rosso.

Infine giacquero, cadendo sul terreno, inerti, mentre il vento scuoteva la terra,

e la bandiera del drago, garriva morendo.

La morte era con loro.

***

Sulla piana il vento scuoteva gli ultimi brandelli dei vessilli strappati.

Non un’anima si muoveva dal silenzio di quel campo, se non le ali dei corvi che divoravano le carcasse di quelli che un tempo erano i migliori cavalieri di Bretagna.

Solo due cavalieri restavano seduti, in quel immenso prato vicino al mare.

Il vecchio re Artù giaceva tra le braccia del suo più fidato cavaliere.

Ser Bedivere tentava di tamponargli la ferita sanguinante dalla fronte, dove il figlio l’aveva colpito con la spada.

Ma era chiaro che la ferita era molto grave, e Bedivere non aveva più la forza per trascinare il re, in cerca di aiuto.

I due parlavano…

 





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