Le giornate ad Hogwarts
era pervase da una calma apparente e un insano allarmismo in quel periodo, in
contrasto con in giorni chiari, dal cielo terso, che si susseguivano lentamente,
come su nulla fosse mai destinato a succedere.
Eppure, succedevano cosa. Giorno dopo giorno un numero sempre maggiore di studenti
scrutava ansioso la prima pagina della Gazzetta del Profeta, ogni minimo accenno
ai Mangiamorte era ritenuto segno che la fine era vicina, e ogni omicidio compiuto
rendeva l’incubo più reale.
Le lezioni procedevano come sempre, niente apparentemente era cambiato, eppure
quando la nostra mente vagava altrove, cullata dalla voce monotona del professor
Ruf, sempre più spesso si fermava là, in quel limbo oscuro di
teschi e serpenti che sapeva di Morte e Paura.
Tutti sapevano, nessuno parlava.
E alle volte succedeva. Non solo sui giornali, non solo in posti lontani, ma
qui, in mezzo a noi.
I bagagli vicino all’entrata.
Quell’inusuale trambusto lungo i corridoi, quel viavai di studenti e professori
verso l’uscita annunciava che le vittime non erano solo i morti: e un
altro studente, per paura o per lutto, stava lasciando la scuola. Qualcun altro
era stato colpito, il terrore si diffondeva, strisciando come un serpente, e
già nelle aule si potevano incontrare i Mostri di domani… le Vittime
del presente… Gli Eroi del futuro.
Eppure, il sole continua a sorgere, eppure Hogwarts è ancora qua, troppo
reale, troppo intoccabile perché il pericolo riesca a giungere alle orecchie
di tutti.
Fingere di non sapere.
Scoprire.
Morire.
Vivere.
Sala comune dei Grifondoro.
La porta si apre cigolando, ma alle volte non è necessario alzare gli
occhi per vedere.
<< Ehi Remus…
>>, esordì un ragazzo magro e occhialuto verso l’amico seduto
su una poltrona scarlatta, con un enorme libro in mano.
<< No James, non
ti faccio copiare Difesa contro le Arti Oscure. >>, borbottò lui
in tutta risposta
<< Ehhh? Ma che dici,
quello l’ho già copiata da Bert…Cioè, l’ho già
fatta! Volevo chiederti un’altra cosa… >>
<< No, non ho ancora fatto Aritmazia, e… No, non credo che Lily
Evans uscirà con te in un futuro poco prossimo. >>, disse lapidario
Lupin.
<< Ah. >>
<< Piuttosto…
>>
Alle volte la porta si
apre cigolando, alle volte sbatte rumorosamente, alle volte resta chiusa. Per
sempre.
Sirius Black fece irruzione nella sala con la solita noncuranza, e se avesse
potuto state certi che avrebbe sfondato la porta, a spese della povera Signora
Grassa.
<< Prongs! Moony!
Avete letto…? >>, esclamò animatamente
Lo sguardo di James si
incupì. Remus alzò immediatamente lo sguardo dal libro, pur rimanendo
sulla poltrona davanti al camino spento dove stava.
<< E’ morto…
qualcuno? >>, disse in un soffio.
<< No, non ancora…Ma
è stato visto il marchio nero ad Hogsmade. >>
James trasalì, Remus
spalancò gli occhi, e per poco non gli cadde il libro.
<< Non è possibile!
Se c’è quel marchio vuol dire che in qualche modo, qualcuno…
>>, il ragazzo con gli occhiali parlò tutto d’un fiato, prima
che la voce gli morisse all’ultima parola: non voleva dirlo.
<< Non hanno trovato
nessuno. >>, sentenziò Sirius.
<< Mentono! Non è
possibile che quel marchio sia lì senza che sia successo niente, non
è possibile! E se non è ancora successo, presto o… >>
<< Sono vicini. -
mormorò Remus interrompendolo. – E’ una minaccia, o un segnale,
un avvertimento. Hogwarts è protetta ma loro sono qui. Sono ovunque.
>>
James lanciò un’occhiata
a Sirius.
<< Già, mi
chiedo se i miei genitori… >>
<< Lo sapresti, Sirius.
>>
<< No che non lo
saprei! Ormai sono… fuori. Non faccio più parte della famiglia,
e comunque non lo direbbero a uno sporco traditore del suo sangue frequentatore
di sudici ibridi e mezzobabbani…! >>, concluse il ragazzo con un
sorriso amaro, ma sempre divertito. Amava particolarmente quella definizione,
e usava dirla spesso con orgoglio, soprattutto davanti a qualche serpentesco
parente.
<< Beh, è
quello che volevi, no? >>, replicò James serio.
<< Prongs, cazzo,
certo che è quel che volevo! Ma che vuol dire, se quei bastardi fanno
qualcosa, qualunque cosa, ci vado in mezzo anche io e… e anche…
>>, sbuffò improvvisamente irritato, e si zittì prima di
dire qualcosa che potesse compromettere la sua dignità.
<< Adesso dateci
un taglio e state calmi. Vi ricordo che non possiamo fare niente. >>,
sentenziò Remus.
<< Già, non
possiamo fare niente. >>, assentì James spazientito, andandosi
a sedere su una poltrona vicina a quella dell’amico.
<< E’ frustrante.
>>, acconsentì Sirius.
<< Ehi, ma Peter
lo sa? >>, chiese a sorpresa Remus
<< Peter? E che gli
importa, tanto la sua famiglia è purosangue. Non si interessa mai di
queste cose, poi, lo sapete. >>, ghignò Sirius.
<< Mah, secondo me
andrebbe comunque informato, in fondo siamo suoi amici. >>
<< Già, i
suoi unici amici. >>, affermò James distrattamente.
<< Beh, adesso non
esageriamo… >>
<< Insomma, non prendiamoci
in giro, Moony! Tutti odiano Peter Minus, tutti detestano quel suo modo di fare
arrogante e saccente, come se fosse chissà chi! E per di più in
realtà alle volte è un gran fifone! Pensa che a Pozioni…
>>
<< Ma non è
mai fuggito alla stamberga strillante, o davanti al Platano Picchiatore. >>,
disse Remus semplicemente.
<< Io non credo che
Peter sia cattivo, o cos’altro, però non vi è mai capitato
di pensare che stesse con noi solo per… Oh insomma è una stronzata
da dire però… >>
<< Vuoi chiamarla
“fama riflessa”? >>
<< Beh, sì,
è quel che volevo dire. Pensaci, nonostante si lamenti sempre ci segue
ogni volta fuori da scuola, cerca di ingraziarsi i professori ma di certo non
si lamenta quando io o Sirius facciamo qualche stupidaggine, ci segue sempre
e comunque, ma lui non è così, non è mai stato un vero
“malandrino” e non lo sarà mai, credo. >>
<< Beh, è
pur sempre nostro amico, Prongs. >>, gli disse Sirius.
<< Non volevo metterlo
in dubbio… >>
<< Secondo me, è
semplicemente diverso. Peter è timido, e può darsi che si sia
avvicinato a… tutti noi per quel che dite, ma secondo me se non si è
mai tirato indietro il motivo un altro. Forse non è un “vero”
malandrino, ma se vorrebbe esserlo… Che c’è di male? E chi
siamo noi per giudicare? >>
Cadde un pesante silenzio
sui tre ragazzi. Sirius, che fino a quel momento aveva ostinatamente guardato
per terra, sollevò appena lo sguardo verso Remus, che però era
ritornato apparentemente al suo libro, anche se i suoi occhi erano fissi su
un punto, e non accennavano a scorrere la pagina.
James Tamburellava nervosamente le dita sul sedile della sua poltrona, fissando
molto interessato i piedi di Sirius, che stava in piedi di fianco a lui. Si
scambiarono tutti e tre un’occhiata significativa.
<< Effettivamente
ho detto delle cose assurde… >>, esordì James per rompere
il silenzio.
<< Non è corretto:
sei stato un gran bastardo, ecco! >>
<< Ah, parli proprio
tu, Padfoot?! Devo forse ricordarti quella volta che c’era Evans vicino
a noi e tu… >>
<< Stop, stop! Come
stronzaggine non c’è nessuno pari a voi due, quindi buoni. E poi
spiegatemi perché devo essere sempre io a riprendervi, mica sono la vostra
balia… >>
<< Scusa mamma…
>>, borbottò Sirius.
In tutta risposta Remus
gli affibbiò un calcio negli stinchi. Notevole, tenendo conto che non
si era mosso dalla poltrona.
<< Dannato lupastro,
ti ci metti pure tu?! Oggi quella troia della McKenzie mi ha riempito di botte
perché le ho dato un bidone… >>
<< Soffri in silenzio,
sto leggendo. >>
<< Sì, sì,
tolgo il disturbo… Prongs, andiamo a vedere dov’è Peter.
>>
<< Eeeh? Da quand’è
che ti interessa dove sta quando non ti ronza intorno? >>, esclamò
James divertito.
<< E piantala. >>
<< Ehi Moony, Padfoot
si sente in colpa! >>, riprese a gran voce
<< Non-mi-sento-in-colpa!
>>, ringhiò Sirius in tutta risposta, cercando di colpirlo.
<< A cuccia, cagnaccio!
>>
<< Ma voi non stavate
scendendo in sala grande? >>
><< Sì sì,
andiamo! Ciao Moony, a dopo! >>, detto questo, James trascinò un
incazzatissimo Sirius fuori dalla sala, lasciando un sorridente Remus ai suoi
libri
Quando uscirono, né
James né Sirius si accorsero che la porta non era chiusa, ma solo accostata.
Non si accorsero che i quadri, invece di sonnecchiare alle pareti, erano svegli
e vigili, come se un gran trambusto fosse già venuto e andato.
Non si accorsero dell’affrettato rumore di passi che ancora rimbombava
mentre scendevano le scale, come non si erano accorti che qualcuno aveva aperto
quella porta proprio nel bel mezzo della loro discussione.
James Potter e Sirius Black
scendevano ridendo le scale, incuranti in quel momento del futuro, dei Mangiamorte
e di qualsiasi altra cosa: quale forza del destino avrebbe mai potuto dividerli?
Si sentivano forti, si sentivano uniti e al sicuro. Stavano bene, e nonostante
tutto erano esattamente, egoisticamente e stupidamente felici.
Ma James Potter, Sirius
Black e Remus Lupin non sapevano cosa li attendeva.
Non sapevano che era già tutto deciso.
Non sapevano che Peter Minus aveva ascoltato tutto quel che si erano detti fino
al momento in cui il silenzio era caduto su di loro: per lui quello era il silenzio
del disgusto e dell’odio, il silenzio del tradimento e della vergogna.
Era scappato, fuggito per sempre, e non sarebbe tornato mai più.
James e Sirius non potevano sapere che Peter era sempre stato affascinato dal
potere, che la sua debolezza, la sua stoltezza gli sembravano svanire in compagnia
dei suoi… amici.
Con loro si sentiva in grado di dare il meglio.
Con loro si sentiva bene, prima di quel giorno.
Ma questo, non lo sapranno
mai.
E così lasciamo che cerchino Peter in sala comune, lasciamo che James
si faccia distrarre da una capigliatura infuocata, che Sirius si fermi a fare
l’occhiolino a una bionda Corvonero e che ridano, che scherzino questo
giorno, e il giorno dopo ancora, e sempre così, per molto altro tempo.
Non sapranno mai che la loro sorte era stata decisa quel giorno.
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