Contest 1
Autore: Darkshin
Fanart: numero 16
Canzone: The Calling - Wherever you will go
Titolo: Ordini
Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno
Genere: Avventura, sentimentale
Rating: Verde
Avvertimenti:
Note dell’autore(obbligatorie):
La cosa che mi ha ispirato maggiormente è stato
l'andamento della canzone, a tratti leggermente malinconica il che
è stato l'input per la prima parte, in particolare modo in cui
ho sentito come un certo smarrimento, per poi proseguire in un
crescendo in cui l'eroe ritrova se stesso e diventa anche diverso, se
non migliore.
Ho cercato poi di abbinare la foto a punti della canzone in cui sembra
dare appunto l'idea di ricordare qualcosa di piacevole accaduto tempo
prima e che gli dia forza, l'immagine mi sembrava adatta ad una sorta
di partenza, di volere ma non potere rimanere.
A Yuki, auguri!
Fitte, le gocce di pioggia cadevano su uno dei tanti, piccoli e
sperduti villaggi della terra del Fuoco, grigio come la terra da cui
era nato.
A passo lento, reso barcollante dalla fatica, un uomo stava per
varcarne i cancelli, grigio anche lui nel suo pesante mantello, come
grigi erano
pure i suoi capelli che taluno amava definire argentei e la maschera
segnata da striature rosse scarlatte ad imitare il volto di un cane.
Una volta aveva amato quell'oggetto, perché gli permetteva di
nascondere l'altra maschera che era solito indossare; ora invece era
l'unica barriera che riuscisse a contenere la sua afflizione e a dargli
riparo.
Nessuno, da quando suo padre era morto, lo aveva visto piangere.
Nessuno doveva vederlo piangere, perché i ninja non piangono, anche quando sanno di avere perso tutto.
Per fortuna, quel giorno, il cielo piangeva per lui.
Indaffarati nel loro cercare di mettersi al riparo assieme alle bestie
nessun abitante gli fece minimamente caso, mentre si dirigeva verso
l'unica locanda della città senza possibilità d'errore,
l'unica costruzione un pò più alta delle altre e
soprattutto illuminata come una donna di malaffare quando mette in mostra
quello che ha da offrire; a lui non importava, nelle sue condizioni, un
letto di piume d'oca sarebbe stato identico ad una spelonca qualsiasi.
Pagò in anticipo quello che doveva al piccolo e grasso oste, che
soppesò avido la cotta e l'avambraccio dell'uomo; abituato a
valutare a primo impatto i clienti, lo riconobbe al volo come
appartenente alla elité dei ninja di Konoha, gli ANBU,
così si fece premura di accompagnarlo di persona alla sua
stanza, molto più accogliente di quanto si sarebbe potuto
supporre nonostante fosse decisamente spartana.
Mentre l'oste si eclissava, l'uomo si decise finalmente a disfarsi del
grosso e pesante mantello, gettandolo sulla prima sedia disponibile, al
quale seguì immediatamente la maschera, rimanendo in divisa al
centro della stanza.
Avrebbe voluto buttarsi sul letto, riposarsi e magari chiudere gli
occhi, cercare un consiglio nella terra dei sogni: per pura voglia di
punirsi, invece, poggiò la testa contro l'unica finestra della
camera, guardando senza vedere la pioggia e il vetro, che gli
restituiva la bizzarra immagine di un occhio scuro come la notte e di
uno rosso come le fiamme più violente sullo stesso volto,
sintesi perfetta di un uomo che mostrava al mondo solo la parte che
voleva il mondo vedesse e non ciò che in realtà era.
Su quella scura tela, cominciarono a scorrere immagini di poco tempo prima...
Missione qualsiasi in uno dei tanti staterelli che confinavano con a
terra del Fuoco. Qualsiasi per gente come loro, si intende: per un
ANBU, le missioni di livello A sono come le partite domenicali di calcetto
scapoli ammogliati, tanto per capirsi.
Aveva ripreso il suo ruolo da capitano dei migliori shinobi di Konoha
causa scarsità di personale al seguito delle due grandi guerre
che Konoha aveva sostenuto contro il villaggio della Sabbia e nella
Quarta guerra mondiale senza esserne minimamente entusiasta: un ruolo del genere portava via un sacco di tempo e di energie
che non avrebbe più potuto dedeicare a quello che gli stava
davvero a cuore e che in quel momento gli correva fianco a fianco.
Capelli rosa, trattenuti da una fascia rossa e una maschera da scimmia
a decorazioni rosa su un corpo leggero ma robusto, avvolto in una
appena più femminile divisa da ANBU, chiunque l'avrebbe subito
identificata come Sakura Haruno, una promessa che poteva considerarsi
già mantenuta al villaggio della Foglia e sua ex allieva.
Si.
Di tante persone che aveva conosciuto nel vasto mondo, si era andato ad
innamorare di una ragazzina più giovane di almeno quindici anni;
tra tutte le donne che gli si sarebbero gettate ai piedi ad un solo
cenno, lui aveva scelto lei, imprevedibile, sicura di sè, umana.
Quello che lui non era mai stato, insomma.
Poi, scelto... parole arroganti, si era corretto più di una
volta: casomai era lei che lo aveva portato alla inesorabile
conclusione che non c'era donna migliore per uno come lui, come gli
ricordava scherzosamente quando il suo uomo si impuntava a volere fare
colpo su di lei.
Sakura parve cogliere i suoi pensieri, voltando appena la testa verso
di lui: anche con la maschera, Kakashi Hatake poteva inuire il
sorrisino tra il fanciullesco e il malizioso, assieme allo scintillio
degli occhi verdi.
Le avrebbe sicuramente detto qualcosa, quando il terreno sotto i loro
piedi parve esplodere e frantumarsi, facendo perdere loro l'equilibrio.
Prima ancora che potessero rendersi conto appieno della situazione si
ritrovarono circondati da uomini in armatura, tra i quali si potevano
scorgere figure incappucciate che sicuramente dovevano essere ninja: a
occhio e croce potevano essere quindici o venti in tutto, un numero
risibile per contrastare il leggendario ninja copia e l'erede di
Tsunade.
Il suo errore più grande.
Quasi dilettantesco, a pensarci bene: ripeteva spesso ai suoi allievi
che essere troppo sicuri di sè non è un bene, ma aveva
dimenticato che lui non faceva eccezzione.
Separato da Sakura, circondato da ogni lato da ronin* e mukenin**, non
poté fare nulla per impedire che con una strana tecnica uno dei
ninja presenti avvolgesse Sakura nell'ombra, come in uno spesso telo,
per poi fuggire con lei a cavallo.
Da quel momento, gli era quasi sembrato che la sua forza e il suo cuore
se ne fosse andato con lei: il peso dei suoi trent' anni di lotte gli
piombò come un macigno sulle spalle.
Era da molto che non avvertiva quella strana sensazione di angoscia, di
paura di non farcela; era la prima volta, però, che questa paura
non riguardava se stesso.
A fatica, si liberò degli
avversari facendo persino ricorso al
Mangekyou Sharingan, cosa che lo aveva quasi portato all'esaurimento
completo delle forze, per riuscire poi a seminarli grazie a cloni
d'ombra e sostituzioni, ma non poteva seminare altrettanto facilmente i
suoi dubbi.
L'assenza di rumore lo risvegliò dallo stato di torpore in cui era piombato.
Finalmente, la pioggia gli stava dando tregua, mentre da uno spiraglio
tra le nuvole faceva capolino un solitario raggio di sole.
Strignendo i pugni, l'uomo riprese ad essere quello che era sempre stato: il migliore di tutti.
Molto tempo fa, a quella stessa donna aveva detto che tutte le persone
a lui care erano morte, senza aggiungere che in buona parte la colpa
era anche la sua, ma stavolta sarebbe stato diverso.
Tsunade avrebbe capito, forse.
Forse lo avrebbe persino perdonato per avere abbandonato una importante
missione per imbarcarsi in una ricerca quasi disperata, ma in fondo non
gli importava più di tanto.
Fermarsi gli aveva concesso di capire che il mondo poteva benissimo
andare avanti senza Kakashi Hatake, ma lui non avrebbe potuto fare un
passo di più senza Sakura Haruno.
Velocemente riprese il pesante mantello, da infilare sopra la divisa, mentre la maschera da cane rimase lì dove era.
Non era un ANBU che sarebbe andato a salvare la compagna, ma un uomo.
Spalancando la porta, trovò il suo personale raggio di sole,
Pakkun, il suo cane preferito che sorrideva come un demente come solo i
carlini sanno fare, a dirgli: finalmente!
Se lui era lì, allora Sakura era ancora viva.
Mentre si faceva guidare dalla fedele evocazione, a Kakashi
tornò in mente senza un preciso motivo un ricordo, il più
dolce che serbava all'insaputa di tutti...
Nella sua nuova e vecchia tenuta, Kakashi guardava un filino
malinconico dall'alto di un palazzo una villa in stile occidentale
illuminata quasi a giorno: laggiù, a neanche un kilometro,
Sakura stava festeggiando con tutti i suoi amici la sua recente
promozione a... caspita, se ne era completamente dimenticato. Distratto
per natura, non faceva mai troppo caso a certi dettagli tranne quando era
in missione.
Era appena una settimana che era stato reintegrato nelle ANBU, quando
Tsunade-sama lo aveva convocato nel suo ufficio per assegnargli una
missione che avrebbe dovuto svolgere quella sera stessa.
Assassinio di un notabile corrotto.
Non che gli importasse granchè, in fondo era lavoro, tuttavia provò per un attimo la tentazione di opporsi.
Fu fermato giusto un secondo prima che le parole gli salissero alle
labbra dai fermi occhi nocciola di Tsunade e comprese meglio la
situazione.
Non poteva, in nessun caso, rinunciare ad una missione del genere per
andare alla festa di una sua ex allieva, non gli era concesso, non
sarebbe stato in nessun modo giustificabile.
Amici e parenti sarebbero stati tutti presenti, a fare le congratulazioni alla star della giornata, era giusto.
Il sensei amante e amato invece non ne avrebbe avuto il diritto.
A malincuore, chinò il capo in segno di obbedienza, trovandosi
ora ad attendere i suoi compagni per quella missione in quel modo un
pò doloroso, come un passante davanti una vetrina ammira qualcosa che non potrà avere.
Non si fecero attendere: dalle ombre alle sue spalle emersero altri tre
uomini con maschere di varie foggie, in rispettosa e ferma attesa di un
cenno da parte del capitano, che non tardò ad arrivare dopo un
ultimo sguardo alla villa.
Come successe, se consciamente o
meno, non avrebbe saputo dirlo: fatto sta che con tutta la
velocità di cui disponeva, Kakashi si diresse verso l'edificio,
con il cuore che batteva a
mille per la scorrettezza che stava compiendo: usando un clone, aveva
spedito i suoi uomini avanti senza di lui che tecnicamente era il loro
responsabile: tra di loro gli parve esserci Yamato, o Tenzo, o quale
diavolo osse il suo vero nome alla fine non lo sapeva nemmeno lui e
nemmeno gliene importava poi molto, quindi era sicuro che in ogni caso
lo avrebbe coperto.
La villa bassa era un ostacolo risibile per uno come lui: pochi
secondi bastarono per averne ragione, ma arrivato in cima...
Pakkun lo riscosse, chiamandolo a voce bassa e intensa: un manipolo di
soldati era sulla loro strada, un piccolo esercito a giudicare dai
suoni.
Osservando meglio dall'alto di una collina, Kakashi non fece fatica a
riconoscerli come appartenenti alla stessa banda dei rapitori di Sakura
dagli abiti e dalle divise che indossavano quei cinquanta soldati che
marciavano come un solo uomo.
In un altra situazione, in un altra epoca quasi, Kakashi si sarebbe
preso il suo tempo per analizzare e pensare alla strategia da seguire,
ma come quella sera e come poche altre volte nella sua vita, decise di
agire d'istinto come il suo allievo più imprevedibile,
lanciandosi a testa bassa in una scivolata lungo il fianco ghiaioso
della collina mentre al tempo stesso evocava i suoi compagni più
fidati, i suoi speciali otto cani ninja che accorsero all'istante al
suo richiamo.
Urla confuse di avvertimento da parte della piccola folla, Kakashi non
ne udì; non arrivò nemmeno alle sue orecchie il riso vago
di quegli uomini convinti di avere a che fare con uno squilibrato che
sarebbe andato incontro a morte certa: quale uomo poteva resistere a
cinquanta soldati del suo calibro?
Ancora una volta, le nubi, nere e minacciose, si addensarono,
avvolgendo il provvisorio campo di battaglia nella più totale
oscurità, squarciata di tanto in tanto dalla luce dei lampi.
In seguito, i pochi sopravvissuti raccontarono di avere visto tra i
brevi sprazzi di luce il volto di un dio della morte sceso in terra, il
cui occhio rosso brillava come Marte nel buio: uomini perfettamente
adddestrati spazzati via dalla forza di un ciclone rabbioso, ampie falci di
sangue e morti mietuti che si susseguivano ad ogni respiro
finchè l'uomo o il dio non concentrò nel palmo della sua
mano quello che sembrava un vero e proprio fulmine, che avvolse tutti
nella sua luce assoluta.
Raccontarono di come quell'uomo era in piedi, in mezzo alla carneficina
e reggeva per la gola uno dei tanti ronin assoldati da un signorotto
locale, ascoltando impassbile i suoi borbottii e i suoi vaghi cenni,
per essere poi scaraventato lontano nella più totale
indifferenza mentre i cani che lo accompagnavano svanivano nel fumo e
lui riprendeva ad andare avanti, impassibile e imperterrito come la
morte stessa.
...arrivato in cima, Kakashi non fece in tempo a scavalcare del tutto
il basso muretto che si ritrovò il volto tra le mani di una
persona che lo guardava con teneri e scintillanti occhi verdi, quasi a
rassicurarlo che sapeva già che sarebbe venuto.
Perchè lui, nonostante il tempo passato insieme, non poteva dire di conoscere lei del tutto.
Lei invece conosceva l'uomo di cui si era invaghita ed innamorata alla
perfezione: sapeva che quell'uomo obbediva agli ordini e ce ne sono
alcuni di ben più pressanti di quelli che un diretto superiore
può impartire.
Non parlarono, non c'era bisogno.
Fu sufficente accostare le labbra, perché assieme al respiro, si
scambiassero anche tutte le cose che non si sarebbero dette ma che
ciascuno sapeva già: ad un augurio imbarazzato si
sostituì il piacevole tepore di una mano gentile che ti
accarezza il collo per invitarti a non staccarti più, ma ad
andare più a fondo; la mano di lui invece risalì la sua
schiena leggermente inarcata per raggiungerlo meglio, stupendosi di
quanto fosse bella Sakura, di quanto potesse sembrare fragile li tra le sue braccia e di come lui non se ne fosse accorto prima.
Un attimo di una magia che non si sarebbe più ripetuta, anche a
cercarla tra milioni di altri attimi, quel primo bacio a cavalcioni di
un muro, tra le rose e le orchidee, prima che lei si staccasse da
lui per ingiungergli con dolce severità di andare a raggiungere
gli altri e di tornare da lei il prima possibile.
Ancora più veloce, il ninja copia imbroccò il sentiero
che quel ronin gli aveva indicato: Sakura era viva! Sakura stava bene!
La tenevano prigioniera semplicemente perché consapevoli del suo
valore come ostaggio, niente di più.
Il pensiero gli mise le ali ai piedi senza tarpargli il cervello; era
più che mai determinato a riportare la rosa al suo posto, ovvero
al suo fianco.
Gli arbusti e le trappole gli cedevano il passo, scattando in ogni
direzione per cercare di colpire quel figlio del lampo e del vento che
sembrava ignorarle, spinto dalla sua stessa esaltazione che lo
portò in cima ad una rupe, dalla quale si dipanava uno stretto e
contorto sentiero per scendere a valle.
Da lì, Kakashi poté lasciare scorrere lo sguardo su un
palazzo di notevoli dimensioni, un castello probabilmente, inteso a
difendere il territorio oltre che a non lasciare scampo ad attaccanti e
a fuggitivi con le sue alte mura e le torri arroganti.
Ai suoi occhi però, la feroce costruzione prese ad assumere
forme più miti, fino a trasformarsi in una bassa villa in stile
occidentale, replica di un altro edificio che aveva già scalato:
in alto, sulla terrazza più elevata, stavolta la vide
affacciarsi, lanciando con i suoi occhi verdi un cortese invito ad
andarla a prendere, come quella notte di diverso tempo fa.
"Ehm... Quasi dimenticavo."
Soffiò in un sorriso Kakashi,
il volto perfettamente visibile ora che non indossava più la sua
maschera, ormai fatta a pezzi proprio dalla donna da cui non si voleva
staccare e che ora lo fissava vagamente interrogativa.
"Auguri... per la promozione"
La giovane donna spalancò
ancora di più gli occhi, anche se la sua espressione era
più sconvolta che felice.
"Ma... di che promozione parli...? Oh."
Lampo di comprensione. Lo conosceva, in fondo, per questo non riuscì a trattenere una risata rassegnata.
"Non è una promozione, baka. Oggi compio 18 anni!"
"Ah... ehm... Già"
Che figura! Leggermente imbarazzato
Kakashi fece per andarsene ma Sakura lo trattenne un attimo per la
sciarpa, giusto il tempo di soffiargli, calda, in un orecchio.
"Passi per il compleanno, ma
ricordati che mi avevi promesso un regalo speciale, per i miei 18 anni,
quindi vedi di tornare il prima possibile, intesi?"
Si sorrisero, un ultimo breve momento di grazia.
"Agli ordini"
*ronin: samurai mercenario
**mukenin: ninja fuorilegge
Secondo classificato, non conta molto visto che eravamo in tre ma mi ha
fatto piacerissimo l'apprezzamento del giudice! Grazie Aya88 ^^
2° Classificata: “Ordini” di Darkshin
Correttezza grammaticale e lessico: 8/10
Ho riscontrato qualche errore di battitura e alcuni di ortografia
(l’avverbio sì non accentato, un’altra senza
apostrofo, chilometro non kilometro); inoltre la lettura di certe frasi
crea un po’ di difficoltà, per evitare il problema sarebbe
sufficiente ricorrere a un maggior uso delle virgole. Nel complesso,
però, la fic risulta scorrevole, nonostante i periodi piuttosto
lunghi, e il lessico è ricercato.
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
La fan fiction è una buona introspettiva su Kakashi, realizzata
intrecciando momenti passati e presenti, riuscendo così a dare
una visone completa dei sentimenti dello shinobi e del suo rapporto con
Sakura . Costretto a fare i conti con la paura di perdere la persona
che ama, si aggrappa ai ricordi e alle emozioni piacevoli ad essi
legate, trovando la forza per sconfiggere i nemici e salvarla, seguendo
regole ben più pressanti e convincenti di quelle ninja. Anche
Sakura, per quanto compaia poco, è resa bene: sicura di
sé, comprensiva nei confronti dell’uomo, molto naturale
nei suoi comportamenti. Niente da obiettare sull’ic, i due
protagonisti mi sembrano rispecchiare la caratterizzazione del manga.
Utilizzo Fanart (nello sviluppo della trama): 10/10
Molto buono l’utilizzo fatto della fanart. Essa rappresenta un
ricordo, un momento importante per l’uomo, che si rivela
fondamentale negli avvenimenti del presente, sostenendone
l’azione. Vi è quindi un rapporto di causa ed effetto tra
la situazione da essa ispirata e il resto della storia, un rapporto che
ha una natura simbolica, potremmo dire.
Originalità: 8/10
L’idea di Kakashi che abbandona una missione per salvare una
persona molto importante per lui non è molto originale,
considerando soprattutto la vicenda di Obito, ma indubbiamente lo
è il risvolto psicologico che ha nella storia l’intreccio
di passato e presente.
Giudizio personale: 3/3
Di questa fic mi è piaciuta prima di tutto l’impostazione
generale, e quindi l’uso che è stato fatto della fanart,
poi il contrasto tra gli ordini da seguire in quanto ninja e quelli del
cuore, che Kakashi non riesce ad ignorare, perché ormai per lui
Sakura è indispensabile. Inoltre, ho apprezzato diversi momenti:
Kakashi con la fronte poggiata contro il vetro di una finestra, in un
attimo di meditazione e dolore; l’uccidere con rabbia i nemici
per sfogare la sofferenza che prova; la descrizione dell’incontro
tra i due protagonisti a cavalcioni di un muro; Kakashi che confonde il
compleanno di Sakura con una promozione.
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