Giorni di Veleno

di Wolf
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14 Gennaio 2006

IL PESCATORE

Mi hai ridato la vita.

Poiché così dolce
Ciò che mi aveva cancellato,
annullato,
spezzato,
reso nullo,
e mi aveva fatto imbarcare acqua,
mentre io restavo immobile,
nell’affondare,
con i remi in barca,
esso mi lasciava finito,
fermo,
a prendere atto della mia solitudine.

A pescar pesci,
troppo grandi per il mio amo,
imbarcavo ancora più acqua,
e mi bagnavo,
e gli occhi si bagnavano,
le guance,
le labbra,
acqua salata,
e tutto proiettava nelle mie retine,
favole claustrofobiche,
troppo speranzose per non essere frutto,
di uno stupido.

E questo stupido pescatore era perso
e solo,
nella notte nuvolosa;
la canna da pesca,
spezzata,
accanto a lui,
incapace di pescare anche solo un attimo di silenzio,
nella sua anima.

Oh lei, sogno lontano,
separati dal mare eravamo…

Non potevo chiudere gli occhi,
senza sentire i suoi,
non potevo tenerli aperti,
nell’essenza del mare.

Ho cercato,
a lungo,
nel frastuono doloroso,
una luce,
e non avrei potuto trovare,
nient’altro che te.

Un brillio in avvicinamento,
che salvò la mia luce.

E ciò che era una luce lontana,
un punto per cui tenere gli occhi aperti,
tra il buio,
non fece altro che irradiare,
sempre più luce,
fino ad accecarmi,
fino a stordirmi,
fino a salvarmi,
fino ad ammazzarmi,
fino a farmi immolare sull’altare del sacrificio,
volontariamente,
coraggiosamente,
tristemente,
gioiosamente,
speranzosamente,
disperatamente,
solo e pieno del mondo.

Sacrificandomi senza rinunce,
per te che mi hai salvato dal buio.

Hai tirato fuori il meglio di me,
le peggiori tra le aspirazioni.





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