Il Polpettone è un
alimento potenzialmente pericoloso. Dico sul serio, dovrebbero regolarizzarne
il consumo. Almeno per quanto riguarda il Polpettone che cucina mia madre. Non
so le vostre madri ne preparano uno uguale, ma il Polpettone che conosco io è una
sfera di carne macinata (grande circa come una palla di cannone), affogata nel
sugo e farcita con mortadella, prosciutto cotto e svariati prodotti caseari.
Una bomba calorica. Solo a guardarlo aumenti di una taglia. Tuttavia, se
assunto in piccole dosi, è sostanzialmente innocuo. Il problema è che, come
tutte le bombe caloriche, è maledettamente buono, il che ti costringe a
mangiarne in quantità sconsigliabili a chiunque non sia un Mammut. Lo so, a voi
non ve ne importa un accidente, o almeno così credete, perciò arrivo subito al
nocciolo: io ho una certa fama tra quelli che mi conoscono come accanita
denigratrice della coppia Sirius/Remus. Non ho niente contro lo slash in
generale, ma quei due proprio mi sono sempre rifiutata di vederli insieme. Mi
sono messa a saltare in giro per la camera quando ho letto la fine del
Principe. Ho telefonato a tutte le mie amiche slashiste gongolando in maniera
indecente. Il mio capolavoro è una Remus/Tonks. Insomma, insultatemi quanto
volete, ma sono l’Anti-Sirius/Remus personificato. Eppure, dopo un’overdose di
polpettone, un uggioso mercoledì pomeriggio, in preda agli effluvi della noia,
allo scrosciare della pioggia, e al blocco intestinale, ho iniziato a sentire
in testa una vocina che mi ha IMPOSTO di accendere il computer e se ne è andata
solo quando ho finito di scrivere la storia che segue. Perciò, tutto ciò che
state per leggere è solo ed esclusivamente
Colpa del Polpettone
Sirius è seduto sulla cornice della finestra, il vento del
crepuscolo gli fa ondeggiare i capelli, fissa il nulla corrucciato, pensieroso.
Bizzarro.
Sirius
non è mai pensieroso, né alcun sinonimo del termine.
Forse
è il chiaro-scuro dei raggi aranciati del sole sul suo viso a creare
quest’impressione.
Ma no.
La
stanza è piena dei suoi rigurgiti mentali (espressione curiosa, chissà da
dove viene); i pensieri sono rimasti intrappolati nelle mura e permeano
l’aria con una cappa pensante e oppressiva. Chiunque potrebbe avvertirla.
In
ogni caso, può avvertirla il miglior amico di Sirius.
James sta fermo accanto alla cornice della porta, è
entrato senza fare il minimo rumore (cosa che deve a Ramoso) e osserva, non
visto, il ragazzo che per lui è un fratello.
Probabilmente Sirius sa che James è dietro di lui, o per
lo meno lo sa Felpato.
Nessuno dei due comunque si decide a parlare, Sirius è
prigioniero della sua stessa mente, James si sente parte dell’arredamento.
Rimangono così per un minuto, un’ora, un secolo, un
universo temporale, le due estremità del dormitorio dei Grifondoro sembrano
lontane miglia.
E nessuno dei due fa qualcosa, qualsiasi cosa, per
dimostrare che Sirius non è una tenda e James non è lo stipite della porta.
Remus conosce una parola per definire questo tipo di
situazione…Kan…no, kafa…kaffia…kaga…kakkio.
Al diavolo Remus e i suoi vocaboli impronunciabili. Che
c’entra adesso Remus?
Come “tutto”.
Questo pensiero colpisce James come una mattonata. Non sa
perché lo abbia pensato, ma nello stesso momento in cui il suo cervello lo
produce capisce che è vero.
Finalmente si decide a schiarirsi la gola “ehm ehm” e sa
che Sirius sta tendendo le orecchie, come un cane che senta sopraggiungere il
suo padrone. Si avvicina con quella che spera sia un’aria sicura alla finestra,
e si appoggia con nonchalance al muro. “Ehy, amico.”
“Cià” è tutto quello che esce dalla bocca di Sirius, che
continua a guardare fisso l’orizzonte.
James non è abituato a questo Sirius. Sono amici, Sirius
ha chiaramente un problema e James è determinato a risolverlo, ma non è
abituato a questo Sirius. Non sa che carta giocare. Il Grande James Potter sta
per essere messo k.o.
Mai.
“Er... wow, amico, non aggredirmi con questo fiume di
parole, non riesco a seguire il discorso!“ il sarcasmo è il jolly salvavita.
“James…sto pensando.”
“Oh, ecco perché ha piovuto!” a questo punto il
Sirius che aveva passato sette anni di vita con James avrebbe risposto a tono o
gli avrebbe mollato un pugno, o qualcosa del genere. Ma quello che aveva
davanti era un altro Sirius. Una versione completamente inedita.
James decide di cambiare approccio. Si accoccola sulla
metà della finestra che Sirius ha lasciato libera, in posizione speculare al
suo amico. Tira fuori il tono più pacato che gli riesce e dice “un galeone per
i tuoi pensieri” sorridendo affabilmente. Sirius scrolla le spalle e solleva le
sopracciglia vorrei risponderti ma non so che dire messaggio chiaro, per
uno che ti conosce da una vita.
James si alza, tentando la sua ultima carta, sperando di
provocare una qualsiasi reazione in Sirius “Ok, capito. Non hai più niente da
dirmi. Dopo sette anni, sette meravigliosi anni di meravigliosa relazione, mi
stai dicendo chiaramente di andare fuori dai coglioni. Mi stai tagliando fuori
dalla tua vi…”
“Ho baciato Remus”
Beh questa sì che è una reazione. James non
ne capisce bene il significato, ma lo intuisce, e visto che deve ancora
decidere se la cosa gli piace o meno preferisce fare lo gnorri. “Ah-ah, lo so. Quando ti sei
ubriacato al compleanno di Pete.” Dice in tono casuale. Sirius annuisce e non
apre bocca “E allora?” è costretto ad aggiungere. Sirius tira un lungo respiro,
poi finalmente risponde “E allora…non lo so. E’ quello a cui stavo pensando.”
James ha paura. Sa perfettamente dove porterà questa conversazione, l’ha saputo
da quando ha messo piede in dormitorio, e credeva fosse ok, ma adesso sono
vicini alla meta, ed ha paura. Forse non quanta ne ha Sirius. Tenta
comunque la strada (mai intrapresa prima) del raziocinio “Beh, ma è una storia
chiusa, no? Eri ubriaco, no? Quando ti sei reso conto di quello che avevi fatto
sia tu che Remus avete passato la serata a riempirvi la bocca di dentifricio,
eravate schifati, no? E poi siamo anche riusciti a riderci su, no? E comunque
quando è successo tu eri ubriaco. No?” Si rende conto da solo di quanto deve
sembrare idiota.
“Sì, hai ragione, ero ubriaco…” dice Sirius, e sembra
rivolgersi a una nuvola più che a James “…ma qualcuno dice che da ubriachi non
si fa altro se non seguire i propri veri desideri.”
E quel qualcuno sono io. Complimenti James.
“Già.” Non gli viene in mente altro da dire.
Per un minuto piomba il silenzio, poi Sirius alza il capo
e per la prima volta guarda James negli occhi.
“Ti faccio schifo, James?”
Gli avesse mollato un ceffone James si sentirebbe meno
stordito.
“Che cos…no. Assolutamente. Tu sei mio fratello. No.
Perché dovresti farmi schifo?”
“Perché sto qui da tre ore cercando di ammettere a me
stesso che amo un ragazzo.”
BUM.
James rimane un momento immobile, aspettando che il suo
cuore esploda. Aspettando che i mobili esplodano. Poi si rende conto che
non succederà niente di simile; al contrario sembra che perfino l’aria satura
di pensieri e paturnie abbia tirato un sospiro di sollievo, diventando un
attimino più respirabile. Va bene così. James lo sa da sempre, se lo
aspetta da sempre, semplicemente non aveva mai voluto scavare a fondo
nell’animo del suo amico, per imbarazzo o vile ignavia, preferendo lasciare
tranquillo il Sirius in superficie, quello con cui si può vivere sull’Isola Che
Non C’è. Come da copione, l’accidia si era stretta intorno a James come
l’abbraccio di una madre troppo apprensiva, qualcosa da cui tutti vogliamo
liberarci ma non possiamo, perché lei stessa ci ha inculcato la paura di ciò
che ci aspetta lontano da lei, e James si era lasciato plagiare. Ma adesso
Sirius ha rotto l’incantesimo, e James scopre che l’abbraccio di quella matrona
altro non faceva se non rendergli difficile la respirazione. James non è mai
stato meglio. Forse gli ci vorrà un po’ di tempo per abituarsi all’idea
messa in pratica, ma davvero, il Sirius di oggi gli va bene quanto il
Sirius di ieri.
E visto che il Sirius di oggi sta tremando e lo guarda con
occhi da cucciolo sperduto, meglio farglielo sapere.
“Beh, era pure ora.”
Sirius per poco non cade dalla finestra. Tragico…ma io
avrei comunque avuto i riflessi per afferrarlo prima.
Lo sguardo implorante (di perdono o di assenso?) si
tramuta in stupore puro, e con gli occhi sgranati guarda James come se fosse
completamente pazzo.
Cosa che in effetti James è, ma che al momento non ha
rilevanza particolare.
“…Che cosa hai detto?”
“Beh, dopotutto io è dal quarto anno che ti ripeto che tu
e Reme litigate come una coppia di sposini, e tu hai sempre minacciato di
appendermi per le mutande al lampadario in Sala Grande…”
Gli occhi di Sirius ormai hanno raggiunto la dimensione di
piattini da tè.
“Cazzo, James.”
“…Ma se ti può consolare, ho sempre pensato che tu facessi
la parte del marito.”
James per un momento pensa di essere riuscito a far
ghignare l’amico, ma deve esserselo sognato, perché quando alza lo sguardo gli
occhi di Sirius sono più cupi che mai.
“Come ci riesci?”
“A fare che?”
“Ad avere la faccia tosta di scherzare anche nelle
situazioni più tragiche.”
“Perché, questa situazione è tragica?”
“…Non lo è?”
“Beh…finchè non lo fai sapere al tuo fans club e non si
verificano suicidi di massa…”
Questa volta Sirius ride davvero. Prima aggrotta le
sopracciglia, lo guarda sbilenco, per un secondo o due, poi fa uno strano verso
– pffffft – e un attimo dopo sta ululando dal
ridere, seguito a ruota da James. E’ una risata un po’ isterica, come di chi
sia appena scampato a un pericolo mortale, ma sono loro, sono James e Sirius, e
stanno ridendo insieme.
“”Va tutto bene, Sir.” È la prima cosa che dice James,
appena riescono a calmarsi un po’. Ha il tono serio, insolitamente maturo.
Sirius lo guarda, e i suoi occhi chiari non sono più incupiti. “Sì?” chiede
“Sì” si risponde da solo, e il sorriso si allarga, illuminandogli il viso,
anche se ormai il sole è tramontato.
“Dovreste parlarne.”
“Sì.”
“Ne parlerete, vero? Non mi costringerai a star ore seduto
qui a sentirti frignare perché non sai come dirglielo…”
“No.”
“E non mi farai fare da ruffiano…”
“No.”
“Bene.” James ha l’aria soddisfatta, e salta giù dalla
finestra con fare baldanzoso “Allora, io vado a fare due chiacchiere con
Magdalene McKinnon” annuncia. “…e mi porto un paio di lamette da barba,
dovessero servire…” Sirius ride ancora,
un po’ nervosamente a dir la verità, perché col suo amico non si sa mai dove
finisca lo scherzo e inizi l’intenzione reale. James intanto ha raggiunto la
porta, e sta per andarsene.
Ci ripensa, si volta e fa
“Glielo dirai…vero?”
Sirius è ancora seduto, una gamba penzoloni verso il
pavimento, l’altra piegata sul davanzale, e di nuovo guarda l’orizzonte.
“Sì…devo riflettere, prima. Che succede se lui non…”
“Lui non niente, Sirius. Vedrai. E poi, cos’è questa
novità? Tu sei Sirius Black. Tu non rifletti, agisci. E se fallisci ci ridi
sopra.”
“Questa volta è diverso.”
“Lo so, ma ho provato lo stesso a convincerti del
contrario. Si vede che come oratore faccio pena.”
“Beh, finchè non tenti la carriera politica non avrai
problemi.”
James ammicca, gli strizza l’occhio e saluta. “Ciao,
allora.”
“Ciao. E…James?”
“Sì?”
“…Grazie” dice senza guardarlo.
“Di niente, fratello.”
- - - - - - -
Sirius è seduto sulla cornice della finestra, la brezza
serale gli fa ondeggiare i capelli, fissa il nulla quieto, posato.
Bizzarro.
Sirius
non è mai quieto, né posato, né riflessivo, né savio, né alcun altro
sinonimo del termine.
Forse
è l’argento della luna sul suo viso a creare quest’impressione.
Ma no.
La
stanza è piena dei suoi rigurgiti mentali (curioso, siamo arrivati a citare
Stephen King); i pensieri fluttuano leggeri tra la stanza e la finestra,
girano intorno, lasciandosi trasportare dalla brezza, diventando brezza.
Chiunque potrebbe percepirli.
In
ogni caso, può percepirli lui.
Remus sta fermo accanto alla cornice della porta, che ha
trovato aperta, e osserva, non visto, il ragazzo che per lui non sa più cosa
sia.
Probabilmente Sirius sa che Remus è dietro di lui, o per
lo meno lo sa Felpato.
Nessuno dei due comunque si decide a parlare, Sirius è
perso nella contemplazione dell’orizzonte, delle stelle, della luna, e
Remus vorrebbe diventare parte dell’arredamento. Un’abat-jour non gli
dispiacerebbe.
Rimangono così per un minuto, un’ora, un secolo, un
universo temporale, le due estremità del dormitorio dei Grifondoro sembrano
lontane galassie.
Remus trema, colpa della brezza, e si stringe nel
suo maglione di lana.
Che situazione kafkiana.
Tira un lungo sospiro, e finalmente si decide a dirigersi
verso Sirius, sperando che le gambe non gli cedano nel tragitto. “Ciao, Reme”
dice lui, prima ancora che l’abbia raggiunto.
“Ehy…Sirius.” La voce gli viene stentata, quasi balbetta.
Un minuto di silenzio, Sirius contempla l’etere, Remus contempla
Sirius.
“Allora…come va?” dice infine il moro. Suona normale,
amichevole.
“Bene. Tutto…tutto bene.”
Sirius annuisce, e piomba di nuovo il silenzio. Remus
sente arrivare l’imbarazzo, un piccolo serpentello gelido lungo la sua spina
dorsale, e decide di prendere in mano la situazione.
Con risoluzione prende posto accanto a Sirius sul
davanzale. Non si trovano così vicini da quella sera.
“Senti Sirius” dice, e l’altro si volta a guardarlo “…a
riguardo di quello che è successo al compleanno di Peter, io volevo dirti…” Ma
Remus non può più continuare, perché Sirius lo guarda intensamente, i begli
occhi grigi hanno quell’ombra scura che ogni tanto li copre, ed è così
vicino…troppo.
-…-
Classico di Sirius. Tagliare tutti i discorsi, saltare ore
e ore di quello che poteva essere un dialogo costruttivo per arrivare subito
all’inevitabile conclusione che già sapevano. Quando si separano, e Sirius lo
guarda come se si aspettasse di vederlo sputare da un momento all’altro, Remus
non trova di meglio da dire se non
“Beh…Mi hai tolto le parole di bocca.”
Again.
- - - - - -
Dedicato a Miki_TR e a Clara perché,
altro che del Polpettone,
è colpa loro!!!
Oh, a proposito, se
dovessi ricevere una marea di recensioni per questa one-shot, potrei anche
affezionarmi alla coppia e…mangiare più spesso il Polpettone! ^-^ Quindi…
RECENSITE!!!!