Mister jingle.
Happy Jingle's misery
Tutti ormai lo chiamavano mister Jingle. Si, probabilmente aveva avuto un nome diverso prima. Famiglia? Chi lo sa...
Sta di fatto che ormai tutti lo chiamavano così, mister Jingle e non c'era niente da discutere.
Non si poteva dire avesse una vita ordinaria, mister Jingle...lui viveva alla giornata.
Spesso la notte, non avendo una casa fissa dove andare, era costretto a dormire in una scatola di cartone.
Che vita direte, eh?
Però era un tipo a cui piaceva divertirsi, piaceva le gente e
insediarsi nei loro anfratti più reconditi e oscuri, per
stimolare la loro fantasia, aggressività, generosità.
"Dipende dalla gente", diceva lui...si, si potrebbe dire un
trasformista. Uno che fa buon viso a cattivo gioco. E quando il gioco
si fa duro, come si usa dire, i duri iniziano a giocare.
Il suo gioco preferito era far vibrare le corde tese della gente,
pizzicarle all'interno per far emergere all'esterno il loro lato
peggiore, quello più rude e ancestrale. La belva ferina che ogni
uomo possiede nel suo corredo genetico. Mettere a nudo le debolezze, le
paure per meglio dominare coloro che gli si trovassero davanti. Questo
in fondo era il suo lavoro.
A volte andava un po' troppo in fondo alle cose e ne restava
inevitabilmente coinvolto sentimentalmente, che dolore...; altre volte
era solo una provocazione superficiale che sfumava in una serata di
sfogo alcolico.
Da giovane visitò la Spagna, in estate. Gli avevano detto che li
c'era pane per i suoi denti e carne di ogni sorta da mettere alla brace.
Inevitabilmente ne resto deluso; l'unica cosa che ne guadagno fu uno
strato fatuo di delusione accumulata nei giorni di totale
inattività e che riusci a togliere abbastanza velocemente al suo
rientro. Un po' come un proprietario di casa che inerte, steso come un
mollusco sul divano, attende la donna delle pulizie alle sette di
mattina per togliere le due dita di polvere dalle mobilie, dalle
stoviglie, dalle proprie spalle.
Ma in fondo quel viaggio lo aveva cambiato. Aveva abbattuto il mito del
super-uomo che si era auto creato intorno, quella sorta di aureola di
onnipotenza si era infranta nel sogno di un'estate mancata e la sua
vita stava crollando intorno a lui come un castello di carte mal
fatto...un misero disfacimento della sua personalità.
Girovagava per le strade con la sua ombra azzurrina che lo seguiva sempre. O forse lo inseguiva con fare derisorio. La odiava...
Ricorda ancora quando in Spagna una ragazza dai capelli rossi lo fece
sentire così inutile, ma così inutile che rimase immobile
fino alla fine del viaggio.
In quei giorni di totale assenteismo mentale era successo qualcosa, qualcosa di cui ancora oggi pagava le conseguenze.
Delle voci. Ce n'era una in particolare che pronunciava il suo
nome in maniera alquanto insistente; dei passaggi da una stanza
all'altra...e poi il rombo di un aereo. Dopo il decollo svenne.
Quegli idioti l'avevano messo nel vano bagagli non depressurizzato
scambiandolo per un oggetto, per una valigia, chi lo sa!! Che idioti!
Al suo risveglio si trovava in un posto buio, dall'odore un po' colloso
e sotterrato sotto diversi strati di plastiche e plastichine. Le pareti
di quella stanza erano morbide, come fatte di cartone.
E sentì di nuovo quella voce. La voce di un uomo...no, di un
ragazzo. Si, si è un ragazzo, non è ancora una voce
totalmente formata e possente.
Una pomeriggio in cui se ne stava tranquillo accucciato nella sua
cameretta si senti stringere con violenza e tirare fuori dal quel
tepore.
Ma che cazz!?!
All'improvviso tanto calore. E avanti e indietro, avanti e
indietro...Mister Jingle non capiva cosa gli stesse succedendo. Ma una
cosa la capì, quando la sua capacita di far vibrare la gente si
insedio anche nel suo corpo, vibrava dalla testa ai piedi. Quel
rapitore lo aveva riacceso, ridonato la sua personalità.
Un sorriso di gioia, di soddisfazione.
E capì che quello era il suo posto nel mondo.
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