Titolo
Titolo: Tutta colpa di Gabriel
Fandom: Supernatural
Pairing/Personaggi: Sam Winchester, Gabriel, Dean Deana Winchester, Castiel (Destiel ♥)
Rating: G
Chapter: 1/1
Beta: Samek
Words: 7940 (fiumidiparole)
Genere: Commedia, Romantico.
Warning: Slash (of course), Het (?), Switchgender.
Summary: In cui Dean riceve delle attenzioni particolari, Sam rischia una crisi isterica e Castiel scopre la gelosia. E tutto per colpa di Gabriel.
Note: DOVEVA ESSERE UNA FLASHFIC! GIURO CHE L’AVEVO PENSATA COME FLASHFIC! *sta male & non ce la fa & muore*
Comunque, finalmente faccio la mia parte per il Team Cavalieri �/ Scritta per la settima settimana del COW-T, Missione 2: switchgender.
DISCLAIMER: vorrei tanto possedere Castiel, ma no, né lui
né nessun altro mi appartiene .__. Neanche Gabriel, no *sigh*
Era cominciata come una giornata perfetta: si erano
svegliati, per la gioia di Dean, con Highway to Helldegli
AC/DC sparata a tutto volume dalla radiosveglia. Sam non era stato altrettanto
entusiasta – ma insomma, era Sam, quindi aveva ignorato le sue proteste
di abbassare quel casino ed aveva continuato a vestirsi.
Poi era comparso Castiel, seguito subito dopo da Gabriel.
E tutto era precipitato vertiginosamente.
Dean boccheggiò, incapace di articolare alcunché, mentre di
fronte a lui, Sam e Castiel ammiccavano confusi, entrambi con la testa
leggermente inclinata da un lato.
-Uhm.- disse suo fratello, umettandosi le labbra in
difficoltà.
-Cosa...- squittì il cacciatore, tappandosi poi la bocca
con le mani quando la voce uscì troppo sottile e delicata per essere la
sua. Improvvisamente ebbe l’istinto di piangere. E di picchiare Sam e Castiel
senza un motivo apparente.
Gli altri due gli rivolsero sguardi partecipi – o almeno lo
fece Sam. L’angelo semplicemente continuò a fissarlo. Anche se, a ben vedere,
non stava fissando propriamente lui, quando una parte di lui.
-Ehi!- abbaiò Dean, facendolo sussultare e sviare lo
sguardo. Il cacciatore aggrottò le sopracciglia quando l’altro – dopo appena una
manciata di secondi – tornò a occhieggiarlo con discrezione, facendogli montare
dentro uno spiacevole senso di disagio che lo spinse ad abbracciarsi il petto e
proteggersi il seno prosperoso che gli era spuntato all’improvviso sotto la
maglietta.
Ma forse non era il seno ad essere prosperoso, si disse,
occhieggiando come gli altri due sembravano troneggiargli addosso. Era il resto
del corpo ad essere piccolo ed esile, delicato, troppo delicato, per
quanto lo riguardava – e lo riguardava parecchio, visto che quello era il suo
corpo, maledizione.
Si abbracciò ancora di più le spalle e il movimento fece
scivolare i jeans un altro po’ sulla linea del sedere – alto, ben tornito, da
quello che poteva vedere dal riflesso nella tv spenta.
-Perché sono... così?- gemette.
Castiel si scambiò un’occhiata con Sam, prima che entrambi
tornassero su di lui.
-È stato Gabriel.- cominciò l’angelo, aggrottando le
sopracciglia, come se cercasse di ricordarsi esattamente come fossero andati i
fatti -Quando gli hai detto che avresti potuto prenderlo a calci anche da
donna... credo ti abbia preso in parola.-
Dean si strinse la radice del naso – piccolo, sottile – e
sospirò teatralmente.
-Questo lo so, Cas. C’ero anche io, ricordi?-
scoppiò lui, allargando le braccia in un gesto esasperato, la maglia che si
tirava sui seni, attirando inevitabilmente gli occhi dei due maschi effettivi
nella stanza.
-Ehi! I miei occhi sono qua su!- sbraitò ancora,
crucciandosi maggiormente quando quelli sviarono un'altra volta lo sguardo,
previo poi occhieggiarle cercando di non farsi notare. Come se fosse
possibile.
-Si può sapere che diavolo vi prende? Non avete mai visto
un paio di tette?- sbuffò, indicando e affondando con le dita nelle suddette,
avendo sbagliato a prendere le misure. Abbassò lo sguardo sorpreso, dimentico
della ramanzina che stava facendo, e spinse di nuovo i polpastrelli contro le
sue nuove protuberanze.
-Uhm, è... strano.- considerò sovrappensiero, tastandosi
poi a piene mani. Questa volta sgranò gli occhi verdi, rivolgendo uno sguardo
carico di meravigliata sorpresa agli altri due.
-Oh, questo era piacevole!- esclamò, ripetendo il
gesto e cercando di riprodurre su se stesso ciò che di solito faceva alle sue –
svariate – partner. Questa volta, quando strizzò i capezzoli attraverso la
stoffa, non riuscì a trattenere un Wow, seguito subito dopo da un suono
ben più strozzato e maschile.
-Dean, ti prego...- lo richiamò Sam con il volto in fiamme
e gli occhi forzatamente fissi sulla porta del bagnetto attiguo -Potresti
smetterla? È... disturbante.-
Il più grande lo guardò sorpreso, poi però sul suo viso –
sottile, candido, femminile – si formò un ghignetto divertito.
-C’è qualcosa che ti turba, Sammy?-
-Sì, tu!- sbottò il fratello, facendolo ridere. Sam
lo guardò male, prima di sospirare e infilarsi le mani nelle tasche. -Più che
altro, che si fa, adesso?- chiese, rivolto a Castiel, che però non lo sentì,
troppo distratto dal fissare Dean.
Ci fu un attimo di pausa, poi i due cacciatori si
scambiarono un’occhiata e il minore allungò una mano a scrollare la spalla
dell’angelo.
-Cas?- lo richiamò.
-Le mie scuse.- rispose quello, scollando gli occhi
dall’altro ragazzo e chinando la testa in pentimento.
Dean si passò con frustrazione una mano tra i capelli,
finendo per strapparseli quando si impigliarono tra le dita, e imprecò – per
rabbia e dolore.
-Cazzo, Gabriel!- sbottò, rivolgendo gli occhi al soffitto
-Riporta il tuo culo qui, maledettissimo figlio di puttana!-
Attese giusto una manciata di secondi, e quando non accadde
nulla, riprese con più vigore:
-Fammi tornare nomale, stronzo, o giuro che ti darò la
caccia e quando ti troverò, perché sta’ pur certo che lo farò, ti farò ingoiare
quel cazzo di sorrisetto divertito che hai! Insieme al tuo culo!-
-Dean.- lo richiamò suo fratello, facendosi vicino -Non lo
convincerai certo minacciandolo.- ragionò, poggiandogli le mani sulle spalle.
Delle mani enormi, si rese conto in quel momento lui, vedendo come le sue esili
spalle sparissero sotto i palmi del fratello.
Si sentì fragile e pronto a spezzarsi, se solo l’altro
avesse stretto un po’ di più la presa.
Sammy era sempre stato più alto di lui, okay, ma in quel
momento era diverso. Non era solo l’altezza – anche se, dannazione, adesso gli
arrivava appena al di sotto dei pettorali – ma anche tutto il resto. Si sentiva
come in quella fiaba... Pollicina? – lui non se ne intendeva di quella
roba, era Sammy l’esperto, lì – comunque, qualunque essa fosse, la
sensazione rimaneva, e non era affatto piacevole.
Lo afferrò per i polsi e si liberò con decisione,
guardandolo male.
-Ora come ora non mi viene in mente nient’altro da dire a
quel fottutissimo angelo del cazzo!- sfogò. Per un attimo ebbe l’impressione che
suo fratello stesse per dire qualcosa, ma poi quello scosse la testa e si voltò
nuovamente verso l’angelo.
-Cas, puoi... non lo so, trovarlo e magari convincerlo a
rimettere tutto a posto?-
-Vedrò cosa posso fare.- rispose quello in assenso, prima
di tentennare ancora un attimo con gli occhi su Dean e infine sparire con un
fruscio d’ali.
Con un sospiro, Sam si lasciò andare sull’unica sedia della
stanza, chiudendo gli occhi e strofinandosi il viso con un sospiro.
-Cosa c’è, Sammy?- lo richiamò la voce di suo fratello –
sorella. Cercò di non pensarci.
-Niente. È che mi sembra tutto troppo assurdo per essere
vero.- borbottò.
-Non dirlo a me!- lo sentì sbuffare, e lui socchiuse gli
occhi, sperando di scorgere dall’altro lato della stanza il solito Dean, spalle
larghe e sorriso scanzonato. Ma quello che si ritrovò a fissare fu il ventre
piatto di un corpo decisamente femminile. Ammiccò un paio di volte,
raddrizzandosi sul posto e osservando suo fratello – sorella – legarsi la
maglia verde militare sotto il seno, litigando nel frattempo con i capelli che
continuavano a scivolargli davanti al viso.
-Cosa... cosa stai facendo?- chiese incerto di voler sapere
la risposta, mentre quello slacciava la cintura e l’appuntava più strettamente
possibile. Nonostante tutto i pantaloni continuavano a rimanere su solo grazie
alle sue forme generose.
-Che c’è?- rispose l’altro arrotolandosi le mezzemaniche
della maglietta sulle spalle -Almeno così sembrerà fatto apposta e passerò
inosservato, no?-
Dean sorrise e, almeno in quello, Sam riconobbe un’ombra
del viso fraterno. Forse però fu solo grazie alle lentiggini.
-Okay, andiamo?- il più grande lo riscosse dalle sue
riflessioni nostalgiche.
-Andiamo dove?-
-A fare colazione, no?- esclamò quello risoluto,tirando
fuori dalla tasca dei jeans le chiavi dell’Impala -Forza, alza il culo, Sammy!-
-Dean! Sei sicuro che sia una buona idea?- Richiuse la
porta della camera dietro di sé e lo seguì, nonostante tutto, nel sole
abbacinante.
-Certo che sì! Quel cazzone alato non mi impedirà di
consumare la mia dose quotidiana di zuccheri!-
Dopodiché aprì la portiera e scivolò al posto di guida,
bloccandosi subito dopo, corrucciato. Stava per chiedere perché diavolo non
toccasse i pedali, quando si ricordò di essere basso.
E di avere una vagina.
Dio, uccidimi, ti prego.
-Vuoi che guidi io?-
Dean si riscosse per scoccare un’occhiataccia a suo
fratello – che stava ridendo di lui, l’ingrato bastardo – e risistemò il sedile
con uno scatto, borbottando contro Arcangeli stronzi che si divertivano a
complicargli la vita. Sam, intanto, si sedette accanto a lui con un’alzata di
occhi al cielo e le labbra ancora arricciate in un ghignetto ilare. Lo osservò
armeggiare ancora qualche istante con gli specchietti, poi finalmente partirono
e lui allungò una mano ad abbassare il volume quando la musica riempì
l’abitacolo, stordendolo. Gli Asia di prima mattina non erano sopportabili,
soprattutto dopo il tiro mancino di Gabriel.
Si voltò verso il fratello e sorrise vedendolo arricciare
il naso infastidito e sbuffarsi via dalla faccia l’ennesima ciocca di capelli.
Adesso che lo – la – guardava meglio doveva ammettere che la somiglianza
con Dean – il vecchio Dean – c’era ed era evidente, come quella tra due
gemelli eterozigoti.
C’erano il colore dei capelli e degli occhi, tanto per
cominciare, senza contare quella spolverata di lentiggini che aveva sempre dato
al viso di suo fratello quel certo non so che che faceva impazzire le
ragazze e che ora, a quei tratti più delicati, davano un’aria sbarazzina da
capogiro. In quanto uomo, Sam se ne rendeva bene conto; probabilmente il primo a
cui una ragazza così avrebbe fatto girare la testa sarebbe stato proprio Dean e
il solo pensare una cosa del genere gli faceva scoppiare un mal di testa da
primati.
Cercò di scacciare l’idea e sospirò, riportando
l’attenzione sul mondo circostante quando suo fratello parcheggiò.
***
La tavola calda li accolse con il tintinnare della porta e
un paio di avventori si voltarono ad osservare i nuovi arrivati. Nulla di nuovo
per i Winchester. Se non fosse che, questa volta, quegli occhi persistettero un
po’ più del solito su Dean. O per meglio dire sul suo nuovo corpo.
Lui si lasciò scivolare con un sibilo di fastidio in uno
dei posti liberi lì accanto, allungandosi poi verso il fratello e sbottando:
-Ehi, ma che diavolo hanno questi qui? Sembra che non
abbiano mai visto una... donna! Eppure la cameriera è decisamente
carina.-
Sam sorrise mestamente aprendo il menù e dandovi una rapida
occhiata.
-Tu sei più che decisamente carina.- mormorò un
attimo prima che la cameriera apprezzata dal fratello si palesasse di fianco al
loro tavolino.
-Cosa vi porto?- domandò cordiale, penna e taccuino alla
mano.
-Caffè nero per me, grazie.- sorrise il minore.
-E per la tua ragazza?-
-Non sono la sua ragazza! Sono suo fr...-
-Sorella! È mia sorella.- lo interruppe lui,
rivolgendo alla giovane un sorriso – sperava – ammaliante, così da distrarla
dall’altro. Lei rispose nel medesimo modo, sistemandosi dietro l’orecchio una
ciocca di capelli sfuggita alla coda e stringendo il labbro inferiore tra i
denti candidi, evidentemente colpita.
-Okay.- disse -Allora, cosa porto alla tua sorellina?-
Quando l’interpellato – interpellata – non rispose,
lui gli scoccò un’occhiata e lo incitò con un’alzata di sopracciglia.
-Torta. Voglio una fetta di torta.- sbuffò allora il
maggiore. Altalenò per un attimo lo sguardo tra suo fratello e la ragazza, e poi
aggiunse -Al cioccolato. Ce l’avete, vero?-
L’altra ridacchio al suo tono quasi supplice e annuì.
-Abbiamo la migliore torta al cioccolato della città.-
Dean sospirò quasi di sollievo e si rilassò contro lo
schienale e Sam dovette farsi violenza per non sghignazzare apertamente.
-Porto subito le vostre ordinazioni.- disse la ragazza
prima di allontanarsi con un’ultima rapida occhiata a Sam.
-E comunque io sono più grande di lui!- saltò su Dean,
facendola voltare e ridere intenerita.
Lui tornò a sedersi con uno sbuffò e un brontolio.
-Stamattina avrebbe flirtato con me!-
Sam scrollò le spalle con una risatina alla sua espressione
offesa e imbronciata. Gli donava decisamente di più adesso, si ritrovò a
pensare. Tossì appena per mascherare il sorriso risalitogli alle labbra e prese
un respiro profondo, voltandosi a controllare che fossero soli.
-Credi che Cas riuscirà a trovarlo?- si rivolse poi
all’altro, tornando a guardarlo e ansimando una risata, incapace, questa volta,
di camuffarla o reprimerla. -Problemi?- domandò, guardandolo raccogliersi i
capelli tra le mani in una coda e guardarsi attorno in cerca di qualcosa per
legarli, prima di sbuffare e lasciarli ricadere nuovamente.
-Li odio! Mi fanno il solletico e mi finiscono in bocca e
negli occhi e... arg!- ringhiò, strofinandosi con foga il viso e il
collo, soffermandosi sugli occhi e infine nascondendo il viso tra le braccia
incrociate sul tavolo. Un attimo dopo le allargò, producendo un tonfo sordo
quando cozzò con la fronte sul ripiano.
-Ecco qua!- lo richiamò la voce della cameriera sorridente,
svuotando il vassoio tra lui e suo fratello. -Caffè nero per te.- sorrise
dolcemente a Sam, arrossendo quando, insieme alla tazza, gli rifilò tra le dita
anche un foglietto ripiegato. -E la torta per te.- Posò poi il piatto
rivolgendosi a Dean, facendolo aprire in un sorriso entusiasta. Sembrò
illuminarsi doppiamente quando, a sorpresa, ne fece scivolare un secondo
contenente quella che sembrava a tutti gli effetti una crostata di ciliegie.
–Questa invece la offre la casa.- spiegò lei, indicando con un cenno della testa
l’uomo al bancone che sorrise appena prima di tornare a servire caffè a due
poliziotti.
Dean si fiondò sulla prima biascicando un -Grazie!-
distratto e dimentico persino del fastidio dei capelli, facendosi fiorire sul
viso un’espressione così soddisfatta e appagata che il fratello minore
dovette nascondere il proprio divertimento dietro la propria tazza di caffè. Non
poté però impedirsi di pensare che fosse... tenera.
Lo osservò demolire il dolce pezzo dopo pezzo, mugolando di
piacere semplice ma intenso, prima di attaccare il regalo. Solo a quel
punto, inarcò un sopracciglio sorpreso.
-Hai intenzione di mangiarla sul serio?- lo richiamò,
facendogli sbattere le palpebre confuso, il primo morso di torta fermo a
mezz’aria.
-Perché non dovrei, scusa?-
-Dean, ti è stata offerta.- sussurrò lui,
allungandosi verso l’altro -Da un uomo.- aggiunse con enfasi. Suo
fratello ammiccò un paio di volte, spostando lo sguardo dal dolce al giovane –
affascinante – uomo che gliel’aveva donata e tornando poi sul fratello.
-Tu dici che...- boccheggiò, preso in contropiede. -No...-
soffiò ancora, abbassando la mano.
-Tu di solito perché offri a una bella donna?- rincarò Sam,
rivolgendogli un sorriso mesto e partecipe. Il maggiore chiuse gli occhi,
allontanando il piatto con un sospiro.
-Dio, mi è passata la voglia.- si sgonfiò, facendolo
ridere, nonostante tutto, mentre prendeva un sorso di caffè. Quasi gli andò di
traverso quando la figura spiegazzata del loro angelo gli comparve accanto.
-Cas!- gracchiò, ripulendosi con un fazzoletto dalle gocce
scivolategli sul mento -Non puoi comparire così all’improvviso!-
Questi lo osservò giusto un attimo prima di rispondere
quietamente:
-Sono entrato dalla porta, Sam.-
Alla sua espressione stralunata, si voltò indietro, verso
l’entrata del locale, e poi tornò sul viso ghignante del fratello – sorella –
che semplicemente annuì.
-Avresti potuto avvisarmi, maledizione!- rimbrottò e quello
scrollò le spalle e stirò ancora di più le labbra, ma invece che rispondergli,
si rivolse al nuovo arrivato.
-Trovato il bastardo?-
Castiel scosse la testa mestamente, raddrizzando però poi
la schiena all’improvviso e voltandosi lentamente alle spalle. Rimase così per
alcuni secondi, la testa leggermente inclinata, prima di sospingere Dean verso
l’interno del divanetto e accomodarsi, corrucciato.
I due fratelli si scambiarono un’occhiata stralunata,
seguendo però il suo esempio quando quello si allungò verso il centro del
tavolino per creare un minimo di intimità.
-Quell’uomo sta osservando Dean.- cominciò, voltando gli
occhi su quest’ultimo -Credo voglia fare sesso con te.- aggiunse, facendogli
sbarrare i suoi all’inverosimile.
Sam tossì, mentre suo fratello tornava a nascondere il viso
in fiamme tra le braccia, disperato.
-Uhm, sì, lo avevamo supposto.- spiegò il minore indicando
la torta offerta in dono. L’angelo annuì in comprensione, asserendo:
-È usanza degli esseri umani donare qualcosa alla persona
con cui si desidera fornicare.-
Calò un silenzio attonito sul tavolino, poi Dean uscì dal
suo nascondiglio e mollò uno schiaffo sulla nuca dell’amico. Questi corrugò la
fronte, non capendo esattamente il perché di quel gesto, ma non ebbe il tempo di
chiedere delucidazioni che il campanello del locale trillò, attirando la sua
attenzione e quella degli altri due.
-Ehi, fratellino, ti sei fatto la ragazza?- sogghignò
Gabriel, scivolando verso di loro e poi nel posto accanto a Sam, che lo guardò
male. Quasi quanto Dean.
-Come ci hai trovati?-
-Riportami com’ero prima!-
Le voci dei due fratelli si accavallarono e l’Arcangelo
arricciò maggiormente le labbra, alzando poi una mano per richiamare la
cameriera, mentre rispondeva quietamente -Ho seguito Castiel.- ignorando invece
la richiesta – o meglio l’ordine – del maggiore. Poi sorrise amabile e chinò la
testa in saluto alla ragazza, fingendo di pensarci intensamente quando lei
chiese:
-Cosa ti porto?-
-Mmmh,vediamo... lo stesso che ha preso il mo tesoro.-
ordinò lui, afferrando la mano di Sam e intrecciandola con la sua sul tavolo.
-Cosa?- esclamarono in coro i Winchester, al che
Gabriel si voltò fintamente dispiaciuto verso il minore.
-C’è qualcosa che non va, angelo?-
-Cosa... sì!-sbottò quello, esterrefatto, lanciando
un’occhiata alla giovane ancora in piedi a scarabocchiare sul block-notes.
-Oh. Oh, no, non preoccupatevi per me. Non ho problemi,
davvero!- rispose quella con un sorriso gentile quando notò l’espressione di Sam
-Anzi, mi dispiace per... sai, prima.- continuò sibillina, rivolgendosi
poi verso Gabriel e aggiungendo -Ti porto subito il caffè.-
Appena lei si allontanò, l’Arcangelo allentò la presa e il
cacciatore ne approfittò per scrollarselo di dosso, spostandosi un altro po’
verso l’interno del divanetto così da mettere distanza tra loro.
-Ti ucciderò.- sentì comunque in dovere di metterlo al
corrente. Stupido senso di giustizia.
L’altro scrollò le spalle con un sorrisetto divertito.
-Puoi sempre provare e fallire.- ribatté -Non la mangi,
vero?- aggiunse, rivolgendosi a Dean e tirando a sé il dolce rifiutato.
Se ne portò un generoso boccone alle labbra e gemette deliziato, assaggiando.
-Dio, non sai che ti perdi!-
-Sì, beh, vaffanculo!- brontolò Dean, distogliendo lo
sguardo con sofferenza. Quella era la sua torta, dannazione! -Spero che
ti ci strozzi...-
L’Arcangelo sorrise, guizzando con la lingua per ripulirsi
dalle tracce di ciliegia.
-Dov’eravamo rimasti?- domandò poi con fare casuale,
inghiottendo un nuovo morso.
-A tu che mi fai tornare uomo!- sibilò Dean -Per quanto ami
le tette, le preferisco su un corpo che non sia mio!-
Gabriel leccò lentamente la forchetta da dolce, quasi
stesse soppesando le sue parole, poi propose -Preferiresti le avesse Castiel?-
facendo inorridire il cacciatore e voltare confuso il suddetto angelo verso di
lui.
-Perché dovrei volerle su Castiel?- gracchiò,
sentendo chiaramente una nota di panico acuirgli maggiormente la voce al punto
che non sembrò neanche la sua. Anche se, a ben vedere, non era la sua.
Negli occhi di Gabriel passò un lampo di divertimento,
prima che quello scrollasse le spalle e si appoggiasse contro lo schienale del
divanetto.
-Perché è divertente?- rincarò, incrociando le braccia al
petto -E perché mi piacerebbe vedere uno spettacolino lesbo.- precisò poi, dopo
un attimo. Ghignò quando, con un ringhio gutturale – molto mascolino, in effetti
– Dean si lanciò verso di lui attraverso il tavolo. Si godette l’attimo in cui
la sua espressione furiosa svanì all’improvviso, rimpiazzata da una di totale
confusione e poi di tradimento quando si rese conto del braccio che gli
circondava saldamente i fianchi, impedendogli di completare il suo attacco.
-Cas! Lasciami andare, maledizione! Devo ucciderlo!-
sbraitò il cacciatore, divincolandosi, ma l’altro neanche parve fare un reale
sforzo mentre lo tratteneva.
-Sarai l’unico che si farà male.- gli ricordò quello.
-Lascialo fare, voglio proprio vedere se riesce a prendermi
a calci un culo, la dolce e graziosa Deanna.- ghignò feroce
l’Arcangelo. Dal canto suo Dean non fece altro che agitarsi di più, sbraitando
su amici angeli impiccioni e forzuti.
-C’è qualche problema?- li interruppe una voce maschile.
Quando si voltarono notarono che altri non era che il proprietario della tavola
calda, nonché spasimante di Dean. La cosa divenne anche più evidente – e
divertente per Gabriel. E un po’ anche per Sam – quando i tratti dell’uomo si
addolcirono e si rivolse direttamente a lei. -Ti stanno dando noia?-
domandò, occhieggiando in maniera apertamente ostile il braccio che ancora le
circondava la vita. Dean seguì il suo sguardo e provò per l’ennesima volta a
liberarsi; questa volta Castiel lo assecondò, ma solo per poggiargli la mano sul
fianco e piantare gli occhi in quelli dello sconosciuto.
Dean corrugò la fronte aprendo la bocca e richiudendola
subito dopo, non sapendo che dire. Si voltò verso il fratello in cerca di aiuto
e quello che vide lo sconvolse e offese: Sam stava ridendo – o per meglio dire,
si stava trattenendo dal ridere. Rimaneva comunque il fatto che quel bastardo si
stava divertendo un mondo della sua sfiga. Stronzo.
In quel momento gli tornò in mente che la colpa di tutto
quello non era di altri se non di Gabriel e lo guardò male... Solo che quel
fottutissimo figlio di puttana non c’era più. Aveva approfittato della
piccola confusione per sgusciare via.
Razza di codardo, pensò con uno sbuffo, tornando a
sedersi, la mano dell’angelo ancora a stringerlo.
-Va tutto bene.- sentì la voce di suo fratello rispondere
per lui quando il proprietario domandò di nuovo se c’erano problemi. Sammy aveva
questa capacità di rassicurare le persone con un sorriso e due parole, una
qualità che lui aveva sempre adorato – e un pochino anche invidiato. Fu
richiamato alla realtà quando l’angelo rafforzò la stretta su di lui,
tirandoselo contro il fianco e marcando, a tutti gli effetti, il territorio.
-Cas!- sibilò lui, cercando di allontanarsi un minimo –
chissà perché, ma essere schiacciato contro il suo torace aveva fatto fare una
capriola al suo stomaco – ma senza successo. -Cas, lasciami andare!-
-Hai sentito la signorina?- L’uomo si appoggiò al tavolo,
tendendosi verso l’altro con fare minaccioso; Castiel sostenne il suo sguardo,
risalendo con la mano fino alla sua spalla, ma senza lasciarlo realmente andare.
-Di’ un po’, sei tonto per caso?- rincarò quello, al che
Dean sospirò esasperato.
-Okay, basta! Piantatela tutti e due! Non sono una
maledetta damigella e non voglio essere conteso!-
-Sa.-
-...sa.- si corresse lui, fingendo di non notare
l’ilarità nel bisbiglio del fratello. Il suo spasimante tentennò un attimo,
scrutandola – probabilmente per capire se poteva davvero fidarsi. Gentile da
parte sua, davvero, ma non faceva altro che far aumentare il suo disagio – poi
annuì e si voltò, andandosene.
Quando finalmente rimasero soli, Dean si lasciò scivolare
le dita tra i capelli con un gemito frustrato. Ci mancava solo che quel cretino
di Castiel cominciasse a fare il galletto del pollaio.
Vaffanculo, Gabriel!
***
Dopodiché tornarono al motel. O per meglio dire, Castiel
riportò lui.
Una volta fuori dal locale, si erano diretti verso la
macchina con Dean che arrancava dietro il suo stupido fratello con le sue
stupide gambe lunghe e i suoi stupidi piedi enormi.
A peggiorare il suo stato emotivo, già di per sé nero, ci
si era messo anche l’angelo, che lo aveva seguito per tutto il tempo a non meno
di un metro di distanza, scoccando occhiatacce a destra e a manca e mettendolo
al corrente di tutti gli uomini che incrociavano e che facevano pensieri
impuri su di lui – lei. Come se non se ne rendesse conto da solo,
dannazione. Si sentiva quegli sguardi addosso a ogni passo!
Senza contare, ovviamente, gli apprezzamenti urlati dai più
audaci. Al terzo che gli aveva chiesto perché si accompagnasse a due frocetti
invece di seguire un uomo vero come lui, Dean aveva visto rosso. Gli
sarebbe saltato al collo e lo avrebbe gonfiato di pugni – era pur sempre un
Winchester, vagina o pene che avesse – se Sam non fosse stato più rapido di lui
e l’avesse afferrato, sollevandolo per la vita.
-Okay, calmati, adesso.- gli aveva sussurrato, spingendolo
poi tra le braccia dell’angelo e sibilandogli di portarlo al motel.
-La mia bambina!- aveva sbraitato Dean, prima di
ritrovarsi nella stanza che avevano affittato. Si lasciò andare con un gemito
quasi di dolore al pensiero della sua adorata macchina abbandonata in una città
sconosciuta. Castiel si sedette accanto a lui e gli poggiò una mano sulla spalla
con fare rassicurante.
-Ci penserà Sam.-
Lui brontolò e chinò la testa sconfortato, i capelli che
gli ricadevano davanti come una cortina. Soffiò per diramarli, ma quelli
tornarono al loro posto, oscurandogli la vista e pizzicandogli tutto il viso.
Con un moto di stizza si alzò di scatto e marciò verso il
bagno. Afferrò le forbicine dal suo portaoggetti e tirò una ciocca di capelli,
guardandosi nello specchio mentre prendeva le misure con le lame. Addio
stupidissimi capelli lunghi, pensò con feroce soddisfazione un attimo prima
che Castiel comparisse al suo fianco e gli strappasse le forbici di mano,
sparendo.
Riapparve un istante più tardi, brandendo una confezione di
elastici per capelli.
-Dove diavolo li hai presi?- domandò allibito. S’immaginò
l’altro apparire tra gli scaffali di un negozio e scomparire l’istante dopo tra
lo stupore dei clienti e scosse la testa -Ho cambiato idea, non me lo dire, non
lo voglio sapere.-
Gli strappò il pacchetto di mano e ne sfilò uno – nero,
semplice – lanciando gli altri sulla ceramica del lavandino, raccogliendo poi i
capelli e tentando di legarli senza strapparseli a ogni movimento.
-Vaffanculo, che diavolo ha ‘sto coso? È troppo piccolo!-
sbraitò quando non riuscì a fare il terzo giro, senza il quale la coda
continuava a sciogliersi.
Un paio di mani più grandi si aggiunsero alle sue e gli
liberarono gentilmente la presa. Dean scoccò un’occhiata sorpresa all’altro da
dentro lo specchio, ma quello non lo guardò, rivolgendo la sua attenzione ai
capelli tra le sue mani, che cominciò a spazzolare con delicatezza.
Lui – lei – prese un respiro profondo e lo lasciò fare
quando si rese conto che era decisamente più bravo di lui. Rimase fermo,
permettendo alle dita di Castiel gli scivolargli tra i capelli, raccogliendoli
in ciocche e intrecciando queste ultime tra loro, spedendogli una serie di
piacevoli brividi giù per la schiena. Era sempre stato sensibile a quel genere
di attenzioni, ma in quel momento, in quel bagnetto minuscolo, con Castiel, ebbe
l’impressione che ci fosse qualcosa in più, che il piacere fosse
raddoppiato – se non addirittura triplicato.
-Sei bravo.- biascicò per spezzare quel silenzio prolungato
e imbarazzante. Sorrise quando vide il riflesso dell’angelo annuire serio e
concentrato, ma quando si rese conto che l’altro non avrebbe detto nulla rincarò
-Dove hai imparato?- perché cominciava a sentirsi nervoso – e questo non andava
bene.
-Una reminiscenza di Jimmy.- spiegò l’uomo dietro di lui,
lasciandogli andare la treccia conclusa.
Lui annuì e si voltò, osservando poi con fare assorto il
codino – tutto per non guardare l’altro.
-Uhm, allora... grazie.- farfugliò, corrucciando poi la
fronte quando sentì qualcosa agitarsi nello stomaco. Farfalle?
Fu interrotto dal ritorno di Sam e ogni suo pensiero fu
soppiantato da uno solo.
-Come sta?- domandò con ansia, incedendo nella stanza e
allungandosi a lanciare uno sguardo fuori dalla finestra in cerca della sua
bambina.
-Uhm, carina la treccia.- replicò Sam divertito, inarcando
le sopracciglia in modo comico quando a rispondergli fu la voce del loro angelo.
-Grazie.-
Tornò sul fratello sentendolo tirare un enorme sospiro di
sollievo e trovandolo con la fronte appoggiata al vetro, intento ad osservare
l’Impala placidamente parcheggiata nello spiazzo davanti al motel.
Sam alzò gli occhi al cielo, fintamente esasperato. -Dean,
guarda che non le è successo niente.-
-Niente?- ripeté quello scioccato -Niente dice lui!
È stata abbandonata! Da me!- Fece un’espressione contrita -Deve
aver sofferto da morire.-
-Vuoi andarla a consolare?- ironizzò il minore, sospirando
poi divertito ed esasperato quando l’altro borbottò pensieroso:
-Forse dovrei...-
Alla fine ci era andato davvero, di nascosto da Sam,
ovviamente.
Aveva aspettato che suo fratello si distraesse ed era
sgattaiolato fuori con la scusa di voler fare una passeggiata. Invece aveva
raggiunto l’Impala e si era steso sui sedili posteriori, incurante di qualunque
cosa che non fossero i suoi interni lisi e l’odore pregnante che lo accompagnava
da quand’era bambino.
Neanche si era accorto del tempo che cambiava rapidamente,
dei nuvoloni che si erano ammassati sopra la sua testa, rilasciando una
pioggerellina fine. Il suono ritmico sul telaio, nonostante tutto, lo rilassò,
spingendo la sua mente a richiamare tempi passati, ricordi di lui e Sam – a
volte di suo padre – sotto altri temporali estivi, immersi in altri paesaggi, ma
sempre al riparo, protetti da quella macchina.
Quando il telefonino squillò, Dean tornò alla realtà con un
sussulto e un’imprecazione a mezza bocca.
-Sammy?- smozzicò, strofinandosi un occhio.
-Dove sei? Sta piovendo a dirotto.-
-Mmmh... arrivo tra poco.-
Ci fu un attimo di silenzio dall’altro lato, poi quello
chiese:
-Ma... stavi dormendo? Dean, dove sei?-
-Dio, Samantha, smettila di preoccuparti! Ho detto che
arrivo tra poco!- sbottò lui, singhiozzando per lo spavento quando notò una
figura tremolante fuori dal finestrino appannato.
-Tranquillo, sto bene, torno presto.- spicciò sul fratello,
chiudendo poi la telefonata. Si alzò a sedere e aprì lo sportello, già sapendo
chi fosse.
Era impossibile per lui non riconoscerlo.
-Come mi hai trovato?- domandò, sorridendo all’angelo del
Signore fermo sotto la pioggia.
-Lei.- rispose semplicemente quello, accarezzando l’auto
con lo sguardo, prima di tornare su di lui.
Dean rispose con un lieve incresparsi delle labbra e annuì,
divertito.
-Mi conosci bene.-
-So tutto di te.-
Ci fu un attimo in cui Dean ebbe l’impressione che lo
stomaco avesse deciso di andare a far compagnia al cuore – o viceversa, non era
sicuro di quello che aveva provato – poi prese un respiro profondo, seppur
tremolante, e sviò con gli occhi, concentrandosi sulle gocce che scivolavano tra
i capelli dell’altro, rendendoli neri e lucidi.
-Sei fradicio.- disse, poggiando i piedi sull’asfalto
ricoperto d’acqua e richiudendo lo sportello della macchina -Se fossi umano, ti
beccheresti una polmonite.- aggiunse ridacchiando. Sentì appena due spilli
gelidi colpirgli le braccia prima che Castiel aprisse il suo impermeabile e lo
tirasse al di sotto, riparandolo.
-Ma non lo sono.- rispose monocorde, stringendolo.
Il cacciatore rimase fermo, avvolto dal calore di quel
corpo, percependo con chiarezza quella grande mano sulla sua spalla, proprio lì
dove l’angelo aveva lasciato la sua impronta quando lo aveva tirato fuori
dall’Inferno – secoli fa, ormai. Era una sensazione strana,
alienante quasi. Gli sembrò finalmente di percepire l’altro, di sentirlo
vero, vivo, di poterne sentire il battito del cuore contro il torace se
solo ci avesse poggiato l’orecchio.
Alzò il viso verso quello dell’altro, osservando come le
ombre lo caricassero di solennità e solo i suoi occhi spiccassero in maniera
innaturale in quell’atmosfera plumbea.
-Perché siamo qui?- domandò sentendo un’immotivata ansia
crescergli dentro. C’era qualcosa, una sorta di attesa, di aspettativa, che lo
metteva in agitazione -Credevo fossi venuto per riportarmi lì dentro.- aggiunse
dopo un istante, indicando con il mento il motel non molto lontano.
-Tu non vuoi tornare.- rispose quello, ricambiando il suo
sguardo e stringendo appena un po’ di più la presa su di lui.
Dean sentì distintamente il proprio respiro impigliarsi in
gola e il proprio cuore contrarsi e accelerare la sua corsa. Una sottile ciocca
di capelli sfuggì alla treccia, scivolandogli sulla fronte e facendogli il
solletico, ma lui non si mosse. Non parve neanche notarla.
Castiel continuava a guardarlo con quell’espressione seria
eppure dolce, dandogli un leggero capogiro.
Lo faccio per te. Ho sempre fatto tutto per te,
sembrava dirgli.
Lo squillo del telefonino ruppe la stasi, riscuotendolo.
Afferrò il cellulare con mani tremanti, cercando di ignorare la sensazione di
perso che stava dilagando in lui, e osservò il nome lampeggiare sullo schermo.
-È Sam.- disse, prendendo una boccata d’aria -Credo sia
meglio tornare o si... preoccuperà.-
Concluse la frase fissando il volto sorpreso di suo
fratello minore. Si guardò attorno scoprendo di essere nella stanza affittata e,
soprattutto, di non essere più sotto il trench di Castiel, asciutto e perfetto
come al solito – che nel suo caso, significava: abiti spiegazzati e aria
svampita.
Guardò l’angelo accanto a lui con malcelato fastidio, ma
non ebbe il tempo di ripetergli quanto esattamente odiasse quel suo cavolo di
modo di fare, che qualcosa lo attaccò. O per meglio dire qualcuno.
Sam lo abbracciò con forza, facendogli gemere il suo nome
in una richiesta di pietà. Ma quello lo ignorò e poi lo afferrò per le spalle,
allontanandolo quel minimo necessario per controllarlo.
-Stai bene?- domandò apprensivo. Dean sbatté le palpebre
confuso più che mai.
-Certo, perché mai non dovrei stare bene?- domandò,
corrucciandosi -Sono solo uscito per una boccata d’aria!-
Sam fece una smorfia contrita -Sì, be’, forse sarebbe
meglio se non lo facessi più da solo, finché sei in questo stato.-
-Cosa?-
-Dean, ascoltami...- cominciò, zittendosi poi quando
l’altro sbraitò:
-Non ho bisogno di una guardia del corpo! Sarò anche...
così, ma sono ancora io, tuo fratello maggiore! Quello che ti para il culo
quando fai cazzate!-
L’altro cacciatore finse di non cogliere il riferimento a
Ruby, Lilith e al suo piano per sconfiggere Lucifero – o più attualmente, a lui
che se ne andava in giro per l’America facendo il pazzo – e annuì.
-Sì, okay, ma... Dean, questo non è il tuo corpo, non
quello a cui sei abituato!- spiegò, passandosi una mano tra i capelli,
raccogliendo le idee -La tua mente è... tarata sul vecchio te, con venti
centimetri in più d’altezza e un bel po’ di chili di muscoli in più! Quindi
finché resterai in quel corpo io e Castiel ti faremo da guardie del corpo,
sì!- annunciò, scambiandosi uno sguardo complice con l’angelo -Ed è inutile che
fai quella faccia.- aggiunse all’espressione oltraggiata del maggiore -Puoi
accettarlo o meno, non ci interessa, noi abbiamo deciso!-
Dean li fissò con astio, poi sibilò.
-Bene!- sputò con astio, marciando verso il bagno e
chiudendocisi dentro.
Quando ne uscì, Sam e Castiel si pentirono di aver tramato
alle sue spalle, seppur per il suo bene.
Nel giro di mezzora si ritrovarono in un pub della città a
bere birra – o per essere precisi, a badare a Dean che beveva birra. E che
flirtava. Con ogni povero diavolo che sembrava ben disposto a offrirgli da bere.
Sam perse il conto di quante volte avrebbe voluto cavarsi
gli occhi nel corso della serata, osservando suo fratello – il suo mascolino
fratello maggiore – ridere a battute stupide di stupidi avventori già mezzi
ubriachi e poi voltarsi sogghignante verso di lui.
Te la sei voluta tu, fratellino, gli leggeva
stampato in faccia a caratteri cubitali.
Purtroppo, ebbe ben altro da fare per preoccuparsi di
inezie come queste dato che dovette fermare più volte Castiel dall’uccidere
i vari uomini accalcati attorno a Dean.
Sapevano bene entrambi che quella non era altro che una
vendetta del ragazzo verso la loro iperprotettività. Se l’erano cercata, va
bene, ma questo non impedì loro di odiare ogni singolo istante e cercare di
riportare Dean al motel.
Ci riuscirono solo che era notte e lui era ormai abbastanza
ubriaco da lasciarsi caricare in spalla senza lamentarsi. Be’, non troppo.
***
La mattina dopo Dean si svegliò di soprassalto, scattando a
sedere con i cappelli arruffati e sbattendo le palpebre contro la luce
abbagliante del sole.
Dopodiché si lasciò ricadere con un gemito sul materasso e
nascose la testa sotto il cuscino.
-Buongiorno, Bell’Addormentata.- lo salutò suo fratello,
facendolo lamentare nuovamente.
-La testa...- biascicò lui dal suo nascondiglio. Il più
piccolo rise e si sedette di fianco a lui, strappandogli il cuscino da sopra la
testa e lanciandolo sull’altro letto.
-Forza, sveglia, idiota. È solo colpa tua se adesso ti
senti così.- lo ammonì dandogli una sonora pacca sul sedere prima di alzarsi
-Sbrigati e fatti la doccia o non ti aspetto per la colazione.-
Ci fu un attimo di immobilità, poi le lenzuola vennero
scalciate e Dean rotolò fuori dal letto, inciampando nei jeans troppo lunghi e
larghi – e decidendo di abbandonarli sul pavimento strada facendo.
Una volta in bagno si sfilò la maglia dalla testa ed entrò
nella doccia con in dosso i boxer, che lanciò un istante dopo al di fuori del
box seguiti dall’elastico per capelli, mentre apriva l’acqua e gemeva per il
battere incessante contro le tempie.
Avrebbe dovuto immaginarlo che il suo brillante
piano di vendetta gli si sarebbe ritorto contro. Era sempre così.
Alzò il viso verso il getto, sospirando di sollievo e
lasciando che l’acqua si portasse via, almeno in parte, la sensazione di essere
stato – ripetutamente – messo sotto da un tir.
Si godette la quiete e il ristoro della doccia, cominciando
a lavarsi solo dopo parecchi minuti di completa immobilità.
-Sai una cosa, Sammy?- urlò quando lo sentì entrare nel
bagno e armeggiare con il suo portaoggetti, allungando nel frattempo una mano al
di fuori in cerca dell’asciugamano.
-Mh?- rispose quello, voltandosi proprio nell’istante in
cui lui apriva la tenda e ne usciva coperto solo dalla vita in giù. Sam gemette,
tornando a guardare davanti a sé con le orecchie in fiamme, sputando nel
lavandino la schiuma del dentifricio.
-Dean, maledizione, copriti!-
Quello rise, frizionandosi i capelli in un altro
asciugamano.
-Non hai mai visto una donna, Sammy?-
-Tu non sei una donna. Sei mia sorella.- brontolò lui,
continuando imperterrito a non voltarsi. Non lo fece neanche quando gli arrivò
un calcio sul sedere in rimprovero.
-Fratello.- lo corresse l’altro.
-Dean, guardati...- cominciò risciacquando il
proprio spazzolino e costringendosi a non alzare lo sguardo sullo specchio che
rifletteva sprazzi del corpo nudo dietro di lui. -Sei una donna, quindi, ora
come ora, sei mia sorella, per quanto mi riguarda.-
-Mi guardo e l’unica cosa che noto, caro fratellino,-
rispose quello, rinfilandosi i boxer e abbassandosi poi a raccogliere la maglia
da terra e odorandola -È che sono più figo di te anche da donna.-
Rispuntò dal collo della maglietta con un sogghignò sbarazzino, raggiungendolo
poi al lavandino e scacciandolo di lato per afferrare il phon. Il minore alzò
gli occhi al cielo e scosse la testa esasperato, ma in fondo divertito.
-Sì, certo come no.- ironizzò, tirandogli una ciocca di
capelli. Quello lo spinse – o almeno ci provò, ma ebbe la spiacevole
sensazione di voler spostare un muro – e inarcò un sopracciglio.
-Sammy, sono una strafiga di proporzioni epiche!- esclamò
con convinzione, alzando la voce per sovrastare il rumore dell’asciugacapelli
-Sono talmente figa che, se solo potessi, mi scoperei da solo!-
Sam sgranò gli occhi, quasi strozzandosi con la sua stessa
saliva, e prese un respiro brusco.
-Dio!- gemette, con una smorfia -È malato. E anche
masturbatorio. Sei un pervertito, Dean.- Uscì dal bagnetto con la risata
cristallina di suo fratello nelle orecchie.
***
-Dieci minuti!- sbraitò Dean, uscendo dal bagno a passo di
carica, finendo di legarsi i capelli in una coda, seppur con ancora qualche
difficoltà -Ho perso dieci minuti della mia vita per colpa di questi
stupidissimi capelli!-
Sam si trattenne stoicamente dal ridere e finse una
contrita partecipazione.
-Mi... uhm, dispiace?- farfugliò con le labbra che
tremavano inesorabilmente. Dean assottigliò gli occhi iroso, ma non ebbe il
tempo di dire nulla che un’altra voce ben nota lo anticipò.
-Quelli nella doccia invece sono stati i migliori spesi,
per me.- sussurrò Gabriel al suo orecchio. Dean sentì un lungo brivido
serpeggiare nel senso opposto e farlo irrigidire. Caricò un pugno, ma quando si
voltò scagliandolo, incontrò solo l’aria.
-Woah! Calma, gattina!- rise l’Arcangelo, comparendo a un
metro da lui, le mani in tasca e un sorriso scanzonato sulle labbra. Inclinò la
testa di lato e lasciò scivolare lo sguardo sulla figura minuta del cacciatore,
avanzando nuovamente verso di lui -Devo dirtelo, Deanna: sei una bomba. E
quest’abbigliamento ti dona. Fa tanto bambina cattiva di papà.-
sogghignò, allungando un dito per accarezzargli il collo candido.
Rise quando l’altro gli spari da sotto le mani e ricomparve
accanto a Sam, dall’altro lato della stanza. Castiel lo guardò con malcelato
fastidio continuando a tenere la mano sulla spalla del cacciatore.
Gabriel ridacchiò ancora, compiaciuto.
-Oh, ma che carini.- sospirò in maniera leziosa -Il
principe che salva la sua bella dallo stregone cattivo.-
Dean ringhiò, scrollandosi di dosso la presa dell’altro e
caricando un pugno. Non riuscì però a fare neanche un passo che la ferrea
stretta di Sam lo immobilizzò.
-Sam, lasciami! Devo riempirlo di pugni!- sbraitò
minacciosamente, fendendo l’aria con i pugni serrati.
-Dean, calmati! Non serve a niente fare così!- cercò di
placarlo il fratello minore, alzandolo da terra nel tentativo di convincerlo ad
ammansirsi e ottenendo, invece, solo di iniziare a farlo dimenare ancora di più.
-Ma mi sarò tolto la soddisfazione!- ribatté lui,
scalciando. Quando però si rese conto che tutto quell’agitarsi non serviva a
niente, se non a farlo stancare, si fermò. Sam non l’avrebbe mai lasciato
andare, stupido gigante.
Gabriel rise gettando la testa indietro, enormemente
divertito alla vista del suo corpo che penzolava dalle braccia muscolose del
fratello minore. E del suo broncio, ovviamente.
-Oddio, Dean, sei uno spasso, lo sai?- sghignazzò,
fingendosi di asciugarsi un occhio, non facendo altro che accrescere la sua
irritazione.
-Sam, mettimi giù.- borbottò, allacciando le braccia sotto
il seno. Quando quello tentennò, lui alzò gli occhi al cielo e sbottò di nuovo:
-Sam!-
-Mi prometti che non ti suiciderai scagliandoti contro di
lui?- ribatté invece il minore, assottigliando lo sguardo. Molto maturamente,
Dean gli fece il verso, ma annuì, al ché i suoi piedi toccarono nuovamente
terra.
L’arcangelo osservò il tutto con sempre quel sogghigno a
stirargli le labbra, ma quando il cacciatore si piantò di fronte a lui e gli
chiese: -Allora? La facciamo finita con questa stronzata?- sospirò sconsolato.
-Dean...- cominciò lui, ciondolando con la testa da una
parte all’altra -Perché credi che abbia fatto tutto questo?-
L’interpellato inarcò un sopracciglio.
-Perché sei un fottutissimo figlio di puttana che adora
divertirsi a mie spese!- rispose con convinzione.
-Non posso negarlo.- ragionò l’Arcangelo -Ma vedi, io non
faccio mai niente per niente.- continuò passeggiando, le mani allacciate dietro
la schiena -Non è solo per mio diletto se sei ancora una graziosa fanciulla
tutta lentiggini.-
-Non è perché sei un cazzone?- domandò il cacciatore
ironico.
L’altro si fermò e si voltò nuovamente a guardarlo, sempre
con quel sorriso paterno sulle labbra.
-No.- sospirò, scuotendo mestamente la testa, riprendendo
poi a passeggiare -Prova a pensarci, mh? Sei nel corpo di una bella donna di un
metro e sessanta, perché?-
-Perché sei un coglione permaloso!- sbraitò l’altro,
facendogli alzare gli occhi al cielo.
-Oh, smettila! Ti ho perdonato per quell’eresia
nell’istante in cui ho visto quanto sei grazioso da donna!- sogghignò al verso
minaccioso che proruppe dalla gola del cacciatore. -Ti ho fatto cambiare
prospettiva per un motivo valido.- lo imbeccò.
Dean aggrottò le sopracciglia, spostando il peso da un
piede all’altro, in difficoltà.
-Che diavolo stai dicendo?-
-Che devi smetterla di giocare all’eroe tragico o presto o
tardi farai una brutta fine.-annuì l’Arcangelo con un sorrisetto divertito ma
velato di dolcezza -Credi che così facendo proteggi le persone a te care, ma
invece le fai soffrire solo di più.- continuò, lanciando uno sguardo ai due
fratelli minori nella stanza.
Questa volta Dean si voltò a osservare gli altri due,
concentrandosi sulle loro espressioni più o meno contrite. Si ricordò della
rabbia di Sam quando scoprì del patto per riportarlo in vita e della delusione
negli occhi di Castiel quando lui decise di voler dire di sì a Michael, gli
tornarono alla mente le loro espressioni ferite e sofferenti, la furia e la
tenacia con cui avevano cercato di salvarlo – da se stesso prima che dagli altri
– e sviò lo sguardo. Arrossì appena al ricordo di come lo avessero seguito come
ombre per tutto il giorno precedente, proteggendolo e preoccupandosi per lui
ogni istante, nonostante le sue continue proteste e vendette. Cominciava a
capire il perché di tutto quello: Gabriel poteva essere un figlio di puttana dal
senso dell’umorismo perverso, ma non era un bastardo. Aveva solo un modo
tutto suo per impartire le lezioni. Forse aveva deciso che era arrivato il
momento per lui di capire che aveva una famiglia che lo amava e a cui
poteva – e doveva – appoggiarsi.
-Non credere di essere abbastanza forte da non aver bisogno
degli altri, perché nessuno lo è.- riprese la voce di Gabriel, modulata di
delicatezza. Poi stirò le labbra in un ghignetto, avanzando di un passo nella
sua direzione -E ora dimmi, giovane Padawan, hai imparato qualcosa da questa
esperienza?-
Dean gli rifilò un’occhiataccia, ma l’effetto fu rovinato
dal broncio imbarazzato sul suo viso.
-Sì, sì.- borbottò –Ma, se ci provi un’altra volta, la
spada laser te la infilo su per il culo!- lo minacciò comunque, perché aveva
bisogno di ristabilire l’ordine delle cose: Gabriel sparava cazzate e lui lo
minacciava fisicamente.
L’Arcangelo rise e annuì, come se stesse davvero prendendo
in considerazione l’avvertimento.
-Va bene, diciamo che ti credo. Per questa volta.-
Schioccò le dita e un istante dopo Dean era di nuovo un
giovane e affascinante trentenne. Questi si controllò, tastandosi gambe, braccia
e torace, e voltandosi poi verso gli altri due.
-Ah! Finalmente!- esclamò con un sorriso a trentadue denti,
facendo ridacchiare il fratello. L’angelo, invece, continuò semplicemente ad
osservarlo, ma annuì.
-Bene, dopo aver fatto la mia buona azione mensile, tolgo
il disturbo.- dichiarò l’Arcangelo, facendo un breve inchino e sparendo con uno
schiocco di dita.
***
Dopo che Castiel fu volato via, Dean si affrettò ad
infilarsi un paio di jeans e ad afferrare le chiavi dell’Impala, fingendo di non
sentire lo sguardo apprensivo di Sam sulla schiena. Sembrava che adesso che era
tornato uomo, il fratello si trattenesse per non irritarlo.
Gli venne da ridere al pensiero che, a ben vedere, non si
era preoccupato di irritarlo con il suo essere mamma chioccia quando era
una donna.
-Vado a fare un giro, okay?- disse con un piede già fuori
dalla porta. -Se hai bisogno, chiamami, d’accordo?- aggiunse, sperando che il
fratello leggesse tra le righe.
Non ti sto allontanando. Siamo una squadra, non me ne
vado.
Sam annuì e accennò un sorriso, non riuscendo più a
trattenersi del raccomandargli: -Fa’ attenzione.-
Dean sbuffò una risata, borbottando -Come ti pare,
Samantha.- ma senza reale fastidio.
Gironzolò senza una meta precisa per un po’, lasciandosi
guidare dall’istinto, fino a quando non raggiunse il parco cittadino. Parcheggiò
e continuò a piedi, fermandosi su una delle panchine di fronte le giostre per
bambini.
L’aria era carica di risate e urla infantili, e lui sorrise
al ricordo di quando ci aveva portato Sam da piccolo; momenti rari e preziosi
che si portava nel cuore, che lo scaldavano e gli davano la forza per andare
avanti.
Si alzò il vento e alcune mamme richiamarono i figli per
tornare a casa. I bambini saltarono giù dalla costruzione di metallo e dalle
altalene, salutandosi l’un l’altro con la mano, mentre in cielo si ammassavano
nuvoloni carichi di pioggia.
Sammy era ubbidiente da piccolo, sebbene non fosse estraneo
ai capricci.
La sua intera vita era stata scandita dalla crescita di suo
fratello, dai suoi capricci e dalle sue conquiste. Ricordava perfettamente i
suoi primi passi, i pianti notturni, il sorriso sdentato e radioso quando, per
la prima volta, aveva detto il suo nome e l’orgoglio che era sbocciato nel suo
petto di bambino ad ogni nuovo progresso.
Forse non era normale, forse era sbagliato, ma prima
di sentirsi un uomo, o un cacciatore, Dean si era sempre sentito un fratello
maggiore.
Era cresciuto senza potersi appoggiare a nessuno, con la
responsabilità di un bambino e l’impossibilità di condividerne il peso.
Sbuffò, realizzando che, finalmente, quel tempo fosse
finito. Sam era cresciuto, sapeva badare a se stesso e, cosa più importante,
sapeva coprirgli le spalle. Forse Gabriel aveva ragione, forse era il momento di
dividere l’onere della loro vita e di sostenersi a vicenda.
Una goccia gli colpi una guancia e Dean alzò gli occhi al
cielo, socchiudendoli quando se ne aggiunsero altre tre. L’istante dopo qualcosa
calò sulla sua testa, coprendolo. Scoprì essere il trench sempiterno di Castiel,
apparso al suo fianco senza annunciarsi, come al solito.
-Ancora?- domandò mezzo esasperato e quello abbozzò un
sorriso, accomodandosi con lui sulla panchina, mentre le gocce cominciavano a
moltiplicarsi, cadendo ripetutamente su di loro.
Ecco l’altro giocatore, si disse Dean, il terzo
moschettiere pronto a seguirlo e spalleggiarlo in ogni momento. Scosse la testa,
ridacchiando sommessamente.
Alzò l’impermeabile e lo drappeggiò sopra la testa del
compagno, coprendo entrambi alla bell’e meglio. Erano vicini e Dean poteva
sentire il lieve profumo della sua pelle – anche se, forse, non era davvero il
suo – e d’un tratto sentì tornare prepotente la sensazione di attesa che
lo aveva colto il pomeriggio prima.
Si voltò a guardarlo, trattenendo il fiato quando si
ritrovò immerso in quel blu intenso che pareva stregarlo.
Qualcuno urlò e poi rise, scappando in cerca di riparo, ma
né Dean né Castiel parvero notarlo. C’era solo il suono scrosciante della
pioggia e la piccola cupola di stoffa che li isolava dal mondo.
Il ragazzo deglutì, pensando che fosse una follia, che
tutto quello non avrebbe dovuto più esserci – non era più una donna, non c’erano
più quegli ormoni a confonderlo – ma questa volta non riuscì a sviare lo
sguardo.
Questa volta il momento non passò e, anzi, parve
prolungarsi a dismisura quando le labbra dell’angelo furono finalmente sulle
sue.
E Dean sospirò, chiudendo gli occhi. Pensò che non gli
interessava davvero il perché; nulla aveva importanza, se non il respiro di
Castiel e il canto della pioggia attorno a loro.
Fine
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