Uscivi
dalla scuola con un debole sorriso sulle labbra, alzando un braccio per
salutare i tuoi compagni di classe, che non ti staccavano gli occhi di
dosso. Oggi sarebbe venuto a prenderti papà, e sapevi
benissimo cosa volesse dire: macchina vecchia e polverosa, variopinte
tinte per capelli scadenti comprate al supermercato e, soprattutto, gli
occhi di tutta la scuola fissati addosso mentre lui ti salutava o ti
scompigliava i capelli o faceva altre cose imbarazzanti.
Sospirando, percorrevi con lo sguardo le macchine parcheggiate, in
cerca della vecchia Ford e del proprietario, fino a che non lo vedesti,
con una mano alzata e sorridente, appoggiato alla fiancata dell'auto.
Di colpo, percepisti la pungente sensazione di essere osservato, e ti
voltasti di scatto. Non c'era nessuno, quasi tutti erano già
andati a casa, tranne una ragazza.
Era quella nuova, lo doveva essere di sicuro. Non avevi capito bene il
suo nome, e nemmeno da dove venisse, ma oggi era stato il suo primo
giorno di scuola a Oakland e tutti l'avevano trattata male, tutti, dal
primo all'ultimo. Sembrava così fragile, così
indifesa, seduta sull'erbetta con i capelli turchesi che svolazzavano
attorno al suo viso e alle cuffie rosso brillante; quei pantaloni blu
che si sarebbero sporcati sicuramente, ti sembrava quasi di sentire la
voce di tua madre.
Girasti la testa di scatto, camminando verso Billie Joe Armstrong.
- Hey Joey. - ti salutò sorridendo, con un cenno del capo,
inclinando la testa di lato leggermente.
- Hey papà. - sbuffasti, alzando appena gli occhi al cielo.
- Ti ho visto, sai? - disse, alzando un sopracciglio e sfoderando un
sorrisino sghembo. Ridacchiò appena, quando alzasti un
sopracciglio a tua volta. - Chi è quella? -
domandò, accennando alla ragazzina sul prato.
- Ah. Boh, è una nuova. - rispondesti, con un'alzata di
spalle.
- E' carina. - proseguì, come se non ti avesse sentito.
- Papà? Ha la metà dei tuoi anni. - sbottasti tra
i denti.
- Intendevo, per te. Vai a parlarle, Joseph. - sorrise incoraggiante,
dandoti una pacchetta sulla spalla.
- Non la conosco nemmeno, e non mi chiamare Joseph.
- Credi che tu esisteresti, se non avessi mai parlato con Adrienne? Vai
a parlarle. Voglio dei nipoti. - sibilò, spingendoti verso
il praticello dove sedeva lei.
Annuisti poco convinto, camminando esitante.
Non appena ti avvicinasti a lei, la ragazza ti bloccò
addosso quei enormi occhioni da cerbiatto cerchiati di nero, dello
stesso colore dei capelli.
- Hey. - sussurrasti, di colpo la tua gola era totalmente prosciugata.
- Che ascolti? - domandasti, accennando all'iPod che stringeva in mano.
- Rancid. Senti, se vuoi rubarmi i soldi, mi dispiace per te, ci ha
già pensato qualcun altro. Non ho un centesimo. -
sbuffò lei, abbassando lo sguardo sulle punte dei suoi piedi.
- Non ti voglio rubare i soldi. Ciao, sono Joey - rispondesti con un
sorriso che speravi potesse sembrare incoraggiante.
- Oh. Ciao. - rispose, spiazzata dalla tua risposta.
- E tu sei.. ?
- Oh. Già. Io sono Ruth. - si presentò,
porgendoti una mano.
- Ruth. Sei nuova, vero? - chiedesti, aggrottando le sopracciglia.
- Sì. - sussurrò, come se rimpiangesse la sua
vecchia vita, avesse nostalgia della sua vera casa, o di un posto che
potesse chiamare tale. - Vengo... vengo dal Michigan. - si
bloccò solo per un attimo, come se volesse continuare, ma
non ci riuscisse, per qualche strana ragione che, incredibilmente,
sapevi riconoscere benissimo. Troppi ricordi. - E tu? - chiese poi
sorridendo, come se niente fosse.
- Io... io vivo qui. Ho sempre vissuto qui, suono la batteria in un
gruppo con qualche amico, sai, al Gilman. E' figo, dovresti farci un
giro. - sorridevi tra te e te, ripensando agli Emily's Army - e vedi
quel quarantenne che ci fissa dietro di me? Quello è mio
padre. Si chiama Billie Joe Armstrong-
Non appena pronunciasti quel nome, gli occhi di Ruth si congelarono, e
lei balzò in piedi.
- Devo andare. - sussurrò, raccogliendo lo zaino e
gettandoselo in spalla. - Ci sentiamo.
Il tuo debole saluto ti morì in gola, mentre giravi su te
stesso e tornavi indietro da tuo padre.
- Com'è andata? - domandò, con un sorriso
smagliante sulle labbra. - Sarò presto nonno?
- Male, e no. - bisbigliasti appena, lasciandoti cadere sul sedile
della vecchia vettura. - E' andata da schifo.
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