End of the world
Note: non so
quanto abbia senso. Scritta per l’ultima settimana del Cow-t,
con il prompt (ovviamente) “fine del mondo”.
* * *
Alla fine, era arrivata. La fine del mondo.
Non che Steven si aspettasse nulla di diverso. Sapeva quanto la
loro situazione fosse disperata già dal primo momento in cui aveva visto quel video
con quegli esseri che gli davano un ultimatum.
«Arrendetevi terrestri, o prima di domani sarete morti.»
Se glielo avessero raccontato, avrebbe riso. Sembrava uno di
quegli stupidi film che parlano di invasioni spaziali, con eroi che all’ultimo
minuto riescono a salvare la situazione.
Con la sola differenza che questo non era un film.
Lui, in effetti, non avrebbe neppure dovuto vederlo, quel filmato.
C’era riuscito solo grazie alle sue abilità di hacker, grazie a cui era sempre
riuscito a ottenere quello che voleva – dopotutto era il miglior hacker della
nazione, se non del mondo, lui – e subito si era pentito di farlo. Se non
avesse saputo che cosa stava accadendo, sarebbe stato tutto più facile. Invece
si era ritrovato in preda all’ansia, perché non poteva sapere cosa sarebbe
accaduto, come sarebbe finita.
Se fosse stato il fottuto protagonista di un film apocalittico
avrebbe raggiunto la casa bianca e si sarebbe intromesso, ma così? Cosa avrebbe
potuto fare se non aspettare in silenzio e sperare che tutto andasse per il
meglio?
All’inizio, a dire il vero, aveva pensato ad uno scherzo.
Dopotutto quel video sgranato e quei sottotitoli posticci in inglese davano
adito a molti dubbi in merito. Ma ben presto una nube nera e circolare aveva
preso posizione accanto al sole di mezzogiorno e vi era rimasta.
Ai tg parlavano di palloni aerostatici e
di sonde metereologiche e la gente sembrava crederci.
E lui non aveva avuto il coraggio di dire la verità a nessuno, neppure ai suoi
cari: quantomeno, se dovevano morire di lì entro breve, si sarebbero goduti gli
ultimi giorni, e non si sarebbero trovati come lui a guardare su nel cielo ogni
secondo e a domandarsi se avrebbe compiuto nuovamente gli anni, se avrebbe
assistito a un’altra nevicata, se avrebbe avuto un’altra vacanza al mare, se
avrebbe vissuto un nuovo natale.
Così,quando accadde, un po’ se lo aspettava, e la paura prese il
sopravvento prima che negli altri – mentre erano ancora impietriti a fissare
quel disco nero – ma in modo più leggero. Non era solo terrore, bensì anche
rassegnazione.
Quando vide il disco accendersi di mille luci e iniziare a
vorticare, dentro di sé sapeva che gli alieni non erano intenzionati a far
trattati di pace e che i negoziati, o la guerra, o qualunque altra cosa avesse
tentato il governo terrestre, aveva miseramente fallito. La gente attorno a lui
indicava il cielo e stava col naso all’insù, malediceva i telegiornali e le
loro ipotesi di sonde e le loro menzogne. Lui semplicemente aspettava.
E quando all’improvviso i portelloni si aprirono e una luce bianca
iniziò a colpire la terra, e tutti cominciarono ad urlare e ad agitarsi e a
correre verso una meta, lui semplicemente chiuse gli occhi e aspettò.
Mentre con le labbra, senza voce, mimava un “addio”.