Un altro dei miei scleri notturni, prima o poi mi curerò
l'insonnia o troverò altro da fare XDD
E' nata da una richiesta di Maya, sono molto contenta che sia servita a
tirarti su il morale ^u^ A che servo sennò???
Tutta per te mon cher ^3^ E per tutti quelli che sanno apprezzare
questo pairing incompreso ma tanto speciale *A* E naturalmente per
chiunque troverà il coraggio di aprire questa pagina XD
Fate Brought
Us Here
Il piccolo locale della base stellare era come
sempre affollato di quelle poche persone che non riuscivano a trovare
pace nei
propri pensieri, durante le insensate ore notturne definite per pura
comodità,
sotto quel cielo sempre nero e stellato, che scandiva lentamente i
giorni che
si susseguivano monotoni, frenetici, ognuno uguale al precedente.
Così erano stati molti anni della vita di Leonard McCoy,
da quando aveva abbandonato la sua cara Terra, la sua amata Terra, per
cause di
forza maggiore, per aver perso la sua famiglia, non poteva
più restare in quel
posto e si era ritrovato a dover scegliere lo spazio.
Per anni aveva rimpianto e maledetto ogni scelta
della sua vita, ogni maledetto giorno che lo aveva portato
lì, ogni singolo
momento… eppure… ora non sentiva
più di poterlo fare.
La crudele monotonia, l’abitudine alla solitudine,
la rassegnazione alla solitudine,
era
stata sapientemente incrinata da due occhi colore dell’oro.
Quell’oro vivo e
brillante, pieno di una genuina gioia di vivere,
dell’entusiasmo sfacciato e
coraggioso tipico della gioventù, che in quel ragazzo
brillava così
ardentemente, nella sua pura fiamma, capace di bruciare ogni cosa in
essa.
Era da lui che ogni singolo momento della sua vita
lo aveva condotto, ogni perdita, ogni maledetta decisione sbagliata lo
aveva
portato lì, a quel ragazzo pulsante di vita che gli sedeva
accanto in quel
momento.
E non c’era più nulla da rimpiangere,
più nulla di
cui pentirsi.
E non c’era più solitudine.
Un timido sorriso apparve sul suo volto maturo,
nonostante avesse poco più di trent’anni, nel
pensare a tutto questo
“Lo trovi buffo?”
Mormorò Jim con un adorabile sorriso imbronciato
mentre posava il bicchiere sul tavolo, Leonard alzò gli
occhi celesti, si
ritrovò a fissare le carnose labbra rosate del giovane
tenente, rese lucide dal
drink che aveva appena sorseggiato, non poté impedirsi di
pensare al sopraffino
gusto che doveva avere quel liquore succhiato da quelle labbra
così morbide
“Bones?”
Il giovane medico scosse leggermente la testa
“Scusami…”
“Non mi stavi ascoltando…”
Leonard sorrise ancora e mandò giù qualche
sorsata
del suo brandy, chiedendosi perché quel ragazzo avesse un
tale effetto su di
lui, dalla prima volta che lo aveva visto era un pensiero costante. La
sua
bocca inclinata in quel delizioso riso innocentemente sensuale, di una
sensualità pura, senza malizia, così
invitante… lo teneva sveglio, smarrendo la
sua mente in mille squisite attività illecite nelle quali
quelle deliziose
labbra potevano essere impiegate…
“Se ti sto annoiando puoi anche dirmelo, cambio
argomento…”
Jim lasciò cadere a quel modo ambiguo la frase,
mentre con la punta dell’indice della mano destra carezzava
appena le dita del
dottore, strette attorno al manico del suo boccale. Lo avevano colpito
da subito
quelle mani, sempre calde, morbide, dolci e delicate eppure
incredibilmente
forti all’occorrenza. Capaci di tenere fermo un paziente
strepitante con una
presa d’acciaio, e abili nel donare carezze amorevoli e di
conforto.
Sognava spesso quelle mani, più spesso di quante
ne potesse contare, bramava di sentirle su di sé, bramava le
loro carezze, la
loro stretta autoritaria. Con la mente annebbiata da questi pensieri,
forse
inconsciamente, si chinò sulla schiena e posò le
sue labbra sul polso dell’amico,
un bacio lieve, una delicata carezza.
“E’ che… sono
stanco…”
La voce del dottore tremò, piacevoli brividi gli
percorsero la colonna vertebrale mentre le labbra di Jim inspiravano
sulla
sensibile pelle del suo polso
“Sì, sono stanco
anch’io…”
Il giovane tenente vuotò il bicchiere, poi si
avvicinò all’orecchio del dottore
“Restiamo altri cinque minuti?”
Sussurrò, facendo bene attenzione a sfiorare il
lobo dell’uomo con la bocca, un sorriso dolce e languido gli
si dipinse in
volto nel vedere un lieve rossore comparire sugli zigomi del bel viso
dell’amico. Il dottor McCoy scosse il capo sorridente e
girò piano il collo,
per incontrare lo sguardo vispo e sornione del tenente. Si
ritrovò a pochi
centimetri dal suo volto perfetto, sentiva il delizioso aroma del dolce
liquore
appena bevuto
“Vado a prenderti un altro bicchiere?”
Jim continuava a sorridere, si alzò in piedi,
tirando il dottore con sé
“Vieni…”
McCoy aggrottò le sopracciglia ma non fu capace di
dire nulla, né di tirarsi indietro, qualsiasi cosa quel
ragazzo era stato
capace di fargli, ora si ritrovava incapace di resistergli, ipnotizzato
dal suo
sorriso, dai suoi occhi, ma soprattutto dall’entusiasmo e
dall’allegria, dal
coraggio, che forse lui non aveva mai conosciuto.
Si rese conto solo in quel momento che nel locale
vi era una musica lenta e costante di sottofondo. Jim si
fermò in un piccolo
spiazzo tra i tavoli semivuoti, si portò le braccia del
dottore intorno alla
vita e si strinse al suo corpo, poggiandogli le mani sul petto e la
testa sulla
spalla
“Non… non è un locale da ballo
Jim… inoltre… non
credo di saperlo fare…”
“Mmm?”
Il ragazzo gli portò una mano ai folti capelli
castani, carezzando tutta la sua nuca, con movimenti lenti e
allettanti, dolci
e stuzzicanti, come quelli del suo bel corpo, stretto a quello
dell’amico
“Ci siamo solo noi Bones…”
Mormorò lasciando soffici carezze con le labbra
dal collo fin sotto l’orecchio, continuando a giocare con le
sue ciocche scure,
e continuando a stringersi a lui, al suo calore, a quella dolcezza e
quella
comprensione sconfinata della quale sentiva già di non
potere fare più a meno.
E si sentì stringere, da due braccia forti, che lo
artigliavano al proprio corpo, terrorizzate di vederlo andar via,
incapaci di
interrompere quel magnifico contatto.
Le voci si acquietarono, la musica scomparve,
persino i pianeti cessarono il loro moto, perché
nell’intero universo non c’era
altro, per entrambi, che quell’abbraccio perfetto, nel quale
ognuno traeva
forza dall’altro, nel quale ognuno trovava
nell’altro ciò che necessitava, ciò
che alla propria anima mancava, in quell’Unione perfetta, che
i due già
sapevano, non si sarebbe più spezzata.
“Solo noi Jim…”.
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