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Capitolo I
Mister Loneliness
La vita di Emma
Gibson scorreva tranquilla, forse un po’ monotona ma non poteva lamentarsi.
Trent’anni, carina
e simpatica, lavorava in uno dei tanti pub della popolosa Boston da circa cinque
anni.
Non era un lavoro
che permetteva grandi lussi, ma le bastava ad essere serena.
In amore la
fortuna era sempre stata altalenante, aveva conosciuto bravi ragazzi e figli di
puttana, ma il risultato era sempre stato lo stesso: le storie finivano.
Tuttavia era
fiduciosa e non avere una vera relazione stabile non le procurava nessun
complesso di inferiorità.
Forse un po’ di
solitudine, quella sì, ma c’erano gli amici a tenerle su il morale.
In sostanza, Emma
era una giovane donna senza grossi problemi esistenziali, con un lavoro
accettabile e una ristretta cerchia di amici affidabili.
Una vita normale,
serena.
Forse fin troppo.
***
Probabilmente era
questo il motivo per cui si era fatta venire quella specie di piccola
ossessione.
Erano mesi che
quell’uomo, quasi tutte le sere, andava nel suo pub.
Ordinava da bere
al bancone, prendeva il proprio bicchiere e andava a sedersi al tavolo più
lontano che c’era restandoci per ore, a leggere scartoffie o a fare delle
telefonate.
Inizialmente Emma
non ci aveva fatto molto caso, considerandolo uno dei tanti scapoli o mariti
insoddisfatti che preferivano passare la serata a bere piuttosto che da soli o
con una moglie bisbetica.
Poi però era
iniziata la curiosità: perché quell’uomo serio e silenzioso passava le sue
serate sempre nello stesso modo?
Non veniva tutte
le sere, no. A volte spariva per giorni tanto che lei pensava non si facesse più
vedere.
Era il modo in cui
passava quel tempo a incuriosirla, quei soliti gesti che non cambiavano mai,
quel bisbigliare sommesso mentre parlava al telefono.
Sembrava un
cospiratore, pensò lei più di una volta.
Era un uomo sui
quarant’anni, attraente anche se non irresistibilmente bello, elegante.
All’inizio aveva i
capelli molto corti, quasi rasati, di un castano chiaro, poi col tempo erano
cresciuti rivelandosi più chiari e quasi ricci.
Non l’aveva mai
guardato direttamente negli occhi, anche perché non era mai capitato che fosse
lei a servirgli da bere, eppure anche da lontano ne aveva capito il colore:
azzurro.
Emma a volte si
fermava a guardarlo per diversi minuti, immobile, per capire qualcosa in più di
quell’uomo misterioso, affascinante e allo stesso tempo inquietante.
Beh magari non
proprio inquietante, ma sicuramente aveva qualcosa di strano.
Lo trovava
interessante…a dirla tutta se ne era invaghita pur non avendoci mai nemmeno
parlato, e forse era uno dei motivi per cui le piaceva.
Senza contare che
non l’aveva mai degnata di uno sguardo.
Cioè, l’unica
donna dietro al bancone e nemmeno uno sguardo? In realtà non guardava nessuno,
se non era necessario – tipo scansare un tipo alticcio che gli stava andando
addosso o farsi strada tra un gruppetto di operai per raggiungere l’uscita – e
questo gettava benzina sul fuoco.
Si sa che spesso
le donne sono attratte dagli uomini misteriosi e talvolta bastardi, e quel
quarantenne dall’aria seria e vissuta sembrava proprio appartenere alla
categoria.
Il problema era
che lui non ricambiava affatto la curiosità, non l’aveva nemmeno notata.
Ma Emma non era il
tipo che si dava per vinta, voleva almeno parlarci una volta, sentirne la voce.
Per curiosità,
niente di più.
***
E una sera, si
presentò l’occasione giusta.
L’uomo, vestito
elegantemente come sempre, fece la sua comparsa alla solita ora, intorno alle
ventuno, si avvicinò al bancone e il destino volle che a prendere la sua
ordinazione fosse proprio Emma.
Sperando di non
apparire nervosa, gli risolve un sorriso cordiale.
“Buonasera, cosa
prende?”
Lui finalmente la
guardò, rispose al sorriso piuttosto freddamente e si sporse verso di lei.
“Un whisky doppio,
liscio. Per favore.”
Dannazione, che
voce.
Calda e profonda
senza risultare roca, e con un curioso accento che non seppe identificare.
E poi quello
sguardo di un intenso azzurro che la mise in soggezione.
Dovette
correggersi sull’età, quell’uomo aveva intorno ai quarantacinque anni anche se
ben portati, ma era decisamente attraente, più di quanto non le fosse sembrato
guardandolo da lontano.
Deglutì a vuoto e
gli versò da bere, lui ringraziò e si portò via il bicchiere, raggiungendo la
sua solita postazione.
Rimase piuttosto
delusa, nonostante l’occasione di parlarsi, quell’uomo non aveva mostrato
particolare interesse.
Eppure era
abbastanza carina…anzi, Emma era piuttosto bella, possibile che non gli facesse
effetto?
Nemmeno uno
sguardo ammiccante o un sorriso malizioso?
No.
Aveva preso il suo
bicchiere e aveva girato sui tacchi.
“Al diavolo…”
imprecò mentre puliva il bancone dall’alone lasciato dal bicchiere.
Pochi minuti dopo,
l’uomo tornò ad ordinare.
“Può darmene un
altro, per favore?” le domandò cordiale.
Emma annuì e prese
la bottiglia dietro di lei, versò il whisky e intanto pensò a cosa dire.
“Quanto tempo ci
metterà a chiedermelo?” proruppe lui, facendola sobbalzare.
“Come scusi?”
L’uomo accennò un
sorriso sornione. “Dicevo, quanto tempo ci metterà ancora per chiedermi cosa
diavolo faccio lì in fondo ogni sera? Perché è questo che pensa ogni volta, dico
bene?”
Lei si schiarì la
voce e cercò di assumere un’espressione distaccata, anche se in realtà provava
imbarazzo e irritazione.
“Ad essere onesta
sì” ammise guardandolo in faccia “sono mesi che viene qui quasi tutte le sere,
si siede là in fondo a bere e a scartabellare fogli su fogli. Non ordina
nient’altro che da bere, non mangia noccioline né ordina il nostro famoso pollo
fritto. Dovrà ammettere che è un comportamento che si attira qualche curiosità,
dico bene?”
Lui prese il
bicchiere e ne bevve un sorso. “In effetti ha ragione, ma vede..vengo qui dopo
cena, dunque non sento mai il bisogno di ordinare. Comunque ora che mi ci fa
pensare, credo proprio che prenderò il vostro famoso pollo fritto…e una birra. È
possibile?”
Emma interpretò il
tutto come una presa in giro, ma fece buon viso a cattivo gioco.
“Certo, arrivano
subito. Può andare ad accomodarsi. Anche ad un tavolo più vicino, le assicuro
che non la disturberà nessuno” gli disse provocatoria.
Per tutta risposta
lui annuì sorridendo. “Ne sono certo, la ringrazio.”
L’uomo misterioso
si allontanò, tornando però al suo posto.
Emma scosse il
capo. “In questa città non si trova una persona normale nemmeno a pagarla”
mormorò.
Diede disposizioni
al cuoco e attese che l’ordinazione di Mister Solitudine fosse pronta.
Che tipo strano.
Sicuramente non era di Boston e probabilmente nemmeno americano.
Aveva proprio una
fisionomia particolare, e anche un modo di muoversi strano, quasi meccanico.
Però la faccia
tosta era quella di un uomo che aveva visto e vissuto di tutto nella vita e che
aveva sempre la risposta pronta a tutto.
“Sveglia ragazza,
l’ordinazione è pronta” disse una voce dietro di lei.
Si voltò e prese
il piatto, poggiandolo su un vassoio, riempì un bicchiere alto di birra e si
avviò al tavolo dell’uomo in blu, che continuava a fare gli affari propri.
“Ecco a lei”
annunciò a pochi centimetri dal suo tavolo.
Lui alzò lo
sguardo e sorrise. “La ringrazio signorina, è stata molto gentile” disse mentre
lei gli posava il piatto davanti.
“Prego, non c’è di
che.”
“Come si chiama?”
domandò l’uomo, inaspettatamente.
Lei sbatté le
palpebre un paio di volte, prima di rispondere.
“Emma. Emma
Gibson.”
L’avventore
solitario le porse la mano. “Piacere di conoscerla Emma.”
La donna accettò
la sua mano e lui gliela strinse con gentilezza.
“Piacere mio. E
lei come si chiama? Sa, si usa dire il proprio nome nelle presentazioni…” gli
fece notare ironica.
Lui sorrise.
“Certo. Io mi chiamo Thomas. Thomas Newton.”
Emma rimase
stupita, non si aspetta un nome assolutamente inglese, ma dissimulò la sorpresa
con un sorriso.
“Ok signor Newton,
la lascio ai suoi affari. Buon appetito!”
Si allontanò senza
aspettare risposta, sicura che Thomas Newton non avrebbe consumato la sua
ordinazione.
Ma almeno aveva
avuto quello che voleva, saperne di più su quell’uomo.
Anche se tutto
sommato, non sapeva niente.
Non ancora,
almeno.
Note d'autore: Eh sì... proprio lui. Sicuramente non è
un personaggio principale, vista l'esiguità delle puntate in cui appare, nè
credo sia particolarmente apprezzato, ma personalmente trovo che sia interessante anche se la sua vicenda finisce in un modo... beh chi
ha visto o sta vedendo la terza stagione, sa di cosa parlo. E poi trovo
Sebastian Roché molto attraente @___@ (se qualcuno segue Supernatural,
potrebbe darmi ragione XD). Spero che questa storia incuriosisca qualcuno, anche
se non so bene ancora come procederà. A presto!
N.B. Storia postata di nuovo per alcune correzioni
apportate.
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