Le bugie hanno le orecchie lunghe e la coda rosa
Le
bugie hanno le orecchie lunghe e la coda rosa
Per quel giorno le lezioni erano ormai terminate, e si prospettava un
pomeriggio piuttosto movimentato all'Ouran Host Club... anche se
sarebbe arduo dire quale non lo fosse.
L'Host Club aveva indetto all'unanimità- o quasi- una delle
sue caratteristiche giornate a tema, tanto per rallegrare un po' le
loro clienti e non cadere nella disgrazia più grande che
potrebbe esserci per un gruppo di intrattenitori.
- E quale sarebbe? - aveva chiesto Haruhi.
- La routine!
- aveva risposto sconvolto il presidente, che rabbrividiva soltanto
all'udire tale parola – Per questo dobbiamo sempre trovare
nuove idee ed escogitare qualcosa che nessuno si aspetta!
-.
Secondo Haruhi era forse l'unico talento che quello scalmanato del
senpai aveva, ma si era limitata ad annuire senza una parola.
"In fondo non può essere peggio di quando si sono vestiti da
donna per farmi rimanere all'Host Club" pensò.
Ma quando, quel fatidico pomeriggio, seppe che il tema prescelto era
"Zingari, nomadi e affini", si accigliò un poco: che diamine
potevano saperne quei ricconi della vita nomade e piena di
difficoltà di un popolo europeo dalla storia millenaria?
- Io farò il "bello zingaro". Ovviamente – non che
a Tamaki importasse molto di antropologia, comunque.
- Capo, che ne dici di Haruhi? Sta bene così, no? - fece
Kaoru, che le aveva sistemato una bandana in testa come primo pezzo del
costume.
- Oh, ma... - secondo lei faceva molto "bella lavanderina", altro che
zingari - ... ma che carinaaa!
-.
Fu lesta a spostarsi di un passo, il minimo necessario
perché Tamaki andasse a finire dritto contro lo specchio,
lui che lo amava tanto.
- Potremmo anche danzare, no? -.
Quando Tamaki si rialzò dallo specchio, poté
notare Hikaru impegnato in un'improbabile danza del ventre, con Haruhi
che lo redarguiva sul fatto che le odalische non c'entravano niente con
gli zingari.
Kaoru si mantenne un po' più nel personaggio e, agguantato
un tamburello, iniziò assieme a Tamaki una danza ritmata che
prevedeva un certo movimento di piedi. Le forze combinate di Hikaru e
del presidente dell'Host Club non servirono, tuttavia, a trascinarvi
anche Haruhi.
- Potremmo danzare su un letto di braci, che ne dite? -.
Haruhi sospirò pesantemente.
- Quello lo fanno i fachiri
in India. E poi non ballano: camminano -.
- Eh, quanto sei pignola! -.
Dal canto suo, Kyōya aveva scelto l'attività più
consona al proprio carattere e, dopo aver letto i tarocchi a qualche
ragazza, dovette accettare di fare la stessa cosa anche per Honey, che
stava insistendo da più di un'ora.
- Anche a me! Anche a me! - strillava con la sua voce angelica, tanto
che più di una ragazza gli lasciò il posto
intenerita. Anzi, Mori stesso lo trasportò solennemente fino
al posto d'onore di fronte alla “cartomante”.
- Ora, vediamo... - Kyōya mescolò le carte, le
spezzò con la mano sinistra come vuole il rito e le dispose
sul tavolo osservandole con attenzione.
- Cosa dicono? Cosa dicono? - chiese apprensivo Honey, stringendo il
suo coniglio di peluche per farsi coraggio.
- Non recano buone notizie – rispose Kyōya, corrugando la
fronte – Le carte dicono... sì, dicono che
qualcuno ti tradisce, nascondendoti la sua vera identità -.
- Che cosa? - il viso angelico di Honey fu sconvolto dallo shock di
tale notizia, tanto che diverse ragazze accorsero per consolarlo
– Hai... hai sentito, Takashi? Sei tu che mi tradisci? -.
- Non credo proprio, Mitsukuni – rispose imperturbabile Mori,
tirandolo su dal mucchio delle ragazze – È l'ora
del tuo sonnellino, andiamo -.
- Ma... ma io devo
sapere! - protestò Honey.
- Si ragiona meglio a mente fresca e riposata –
replicò Mori, al che Honey si lasciò condurre
docilmente verso le coperte. In effetti, anche il suo coniglio sembrava
parecchio stanco.
Honey era ormai tra le dolci braccia di Morfeo, il capo felicemente
sprofondato nel morbido cuscino di piume d'oca- espressamente allevate
per la comodità del suo sonno- quando sentì
qualcuno battergli piano sulla spalla, come per svegliarlo.
Ora, nessuno
all'Host Club si sarebbe mai azzardato a fare una cosa simile, ben
sapendo dei “leggeri malumori” di Honey-senpai
quando veniva svegliato da qualcuno. In effetti la belva che era in lui
stava già per avventarsi contro il malcapitato, ma ogni
ferocia venne meno nel constatare che a svegliarlo era stato nientemeno
che il suo coniglio. Quello rosa. Il suo peluche.
- Sei... sei tu? - fece Honey, sgranando gli occhioni – Puoi muoverti? -.
Il coniglio annuì piano, anche se continuava a tenere gli
occhi bassi.
- Ah! Lo sapevo! - esclamò Honey, raggiante – Lo
sapevo che eri vivo e potevi capirmi! Ma perché ci hai messo
tanto a rivelarmelo? -.
Il coniglio alzò gli occhi nero giaietto, tenendo sempre le
orecchie basse.
- Non ne avevo il coraggio – mormorò poi, tanto
piano che Honey fece quasi fatica a sentirlo.
- Cosa? E perché? Credevi che mi sarei spaventato? -.
Il peluche scosse la testa.
- No, non è per questo. È che... devo dirti una
cosa. E non ti piacerà -.
- Come? Che cosa devi dirmi? -.
- È che sai... io mi sono affezionato a te. Mi piace che mi
porti dappertutto, che mi parli, che mi fai conoscere i tuoi amici...
ma non posso più portarmi dentro questo segreto –
il coniglio alzò la testa – Voglio essere onesto
con te -.
Honey pendeva dalle sue labbra, chiedendosi quale terribile segreto
dovesse mai rivelargli il suo adorato coniglio, cucito per lui dalla
sua amata bisnonna.
- Sai, tuo fratello – il coniglio iniziò la sua
confessione – è sempre stato invidioso del regalo
che ti aveva fatto la vostra bisnonna: per te è rimasta
giorni a cucire un animale di pezza, e a lui niente... così
una volta, mentre dormivi, te l'ha preso per giocarci -.
- Vuoi dire che hai giocato con mio fratello? - Honey sgranò
gli occhi, ma il coniglio sospirò dolorosamente.
- Vedi, giocandoci successe che lo sporcò irrimediabilmente.
Contattò tutte le lavanderie del Giappone, ma si trattava di
una macchia che non poteva più essere tolta.
Così... - il coniglio alzò gli occhi, neri e
sinceri sul tessuto rosa - … lo sostituì. Lo
sostituì con me -.
Honey non disse nulla, incredulo. No, non poteva essere vero.
- Non sono il coniglio cucito dalla tua bisnonna, mi dispiace. Mi
dispiace di essere stato complice di un così orribile
inganno per tutto questo tempo -.
Il mondo attorno a Honey iniziò a frantumarsi, un pezzo dopo
l'altro.
- Tu... tu... impostore!
- gridò, con le lacrime agli occhi. Se la più
grande verità della sua vita non era stata altro che una
bugia, allora l'intera
sua vita poteva essere una menzogna: Takashi era davvero suo amico? E
Haru-chan? L'Host Club era un inganno anch'esso?
- Bugiardo... traditore! - ecco a chi si riferivano le carte di Kyōya:
un traditore che gli nascondeva la propria vera identità.
Scoppiò a piangere disperato: che senso aveva la sua vita,
con un coniglio falso? Perché continuare a vivere?
La vista gli si era ormai offuscata per le lacrime, che scorrevano
irrefrenabili, tanto che non vide il coniglio ridistendersi con aria
colpevole sul letto, né i contorni del sogno che lentamente
sfumavano per tornare alla realtà.
- Mitsukuni! Mitsukuni, svegliati! -.
- Honey-senpai! Honey-senpai! -.
Honey aprì lentamente gli occhi impastati dal sonno:
l'avevano svegliato, ma non era assolutamente dell'umore per avventarsi
contro di loro. La sua vita era appena stata distrutta da una
rivelazione sconvolgente.
- Hai fatto un brutto sogno, Honey-senpai? Ti abbiamo sentito urlare! -
esclamò Haruhi, preoccupata.
- Secondo me si è suggestionato per quello che gli ha detto
Kyōya – fece Tamaki – Dovresti avere un po'
più di tatto! -.
- Io ho solo interpretato le carte – rispose imperturbabile
lui.
- Honey-senpai, che cosa hai sognato? - chiesero all'unisono i gemelli.
- Dev'essere stata tutta la torta che hai mangiato: troppi dolci
provocano brutti sogni – sentenziò Mori.
Honey sembrava incredulo: era stato tutto un brutto sogno? Davvero?
- Ho... ho sognato? - fece, incerto, con la voce che gli tremava.
- Ma certo – rispose Mori rassicurante.
- Oh – quindi... non era vero niente. Quello era il suo coniglio, non
un impostore. Era sempre stato tutto a posto – Mi dispiace di
avervi fatto preoccupare. Adesso... adesso mi alzo -.
Sì, per quel giorno ne aveva abbastanza di dormire. Gli
altri membri dell'Host Club annuirono e si allontanarono, lasciandolo a
stiracchiarsi e ridestarsi con calma.
Honey prese fra le braccia il suo coniglio di peluche, rendendosi
conto, una volta di più, di quanto fosse importante per lui.
Era forse il pilastro delle sue certezze, il suo compagno di sempre,
l'amico che non lo lasciava mai.
Era stato tutto un sogno.
Mentre lo stringeva felice, l'occhio gli cadde su un orecchio del
peluche, piegato in modo da lasciar vedere l'interno. E si accorse di
una cosa che non aveva mai notato prima: una minuscola etichetta nella
parte più interna dell'orecchio sinistro, dove vi sarebbe
stato il timpano se si fosse trattato di un coniglio vero.
“Made in
China”
Questa storia si
è incredibilmente classificata prima al secondo turno del
contest “Narrami
o Musa...” di Æthelflæd. Da
contest, dovevamo scrivere una fic comico-demenziale; inoltre almeno un
personaggio doveva muovere dei passi di danza e tentare di convincere
qualcun altro a farlo. Inoltre- e qui viene il difficile- doveva
esserci un' “identità svelata”: uno dei
personaggi doveva rivelare di non essere ciò che tutti gli
altri pensavano che fosse.
Io ho scritto una
demenzialità senza pretese, che spero possa avervi un po'
divertito. ^^
Lo considero comunque un
tributo al fantastico coniglio di Honey, che dopo la puntata dedicata
ad “Alice nel Paese delle Meraviglie” è
diventato il mio mito!
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