Aprire
gli occhi sulla felicità
[802759]
-Happy
birthday, baseball freak!-
Da che ricordasse, il
giorno del suo compleanno aveva sempre piovuto. Forse perché aprile
si portava dietro la follia di marzo ed era facile che la pioggia
cominciasse a cadere quasi senza preavviso. Ma più quel mese
avanzava e più quella pioggia diventava un velo leggero, come una
nebbia fatta di spilli. Si poteva annusare il suo odore appena aperti
gli occhi, sentirne il suono lieve e ovattato provenire dalla
finestra come un buongiorno malinconico.
Ma a Yamamoto piaceva.
Soprattutto quando era un bambino, quando aveva cominciato a notare
quella strana coincidenza, si era detto che forse era il modo del
tempo di augurargli un buon compleanno.
Poi il tempo era
passato e quel particolare aveva cominciato a sbiadire un po'. Forse
era stato per la morte di sua madre, per il modo in cui la sua vita
era cambiata, per il modo in cui il tempo aveva cominciato a
distendersi in maniera diversa, dando alla sua vita una forma nuova.
Solo la pioggia non era cambiata e, dopotutto, Yamamoto non sembrava
averla dimenticata davvero.
Così come anche lei.
Alla fine era ritornata
sotto una nuova forma, conservando quella sua essenza sfuggente,
eppure sempre presenza e viva. Era tornata da lui e l'aveva aiutato a
scoprire pian piano la sua natura, accompagnandolo in quella nuova
crescita.
Si era trasformata nel
suo elemento.
Anche quel 24 aprile la
pioggia cadeva. Yamamoto non poteva ancora sentirla perché era
profondamente addormentato, avvolto dal calore di un corpo
schiacciato contro il proprio.
C'era la schiena di
Gokudera poggiata al suo petto, addormentato anche lui, e il suo
respiro lento e regolare si scioglieva caldo contro il suo braccio,
finito chissà come intorno alla vita dell'amico e piegato fino a
toccargli quasi il viso. Nessuno dei due aveva la minima idea di
tutto ciò, ma niente sembrava voler spezzare quell'armonia e
dividerli o pensare di svegliarli. Era tutto così perfetto e
silenzioso, tranne per la leggera pioggerellina che cadeva fuori, che
ogni elemento sembrava svolgere un importante ruolo in
quell'equilibrio: le labbra di Yamamoto che sfioravano il collo di
Gokudera, senza toccarlo davvero; il piede di Hayato, finito fuori
dalla coperta, che toccava quello di Takeshi; il modo in cui la
sveglia ticchettava scandendo il ritmo del sonno e aspettando di
suonare per dar vita a un ritmo più frenetico e vitale. Quella
stessa sveglia che aveva continuato a ticchettare fin dalla sera
prima, quando Takeshi e Hayato si erano addormentati entrambi su un
futon diverso sul pavimento della camera di Tsuna, poco lontani l'uno
dall'altro. E non aveva rallentato o accelerato il suo corso neanche
quando Takeshi, agitandosi un po' nel sonno, aveva finito per
sconfinare sul futon di Gokudera, avvolgendogli la vita con un
braccio; aveva cullato Hayato nel sonno, quando aveva rischiato di
svegliarsi e notare i movimenti dell'altro, e gli aveva fatto
accettare quel dolce peso come qualcosa di piacevole, riportandolo
nel mondo dei sogni e facendolo mugugnare soddisfatto.
E poi c'era Tsuna,
addormentato sul letto accanto ai due futon. Un braccio era
mollemente abbandonato giù dal materasso e le dita sfioravano quasi
la mano di Gokudera, che la sera prima aveva caldamente insistito per
voler dormire accanto al letto del Decimo, nel caso in cui si fosse
presentata una situazione di pericolo. E poi non avrebbe permesso a
nessun altro di occupare quel posto, alla destra più vicina del
Decimo. Si era lamentato solo un po' quando Yamamoto aveva
posizionato il suo futun accanto a sé, minacciandolo che se avesse
fatto scherzi cercando di rubargli il posto l'avrebbe fatto saltare
in aria.
Ma poi tutto si era
quietato, soprattutto quando, scattata la mezzanotte, Tsuna aveva
guardato l'orologio e augurato a Takeshi buon compleanno. L'aria era
diventa leggera e l'armonia era tornata ancora una volta. Avevano
festeggiato per un po' e poi si erano addormentati quasi senza
rendersene conto, la luce ancora accesa sul comodino.
Ora tutte le parole
della sera prima, gli scherzi e gli abbracci, sembravano bloccati in
un'eco distante e quasi inudibile.
Quando Yamamoto aprì
gli occhi, la visuale bloccata dai capelli di Gokudera, udì subito
il rumore della pioggia. Sorrise, senza rendersi conto che
effettivamente le sue labbra era poggiate sul collo scoperto di
Hayato e che così facendo avrebbe potuto svegliarlo. Be',
considerando il modo in cui lo stava abbracciando non è che potesse
fare molto: se si fosse mosso anche solo di un centimetro avrebbe
rischiato di venire colpito da una bomba e venire scaraventato fuori
dalla finestra. Trattenne una risata, ma era difficile: veniva
proprio dal cuore. E non era solo la pioggia, il fatto che fosse il
suo compleanno. Era felice perché quel calore che gli inondava il
petto, andando e venendo come una marea che seguiva il respiro di
Hayato, era il regalo più bello che potesse desiderare, così come
il mezzo sorriso che illuminava fiocamente il volto di Tsuna, proprio
lì vicino, a pochi passi da lui. Si trovava vicino a due luci
salvifiche, tra la vita e la felicità, e il suono che faceva era
come quello delle gocce di pioggia, le prime, che bagnano la terra
arida e ridonano quel senso di freschezza e vitalità.
La risata che gli
scuoteva il petto da dentro si rilassò un po' mentre li guardava:
era cambiato tutto da
quando Gokudera e Tsuna erano entrati a far parte della sua vita. Non
credeva neanche, volendo essere precisi, che la vita potesse avere
quell'odore. Per esempio, in quel momento aveva il profumo di
Gokudera e vibrava nell'aria insieme alla sensazione di confusione e
chiarezza che provava quando guardava Tsuna.
La bellezza di quel
momento era talmente intensa che la cosa più meravigliosa era
proprio che, da un momento all'altro, tutto sarebbe finito: se fosse
durato in eterno quella perfezione avrebbe perso quell'intensità
inebriante, capace di calmare per un po' la risata che ora
riposava nel petto di Yamamoto.
Sospirò piano,
scompigliando un po' di capelli di Hayato, e allungò ancora il
braccio che giaceva davanti al viso di quest'ultimo. Afferrò con
delicatezza la mano di Tsuna, abbandonata vicino a quella di
Gokudera, e senza svegliarli riuscì a far sì che si toccassero. Poi
lasciò andare la mano di Tsuna e poggiò la propria su quelle dei
suoi amici.
Così erano al sicuro:
non sapeva da cosa, non sapeva neanche se su di loro incombesse un
nuovo pericolo, ma era così.
Continuò a osservarli
entrambi, mentre dormivano, e a trattenere dentro di sé quell'onda,
pronto a liberarla non appena la sveglia avrebbe suonato.
Per ora voleva restare
così, in quel frammento di tempo così perfetto e quasi immobile, il
sorriso stampato come un brivido sulla pelle di Gokudera e gli occhi
pieni di luce posati sul volto tranquillo di Tsuna.
Bastavano loro tre,
insieme, e il rumore della pioggia come un ricordo sbiadito, eppure
così nuovo adesso, e vivido come l'immortalità.
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