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Osservavo la mia figura riflessa nello
specchio,sentivo ancora il tocco freddo e fermo delle mani di Elijah sulle mie braccia, le loro voci mi ronzavano in mente
diventando sempre più assillanti, era tutto così assurdo. L'unica cosa che
volevo in quel momento era dimenticare,ritornare bambina,come quando dopo un
brutto sogno correvo nella camera dei miei genitori e mi rannicchiavo tra di
loro cullata dal dolce tepore dei loro corpi. Dovevo solo dimenticare ...
Andai verso la camera con l'intento di bere un ultimo sorso di tisana alla
verbena prima di dormire e dimenticare tutto ...
"Bel pigiamino" la voce profonda di Damon
mi distolse dagli assillanti pensieri
"Sono stanca Damon" risposi distogliendo lo sguardo dal suo
"Ti ho portato questa" disse mostrandomi la collana con il ciondolo
alla verbena che i vampiri mi avevano strappato dal collo
"L'avevo data per persa... Grazie" allungai la mano per prenderla ma
lui ritorse il braccio verso di sè impedendomi di
afferrarla "Ti prego ridammela"
"Ho solo una cosa da dirti" si avvicinò sempre più al mio
corpo,lanciai un lungo sospiro e indietreggiai "Perchè
devi dirla con il mio ciondolo in mano?"
"Beh.. perchè quello che sto per dire ... è
forse la cosa più egoista che abbia mai detto nella vita"
"Damon non farlo"
"No,almeno una volta devo dirlo.E tu devi
sentirtelo dire. Ti amo,Elena. Ed è proprio perchè ti
amo che non posso fare l'egoista con te. Per questo non puoi saperlo. Io non ti
merito,ma mio fratello si." sento ancora il tocco delle sue labbra sulla
mia fronte. "Dio,quanto vorrei che tu non debba scordarlo ... ma
devi" un ultima lacrima scivolò sulla sua guancia,chiusi gli occhi e lui
già se ne era andato.
No,non sarei mai riuscita a dimenticare quella sera...
Era passato, ormai, tanto tempo da
quella sera. Eppure, il mio cuore esplodeva al solo ricordo di quelle parole.
C’era qualcosa in me che piano piano stava cambiando,
e ormai, quasi tutti se ne erano accorti. Quella sera, ero affacciata alla
finestra e gli alberi proiettavano strane ombre nel terreno. Qualche macchina
solitaria passava sfrecciando lungo la strada deserta. Una figura attirò la mia
attenzione. Si avvicinava a passo veloce alla mia casa, guardai con attenzione
quella figura tanto familiare e riconobbi Damon. Chiusi la finestra e scesi
piano le scale, aspettando che bussasse alla porta. Come suo solito entrò
tranquillamente. «Bussare no, eh?!» Dissi incrociando le braccia e
appoggiandomi alla ringhiera della scala. «Lasci la porta aperta, devo dedurre
che chiunque possa entrare senza bussare. Cerca di chiuderla la prossima volta.»
Il suo viso era serio e dopo qualche secondo mi passò accanto e si diresse in
cucina. Sospirai, cercando di capire il motivo per cui era in casa mia a
quell’ora della notte. «Ma non hai qualcosa di alcolico in frigo?» Chiese
girandosi con una mano appoggiata al frigo. «Sei venuto qui per bere?» Chiesi
piuttosto stizzita. «Oh andiamo! Scherzavo!» Fece con il suo solito ghigno
stampato in faccia. «Sono venuto a controllarti, in realtà.» Si appoggiò al
bancone incrociando le braccia. «E sentiamo, da cosa esattamente?»
«Da animali paurosi che voglio
mangiarti e magari da qualche lupo in giro che cerca carne fresca.»
Istintivamente guardai fuori dalla finestra, non mi ero minimamente accorta che
ci fosse la luna piena quella sera. «Grazie, ma quello più in pericolo sei tu,
non di certo io.»
«Perdonami se mi preoccupo per te.» Fece
continuando a fissarmi.
«Grazie. Ma non ne ho bisogno. So
badare a me stessa.»
«Oh certo, come sempre. Stefan a quanto pare non la pensa così.» Sbuffai
infastidita da quella conversazione. «Senti, si può sapere perché sei qui? E
non provare a inventarti qualche altra stupida scusa.»
«Mi chiedo perché, qualsiasi cosa io
faccia, sia messa sempre in discussione. Sto di giornata a pararti il culo, e
non solo io, e tu credi di sapercela fare da sola.»
«Vorrei forse ricordarti, che non sono
stata io a chiedervi di proteggermi?»
«Naturalmente, e chi se lo scorda.»
«Hai finito?» Chiesi incrociando
anch’io le braccia e sostenendo il suo sguardo.
«Di fare?»
«Di continuare a farmi la predica su
quanto sono stupida.»
«Ah bene, allora se già sai che sei
stupida posso andarmene.» Gli lanciai un’occhiata carica di fastidio. «Scherzavo.»
Disse facendo il suo solito sorriso.
«Va bene, adesso che so che non ti sei
suicidata e che non sei andata dritta nelle braccia di Klaus posso anche andare
a bere qualcosa.» Restai in silenzio aspettando una specie di motivazione al
fatto che era li, in casa mia. Ma a quanto pare non ne aveva alcuna intenzione.
Infatti si diresse verso la porta di casa. Restai ferma dov’ero e aspettai che
la porta si richiudesse.
«Ci vediamo Elena! Non ti fare
uccidere!» Sentii una risata e poi il rumore della porta d’ingresso chiudersi.
Sospirai e salii in camera stendendomi
sul letto. Nessuno riusciva a capire che avrei fatto di tutto pur di salvare le
persone a me care. E Damon non voleva capire che una delle più importanti era
lui. Ero stata egoista a non rivelargli che quella maledetta sera non avevo
dimenticato nulla. Le sue parole mi erano rimaste impresse nella mente,
riuscivo ancora a sentire il tocco delle sue labbra con la mia fronte. Lui non
sapeva, credeva che avessi dimenticato tutto, così come sarebbe stato giusto
fare. Qualcosa in me scattava al solo vederlo, il mio cuore iniziava a battere,
ma le mie parole lo allontanavano ogni giorno di più da me e dalla mia vita. La
mia mente non avrebbe mai ammesso di essere innamorata di Damon, il mio cuore
l’aveva già fatto da un pezzo.
La mattina seguente mi svegliai di
soprassalto, Stefan era coricato accanto a me e mi
fissava sorridente. Mi baciò piano, come era solito fare ogni mattina. Eppure
già da qualche tempo continuavo a desiderare che al suo posto ci fosse Damon.
Ma quel pensiero veniva subito schiacciato dai sensi di colpa verso Stefan. «Buongiorno.» Mi disse dandomi un altro leggero
bacio. «Giorno!» risposi io sorridendo. Ogni parola con qualsiasi persona,
sembrava essere l’ultima, ogni saluto sembrava essere un addio. La paura che
Klaus sarebbe apparso da un momento all’altro era troppa. Quella sera ci sarebbe stata la festa anni ’60
della mia scuola, e avevo intenzione di divertirmi più che potevo. Avevo deciso
di incontrarmi direttamente li con Stefan, avevo
bisogno di passare un po’ di tempo con le mie amiche, come se nulla fosse mai
successo. Bonnie arrivò molto presto, mentre Caroline
doveva sicuramente essere a fare rifornimento di energie. Dopo aver parlato una
buona oretta con Bonnie di argomenti ormai quotidiani
come il problema di Klaus, mi fece una domanda che non mi aspettavo. «Che sta
succedendo con Damon?» Rimasi un po’ spiazzata, non capendo il senso di quella
domanda. «Che cosa vuoi dire?»
«Beh, vi vedo più vicini in questi
tempi…sai, dopo quello che ha fatto a Jeremy.»
«E’ normale, infondo gli voglio
comunque bene. Anche dopo tutto quello che ha fatto.» Cercai di fare un
sorriso, ma sinceramente non avevo idea di quale espressione fosse venuta
fuori.
«Sarà, ma vedo come lo guardi. E un
amico non si guarda in quel modo.» Non so per quale motivo, ma la sua faccia
era piuttosto seria, come se stesse parlando di Klaus o di qualche argomento
pericoloso. La mia salvezza fu Caroline, che bussò alla porta proprio in quel
preciso istante. Sospirai di sollievo e andai ad aprire sorridente per essere
scampata a quella domanda.
Arrivati nella sala della scuola,
naturalmente vestite a tema, cercai con lo sguardo Stefan,
ma non lo vidi da nessuna parte. Guardai indietro per vedere se almeno Caroline
e Bonnie fossero ancora dietro di me. Ma Bonnie era scomparsa, probabilmente era andata con Jeremy. Mi
sentii afferrare per un braccio, era Caroline che mi trascinava da qualche
parte. Capii il suo intento, aveva visto Stefan e
Damon. Salutai Damon con un cenno e diedi un bacio a Stefan.
La musica era assordante e non si sentiva quasi nulla. Io e Stefan
ci buttammo nella mischia e iniziammo a ballare. Ma la mia testa non era li. Il
mio sguardo cercava in continuazione Damon, senza alcun risultato. Stefan dovette accorgersene perché continuava a chiedermi
chi stavo cercando. Dopo esserci stancati abbastanza, ci avvicinammo alle
bibite, dove trovammo Damon intento a parlare con fare provocatorio con una
ragazza. Non so se fosse il fatto che Damon ci provava con una ragazza o per
qualcos’altro, ma mi sentii invadere da una strana rabbia.
«Senti un po’, posso rubarti Stefan per un ballo?» Caroline spuntò poco dopo e mi
sorrise prendendo Stefan sottobraccio. Mi fece
l’occhiolino non so per quale motivo, io annuii confusa e li vidi allontanarsi,
cercando di farsi spazio tra la gente che ballava. Mi voltai verso Damon e mi
avvicinai. «Ciao Elena!» Gridò cercando di farsi sentire, la ragazza mi
lanciava occhiatacce. «Qualche problema?» Mi chiese poi. «Nessuno! Volevo solo
chiederti se…ecco…se ti va di ballare!» Pensavo non avesse capito una parola di
quello che avessi detto, ma dopo aver fatto una faccia abbastanza stranita annuì
e mi prese per mano dirigendosi verso la pista, ignorando completamente la
ragazza che ci guardava malissimo. Ballammo per non so quante minuti, che
potevano essere ore magari. Ci fermammo ridendo entrambi e ci avvicinammo a dei
divanetti. «Non pensavo fossi così bravo a ballare!» Dissi sorridendo e
sedendomi accanto a lui. «Cosa?! Stai parlando con Damon Salvatore cara Elena!»
Sorrisi, era sempre il solito. Ad un tratto diventò serio in volto. «Che
succede?» Chiesi preoccupata guardandomi in volto. «Non lo so…c’è qualcosa di
strano.» Si alzò e io feci lo stesso prendendo istintivamente la sua mano.
Damon fece intrecciare le dita con le mie, quel gesto mi provocò un tuffo al
cuore, sembrava che da un momento all’altro potesse esplodermi sul petto. Non
so il motivo per cui lo feci, probabilmente non era la situazione giusta, ansi
non lo era completamente. «Non ho dimenticato quella sera.» Mi uscì come un
fiume in piena, come se quel contatto con la sua mano fosse la goccia che fa
traboccare il vaso. «Che diavolo stai dicendo?» Continuava a guardarsi intorno
cercando chissà cosa. «Mi ricordo tutto, ricordo tutto ciò che è successo
quella sera, quando mi hai riportato la collana.» Damon si fermò di botto e
lasciò la mia mano. Non si voltò neanche, era rimasto quasi paralizzato da una
forza invisibile. «Avrei dovuto dirtelo prima, lo so ma…» Vidi che continuava a
restare immobile. «Ti prego guardami.» Mi avvicinai alla sua spalla e gli presi
nuovamente la mano, lui si girò piano verso di me. «Io…perché diavolo non me
l’hai mai detto?» Sbottò d’un tratto. «Eppoi ti
sembra questo il momento, probabilmente c’è Klaus qui in mezzo a noi, e tu
vieni a dirmi una cosa del genere?»
«Klaus…è qui?» Chiesi spaventata, la
mia voce tremava e iniziai a guardarmi intorno anche io. «Che significa?»
«Significa che siamo in pericolo, e
che probabilmente moriremo tutti. Vuoi qualche altra spiegazione?» Era
arrabbiato e non potevo biasimarlo.
«Forse è perché moriremo tutti che ti
ho detto questo.» Si sentì un enorme boato e la luce si spense. Tutti i ragazzi
in sala cominciarono ad urlare in preda al panico. Damon mi strinse la mano e
mi avvicinò a sé. «Stammi vicino e non fare niente di avventato.» Avevo paura,
paura che tutto quello che avevo visto quella stessa mattina potesse scomparire
in un attimo. Avevo paura di morire, avevo paura di perdere le persone più
importanti. Avevo paura di perdere Damon. Forse fu proprio quella paura che mi
fece fare la cosa più stupida eppure forse la più intelligente che avessi mai
fatto. Cercai il volto di Damon con la mano e dopo averlo trovato mi avvicinai
a lui dando vita a un bacio che avevo sognato e desiderato da tanto, troppo
tempo per ammetterlo a me stessa. Non so quale fosse la faccia di Damon, ma
dopo qualche interminabile secondo ricambiò il bacio con foga. Non so quanto
tempo passò, a me sembrarono anni eppure avrei voluto durasse per sempre.
Quando ci staccammo appoggiò la fronte contro la mia e sorrisi. Un sorriso che
probabilmente era il più vero di tutta la mia vita, era un sorriso carico d’amore,
ma pieno di tristezza, consapevole che probabilmente quello sarebbe stato
l’ultimo. Non so cosa mi fece pensare che Damon avesse sorriso anche,
d’altronde non vedevo nulla, ma sapevo o forse speravo che avesse sorriso anche
lui consapevole che da un momento all’altro qualcosa di spaventoso sarebbe
successo.
Chiusi il diario sorridente, e
appoggiai la penna sulla scrivania. Mi alzai e presi il cappotto. Mi aspettava
una giornata fantastica, e sarebbe stata la prima di una lunga serie.