The Rules of Contractors
The First Rule
(Once
you are
inside, you have to obey)
A San
Francisco come al solito non faceva né freddo né
caldo, la nebbia era l’unica
cosa che ti accoglieva, una volta entrato in città.
Chris si
era alzato tardi quella mattina, primo giorno a casa dopo una lunga
trasferta
nella calda e misteriosissima India, la notte prima non aveva fatto in
tempo a
rientrare nel suo appartamento che era crollato sul letto, senza
nemmeno
spogliarsi del tutto.
Si era
finalmente fatto una doccia normale, levandosi l’ odore di
lunghissime ore di
viaggio da dosso, il colorito abbronzato lo aveva piacevolmente stupito
allo
specchio: almeno un punto a favore di quel lavoro.
La sua
vita si poteva classificare come complicatissima e Chris ogni mattina,
mentre
faceva i soliti gesti automatici come prendere la posta, farsi il
caffè e
leggere il giornale, ci rifletteva, vedendo se era riuscito a
sgarbugliare
qualcosa, ma puntualmente si rendeva conto che, esagerando, aveva
combinato
qualche altro casino.
Ventinove
anni suonati, non aveva molti amici,
non
aveva un partner fisso,non sentiva i parenti da anni,
forse prima o poi si sarebbe preso un cane.
Metà delle persone che conosceva ignorava cosa facesse nella
vita, l’altra metà
sapeva una bugia.
La prima
regola del gruppo era che una volta dentro dovevi obbedire. Chris
obbediva,
perché da anni non faceva altro. Gli era stato detto che
doveva evitare di
rivelare chi fosse realmente, Christopher aveva trovato la cosa
seccante ma
aveva obbedito: dopotutto era per l’incolumità di
tutti quanti.
Chris
faceva parte di un’organizzazione che faceva contratti per
militari mercenari e
servizi speciali. Negli Stati Uniti era una professione abbastanza
nota,
nonostante non fosse normale incontrare qualche
‘contractor’, per citare gli
inglesi ed il loro senso di buon gusto. Lui non era un militare, era
assegnato
in una sezione composta da diversi gruppi, sezione che si occupava
delle cose
più disparate, cosa che sapeva per esperienza personale.
I vari
gruppi non si conoscevano personalmente, ognuno dei componenti aveva un
fascicolo numerato e tutti loro non
erano nient’altro che la successione, forse casuale, di
quattro numeri.
Chris era
il 1523, non che saperlo gli fosse mai servito a molto.
Ogni
gruppo aveva delle regole dettate dall’alto, nessuno di loro
aveva contatti con
i capi dell’organizzazione o con altri gruppi, solo il
responsabile della
logistica aveva relazioni per ricevere le missioni, ma nessuno sapeva
specificatamente chi le mandasse o chi fosse il mandante.
Era una
vita difficile, non si avevano molti legami e loro tutti erano stati
scelti
proprio perché non ne avevano, lui ad esempio era stato
cacciato di casa
all’età di diciotto anni ed al di là di
un amico stretto non aveva mantenuto
rapporti duraturi con nessuno.
Da che ne
sapeva lui, non era impossibile uscire dall’organizzazione,
né vietato,
soltanto era convinto che dopo tanti anni passati sul campo, la vita
normale
non facesse per nessuno di loro.
In India
lui ed il suo gruppo, avevano dovuto recuperare dei fascicoli su di
un’altra
organizzazione privata e c’erano volute due settimane per
capire come inserirsi
nel sistema ed almeno un mese perché uno di loro riuscisse
ad infiltrarsi tra
le fila della ditta, ma il lavoro era stato comunque soddisfacente,
erano
riusciti a non destare l’attenzione e soltanto una volta in
viaggio
probabilmente gli avversari si erano resi conto della falla nel sistema. Una missione semplice,
dopo quattro mesi di
inattività ed un nuovo membro: Jordan, donna di trentadue
anni, sostituta di
Jennifer, deceduta a ventisei anni, una perdita che ancora nessuno di
loro
aveva il coraggio di metabolizzare.
Nel suo
gruppo erano sette, loro erano la sua famiglia, i suoi amici, il suo
mondo, i
piccoli ritagli esterni che si regalava erano solo per il suo amico
d’infanzia
Alexander, medico trasferitosi da qualche anno con lui a San Francisco,
lui
rientrava nella metà delle persone che su di lui sapevano
una bugia, per suo
sommo rammarico. Quella mattina avrebbe fatto un salto in ospedale a
fargli
vedere che il suo viaggio d’affari era finito e lui era
tornato sano e salvo a
casa, gli avrebbe offerto il pranzo, organizzato la serata e lo avrebbe
riaccompagnato al suo villino, tutto con un sorriso enorme sulle
labbra, con la
spensieratezza di una persona a cui andava tutto bene.
Doveva
mentire.
La prima
regola del gruppo era che una volta dentro, dovevi obbedire. Chris
obbediva,
perché da anni non faceva altro. Chris mentiva ad Alexander
perché gli era
stato imposto. Per questo, ogni volta, non poteva che considerarsi un
traditore.
Aveva
avvisato il medico con messaggio e l’altro si era fatto dare
appuntamento alle
due davanti l’ospedale nel quale lavorava. Da che Chris
potesse ricordare, Alex
c’era sempre stato nella sua vita, erano cresciuti in una
piccola cittadina
sulla baia, praticamente porta a porta, ed Alexander nonostante fosse
due anni
più grande di lui, era sempre stato il suo migliore amico.
Quando i
suoi genitori avevano scoperto della sua omosessualità e
cacciato di casa,
Alexander allora studente al college si era offerto di ospitarlo nel
campus, ma
Chris aveva declinato ed era andato a vivere da solo, finendo con
l’essere
reclutato come mercenario. Il passaggio che l’aveva portato
nell’organizzazione
non lo sapeva nessuno al di fuori di lui e dell’uomo che
l’aveva allenato, di
cui sicuramente gli era stato riferito un nome falso. Christopher,
nonostante
fosse stato molto più giusto, non era mai riuscito a
troncare i rapporti con
Alexander, era qualcosa di troppo importante perché lui
potesse anche sognarsi
di poterne fare a meno.
“Ehilà
testa bionda, ma sei andato a lavorare o a farti una
vacanza?” Alex aveva
sempre la stessa aria arcigna. Era alto almeno un metro e
ottantacinque, era
proporzionato con le spalle larghe e la muscolatura scattante e
soprattutto era
moro con degli occhi verdi da infarto.
“Ho
lavorato, ho lavorato, ma come al solito mi sono fatto anche un
po’ dei miei
giri!” rispose Chris girandosi verso di lui, accogliendo la
mano pesante che
gli scompigliava i capelli con un sorriso sincero. A differenza di
Alexander,
lui aveva dei capelli biondi perennemente scarmigliati ed era alto
esagerando
un metro e settantasette centimetri. Non si poteva dire proprio esile,
ma di
certo la muscolatura che aveva, non svelava il tipo di lavoro a cui era
dedito.
“Come
al
solito, un giorno andrò anche io in vacanza!”
Christopher rise appena, mentre
l’amico gli faceva cenno di andare nel parcheggio.
“Ne dubito fortemente,
saresti in grado di farti venire un esaurimento nervoso e non lasciare
i tuoi
pazienti” Alexander sembrò sbuffare divertito
dandogli ragione, mentre
raggiungevano la nuova moto rossa fiammante del medico.
“Hai il
dovere di raccontarmi tutto sull’India” disse il
moro mentre gli porgeva il
casco e Chris annuiva, prendendo immediatamente la sua solita aria
giocosa. “Tu
hai il dovere di portarmi in giro per locali sta sera”
controbatté quindi il
biondino, mentre il medico sbuffava questa volta annoiato e si infilava
il
casco nero in testa. “Vediamo se il tuo racconto mi
convince” Alxander salì
sulla moto e l’accese, mentre Christopher lo seguiva poco
dopo sul posto
passeggero, stringendosi a lui. “Allora sta sera ci
divertiremo un mondo”
commentò solo, mentre il rumore dello scarico riempiva
l’aria, e il groviglio
di nervosismo che si portava nello stomaco si allentava.
Alla fine
Chris aveva convito Alexander ad andare a ballare in discoteca,
nonostante
sapesse che al massimo Alexander si sarebbe seduto ad un tavolo a bere.
Aveva
allargato un po’ la notizia agli altri, e Morgan, Jordan ed
Allison, tre membri
del suo gruppo avevano deciso di unirsi a loro due.
Alexander
li aveva conosciuti sotto le mentite spoglie di suoi colleghi di lavoro
e non
si era posto troppe domande sulla natura del rapporto che li legava,
così come
non aveva fatto troppe domande quando gli aveva riportato, con il vuoto
negli
occhi, le cause ‘ufficiali’ della morte di Jennifer
e la sua sostituzione
qualche mese dopo con Jordan. In quel momento della sua vita il medico
aveva
provato a stargli vicino come poteva, ma ovviamente l’essere
intrappolato in
una menzogna non aveva aiutato Chris a trarre reale conforto dalle
parole
dell’amico.
All’improvviso,
senza rendersene conto, era andato avanti e con lui tutto il resto
della sua
famiglia, lo spettro aleggiava sulle loro teste e nei loro cuori, ma
non li
opprimeva più come un macigno.
Quella
sera avrebbero festeggiato la riuscita della loro prima missione con
Jordan,
nonostante non fossero tutti presenti.
Alexander
si era presentato puntualissimo sotto casa sua, mentre il biondino si
infilava
la leggera giacca di pelle ed apriva il cancello, pronto ad uscire ed
ad
affrontare col sorriso quella serata, cosa che invece il medico non
sembrava
troppo disposto a fare, visto lo sguardo arcigno che mostrava con la
visiera
del casco alzata. Chris era salito sulla moto salutandolo caloroso e
spiegandogli dove si trovasse il locale dove avrebbero passato la
serata e poi
aveva passato tutto il tempo del viaggio a stringere Alexander per la
vita,
beandosi del suo calore.
Appena
arrivati Morgan, Allison e Jordan li attendevano quasi
all’entrata, mentre la
fila per entrare nel locale si sfoltiva velocemente.
“Ehilà
Chris siamo qui, siete in ritardo!” gli aveva urlato
immediatamente Allison,
saltellando su dei tacchi vertiginosi. Allison prima di lui era la
solare del
gruppo, svolgeva le mansioni logistiche, era alta appena un metro e
sessanta ed
aveva dei foltissimi ricci castani ad incorniciarle un dolce viso
ovale,
l’opposto di Jordan, alta almeno un metro ed ottanta, corti
capelli a caschetto
neri ed il volto sempre incolore. “Non siamo in ritardo siete
voi in anticipo,
dite un po’, lo ricordate Alexander?” i ragazzi
annuirono e dopo
qualche saluto di circostanza
entrarono nell’affollato locale, cercando un tavolo dove
appoggiare la loro
roba.
“Allora
ragazzi, che prendiamo da bere?” disse appena sistematasi
Allison, mentre
sfogliava un menù assorta. Jordan scosse le spalle,
leggiucchiando con la
castana il menù, mentre Morgan ed Alexander si guardavano
con un’ostile apatia,
cosa che avevano fatto dal primo momento in cui si erano conosciuti.
Non sapeva
il motivo, ma per quei due di andare d’accordo non
c’era verso: erano molto
simili nei modi di fare e nelle abitudini, ma se Alexander era molto
posato e
riflessivo, Morgan era più diretto ed irruento, soprattutto
se perdeva la calma
e questo piccolo dettaglio bastava a farli detestare amabilmente.
“Io direi di
cominciare con un bel brindisi a Jordan e quindi una bella bottiglia di
prosecco!” propose allora Chris, mentre aspettava che i due
amici gli facessero
un po’ d’attenzione. “Sì, fai
un po’ come vuoi” lo liquidò
immediatamente
Morgan, mentre Alexander annuiva, levandosi la giacca elegante e
rimanendo con
una morbida camicia bianca.
“Ed
allora
brindisi sia!” Allison era saltata sul divanetto entusiasta,
sotto lo sguardo
stralunato di Jordan, che cercava di tirarla giù.
La serata
non era stata per nulla movimentata, Chris era riuscito a ballare con
Allison e
Jordan, ma dopo un po’ aveva dovuto rinunciare a muoversi
come voleva, dato che
il locale era stato preso d’assalto. Mentre tornava al loro
tavolo aveva
incrociato Morgan al bar, che gli aveva confermato che tutto era
tranquillo e
che probabilmente avrebbero sofferto di altra immobilità per
qualche tempo.
Christopher aveva accolto la notizia con favore, mentre si fermava sul
profilo
forte di Morgan, alto più o meno come Alexander, ma
più grosso di lui, era
bello, nonostante non fosse propriamente un adone come magari poteva
essere
visto il migliore amico.
Qualche
spintone dopo, Chris era riuscito a raggiungere il tavolo, solo per
ritrovarlo
vuoto, sbuffando, aveva letteralmente trangugiato quello che rimaneva
del
superalcolico che aveva ordinato dopo il loro brindisi e con la testa
leggera
si era messo alla ricerca del gruppo. Diverse mani lo bloccarono lungo
la via,
ragazze e ragazzi che lo invitavano a ballare, lui declinò
gentilmente tutti
gli inviti, prima di decidere che in realtà, il perdersi
nelle braccia di
qualcuno, lo interessava, a patto che fosse soltanto per qualche
fulgido ed
eccitante momento.
Nella
calca, due occhi neri che lo fissavano, lo catturarono e lo spinsero a
gettarsi
nella folla, per
raggiungerli. Nel giro
di qualche minuto era tra le braccia di un uomo sulla trentina
d’anni, non
stupendo, ma con un fisico asciutto e degli occhi fin troppo
penetranti.
Chris non
avrebbe ricordato molto di quei momenti, soltanto che avevano ballato,
si erano
strusciati l’uno sull’altro ed avevano deciso che
avrebbero cambiato luogo,
spostandosi nell’appartamento a qualche isolato dal locale
del misterioso uomo
dagli occhi color della notte. Ricordava bene gli occhi di Morgan, che
lo
guardavano gelidi mentre lo vedeva uscire accompagnato dal locale,
ricordava la
sensazione di sbagliato che aveva provato vedendo quello sguardo,
ricordava
bene la sensazione di leggerezza che lo aveva preso allo stomaco, una
vola
entrato nell’elegante macchina nera dello sconosciuto, di cui
non ricordava
nemmeno il modello.
Quella
notte per Christopher fu l’oblio, mentre abbracciava
l’uomo di fronte a lui, si
rese conto che aveva soltanto bisogno di dimenticarsi per qualche
istante del
gruppo, di Alexander, di Jennifer e di se stesso. Chris capì
che non era
possibile, nonostante la nuvola dell’alcool
l’avvolgesse e lo sconosciuto sopra
di lui facesse del suo meglio per farlo stare bene.
Si
sentì
intrappolato, prima che l’eccitazione lo cogliesse e
smettesse di ragionare.
La mattina
dopo si alzò all’alba, raccolse i vestiti in
silenzio e contò le chiamate di
Morgan e Alexander sul cellulare. Sette chiamate, avrebbe dovuto dare
parecchie
spiegazioni e bugie, ancora bugie. Mentre si infilava i pantaloni
strettissimi
e la t-shirt l’uomo con cui aveva condiviso la notte si
svegliò, aprendo gli
occhi neri e sospirando di piacere, stringendogli un braccio alla
schiena.
“Mi
abbandoni così, senza salutare?” Chris sorrise,
piegandosi su di lui e
depositandogli un casto bacio sulle labbra socchiuse, senza
rispondergli
veramente.
“L’avevo
capito che eri sfuggente e selvaggio, ma non credevo fino a questo
punto…”
aveva continuato l’altro, mentre Christopher ridacchiava,
ancora senza
rispondere. “Io sono Marcus, credi ci sarà la
possibilità per noi di
rivederci?” chiese allora l’uomo, mentre il
mercenario si alzava dal letto,
finendo di vestirsi, infilandosi le scarpe e sparendo oltre la porta
della
camera da letto senza rispondere. “Ehi…non mi hai
risposto, posso sapere almeno
il tuo nome?” Marcus si era alzato dal letto in boxer
rincorrendolo all’uscio,
Chris si girò verso di lui riflettendo qualche secondo.
“Millecinquecentoventitre”
rispose allora Christopher guardandolo negli occhi, aspettando la sua
risposta.
“Mi stai prendendo in giro, guarda che io ero
serio…” ma il biondo abbassò il
capo, ghignando e salutandolo con un cenno della mano.
“Lascia stare, Marcus,
magari un giorno ci rincontreremo in qualche bar e lo
rifaremo…” disse allora
semplicemente, mentre usciva fuori dall’appartamento,
chiudendosi leggero la
porta alle spalle.
Dopotutto
era a quello che si riduceva, un numero, una menzogna, un momento di
distacco
totale dalla vita di sempre.
Lui doveva
soltanto obbedire, era da anni che non faceva altro.
Note:
Contractors
è il termine inglese per definire le milizie private, usato
al posto di
mercenario, ritenuto dispregiativo.
I
mercenari generalmente sono soldati assoldati per prendere parte a
qualche
guerra, io su questa storia mi sono presa un po’ di licenza!
Negli USA
le milizie private sono legali, a differenza della maggior parte dei
paesi
europei, per saperne di più vi rimando alla pagina
‘mercenario’ di Wikipedia.
Note
dell’autore:
E’
sempre
difficile cominciare una nuova storia.
Il primo
capitolo è una di quelle cose che mi mette in crisi, si deve
dire poco,
presentare personaggi, alcune relazioni. Questa storia
prenderà una nota molto
vivace da subito, l’immobilità mi annoia, quindi
potremo divertirci subito!
Mi scuso
in anticipo perché non sarò veloce con gli
aggiornamenti, ho una fan fiction in
corso di Axis Powers Hetalia e l’università da
concludere!
Un bacio a
tutti quelli che hanno letto, aspetto i vostri commenti!
Next:
Second
Rule “Never draw the attention”
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