L’Ultimo
Unicorno
La sua mamma le aveva sempre detto di non allontanarsi troppo; la
foresta era ricca di misteri che non potevano essere compresi e di
pericoli dai quali era difficile scappare.
La curiosità e la voglia di raccogliere i fiori
più belli per farle un regalo, tuttavia, spinsero Alys a non
rispettare il divieto.
Lasciò il sentiero principale e
s’inoltrò tra una serie di alberi che, in una
giornata di sole limpida come quella, non avevano un aspetto
minaccioso, anzi, sembravano invitarla a procedere, rassicurandola.
La bambina raggiunse ben presto un’ampia radura: il verde del
manto erboso riluceva alla luce solare ed era adornato da una miriade
di fiori di ogni forma e colore. Il bianco delle margherite si
alternava al viola dei fiordalisi, al tenue azzurrino dei Non ti
scordar di me, fino al giallo chiaro delle primule.
La primavera era la sua stagione preferita: i prati si riempivano di
tutti questi colori e lei adorava raccogliere fiori per adornare la
loro casetta nei pressi della foresta. Tuttavia, non aveva mai visto un
luogo così pregno di colori di ogni genere e i suoi occhi
s’illuminarono di colpo.
Dopo un primo momento di pura estasi, iniziò a correre a
piedi nudi sul manto soffice del prato, guardando meglio quei fiori
sì da scegliere il più adatto per la sua mamma.
Era molto indecisa sulla scelta, ma alla fine optò per un
bel mazzo di fiordalisi. Iniziò a raccoglierli con cura,
mentre canticchiava serena una dolce nenia.
I minuti passarono in fretta,
trasformandosi ben presto in ore, e la luce dorata del sole
lasciò ben presto il posto alle tonalità violacee
del crepuscolo. Si stava facendo molto tardi ed Alys decise che era
meglio tornare subito indietro, prima che il buio totale la
sorprendesse e non riuscisse a trovare più la strada di casa.
Avanzò più cauta cercando di rammentare la strada
dapprima intrapresa, ma la foresta le appariva più
minacciosa e gli alberi, in un primo tempo accoglienti, ora sembravano
mostri dalle lunghe braccia pronti a stritolarla non appena vi fosse
passata accanto.
Il suo cuore prese a battere con furia accecante, mentre strinse a
sé quei fiori raccolti come nel vano tentativo di
proteggerli e proteggersi.
Più avanzava, più non riusciva a rammentare
quella strada. Era passata davvero di lì? Oh, non era
così che la ricordava.
Decise di non perdersi d’animo e scelse un'altra via, ma
neanche quella sembrava giusta. Era come perdersi all’interno
di un labirinto senza uscita; ma come le era stato raccontato nelle
storie, ogni labirinto ne aveva una e doveva assolutamente trovarla.
Altri minuti scorrevano impertinenti. Il
tempo sembrava accelerare come a volersi prendere gioco di lei. Alys
iniziò ad avere davvero paura. Ogni minimo rumore la faceva
sobbalzare; si guardava intorno, come se temesse che, da un momento
all’altro, spuntasse fuori un lupo affamato o magari dei
briganti. A lungo avevano narrato di avvenimenti infausti per chi si
fosse addentrato nella foresta di notte.
Oltre ai normali pericoli di animali o uomini minacciosi, spesso
avevano sentito i lamenti incessanti di strane creature, forse spiriti
dei morti che non avevano avuto una regolare e santa sepoltura, o
chissà che altro.
Al sol pensiero il suo esile corpicino, fasciato da un abitino bianco,
iniziò a tremolare come una fragile foglia colpita da un
vento spietato.
Infine la notte giunse.
Non c’erano più luci a illuminare il luogo, se non
le tenui stelle e un pallido stralcio di luna, che sembrava sorridere
come divertita dalla situazione della bambina.
Alys era ormai stremata. Aveva fame, aveva paura, ed era ormai
consapevole che non avrebbe trovato l’uscita di quella sorta
di labirinto.
Aveva perso in quel
gioco.
Calde lacrime sgorgarono dai suoi occhi castani, mentre cercava ancora
di chiamare – come tante volte aveva provato, invano, quella
sera – sua madre:
« Mamma, mamma mia… »
Ora la sua voce si era ridotta a un suono flebile, impercettibile.
Si lasciò cadere a terra, sprofondando in quel manto erboso
che ora appariva del tutto nero. Non c’era più
quel verde chiaro che tanto le piaceva. L’oscurità
notturna aveva inghiottito tutto. La notte era diventata la Signora del
luogo.
I fiori, raccolti poche ore innanzi con tanta cura, ora scivolarono
dalle sue mani, atterrando sparpagliati a terra.
Non le importava più. Si era spinta troppo oltre per essi e
ora si trovava in un grande pericolo. Si raggomitolò a
terra, avvolgendo il suo corpo con le braccia, come nel vano tentativo
di proteggersi e attenuare la paura, ma il suo corpo continuava a
muoversi per i singhiozzi causati da lacrime incessanti.
Non seppe quanto tempo restò in quella posizione, ma a farla
“ridestare” fu il borbottio proveniente dal suo
stomaco.
Era molto piccola, sette tenere estati, tuttavia la disperazione spesso
smuoveva anche i bambini. Si alzò da terra, cercando di
intravedere se ci fosse un qualche cespuglio intorno a lei.
Suo padre spesso tornava a casa con della frutta o delle strane bacche,
simili a mele minuscole, che erano molto gustose. Il tenue fascio di
luce della luna le lasciava vedere fin poco, ma poteva bastare per
muoversi un minimo.
Avanzò il più silenziosamente possibile, cercando
dei cespugli o degli alberi bassi ove avrebbe potuto forse
arrampicarsi, e alla fine sembrò quasi che la fortuna per
una volta, in quella sera, fosse dalla sua parte.
Un fascio di luce illuminava un cespuglio colmo di bacche, di cui
però non poteva vedere il colore. Si fermò, per
un attimo titubante, ma poi l’ennesimo borbottio del suo
stomaco la spinse a prendere una decisione. Allungò una
manina, facendo attenzione a prenderle senza farsi male, e ne
portò due alla bocca, mangiandole con foga.
Il sapore era diverso da quelle che conosceva, tuttavia era ugualmente
gustoso e in parte attenuava la gran fame che aveva. Ne prese altre e
iniziò a trangugiarle con gusto, fino a quando il suo
stomaco sembrò chetarsi.
La foresta sembrava silenziosa. Forse
sarebbe stata fortunata, forse poteva rimanere lì vicino al
cespuglio per una notte e alle prime luci avrebbe fatto ritorno a casa.
Chissà
com’era preoccupata la sua mamma…
Con quel pensiero si addormentò a terra, fino a quando un
dolore allucinante sconvolse il suo stomaco.
Si ritrovò a gemere, mentre si accartocciava su se stessa,
premendo forte le sue mani sulla pancia come per smorzare il dolore.
Impallidì visibilmente divenendo del colore
dell’abitino indossato, tanto che se qualcuno
l’avesse vista in quello stato l’avrebbe scambiata
per un fantasma.
Per un attimo temette di morire davvero, cercò di muoversi
ma invano.
« Mamma… fa male, mamma aiutami…
» gridò tra un gemito e l’altro.
All’improvviso
dall’oscurità emerse una candida e limpida luce.
Alys spalancò appena gli occhi, mentre giaceva a terra con
la schiuma alla bocca e le braccia ancora attorcigliate al busto. Era
quello il paradiso tanto decantato dai preti e dai frati intravisti
nella sua breve vita? Era dunque morta?
Ben presto, tuttavia, trovò le risposte alle sue domande.
Da quella luce bianca emerse una figura. Non era tuttavia una forma
umana, simile a un angelo, bensì assomigliava a un cavallo
di modeste dimensioni, di un bianco lucente simile a perla, due occhi
piccoli e blu e…
un lungo corno che spuntava dalla fronte.
Sbatté le palpebre più volte, incredula, ma non
riuscì a proferire parola.
Sentiva le forze venir meno e credeva che ormai fosse finita per lei.
Forse ad ognuno giungeva uno spirito diverso.
Lo strano ma bellissimo cavallo le si avvicinò. In un primo
momento sembrò titubante, poi porse il muso annusandola un
poco. Nitrì un suono simile a un magico canto e lei
socchiuse gli occhi, come a volersi beare di tanta bellezza.
Poi, la creatura magica posò il candido e particolare lungo
corno sulla sua fronte, e per un attimo Alys si ritrovò a
gridare. Una luce accecante, di un bianco opalescente, si
liberò dalla sua fronte, e pian piano iniziò a
tingersi di colori più scuri: dapprima divenne grigia, poi
assunse le tonalità della notte. Alys si accorse che nel
mutar il colore, il dolore veniva meno.
La stava guarendo!
Incredula lo lasciò fare, ma alla fine di
quell’atto, proprio quando la creatura si staccò
da lei, si ritrovò priva di energia ma anche di dolore e
perse del tutto i sensi.
*
Sua madre non riuscì a
spiegarle come fosse tornata a casa e neanche lei riusciva a rammentare
quel che fosse successo dopo quello strano incontro. Il buio
l’avvolse completamente, ma alla fine venne ritrovata riversa
a terra proprio dinnanzi alla porta della sua dimora.
I suoi genitori avevano pianto lacrime di gioia nel vedere che la loro
piccola era di nuovo a casa, ancora viva. Suo padre la prese tra le
braccia e venne adagiata sul suo semplice letto di legno e paglia.
Quando Alys riaprì gli occhi, non riuscì a
comprendere nulla, ma il solo vedere gli sguardi luminosi, seppur
stanchi, dei suoi genitori le fece dimenticare tutto il resto.
Una volta che fu completamente sveglia e sazia, raccontò
tutto ciò che ricordava, fino alla magica figura animale e
forse divina che le aveva salvato la vita.
I suoi genitori erano increduli e temettero per qualche attimo nella
sanità mentale della propria figlioletta, ma poi associarono
il tutto alla sua immensa fantasia e probabilmente alle bacche velenose
che aveva mangiato e che forse le avevano causato allucinazioni.
Dopo i primi tentativi di farli ragionare, Alys desistette, ma
sprofondò nella tristezza al pensiero che da quel giorno in
avanti le fu impedito di tornare nella foresta.
Nonostante la terribile avventura, voleva rivedere quel magico cavallo
bianco dal lungo corno. Voleva saperne di più ma decise di
ascoltare il divieto. Non voleva star male, né far soffrire
di nuovo i suoi amati genitori.
Passarono i giorni e poi divennero mesi.
Ben presto Alys riuscì a porre in un angolo del suo cuore
quel suo desiderio e sembrò dimenticare
quell’incontro.
Altre dieci primavere trascorsero senza
che lei potesse tornare da sola nella foresta.
Ormai quella notte era diventata per lei solo uno sbiadito ricordo, o
almeno così credeva.
Era ormai diventata una giovane donna; il suo corpo, seppur ancora
esile, mostrava delle forme desiderabili, tanto che molti uomini
avevano notato ben presto la sua figura. I capelli castani si erano
allungati, raggiungendo – quando sciolti – la vita,
lisci e morbidi. Il suo volto aveva ancora tratti infantili: piccole
labbra a bocciolo, occhi grandi e color delle nocciole, un grazioso
naso all’insù. Aveva ricevuto già
diverse proposte di matrimonio, ma non si sentiva ancora pronta a fare
quel passo. I suoi genitori non la forzavano, sebbene nel loro cuore
sperassero di vedere ben presto la loro figlia maritata e piccoli
nipotini che scorazzassero intorno alla loro casa.
Un giorno, un giovane del villaggio
venne a trovarla, con lo scopo forse di corteggiarla e infiltrarsi nel
suo cuore ancora del tutto puro nei riguardi dell’amore.
Dopo qualche istante di esitazione Alys decise di acconsentire al suo
invito di passeggiare insieme, e pian piano iniziarono a inoltrarsi
lungo il sentiero principale della foresta. Mentre il giovane parlava,
Alys si limitava a rispondere solo quando ciò le era dovuto,
ma spesso si perdeva a osservare le armonie della natura, i suoi
colori, le sue forme. Dopo anni era bello poter di nuovo passeggiare
tra quegli alberi e su quel prato verde che sollevava l’odore
diverso dei fiori.
Si ritrovarono in poco tempo proprio al centro della radura dove si era
persa e bastò un rapido sguardo per far salire alla memoria
tutti i ricordi.
Il giovane cercava di chiamarla, ma lei rimase immobile, sorda a ogni
parola, rumore o suono. Si rivedeva lì, ancora bambina,
tutta gioiosa nel raccogliere i fiori, e poi impaurita quando la notte
la colse quasi di sorpresa. Poi…
« Alys? Che succede, stai male? » chiese il
giovane, azzardandosi a scuoterla un poco, delicatamente.
Bastò quel gesto per far sfumare il sogno ad occhi aperti.
Sbatté le palpebre più volte, prima di guardare
il “compagno”.
« Io… stavo solo sognando… »
mormorò confusa, mentre lui la guardò
sconcertato. Forse ancora una volta sembrava pazza.
« Credo che sia meglio tornare indietro. Si sta facendo
tardi, e forse sei stanca… Vieni. » la
invitò con un gesto ad avanzare e lei non si oppose.
Tornarono, quindi, in silenzio a casa.
Quella stessa notte, Alys non
riuscì a dormire. Si girò molteplici volte sul
letto, ma dinanzi a sé comparivano sempre i ricordi ben
nitidi di quell’incontro.
Decise di alzarsi e, cercando di fare il meno rumore possibile, prese
un mantello scuro e se lo pose sulla semplice veste bianca usata per
dormire. Portò con sé anche una lanterna, in modo
tale da illuminarle il cammino.
Aveva deciso di tornare lì. Di nuovo. Per comprendere, per
sapere.
Lasciata la sua casa, si ritrovò ben presto sul sentiero
principale. La notte era silenziosa ed in alto le stelle apparivano
quasi sfocate di fronte alla luminosità fulgente della luna
che appariva nella sua forma completa.
Si fermò qualche istante, come impaurita, ma poi una strana
forza, che non riusciva a comprendere, la spinse a proseguire.
In pochi minuti giunse nel punto esatto in cui si era ritrovata nel
pomeriggio, e iniziò a guardarsi intorno.
Gli alberi, illuminati dalla luce lunare, apparivano meno minacciosi
che in passato. Sotto i suoi piedi, i fiori sembravano essersi
richiusi, dormienti. Si udiva solo il lento scrosciare del fiume a
pochi passi dalla radura, e il lieve fruscio del vento che sembrava
sussurrare al suo orecchio.
Restò immobile presa da una strana eccitazione. Aveva voglia
di rivedere quella creatura, di capire se tutto ciò che
aveva visto fosse davvero frutto di allucinazioni o pazzia.
D’un tratto, però, il silenzio fu spezzato dal
suono di mille voci. Sembrava come un canto non umano. Il vento si fece
quasi più violento, sferzando sul suo viso e attraversando
il suo mantello, facendola rabbrividire, indossando - al di sotto -
solo quella veste leggera.
Un’altra folata s’intrufolò furtiva
nella lanterna, munita di una semplice candela, che ben presto si
spense.
Alys non riuscì neanche a gridare per il terrore che
l’avvolse. Lasciò cadere la lanterna e si
guardò intorno, come nel cercare una via di fuga, ma i suoi
piedi erano ben saldi a terra.
Il suo cuore palpitò ferocemente in petto, il suo corpo
tremò ulteriormente.
Era di nuovo sola.
Impaurita.
Ancora una volta aveva commesso una vera follia.
Eppure non scappò.
Attese come nella speranza di incontrarlo di nuovo.
Attese fino a che dal ruscello emerse una luce fievole, che pian piano
si fece sempre più luminosa, assumendo diverse
tonalità, come se tutti i colori del mondo volessero
apparire uno dopo l’altro dinanzi ai suoi occhi.
Restò a bocca aperta, gli occhi sgranati e il cuore che
sembrava chiamare a sé la creatura magica, ma…
Ben presto la luce mutò, prendendo le sembianze di un essere
quasi umano della sua altezza. Socchiuse gli occhi per qualche istante,
cercando di vedere meglio oltre la luce accecante, fino a quando quella
figura si fece più piccola, divenendo quasi una bambina
dall’aspetto d’adulta.
Alys non riuscì a dire parola alcuna.
La figura minuta avanzò di qualche passo verso di lei, ma
guardandola meglio, Alys rabbrividì ulteriormente di paura.
Quella che sembrava inizialmente una donna splendida, ora appariva come
uno di quegli esseri fatati di cui tanto avevano parlato i menestrelli
del villaggio, ma aveva un aspetto del tutto diverso dalle favolose
fate che tanto sognava di incontrare un giorno.
Era simile a una donna molto bassa, completamente scura, dai lunghi
capelli neri simili a radici intrecciate, che giungevano fino a terra.
I suoi occhi, in netto contrasto con il resto del corpo, erano di un
azzurro molto chiaro, che sembravano rifulgere. Non aveva piedi,
bensì una fiamma bluastra simile a un fuoco fatuo, che la
faceva quasi sollevare dal terreno. Fiori di diversa natura adornavano
i capelli e avvolgevano il suo corpo come un vero vestito.
Si fermò appena a pochi passi di distanza, osservandola con
quegli strani occhi luminosi. Alys voleva scappare, ma qualcosa nel
volto della creatura fatata, l’attraeva. Poteva sembrare
orrenda, diversa da tutto l’immaginario tipico delle fate,
sempre viste come splendide creature, ma quel volto così
scuro e particolare sembrava sorriderle, rassicurante. Avvertiva uno
strano potere in quel corpo così minuto e
un’immensa e antica saggezza.
« Infine sei giunta. In molti avevano creduto che avessi
ormai dimenticato tutto, ma io ero convinta che questo giorno sarebbe
arrivato. Non è possibile dimenticare un tale incontro, non
è vero? »
Alys s’accorse che quella voce pacata e venata da una punta
d’ironia apparteneva a quella creatura, sebbene non muovesse
minimamente le labbra. Era un flusso di pensieri che veniva trasportato
dal vento, ma era chiaro, trasparente come l’acqua e non
sfuggevole. Non riuscì a rispondere, pietrificata.
« Il mio aspetto forse t’impedisce di parlare? A
lungo gli uomini hanno sempre creduto che gli spiriti dei boschi, o
quelle che voi chiamate “fate” fossero simili a
donne dalla bellezza sublime, ma in quanti le hanno veramente vedute
nel loro vero aspetto? Mi preferisci forse così? »
Alys stava per mormorare qualcosa, ma le fu impedito. Lo spirito chiuse
di colpo gli occhi e in pochi istanti subì una vera e
propria mutazione, assumendo l’aspetto di una donna
più alta di lei, dai lunghi capelli scuri e mossi, la pelle
olivastra e due occhi blu. La bocca scarlatta formava un sorriso
malizioso, e il suo corpo formoso e prosperoso era appena coperto da
una veste violacea cosparsa di fiori.
Alys non riusciva a credere ai suoi occhi. Quella creatura era
incredibilmente splendida.
« Io… »
« Sì, noi spiriti possiamo mutare il nostro
aspetto come vogliamo, anche se questo ci costa un dispendio notevole
di energie, tuttavia dipende anche dal grado e
dall’anzianità. È così che
t’immaginavi una fata, non è vero? »
Alys assentì, arrossendo appena e, dietro di lei,
udì il suono d’innumerevoli risate, ma girandosi
non vide nulla.
« Le mie sorelle e i miei fratelli amano prendersi gioco di
te, a quanto pare. » lo spirito sorrise divertito, come a
farsi beffe di lei. « Se non ti dispiace, però,
preferirei parlarti nella mia vera forma, giacché non
è l’aspetto fisico di una persona a renderla
migliore di altre, non credi? »
« Sono d’accordo con voi, nobile
spirito… » riuscì appena a dire,
confusa, irritata dalle risate canzonatorie, ma anche affascinata da
una tale magia.
« Nobile
spirito, non è male essere appellata
così, ma puoi parlare tranquillamente con me, come a una
confidente, un’amica… » disse di nuovo
la “fata”, riassumendo la sua vera natura.
« Oh, va bene. » rispose Alys, torturando con le
mani un lembo del suo mantello scuro, ma almeno si stava chetando un
poco.
« Hai molte domande da fare, non è vero? Lo
avverto. Come del resto io avrei molto da spiegarti, se tu vorrai stare
a sentire. »
Alys si fece forza e, finalmente, cercò di modulare una
frase intera senza esitazioni.
« Se non sono indiscreta, posso sapere chi siete, oh,
perdonami… chi sei esattamente? »
Avrebbe voluto chiedere di lui,
o forse anche quella volta quel nobile spirito aveva mutato aspetto,
trasformandosi in uno splendido esemplare d’unicorno.
La “fata” proruppe in una risatina, come se
avvertisse i suoi pensieri, e prese a muoversi a mezz’aria.
« Io sono la figlia della Notte, mia amata madre che sorge al
calar del sole. Sono la prediletta. Colei che può custodire
in sé aspetti di tutti gli elementi della natura,
nonché della Madre stessa.
Il mio corpo è scuro come le tenebre. I miei capelli sono
radici della terra. Un fuoco fatuo avvolge le mie gambe e mi solleva.
Simili alle acque i miei occhi, e un vento carezzevole la mia voce. Io
sono Malìa e tu sei la piccola Alys, vero? »
Alys l’ascoltò con la dovuta attenzione e si
ritrovò ad impallidire nell’accorgersi di essere
di fronte non solo a uno spirito, ma anche a uno dei più
potenti. La figlia della Notte. Inoltre, conosceva anche il suo nome!
« Sì, sono Alys, ma… come sai il mio
nome? E… sei forse tu quel magnifico animale magico che mi
apparve dieci anni fa? » chiese tutto d’un fiato,
non volendo rimandare ciò che più le premeva,
oltre ad altre mille domande, ovviamente.
La figlia della Notte rise e ancora una volta per parlare non mosse
minimamente le labbra.
« Io so molte cose, bambina. Sono a conoscenza di particolari
del mondo che neanche il più anziano degli esseri umani sa.
Ti ho vista qui, dieci primavere or sono, ma non ero io
quell’unicorno. È vero, noi spiriti possiamo
mutare forma a nostro piacimento, ma mai assumere l’aspetto
del nostro animale più sacro e venerato. »
I suoi occhi scintillarono, mentre divenne più seria. Alys
si sentì ulteriormente curiosa, avida di sapere. Chi era
allora? Avrebbe potuto incontrarlo di nuovo?
« Io penso che Grympur sia felice di vederti di nuovo,
finalmente. » sorrise e una luce luminosa avvolse
completamente la radura.
*
Nell’attimo in cui Alys
riaprì gli occhi, folgorata da quella luce intensa, lo vide.
Grympur, l’unicorno, era di nuovo dinanzi ai suoi occhi in
tutto il suo magico splendore. Si sentì pervadere da
un’emozione intensa, mentre lottava contro la tentazione di
sfiorarlo.
« Alys »
Udì un suono molto dolce invocare il suo nome. Per un attimo
si guardò intorno incerta, ma ben presto comprese che era
proprio lui a parlarle.
« Puoi parlare e capire le mie parole? » chiese,
incredula.
« Sì, posso farlo, ma solo con chi desidero.
» rispose Grympur, muovendo il capo e scuotendo la sua
criniera avorio.
Alys sentì le gote accendersi e colorarsi di una tenue tinta
rossastra per l’imbarazzo o forse anche per l’onore
che quella magica creatura le riservava.
« Sono onorata che tu mi permetta di udire la tua dolce voce.
» disse, chinando appena il capo, come a volersi inchinare a
cotanta importanza.
Per un attimo rimasero in silenzio, osservati unicamente dallo sguardo
vigile di Malìa.
Grympur, dopo qualche istante, le si avvicinò e
alzò il suo muso verso il volto di lei. Non era alto come un
cavallo, anzi forse era più simile a un pony, ma con
un’eleganza che non aveva rivali.
Alys scrutò in quegli occhi blu e rimase fortemente attratta
dal sacro animale. La tentazione di sfiorarlo era così
tanta, che infine avvicinò la mano al suo muso, con la
speranza di poterlo accarezzare per capire anche se fosse solo una
visione.
Grympur osservò il suo gesto e poi, colpendo piacevolmente
la ragazza, si lasciò sfiorare, strofinando lui stesso il
muso su quella rosea mano umana.
« La leggenda narra che solo una vergine fanciulla
può avvicinare tranquillamente un sacro unicorno. A lei sola
si presenterà, a lei sola si farà accarezzare.
Solo sul suo ventre poserà il suo capo. »
La voce di Malìa s’insinuò in quel
contatto. Alys ascoltò le sue parole, ma guardò
ancora con intensità l’unicorno.
Come per saggiare la veridicità delle parole della Figlia
della Notte, Alys si sedette a terra, sul morbido prato, e Grympur la
scrutò attentamente, ma bastò solo qualche
istante per far avverare le parole: posò infatti il suo capo
sul grembo di lei, e lei sorrise, iniziando ad accarezzarlo e
sentendosi davvero onorata e fortunata a poter compiere un atto simile.
Malìa li lasciò
soli a condividere quel momento.
Alys non aveva paura della notte ora né della foresta. Non
le importava dei briganti che potessero arrivare né di altri
pericoli. Si sentiva al sicuro con Grympur posato sul suo grembo, e
desiderava unicamente che la notte durasse il più a lungo
possibile per non staccarsi da lui.
Si sentiva pervadere da uno strano sentimento mai provato prima, e
ciò la faceva stare davvero bene.
Ma, come per ogni momento migliore, il tempo sembra farsi beffe e
trascorrere più velocemente.
Il cielo iniziò a schiarirsi un minimo; il nero
sfumò pian piano nel grigio, mentre la luna sembrava
scendere all’orizzonte.
La magia sembrò svanire come la notte.
« È il momento di tornare nel nostro mondo. Il
giorno sta occupando il posto della mia amata Madre, e noi creature
della notte non possiamo restare qui, così come Grympur.
»
Le parole di Malìa gettarono Alys in un tale sconforto da
farla piangere. Guardò l’unicorno con il quale
aveva trascorso piacevoli ore, e incontrò il suo sguardo.
« Potrò vederti ancora? »
domandò, ma non fu lui a rispondere.
« Potrai farlo ogni notte che vorrai, purché tu
mantenga il giuramento di rimanere vergine. Se un giorno dovresti
innamorarti di un mortale e avere dei rapporti più profondi
con lui, svanirà il tuo legame con Grympur e, con esso, la
possibilità di rivederlo. »
Alys restò turbata e senza parole.
Doveva decidere se rinunciare alla normale vita umana e andare
così contro il volere dei suoi amati genitori, o rinunciare
a quella magica creatura che tanta gioia le aveva donato in quella
notte e che in passato aveva salvato la sua vita.
« Sei pronta a giurare? » riprese Malìa,
fissandola con i suoi folgoranti occhi azzurri, ai quali si unirono
quelli più scuri dell’unicorno.
« Mi vuoi ancora dolce Alys? »
La sua dolce voce fu come una carezza sul suo viso e un bacio sul suo
cuore.
« Non posso ancora giurarvi nulla, se non che per il momento
resterò vergine, come da voi richiesto. Ma non posso andare
contro il volere dei miei genitori, né causare loro
ulteriore dispiacere… »
Grympur scosse la folta criniera, forse dispiaciuto.
« Prenditi il tempo per decidere, fanciulla. Quando ti
sentirai pronta, potrai aspirare anche ad accedere al nostro mondo. So
che non è facile, ma dovrai fare una rinuncia molto
importante nella tua vita. O il tuo mondo o il nostro. Non ci sono
alternative. »
Alys cercò di obiettare, ma dalla sua bocca non uscirono dei
suoni articolati e con senso.
Si limitò ad annuire col capo. Non sarebbe stato facile per
lei rinunciare a uno dei due mondi.
« A presto, dunque. »
Sia Malìa sia Grympur furono avvolti da due luci differenti.
Una moltitudine di colori si riflesse nella luce dello spirito; una
candida e calda avvolse l’unicorno che non smise di guardare
la fanciulla, fino a che non lo vide più.
« Segui le lucciole. Loro t’indicheranno la via.
» la voce soffusa e lontana di Malìa si
destò ancora nell’aria, seppure lei fosse del
tutto scomparsa.
Alys si ritrovò dunque sola e un connubio di emozioni
contrastanti le avvolse il cuore. Meraviglia, Amore, Dolore, Incertezza.
Dopo qualche istante di dubbio, riprese la lanterna e, seguendo le
lucciole che erano apparse proprio dinanzi a lei, ritrovò la
via di casa.
*
Ogni notte faceva ritorno alla radura;
ogni notte Grympur le veniva incontro e adagiava il suo capo sul suo
ventre, lasciandosi accarezzare con dolcezza.
Malìa spesso li lasciava soli, liberi di parlare o di
rimanere in silenzio a godersi quelle poche ore che li separavano dal
sorgere di un nuovo giorno.
Dopo quella prima notte, non la tormentarono più con la
domanda ma Alys notava negli occhi del suo – ormai
– amico un filo di tristezza e speranza nel poter forse
vivere un giorno per sempre insieme.
Tuttavia era dura decidere.
Non aveva mai raccontato ai suoi genitori ciò che le era
accaduto, poiché temeva di sentirsi additare di nuovo come
una pazza in preda ai deliri. Era sicura dell’amore che
provavano per lei, ma sapeva anche che certe cose erano solo frutto di
fantasie per chi non avesse visto tutto con i propri occhi.
Sua madre, però, notò ben presto in lei un
cambiamento.
Notò la stanchezza che la coglieva il giorno, come se non
avesse dormito bene.
Notò l’incertezza nei suoi occhi, il desiderio che
la notte giungesse presto e cercò di farle domande.
In un primo tempo Alys tentò di non rispondere in maniera
chiara, ma ben presto comprese che così facendo alimentava
unicamente i dubbi e le preoccupazioni di sua madre.
Una mattina, quindi, dopo l’ennesima domanda,
iniziò il racconto, consapevole che rischiava molto; e,
infatti, sul viso della madre sorse ben presto un’aria
incredula e sconcertata.
« Avevi già raccontato di un simile incontro da
bambina, ma pensavo che la fantasia giungesse al termine una volta
adulta. Cosa ti succede, figlia mia? Sei stata di nuovo al bosco senza
il nostro permesso e hai preso strane erbe? »
« No, madre. Non sto inventando nulla. Non è
frutto della mia fantasia, non lo è mai stato.
Ciò che ti sto raccontando è tutto vero.
»
« Dovrò raccontarlo a tuo padre, ma se continuerai
con queste fantasie, rischierai molto… ».
Il tono usato da sua madre era visibilmente addolorato. Non voleva che
a sua figlia succedesse nulla di male, ma non poteva credere veramente
alle sue parole.
Alys si sentiva triste.
Sua madre, la sua unica vera confidente, non le credeva.
Suo padre l’aveva quasi aggredita, invitandola a pensare
seriamente a un matrimonio anziché a simili sogni, ma non
poteva sapere che ben presto avrebbe dovuto prendere una decisione che
poteva comportare anche il doverli lasciare per sempre.
Li amava profondamente, ma si sentiva anche delusa dai loro
atteggiamenti, anche se in parte poteva comprenderli.
Avrebbe voluto davvero riuscire a convincerli, ma non poteva continuare
a parlarne. Presto o tardi l’avrebbero davvero vista come una
folle, e magari spedita in chissà quale posto dove
trattavano di questi casi.
Trascorsero i giorni ma Alys non
riusciva a prendere una decisione.
Per Malìa non sembrava essere un problema. In uno dei loro
ultimi incontri, le aveva spiegato che a Nocturnia, il mondo fatato in
cui viveva, il tempo passava molto più lentamente che nel
mondo reale, e lì erano tutti immortali. Potevano quindi
attendere ancora, finché lei avrebbe rispettato
quell’unica regola.
Grympur, dopo un primo momento di tristezza, aveva lasciato il posto
unicamente alla speranza e ogni notte tentava di raccontarle
maggiormente del suo mondo e di scaldarle il cuore con parole di
apprezzamento.
Tra di loro stava nascendo un legame forte e indistruttibile, se non da
lei stessa.
Non sapeva se poteva definirlo amore; forse era un sentimento che
andava oltre. Spirituale sicuramente, e non materiale o corporeo come
poteva essere quello tra due esseri mortali.
Era qualcosa di magico che non riusciva a spiegare con semplici parole
umane. Poteva solo provarlo. Sentiva il suo cuore essere avvolto da una
patina sottile e calda.
Qualcuno aveva mai raggiunto la felicità?
Lei, con Grympur, l’aveva ottenuta.
Bastava fare ancora solo un grande passo per averla in modo completo.
Doveva scegliere.
Una notte si avventurò di
nuovo lungo il percorso che conduceva alla ormai amata radura, e
lì ad attenderla c’era Grympur.
L’osservò da lontano, chinare il capo verso il
ruscello per bere un poco di quell’acqua pura.
Poi avanzò fino a raggiungerlo, e sprofondò una
mano sulla criniera d’avorio, con dolcezza, mentre un sorriso
sorgeva spontaneo sulle sue labbra.
« Alys. »
Adorava sentire il suo nome mormorato da lui. Sembrava così
bello, così dolce.
Adorava la sua voce come nessun’altra al mondo.
« Sono qui, come ogni notte, mio caro amico. »
rispose, sfiorando il muso del sacro animale con le sue labbra, in una
sorta di casto bacio.
« Sono felice di vederti, come sempre. »
« Il piacere è anche mio, ovviamente. »
Andò a sedersi su un lato del prato, lasciando che
l’animale si adagiasse a terra, posando il capo, come sempre,
sul suo grembo.
« Mia dolce Alys, hai deciso cosa fare? Non è mio
desiderio imporre nulla, né metterti fretta, ma la
curiosità logora anche un essere come me. »
Era la prima volta che glielo domandava, dopo il loro secondo vero
incontro, e lei si sentì di nuovo combattuta.
« Non sai quanto mi piacerebbe poter condividere ogni momento
con te e vivere nel vostro mondo che, dai vostri racconti, sembra
essere veramente magico, ancor meglio di tutte le mie fantasie di
bambina. » si fermò un attimo estasiata al ricordo
delle immagini create dalle parole, dalle storie narrate da Grympur e
Malìa, poi sospirò tristemente e riprese
« ma è difficile per me abbandonare quella che
è la mia vita, e i miei genitori che hanno fatto tanto per
me… »
« Ma loro non vogliono credere alle tue parole. Ti reputano
pazza, e ben presto potrebbero costringerti a non venire più
qui. Scopriranno le tue avventure notturne e per noi sarà la
fine. »
« Lo so… »
Non riuscì a dire altro. Le parole dell’amico
erano veritiere, ma una forte incertezza la turbava.
Rimasero in silenzio, lasciando che solo i suoni della natura
emergessero.
Ma Alys non poteva sapere che quella
notte non era giunta da sola.
Un gruppo di cinque briganti l’avevano seguita, incuriositi
da una donna che osava aggirarsi da sola in quel luogo, con
quell’oscurità. Inizialmente forse pensavano di
poterla aggredire, ma quando videro l’unicorno, restarono
senza fiato.
Rimasero quieti dietro a dei cespugli, cercando di organizzarsi.
Tutti avevano dei coltelli ma due di loro erano degli esperti con
l’arco.
Bisbigli furono trasportati dal vento e fecero raddrizzare le orecchie
a Grympur che si guardò attorno allarmato.
Tuttavia, fu troppo tardi.
Nel momento esatto in cui si stava alzando, una freccia
sibilò nell’aria e rapida e letale si
conficcò proprio al petto dell’animale che
nitrì dal dolore.
Alys urlò spaventata e, quando si accorse
dell’arma, il grido divenne pura disperazione.
Cercò di alzarsi e aiutare l’amico, ma lui
iniziò a muoversi e rizzare le zampe anteriori in alto, come
nel vano tentativo di scrollarsi di dosso la freccia.
« Grympur scappa, vai via. » gridò
disperata Alys, cercando intorno a sé qualsiasi cosa potesse
esserle utile per difendersi. Ma non trovò nulla.
L’unicorno non ascoltò la sua voce, non aveva
alcuna intenzione di lasciarla sola e priva d’aiuto.
Posò di nuovo a terra le zampe, ponendosi proprio dinanzi a
lei, e cercò con lo sguardo gli assalitori.
Una seconda freccia sibilò nell’aria ma questa
volta centrò una zampa dell’animale che,
già dolorante, ricadde a terra per un momento.
A quel punto i briganti emersero dal loro nascondiglio e con un grido
si avventarono sui due, inermi.
Alys avvertì la paura sconvolgerle le membra, un brivido
freddo lungo la schiena che scorreva poi dritto verso il cuore.
Grympur non si allontanò. Cercò di alzarsi con
molta fatica, e di tenersi pronto a scontrarsi con quei mortali privi
di scrupoli.
Iniziò a muovere il muso cercando di far loro del male anche
con il lungo corno appuntito, o di alzare le zampe nel tentativo di
spingerli indietro.
Un primo brigante cadde ferito sotto il peso dei suoi zoccoli, ma gli
altri due si avventarono su di lui, con lame affilate e il desiderio di
facili guadagni negli occhi. Erano spinti anche dalla fame e dalla sete
di sangue.
Grympur tentò di assalirli di nuovo: mosse il capo con furia
e anche le zampe, ma pian piano avvertiva la debolezza scaturita anche
dalle frecce ancora conficcate nel suo corpo.
Alys non riusciva a muoversi, come impietrita.
Solo quando una terza freccia, proveniente dagli ultimi due briganti
rimasti ancora lontani, colpì ancora una volta la magica
creatura, sentì come la forza della disperazione spingerla a
reagire.
« NO! Lasciatelo, lasciatelo stare! »
gridò con tutta se stessa, mentre tentava di avanzare verso
i briganti.
Grympur, però, glielo impedì.
Le lanciò un rapido sguardo nel quale poteva leggere tutto.
No, lui non poteva morire per lei, per proteggerla.
Già una volta l’aveva salvata, ora stava a lei far
qualcosa.
Non avendo armi, tentò di usare l’unica carta
possibile.
« Malìa aiutaci. Figlia della Notte vieni in
soccorso del più sacro dei vostri animali. Ti
prego… »
Lacrime affiorarono ai suoi occhi, mentre invocava a pieni polmoni
l’aiuto dello spirito, che però sembrò
non ascoltare subito il suo richiamo.
Intanto i briganti sembrarono avere la meglio. I due con archi e frecce
ne scagliarono altre: alcune finirono sul prato, altre colpirono ancora
una volta l’unicorno. La sua forza era riconosciuta come la
sua purezza ma, nonostante ciò, iniziava ormai ad essere
visibilmente ferito e stanco, tanto da accasciarsi a terra.
Riuscì solo a nitrire ancora verso quei mortali, come nel
tentativo di fare loro paura.
Alys continuò a invocare Malìa e proprio non
riusciva a comprendere perché tardasse; rinunciò
e si accasciò sopra al povero amico ormai gravemente ferito.
« No. No. No! »
Cercò con tutte le forze di non staccarsi dal corpo
dell’animale, di non permettere che quegli uomini lo
finissero. Sperava in cuor suo di poterlo ancora salvare e non
ascoltò neanche le parole di lui, che tentava di
allontanarla, di volerla ancora proteggere nonostante tutto.
« Non me ne vado. Non ti lascio qui. Se tu muori, io non
posso continuare a vivere, lo capisci? »
« Alys va via, ti prego. Non posso sopportare che ti facciano
del male. Sono stato bene con te, ma ora devi scappare. Fallo.
»
« No. Non me ne vado senza di te, perché solo ora
ho capito che voglio vivere con te. Non posso rinunciare a te.
»
I briganti sembrarono fermarsi, come non comprendendo il discorso.
Riuscivano ad udire, infatti, solo le parole di Alys.
Grympur sembrò non parlare più, ma ansimava per
il forte dolore, tuttavia anche quello, di fronte alle sue parole,
sembrò cessare per un istante. Le rivolse un sorriso, o
qualcosa che aveva la parvenza di un sorriso, e lei ricambiò
tra le lacrime.
« Sapevo che questa sarebbe stata la tua scelta. »
Quella scelta sembrò dargli un maggior vigore, tanto che,
spingendola di lato, tentò di nuovo di alzarsi.
Solo allora i briganti si mossero di nuovo, sconcertati.
Uno dei briganti bloccò Alys, mentre gli altri si
avventarono sull’unicorno.
Tra urla, lacrime, nitriti e suon di zoccoli, scintillio di lame e
sibilo di frecce, alla fine i briganti ebbero la meglio, riscontrando
tuttavia ferite, anche profonde. Il loro avversario aveva dimostrato
davvero valore, ma era caduto.
Alys guardò tra le lacrime Grympur a terra che non riusciva
più a reagire.
Il rantolo del suo respiro indicava che ancora non era morto, ma presto
la fine sarebbe stata vicina se non fosse successo qualcosa.
« Su bellezza, è solo un animale che
può portarci tanti soldi. Guarda ora che gli facciamo e poi
potremmo divertirci insieme. » disse lascivamente il brigante
al suo orecchio, osando sfiorarla sul viso, grezzamente.
Alys cercò di divincolarsi. Non le importava di lei. Senza
Grympur sarebbe stata disposta a morire, ma non voleva perderlo. Non
voleva credere che sarebbe finita così.
Tre dei briganti tenevano fermo l’unicorno, come se temessero
che ritrovasse ancora un briciolo di forza, mentre un quarto
sollevò un coltello affilato, per poi puntarlo verso il
corno.
« Questo ci frutterà davvero molto. »
ghignò, mentre i suoi occhi si accesero di una luce
malvagia. Alys non poteva sopportarlo.
Malìa…
Il suo grido finalmente sembrò sortire l’effetto
sperato. Dalle acque si levò un lamento, e poi una luce dai
colori più svariati fluttuò nell’aria.
Nel cuore di Alys si accese una speranza. Forse si poteva fare ancora
qualcosa, forse Malìa avrebbe potuto curarlo portandolo nel
loro mondo e, questa volta, sarebbe andata per sempre con loro, lontana
da quei mortali crudeli, capaci solo di provocare un intenso dolore per
motivi futili o meno.
Gli uomini rimasero sconcertati dall’arrivo di quella strana
luce. Chiusero gli occhi per qualche istante, ma non smisero di tenere
strette le loro “prede”.
Malìa comparve nell’aspetto di una creatura
splendida, come l’aveva vista la prima volta che era mutata
dinanzi ai suoi occhi.
Non c’era traccia della creatura minuta. Sembrava una perla
del mare, una sirena, una donna simile a una dea.
La Figlia della Notte iniziò a intonare un canto, al cui
richiamo presto risposero altre figlie.
Dalle acque emersero altre creature, simili a fanciulle umane di una
bellezza sconvolgente; il vento sferzò forte trasportando
eteree figure femminili, che danzavano nell’aria.
I fiori sembrarono sbocciare, anche con
l’oscurità, e da essi emersero figure
più minute, ma ugualmente deliziose, aventi i colori della
terra e della natura.
Fuochi fatui azzurrognoli comparvero dal nulla, e dalle loro lingue,
sbucarono altri spiriti femminili i cui arti erano simili a fiammelle.
Alys rimase sorpresa, ma non quanto i briganti che guardarono quelle
strane creature, allibiti.
Tutte le figlie della notte e degli elementi iniziarono a intonare un
canto seducente e ammaliante, mentre si avvicinavano ai cinque mortali,
avvolgendoli all’interno di un cerchio come nel tentativo di
non farli scappare.
Quello che teneva Alys, la lasciò andare, estasiato da
cotanta meraviglia. Si avvicinò a Malìa,
sistemandosi meglio, come a volerla colpire con un fascino che non gli
apparteneva minimamente.
Gli altri sembrarono avvicinarsi alle altre fanciulle soggiogati da
quella magia alla quale non riuscivano a sottrarsi.
Alys sorrise tra le lacrime. Gli spiriti stavano riuscendo ad
allontanare quegli uomini, e presto Grympur sarebbe stato portato via,
al sicuro.
Ma… una voce maschile, graffiante, spezzò anche
quella speranza.
« Faccio un lavoretto e sono vostro. »
Sembrò resistere a quella magia, e con un gesto deciso
scagliò la lama del coltello sul corno
dell’animale, staccandolo di netto.
Per Alys il mondo era finito.
Il suo grido di disperazione si unì a quello di estremo
dolore di Grympur.
Dal punto esatto in cui il corno era stato tagliato,
fuoriuscì una luce intensa e bruciante, che
ustionò la mano del brigante, che aggiunse il suo grido.
Poi una semplice parola risuonò nell’aria, come un
eco che non aveva mai fine.
Uccidere. Uccidere.
Uccidere.
Il grido di battaglia delle figlie della notte: uccidere.
La foresta fu invasa da una serie di urla stridenti, provenienti da
ognuna delle “fanciulle” che in un attimo
rivelarono ben presto la loro vera natura.
Ogni spiritello assunse i colori dei vari elementi di cui erano figli.
Gli spiriti dell’acqua attinsero le tonalità del
verde e dell’azzurro, lunghi capelli bianchi simile a spuma
avvolgevano i loro corpi liquidi, e gli occhi erano completamente
candidi come neve.
Gli spiriti del fuoco attinsero le tonalità del rosso e
dell’arancio, i capelli erano fiamma viva, così
come il corpo non aveva più sembianze umane ma era avvolto
da una sorta di fuoco fatuo dal quale erano emersi.
Gli spiriti dell’aria divennero di un blu molto scuro; i
capelli sferzavano l’aria, simili a fruste color dorato, e
volteggiavano trasportate dal vento.
Gli spiriti della terra assunsero le tonalità del verde
scuro, i capelli simili a radici marroni, le gambe simili a tronchi
d’albero.
Infine, Malìa riacquistò il suo vero aspetto, e
lesta si scagliò contro il brigante che le aveva fatto delle
avance.
Gli prese il collo tra le mani scure e i suoi occhi lo guardarono con
un’ira divorante.
Spalancò le labbra in maniera inverosimile, e da esse
uscì un flusso scuro che avvolse completamente
l’uomo, facendolo urlare dal dolore e dal puro terrore. Spine
acuminate, simili a quelle delle rose, forarono il corpo
dell’uomo, da cui occhi iniziarono a sgorgare lacrime nere.
Le sue sorelle, tuttavia, non furono meno spietate.
La radura, dapprima silenziosa e quieta, divenne un vero e proprio
campo di battaglia.
Sferzate di vento gelido si scagliarono contro uno dei briganti, simili
a colpi di frusta che non si arrestarono fino alla sua
morte; spire di fuoco avvolsero il terzo brigante, facendolo ardere
come una torcia umana; mentre il quarto si
ritrovò avvolto dalle sorelle d’acqua, le cui voci
risuonarono simili a risate crudeli, quando da ogni parte del suo corpo
iniziò sgorgare il loro elemento, prosciugandolo del tutto.
Alys non osservò nulla. Non
si curò minimamente delle urla disumane che spinsero
l’intera foresta a destarsi prima dell’alba.
Il suo sguardo, ormai vacuo, era totalmente rivolto al corpo ormai
privo di vita del suo amato Grympur.
Avrebbe voluto credere che fosse solo un terribile incubo dal quale
destarsi e ritrovarsi di nuovo con lui, magari proprio in quel mondo
magico nel quale poteva avere libero accesso, se solo lo avesse deciso
prima…
Si sentì terribilmente in colpa. Forse se avesse effettuato
presto la sua scelta, non sarebbe successo nulla del genere.
Ma ormai non poteva fare nulla.
Anzi, nel momento esatto in cui vide un ultimo essere umano ancora
vivo, seppur completamente terrorizzato, comprese che c’era
ancora qualcosa da fare prima di lasciarsi andare alle tenebre.
Colse lo scintillio di una lama a poca distanza da sé, e
raccolse subito il coltello, avvicinandosi all’uomo.
« Ora la pagherai cara. » sibilò, e
dentro lei si accese la stessa furia omicida che sembrava
caratterizzare il luogo e anche lei rispose al grido di battaglia.
Uccidere, lei doveva farlo.
L’uomo, colto alla sprovvista, non riuscì a
scappare o difendersi. Alys si scagliò contro di lui,
affondando la lama del coltello con tutta la sua forza, dritta al petto.
Era la prima volta che uccideva e mai avrebbe pensato di farcela
realmente, ma la disperazione donava forza, e con essa si poteva
attuare la giusta vendetta per un torto subito.
L’uomo stramazzò a terra ed Alys lo
fissò, come volendo notare tutto il suo dolore e ogni
singolo ultimo istante della sua vita.
Quando finalmente esalò il respiro finale, Alys ricadde a
terra, avendo perso anche l’ultima forza residua. Si sentiva
debole e incredibilmente triste. Senza Grympur la sua vita ormai non
aveva più senso.
Posò il capo sul suo corpo, così come tante volte
aveva fatto lui, e si lasciò andare a un pianto disperato,
che non poteva però trovare consolazione alcuna.
Quando ormai non c’era più nessuno da uccidere,
Malìa le si avvicinò, rimanendo per qualche
istante in silenzio, consapevole del suo dolore.
Gli altri spiriti rimasero intorno, in un muto cerchio, in attesa di
vedere l’evolversi degli eventi. Sui volti particolari e
grotteschi di ognuno di essi si leggeva una profonda tristezza e anche
un senso di smarrimento.
« Alys, mi dispiace non essere giunte prima, ma il nostro
mondo ha delle regole come il vostro. Non possiamo impedire agli uomini
di compiere le loro scelte, giuste o sbagliate che siano; ma se vanno
contro le nostre regole, se uccidono i nostri animali sacri, allora
possiamo intervenire. Ti sembrerà sciocco, ma quante cose
del vostro mondo sono folli ai nostri occhi. »
Si fermò, e il silenzio fu scosso solo dai singhiozzi senza
tregua di Alys, ancora accoccolata sul corpo del suo unicorno.
« Il mio cuore è straziato a una visione simile,
come quello delle mie sorelle e della nostra Madre Notte. Grympur era l’ultimo
della sua specie e per noi è una perdita che si
può paragonare a quella che ora stai provando. »
« Malìa non ti accuso di nulla. Non posso
criticare il vostro mondo, quando nel mio esistono persone
così crudeli e senza cuore. Ho sbagliato a non scegliere
prima e ora Grympur è… » un singhiozzo
la scosse di nuovo, non riuscendo a dire quella maledetta parola, come
non volendolo accettare. « ma ora la mia scelta
l’ho fatta. Rinuncio alla mia vita mortale per seguirlo. Io
seguo te, mio amato Grympur. »
Prima che potessero fare qualcosa, Alys prese lo stesso coltello con
cui il brigante aveva tagliato il corno, e lo portò proprio
al suo cuore. Nel momento prima di affondare la lama, sorrise per
l’ultima volta.
*
Alcune figlie della notte posarono con
gentilezza il corpo privo di vita di Alys a terra, proprio al centro
della radura. Altre, con a capo Malìa, vi trasportarono
accanto ciò che restava di Grympur, adagiando il suo capo
sul ventre di lei, compreso il suo corno.
Gocce scarlatte di sangue macchiavano il bianco puro
dell’abito di Alys e del manto di Grympur. Quelle creature
erano l’immagine della forza e della purezza.
Quelle creature avrebbero continuato a vivere insieme per sempre.
I corpi degli assassini furono gettati fuori dalla foresta, mentre una
protezione fu creata tutt’intorno alla radura,
così che nessuno da quel momento in poi avrebbe
più potuto metterci piede.
Malìa fece disporre le sorelle in un cerchio attorno ai due
corpi. Tutte iniziarono a sollevare le loro braccia verso il cielo,
richiamando la loro madre affinché l’incanto
potesse avere l’effetto desiderato.
La Notte rispose alla loro invocazione.
Dalle stelle scivolò della polvere dorata, mentre la luna
nascondeva il suo volto. Quella polvere scese verso terra, avvolgendo
completamente i corpi di Alys e Grympur. Ben presto iniziò
ad essere modellata dalle abilità magiche delle figlie della
notte, fino a che sorridenti – seppur nel dolore –
osservarono il lavoro concluso.
Intorno ai loro corpi fu eretta una sorta di statua di marmo bianco,
raffigurante Alys seduta a terra, come sovente faceva, e Grympur ancora
intatto che posava il suo capo sul ventre di lei.
Quello era l’ultimo regalo della Notte e delle sue figlie
all’ultimo magico unicorno, e al suo dolce amore.
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Parole scelte:
Notte – Uccidere - Magico
Note
dell’autore: Il
nome Grympur è nato dall’associazione di due
parole Gallesi: Grym =
forza ; Pur = puro (O almeno così mi ha detto il Google
Traduttore :P).
Gli altri nomi e le descrizioni delle Figlie della Notte sono di mia
invenzione.
Inoltre, la storia parte proprio dalla leggenda
dell’unicorno, secondo cui solo una vergine avrebbe potuto
avvicinarlo,
in quanto al sol vederla lui avrebbe posato il suo capo sul suo grembo.
Da questa “immagine” è nato tutto.
Ecco finalmente l'ultimo contest al quale ho partecipato (non so se
parteciperò ad altri contest, probabilmente lo
farò solo quando avrò l'ispirazione subito.), e
devo ammettere che sono felicissima del giudizio.
Il contest è "The
Last One Fantasy" ideato da schwarzlight, che
ringrazio infinitamente sia per il giudizio che per l'idea, che mi
è piaciuta moltissimo :)
Sono arrivata Sesta
su Dodici, ma il punteggio era piuttosto alto.
Che dire... non so se vi potrà piacere, ma se volete
lasciate pure un commentino :)
Dopo di questa non so fra quanto pubblicherò nuove storie,
perché per le long preferisco concluderle prima di postarle.
Be', si vedrà. Non scomparirò di certo! :)
Ah già, un ringraziamento anche ad Elos per il
magnifico banner! :D
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