“Se tu non
mi ami, non importa, sono in grado di amare per tutti e due”
{Ernest Hemingway}
Non ci aveva pensato. Non ci avevano pensato.
E un lieve senso di colpa aleggiava nel suo petto, per una peccato che
non aveva commesso, ma che sapeva di aver fatto.
Perché in fondo loro due erano una cosa sola.
Una sola persona, la stessa.
Eppure lei non era riuscita ad accettarlo e a volte si domandava come
fosse possibile, quale oscuro motivo si celasse dietro tanta
sofferenza: lui era lì, ma per lei era come se non ci fosse.
Immerso nell'oscurità di una casa troppo grande, socchiuse
gli occhi, ascoltandone il respiro, l'ossigeno che traspariva dalle
labbra di Rose e scompariva l'attimo dopo, inglobato dalle pareti. Il
Dottore coglieva quell'attimo e lo custodiva geloso nel petto, contando
tutti i sospiri, nella speranza di poterli liberare, colmi di qualcosa
di diverso.
-Rose?-
Raggiunta la porta della sua camera, l'aveva trovata socchiusa, come
fosse stata in attesa di essere aperta. Il Dottore aveva accettato
l'invito e, sicuro sui suoi passi, così come era sempre
stato, anche davanti alla speranza che scivolava via
nell'oscurità della disperazione, era entrato, lasciando che
il nome della ragazza gli sfiorasse le labbra, in un sussurro che non
valeva la pena di essere emesso.
Era lì, forte nella sua fragilità, seduta a terra
con la schiena appoggiata alla parete e gli occhi fissi su un mondo
impossibile, lontano e perso per sempre. La luce della luna giocava con
la pelle diafana e le labbra piene, i lunghi capelli dorati nascosti
nell'ombra.
Sembrava un angelo che sedeva nella notte. In attesa.
Non gli rispose, ma lui sapeva che Rose aveva colto la sua presenza.
Le si avvicinò, le si sedette accanto e, senza proferire
più verbo, la strinse a sé.
Come ogni notte le lacrime iniziarono a bagnarle il viso, nel silenzio
di un dolore ormai accettato, parte di ricordi impossibili da
cancellare.
Il Dottore le accarezzò dolcemente la testa.
Avrebbe dovuto sentirsi arrabbiato, forse deluso, o semplicemente messo
da parte, ma nessuna di queste emozioni aveva intaccato il suo cuore.
Anche volendolo, tutto ciò che riusciva a percepire era una
profonda solitudine.
A quello, però, si era abituato già da tempo.
E col tempo, quel dannatissimo tempo che la sua gente aveva aspirato a
controllare, aveva anche imparato ad aspettare.
Con il braccio libero strinse ancora di più il corpo di Rose
al suo, percependo il calore delle sue lacrime bagnargli l'incavo del
collo e il freddo che ne seguiva, quando queste essiccavano e restava
soltanto il luccichio di un passato trascorso.
Non era colpa sua, il Dottore ne era consapevole.
Rose l'amava, ma, per quanto ci provasse, non riusciva ad accettarlo.
Il Dottore che per anni aveva aspettato di rivedere era lì
accanto a lei, ma lei non riusciva a toccarlo, non riusciva a renderlo
concreto.
E ogni volta una briciola della speranza che potesse riuscirci veniva
inghiottita dalla consapevolezza che le cicatrici lasciano sempre un
segno indelebile e non scompaiono, ma restano lì,
nell'eternità senza misura.
Eppure il Dottore aveva un cuore umano adesso e la speranza restava
comunque, fissa nei giorni e nelle notti, nella luce, quando tutto
andava avanti come se al buio le tenebre non avvolgessero anche le
stelle.
-Sono qui-
Glielo sussurrò tra i capelli, cercando di riempire con
quelle poche parole la voragine che si stava formando tra loro, e di
mantenere intatto il filo sottile che li legava e li faceva precipitare
insieme, così da potersi rialzare e prendersi per mano
ancora una volta.
-Lo so-
Rose annuì incerta, strusciando il naso sulla camicia ormai
bagnata di lacrime.
-Lo so-
E aveva continuato a ripeterlo, sole per convincersi di crederci,
perché lo voleva davvero, perché l'amore che Rose
custodiva nel suo cuore batteva frustato, desideroso di potersi saziare
di ciò che cercava.
Cosa le mancasse, però, non riusciva ancora a capirlo.
Il Dottore la prese tra le braccia e, issatosi sulle gambe ferme, si
alzò da terra, per portare entrambi sul letto singolo di
quella stanza incerta tra luce e morte.
Si distesero, lei ancora stretta nel suo abbraccio.
-Sono qui-
Il Dottore le soffiò ancora dolci parole, una nenia che
avrebbe smesso di cantare solo qualora fosse stata lei a chiederlo.
Rose gli sfiorò le labbra con le proprie, ancora umide di
sale.
Lo baciò, con dolcezza e disperazione.
-Mi dispiace-..
Lo baciò come se il sapore delle sue labbra fosse stata la
sua unica ancora di salvezza.
-Mi dispiace-.
Rose lo baciava, gli prendeva il cuore e lo frantumava in mille schegge
di vetro e il Dottore non riusciva a capire se quelle scuse gli
appartenessero o se, ancora una volta, fossero destinate a lui, all'ombra
dell'uomo che non aveva mai smesso di essere.
La baciò con desiderio e solitudine, bisognoso di credere
che non tutto fosse perduto, bisognoso di aspettare; nell'incertezza
avrebbe continuato a baciarla, a fare in modo che la fiammella non si
spegnesse al soffiare del vento, a reggersi a lei, unica sua ragione di
vita in un mondo a cui mai sarebbe appartenuto.
E finché ci fosse stata speranza, lui avrebbe potuto
continuare ad amare.
Per entrambi.
Angolo
di Baci =)
Eccomi qui con
una nuova storia. Purtroppo questa volta non c'è neanche la
benchè minima traccia di fluff, ma in compenso abbiamo
tantissimo angst! XD
Scherzi a
parte,non credo ci sia molto da dire, o almeno penso che la storia si
capisca abbastanza bene.
Volevo
scrivere qualcosa sul 10.5 e Rose ed eccola qui U.U
Non sono molto
convinta, ma d'altronde non lo sono proprio in questo periodo di tutto
ciò che scrivo, quindi aspetto impaziente la vostra opinione
=)
Spero di
rivedervi presto, sayonara!
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