..::.Crimson
feathers.::..
“... per come
è cominciata, l'unica parola che riesco a trovare
è scontro.
Uno scontro.
Tra me e te.
Due anime destinate ad
incontrarsi, che si sono cercate per tutta la vita e che,
infine, hanno picchiato la testa l'una contro l'altra,
intrecciando strettamente le loro mani.
Le nostre mani.
Dio, eravamo
così giovani... eppure, ci crederesti se ti dicessi che
già allora sapevo che io te
eravamo destinati a stare insieme per sempre? Non ho avuto
dubbi su questo.
Eddai!! Smettila di
guardarmi come se fossi pazzo!
Ho detto che staremo
insieme per sempre, non che non cercheranno di dividerci...”
Il nostro amore nacque
un'estate lontana, quando ancora non eravamo coscienti dei sentimenti
che provavamo e che avremmo provato in futuro. Eravamo solo bambini,
fanciulli legati dalla voglia di giocare e divertirsi, che mai avevano
pensato all'amore se non come possibilità remota che un
giorno, forse, avremmo compreso.
Come potevano sapere che
quell'incontro, quello scontro di anime che era avvenuto all'alba dei
nostri sei anni, avrebbe cambiato così tanto la nostra vita?
Nostra e non nostre, perché di singolare tra di noi non
c'è mai stato niente, nemmeno i pensieri.
C'era il sole quella
mattina, era giugno e faceva un gran caldo. Avevamo finito da poco la
scuola e mia madre e tuo nonno ci avevano iscritti a quei centri estivi
che tanto venivano decantati sperando che in quel modo avremmo fatto
nuove amicizie, che saremmo usciti da quel guscio introverso che il
Caso e la Vita ci avevano portato a costruire attorno a noi.
E loro come noi, non
potevano immaginare certo che cosa sarebbe accaduto.
Mi ricordo che eri chino
nella sabbia, a giocare con tuo fratello. Ed io camminavo, silenzioso,
alla ricerca di qualcosa che nemmeno io sapevo di cercare, di compagnia
forse. Ognuno di noi viveva la sua vita, serenamente, inconsapevole del
fatto che saremmo stati due ancora per poco, che nel giro di pochi
minuti non saremmo più stati “io e te”
ma solo “noi”.
Poi accadde, esattamente
come nelle favole.
Tu alzasti il tuo sguardo
ridente ed io mi voltai verso di te, attratto da una forza che ho
sempre considerato come il Destino. Il sole illuminava i nostri volti
ed il nostro incontro. Ricordo che tu indossavi una maglietta rossa ed
io una camicia bianca. Ricordo che tu eri sporco di terra quanto io ero
lindo. Ricordo che i nostri sorrisi allegri si smorzarono di colpo
quando i nostri sguardi si scontrarono, così bruscamente che
per un secondo temetti quasi di averti fatto del male.
Era assurdo pensarlo,
eppure quel pensiero ricordo chiaramente di averlo fatto.
Rimanemmo alcuni secondi
fermi, silenziosi, immobili nel tempo mentre il mondo attorno a noi
continuava a scorrere incessantemente.
Il nocciola
incontrò il blu e noi ci siamo semplicemente innamorati.
L'Angelo aveva incontrato
il suo Demone.
“Chi sei?
Io sono Feliciano! E tu?
No, no, aspetta! No
dirmelo!!
Io lo so chi sei... sei
un Angelo!
Sei vestito di bianco e
sei biondo come gli angeli, non può che essere
così!
Giochiamo insieme? Sei
troppo bello e poi sei un Angelo! Diventiamo amici?
Anzi... non lo
diventiamo!
Lo siamo già.
Mi sembra chiaro. Io so
che siamo già amici...”
Tenevi tra le mani la tua
bambola di porcellana preferita, la tua contadinella dai rossi capelli
e mi guardavi con un sorriso tenero, così dolce da farmi
mancare il respiro.
-Prenditi cura di lei...-
sussurrasti quel giorno, quando me la regalasti. Le tue mani tremarono
leggermente nel separarti da colei che per anni era stata la tua la tua
compagna di giochi e di sofferenze, la tua confidente nascosta quando
io non c'ero e non potevi piangere con altri. Io ti avevo sempre preso
in giro per il tuo attaccamento a quello stupido giocattolo femminile,
sapevo che non era un passatempo da “maschio” ma tu
la adoravi tantissimo.
-Non posso...- sussurrai
io, incredulo, poggiando le mani sulle tue in quel gesto che ci era da
sempre familiare -E'... è troppo per me...-.
-Niente per te
è troppo...- sussurrasti tu, sorridendomi.
Quel sorriso che era mio
e mio soltanto.
Quel sorriso che solo noi
capivamo.
Quel sorriso che voleva
dire tutto e niente.
-Ma è la tua
bambola...- cercai, invano, di convincerti a tenerla. Non
perché non la volessi ma perché sapevo quanto ti
costasse separarti da lei.
-Saprai averne cura
meglio di me...- risposi tu con noncuranza, prima di serrare con ancora
più decisione le mani attorno alla bambola -Davvero Ludwig,
prendila. Lo sai che cosa rappresenta per me, vero?- domandò.
Io annuii. Ovvio che lo
sapevo. Non c'era niente di te che io non sapessi -La tua infanzia. La
tua ultima scintilla di purezza. Le lacrime che un Demone come te ha
versato...- sussurrai.
-Le lacrime che tutti
vedono ma che solo tu puoi capire...- risposi tu, lasciando ora che la
bambola fosse ceduta dalle tue mani alle mie, scivolando via dalla mia
stretta possessiva ma delicata -Sei l'unico a cui le affiderei, mio
Angelo. L'unico a cui ho permesso di vedere il perché.
L'unico che mi comprende...-.
Ed io capii.
Sapevo che cosa in quegli
anni avevi dovuto passare, che cosa era successo per renderti quello
che eri, così com'ero consapevole di essere l'unico con il
quale tu potessi mostrare quel dolore che a volte diventava troppo
forte per essere sopportato. La morte di tuo nonno, la separazione
dall'amato fratello che ti era stato portavo via, l'adozione da parte
di quell'austriaco freddo e distante... erano tutte cose che ti avevano
trasformato agli occhi esterni, che ti mostravano frivolo e un po'
stupido.
Ma non per me.
Ai miei occhi rimanevi
sempre Feliciano, il piccolo demonietto che parlava troppo,
apparentemente sciocco, con un sorriso troppo grande per quelle labbra
ma che nascondeva una personalità molto più
complessa delle apparenze.
Sentivo la fredda
porcellana sotto le mie dita, sentivo il mio calore trasmettersi a
quell'oggetto, quel simbolo inanimato che noi due, con poche parole,
eravamo stati in grado di trasformare in qualcosa di più
grande. E la consapevolezza delle tue parole mi raggiunse in pieno,
scaldandomi di un calore di che raramente avevo provato in vita mia.
Strinsi al cuore quella bambola, la strinsi forte come spesso avevo
fatto con te -La custodirò come se fossi tu stesso...- la
cosa più preziosa che avevo.
Ed era vero.
Credevo in ogni singola
parola.
Tu mi sorridesti e
allungasti la mano verso la mia, conducendomi nella mia stanza per
portare quella bambola che ora era tua e mia allo stesso modo sulla
mensola, in bella mostra. Ci tenevi che fosse in vista.
Mi lasciasti la mano,
curioso di sapere dove l'avrei messa.
Sorridevi divertito,
perché sapevi quale sarebbe stata la sua posizione.
Senza parlare
ulteriormente mi avvicinai alle mie mensole, allungando la mano e
sistemandola lì, nell'unico posto che sembrava abbastanza
degno di questo dono: vicino a lui, al mio trenino, al mio simbolo. Al
treno in legno dai vagoni colorati che, lo sapevamo entrambi, avevo
tenuto a simboleggiare la mia infanzia. L'unica macchia nera del mio
bianco passato. L'innocenza perduta che avevo faticosamente ritrovato
nel momento in cui eravamo diventati amici.
E vedere insieme i nostri
due giocattoli, vicini, così prossimi allo sfiorarsi, pareva
così naturale, così semplicemente giusto.
Un po' come eravamo noi
due.
Giusti nel nostro tenerci
la mano.
Perfetti mentre con
naturalezza portavi le tue braccia attorno a mio collo e avvicinavi il
tuo volto a mio, lasciando che le nostre labbra si unissero in un bacio
che sapeva totalmente di noi.
Del nostro passato.
Del nostro futuro.
Ma sopratutto del nostro
presente.
“Caro amore mio... sei
spettacolare!
Solo tu puoi essere
così indifferente e poi spiazzarmi totalmente con una cosa
così importante da farmi piangere!
Se consapevole che tuo fratello ti prenderà in giro a vita??
Veh, pazienza!
Ti amo immensamente! Tuo
eterno Feliciano...
Ricordo la tua gioia
quando tirai fuori quella scatolina quadrata, quel piccolo contenitore
di gioielleria che conteneva le nostre promesse. Il nostro amore non
era come tutti gli altri: nessuno lo capiva ma a noi non importava. Era
bello e puro più di qualsiasi altro, un legame che superava
tutto. Certamente fisico ma non solo, perché quello che
sentivamo andava ben oltre la carne e riguardava sopratutto lo spirito,
le nostre anime.
Ed erano loro che
volevamo mantenere unite e, finalmente, ufficializzare quel matrimonio
spirituale che avevamo intrapreso fin dal primo giorno del nostro
incontro. Era quello il nostro desiderio ed io non potevo non fare in
modo che si realizzasse anche se ero così intimidito da quel
gesto che stavo per compiere da sentirmi ridicolo.
Era natale.
Il periodo in cui le
famiglie si riunivano per stare insieme.
Il momento giusto per un
regalo importante.
E così,
fregandomene di tutto, di soldi e di altrui pensieri, persino della mia
timidezza, feci la pazzia più grande della mia vita,
cercandoti quel regalo speciale che avrebbe dato alla nostra relazione
un nuovo simbolo in cui rispecchiarsi, un'effige che avremmo portato
con noi sempre.
Piangevi come un bambino
mentre infilavo il simbolo della nostra nuova promessa al tuo anulare
sinistro, mentre la fede nuziale con i nostri nomi incisi dentro, per
la quale avevo lavorato mesi e mesi, sanciva quelli che erano i nostri
sentimenti, unendoci in una promessa che ci eravamo già
fatti ma che ora prendeva forma di un nuovo simbolo.
Sorrisi stupidamente alla
tua pigolante richiesta di essere io infilartela, quasi dovessi
pronunciare "Con questo anello, io ti sposo".
Ma che senso avevano le
parole?
Le nostre anime se lo
erano già detto anni prima!
-Ti amo tanto, Ludwig!- singhiozzavi -Ti amo da sempre e per sempre!
Altro che "finchè la morte non ci separi"!-.
Asciugai le
tue lacrime come avrebbe fatto un qualsiasi amante, sfiorandotele con
le labbra mentre tu, ridendo della nostra sentimentale
stupidità, infilasti al mio dito l'altro anello,
stringendoti a me in quella macchina scassata di fronte alla
gioielleria.
Persino della religione
ci saremmo fatti beffa!
Perché chi non
approvava il nostro legame, poteva anche sparire per sempre.
“Lascia che io sia il
tuo Demone, mio Angelo.
Lascia che io sia la
parte più oscura di te.
Lascia che la tua luce e
la mia ombra si combinino in un solo essere.
Perché come
il nero non esiste senza il bianco, io non esisto senza te.”
Ingenuamente ti permisi
di farlo. Stupidamente mi fidai delle tue parole, lasciando che essere
mi penetrassero dentro e mi portassero ad amarti nel nostro modo oltre
ogni altro, crogiolandomi nell'illusione di alcune sillabe e
nell'incantatore sguardo di porcellana di un simbolo che ci avrebbe
sempre rappresentati.
Ero felice.
Più che felice.
Di una
felicità che sapevo non poteva durare a lungo ma che mi
faceva sentir vivo, mi svegliava dal torpore di una vita comune e mi
ridava quella luce che, nel corso degli anni, era da me un po' svanita.
Svanita perché eravamo cresciuti. Svanita per restarti
accanto, anche quando sapevo che chiunque al di fuori del nostro mondo
non avrebbe approvato. Svanita un poco ma pur sempre presente.
Per te avrei fatto di
tutto e di questo ne eri consapevole. Forse un po' te ne approfittavi
ma, allo stesso tempo, io stesso approfittavo del fatto che anche tu
eri legato a me, che per me avresti fatto qualsiasi cosa. Faceva parte
del nostro amore e non ce ne vergognavamo affatto, era anche quello che
rendeva una cosa sola, il fatto di saper che l'altro avrebbe sempre
perdonato queste piccole cose.
Ma forse avrei dovuto
ascoltare il buon senso. Avrei dovuto ascoltare gli altri che
parlavano. Avrei dovuto dare retta a chi ne sapeva più di
me, a chi mi sussurrava quella verità che ignoravo, che non
volevo sentire, che avrebbe sporcato il nostro rapporto.
Anche se mai ne avevi
avuto la parvenza ti eri autodefinito un Demone, in modo da poter
restare sempre vicino a me, che chiamavi il tuo Angelo.
Avevi deciso di essere
Ombra,votandoti a quella realtà innegabile che io rifiutavo
a priori: un Demone, rimane sempre un Demone.
Un Demone
apparterrà sempre all'oscurità e un giorno essa
lo reclamerà.
Anche se piange.
Anche se soffre.
Anche se ti ama.
Rimane sempre un Demone.
E come un Demone ti
portasti via tutto.
“...io ho sempre
considerato il nostro amore sopra ogni altra cosa, qualcosa di talmente
grande da non essere spiegabile a parole.
Questo mi ha portato alla completa ossessione, possessione e gelosia
nei tuoi confronti.
Non sono mai stato una persona gelosa, lo sanno tutti, eppure quando
hai tra le mani qualcosa di così grande e importante,
vivi costantemente nel terrore che possano un giorno portartelo via.
Credo sia per questo, che a volte mi comporto in quel modo che tu
reputi tanto odioso.
Ma cerca di capirmi...tu
sei sempre stato tutto.
Se te ne vai, di me che
cosa resta?
Ma mi sto preoccupando
per nulla, vero Ludwig?
Noi non ci separeremo
mai... insomma, dai!
Sappiamo anche noi che
il nostro amore è più forte di tutto!
Anche della
morte...”
Cocci e polvere.
Solo cocci e polvere che
vengono spazzati via dall'amorevole mano di chi è rimasto e
che si sobbarcato l'onere di dover rimettere insieme i pezzi.
Pezzi di una bambola che
vorrei aver distrutto e non ho nemmeno il coraggio di guardare.
Frammenti di un anello
che nel mio cuore è ancora al mio dito ma che
nella percezione reale è sepolto in una scatolina, dentro un
carillon portagioie, seppellito tra molti altri gioielli inutili della
mia vita.
Della nostra vita.
Schegge di ricordi che
sono più taglienti di una lama e che continuano solo a
domandare, un un coro insistente e monotono, un perché che
non mi è stato dato.
Un perché che
non esiste.
Un perché che
non hai fatto in tempo a dirmi.
Un perché che
forse, adesso, nemmeno mi interessa così tanto.
Eri davvero tu quella
presenza che mi dichiarava il suo amore in ogni singolo istante? Eri
davvero tu che piangevi se ti facevi male e che minacciavi chiunque mi
si avvicinasse? Eri davvero tu che amavo?
Questo non lo so
più.
L'unica certezza che ho
è che eri tu che hai smesso di fare tutte quelle cose.
Ho così pochi
ricordi di quel giorno, quasi la mia mente avesse cercato di rimuovere
quell'evento che mi rese simile ad una bambola per giorni, incapace di
piangere ma con dentro una sofferenza così grande da non
poter essere espressa a parole.
Ricordo solo che
camminavamo per strada con un gelato in mano, discutendo a bassa voce
sul fatto che tu volessi tenermi la mano ma che io mi vergognassi
troppo per farlo in pubblico. Ricordo il tuo visetto imbronciato sporco
di cioccolato. Ricordo i tuoi occhi nocciola fissarmi, imploranti.
Ricordo un addio che non
aveva sapore. Il rumore di una frenata e di vetri che si infrangevano
così come la consapevolezza di aver perso per sempre la
possibilità di essere un Angelo, rubata da un Demone che era
stato riportato all'Ombra a cui apparteneva.
Non era un “non
ti amo più”.
Non era un “ti
ho mentito”.
Non era un
“è finita”.
Non era niente che
avrebbe potuto, un giorno, farmi mettere l'animo in pace.
Era solo silenzio. E quel
silenzio mi fece più male di qualsiasi altra parola che tu
avresti mai potuto pronunciare.
“...una
volta Arthur, il fidanzato di mio cugino Francis, mi ha fatto i
tarocchi sai??
Uff, smettila di fare quella faccia esasperata!! Io ci credo... sei tu
il miscredente!
Questo tuo atteggiamento ti porterà sfortuna! O forse lo
faranno gli gnomi...
bho, non me lo ricordo, Arthur dice sempre tante cose così
che non posso mica ricordarmele tutte, no?
Comunque mi ha detto una cosa bellissima... la vuoi sapere??
Dai, dai, dai, dai, dai, dai!!
Mi ha detto che tu mi avresti amato per sempre!!!!
Non è magnifico???
Uff, non sorridere così... non prendermi in giro, Lud!
Arthur è potente e se lui dice così tu puoi solo
restare a guardare il nostro amore perfetto!”
E semplicemente, io
restai a guardare.
A guardare il tuo corpo
steso sull'asfalto tra vetri e sangue, mentre una folla di persone si
radunava attorno a noi, preoccupata e urlante. A guardare i tuoi occhi
nocciola offuscati dal dolore e dalla confusione, che cercavano i miei
tra la gente. A guardare perché altro non potevo fare.
Perché io stesso ero diventato fermo e immoto, glaciale come
i nostri giocattoli che mi fissano dalla mensola. Inutili come
quell'anello che aveva significato tanto per noi e del quale quasi non
riuscivo a ricordare il colore.
E nel silenzio, unica
cosa che riuscivo a percepire tra le urla che regnavano attorno a me,
nel disperato grido muto di quel momento disperato, riuscivo soltanto a
chiedermi che cosa avevano significato quegli anni passati insieme, la
nostra intera vita dedita l'uno all'altro, se ora ti perdevo. Che cosa
ne sarebbe stato di me. Che cosa ne sarebbe stato di tutto.
Il Demone avrebbe infine
abbandonato l'Angelo.
Anche se non lo voleva lo
avrebbe fatto, sarebbe tornato all'Oscurità a cui diceva di
appartenere ma che mai lo aveva voluto, lasciandomi solo in quella Luce
che ora sembrava tutto meno che splendente.
Il mio corpo si era
mosso, accorrendo al tuo fianco per stringere la tua mano sporca di
sangue, per sfiorare un'ultima volta il pallido calore del tuo corpo
piegato in una posizione del tutto innaturale. Fisicamente mi ero mosso
ma la anima era ancora lì, in piedi, poco distante da noi,
ferma come se fosse fatta di legno o di porcellana, incapace di
guardare l'anulare sinistro che ancora, dopo mesi, è segnato
dalla nostra promessa, perdendo le piume delle mie bianche ali da
Angelo in un fiume di lacrime rosse che lentamente andavano a colorare
di nero la mia anima.
La candida anima che tu
tanto avevi amato.
La candida anima che
avevi ferito.
La candida anima che la
tua morte stava trasformando.
La candida anima che
avevi lasciato con delle parole così semplici,
così normali, che per pochi secondi, mentre ti spegnevi tra
le mie braccia, mi potarono a chiedermi se davvero non stessi
semplicemente dormendo.
“... fa tanto freddo,
Lud.
Perché
piangi? E' perché fa freddo, vero?
Non preoccuparti... tra poco andiamo a casa.
Però...è strano... oggi c'è
il sole, non può... fare freddo... no?
Veh... io ho un po' di
sonno sai?
Adesso... chiudo gli occhi e dormo... poi...
dopo ci facciamo un piatto di pasta e... magari andiamo al parco.
Ok?
Allora... ci si vede...
dopo...”
..::.Fine.::..
Non ho la minima idea
di come mi sia uscita questa storia O_O
Mi sentivo un po' depressa per alcune cose mi sono capitate ultimamente
e, abbandonando il mio studio compulsivo, mi sono trovava quasi senza
accorgermene a scrivere queste righe. Nel mio delirio depressivo mi
sono figurata Lud e Feli e mi sono chiesta che cosa
significherebbe per il primo la morte del secondo... lo so, non sono
molto normale a fare certi mentre studio, ma è' solo colpa
del mio cervello sovra-stressato, credo O.o
Beh, spero comunque che vi sia piaciuta!
Spero di non essere andata OOC con i personaggi, è la prima
volta che scrivo di loro due. Nel caso provvederò subito a
mettere l'avvertimento.
Nel frattempo vi lascio e vi mando un bacio grandissimo!
Un bacio,
Tifa.
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