Che bella sorpresa, appena prima di aggiornare mi trovo due
recensioni!! Grazie mille a Rowina,
troppo buona come al solito (per i nomi mi sono
scervellata per un pomeriggio, non ne trovavo uno che mi piacesse, poi è
bastato aprire il libro di mate per ritrovare improvvisamente l’ispirazione!
Della serie: tutto, ma non studiare!) ; a Sharkie,
apprezzo il consiglio, ma purtroppo non saprei come cambiare la presentazione
(comunque anche a me piace un sacco Eragon, in
particolar modo il secondo libro) e
a Kristin, che è stata la prima a commentare! Un bacione
a tutte e tre!!
-Capitolo 4-
Fu solo appena prima dell’alba che Kayla uscì dalla trance e si rimise in piedi, trovandosi di fronte a Ferhion.
-L’hai trovata?-
chiese l’uomo, guardando preoccupato il volto pallidissimo della donna.
-La Fanciulla esiste.- sussurrò lei
con voce remota.
Ferhion tradì un sospiro di sollievo.
-Allora, chi è la prescelta?-
La donna attese in silenzio, mentre sul suo volto non più
giovane compariva una ruga di amarezza.
-La risposta non ti piacerà, Ferhion.-
Un improvviso gelo scese tra loro.
-Chi sarà la Fanciulla?- chiese
ancora l’uomo, sentendo il cuore stretto in una morsa angosciante di cui non
riusciva a trovare spiegazioni.
-Tua figlia.-
Ferhion accusò il colpo come se una mazzata lo avesse
colpito direttamente al cuore.
Due parole, erano bastate due parole a cancellare tutta
l’aria presente nella stanza e penetrare gelide come pugnali nella mente del
Saggio. Respirò senza rendersene veramente conto, poi la rabbia e l’incredulità
presero il sopravvento.
-Ma non è possibile, Haris non ha
mai dimostrato nessun potere! Devi aver sbagliato.-
La donna lo gelò con il suo sguardo. Adesso i suoi occhi
erano grigi come la roccia che avvolgeva la stanza sotterranea.
-Io non sbaglio mai, dovresti saperlo.-
-Haris non sa usare la magia, hai visto anche tu che si è
rivelata incapace perfino di eseguire i più semplici incantesimi, come può
avere il Potere?!-
-Forse è stato il suo stesso corpo a rifiutare di mostrarlo,
per paura di venire distrutto da esso, ma posso
assicurarti che in lei la magia è più potente che in qualunque altro abitante
delle Cinque Terre. Me compresa.-
Ferhion scosse la testa, incapace di accettare le parole che
gli stavano trafiggendo il cuore.
-Trova un’altra prescelta.-
La donna sorrise con una sorta di
comprensione, mitigando appena il tono duro della voce.
-Sai meglio di me che di prescelta ne esiste
solo una.-
Seguirono pochi, duri secondi, nei quali Ferhion strinse
spasmodicamente i pugni prima di parlare nuovamente.
-Non posso accettarlo.-
-Non hai scelta.- gli fece Kayla
con voce gelida.
-Non distruggerò così mia figlia, è
tutta la mia famiglia!- urlò l’uomo, convertendo la paura ed il dolore in un
tono carico di rabbia.
-Hai voltato le spalle alla tua famiglia nel momento in cui
sei diventato uno dei Saggi. Il potere ti è stato dato per salvaguardare il
villaggio, non per piegarlo al tuo volere. Fosse anche per salvare tua figlia.-
-Mi stai chiedendo di sacrificarla?- ruggì
lui, facendo un passo in avanti come per attaccarla.
-Ti sto ordinando di compiere il tuo dovere.-
Ferhion e Kayla si guardarono negli occhi, erano tanto
vicini che, per un attimo, l’uomo provò l’impulso di soffocarla con le sue
stesse mani per la consapevolezza che ad ogni secondo gli dilaniava il cuore.
-Se non si farà il rituale, Haris morirà comunque.
Assieme a tutto il villaggio.- fece la donna con voce impassibile, nonostante nei suoi occhi ora azzurri fossero specchiati il
dolore e la rabbia del mago.
Ferhion chinò la testa, sconfitto. Forse una lacrima scese
da quegli occhi che un tempo appartenevano ad un
padre, ma le sue labbra presero una piega decisa: quando era divenuto un
Saggio, aveva fatto il giuramento di proteggere tutti gli abitanti del
villaggio come se fossero suoi figli, per quanto amaro e doloroso, lo avrebbe
rispettato.
Aster si alzò dal letto con
uno sbadiglio, stirandosi le membra intorpidite per l’inattività.
Fuori dalla finestra, il cielo
rivelava ancora le tracce dei caldi colori dell’alba appena passata.
Si mise a fissarlo senza nemmeno chiedersene il motivo,
pervaso da un senso di spossatezza che andava ricercato nel malessere presente
dentro di lui. I suoi vestiti erano stati lavati e riparati, le sue ferite
curate, eppure dentro di sé sentiva che il sangue scorreva ancora, mischiandosi
alle lacrime silenziose che erano state asciugate dal vento durante il suo
furioso galoppare verso quel villaggio.
Aveva appena ventun’anni e,
nonostante viaggiasse spesso per le Terre dell’Ovest, il suo villaggio era
sempre stato il suo punto fermo, un luogo dove poter tornare, la sua casa.
Adesso non aveva nulla. Non un casa, non un passato e
forse nemmeno un futuro.
-Già in piedi?-
Lentamente si volse a fissare la porta, da dove faceva
capolino il volto sorridente di Haris.
Annuì, senza nessuna voglia di parlare con quella ragazza
che pure, il giorno prima, era riuscita lenire un po’ la sua sofferenza; in
quel momento voleva solo soffrire in solitudine, annullandosi silenziosamente
nel dolore e nella rabbia che lo stavano lacerando.
Eppure, una parte di lui desiderava ardentemente la
sua compagnia.
-Come vanno le ferite?-
-Bene.- rispose con voce impenetrabile che fece comparire
un’espressione preoccupata nel viso della ragazza.
Si sedette sul letto, dondolando le gambe mentre gli
lanciava un’occhiata di sottecchi, indecisa se lasciarlo al suo dolore o
cercare di distrarlo.
-Tu sei uno spadaccino, giusto?- chiese dopo qualche attimo
di riflessione.
L’uomo annuì, senza alcuna voglia di ricordare come la sua
abilità nella scherma non fosse bastata a uccidere il
Demone, né sarebbe stata in grado di proteggere il villaggio se si fosse
trovato lì al momento del suo arrivo.
-Te la senti di combattere adesso?-
Aster si permise un sorriso ironico, se per sconfiggere il
Demone i Saggi avevano deciso di fare affidamento su di lui, allora erano tutti
condannati.
-Perché me lo chiedi?-
-Prima rispondi alla mia domanda.-
-…sì.- mormorò l’uomo, senza troppa convinzione.
-Allora prendi la spada!- gli disse
la ragazza, il volto raggiante d’eccitazione.
Quasi senza rendersene conto, Aster si ritrovò nella stessa
radura di dove l’aveva vista la prima volta, stringendo un’arma che sentiva
inutile e, forse per la prima volta in vita sua, estranea. Sapeva di essere un grande combattente, perfino nel suo villaggio in pochi
riuscivano a tenergli testa, ma l’incontro con Grelkor aveva portato alla luce
all’improvviso la propria vulnerabilità ed impotenza. Non si era salvato grazie
alla sua abilità di spadaccino, ma per un incredibile colpo di fortuna, e quella
spada, che l’aveva accompagnato per anni di vittoriose battaglie, adesso era
come se l’avesse tradito.
-Avanti, fatti sotto!-
Aster non guardò realmente verso di lei mentre entrambi sfoderavano le spade, davanti a suoi occhi si susseguivano
solamente le immagini del suo villaggio distrutto e della sua gente uccisa.
In un lampo sentì il freddo bacio della lama sulla guancia.
Lentamente, Haris abbassò la spada, senza però riporla nel
fodero.
L’uomo la guardò sorpreso, mentre lei gli sorrideva con
fierezza.
-Te l’ho detto che so combattere. Allora, questa volta hai
intenzione di reagire o rimarrai impalato come prima? Pensavo fossi un bravo
spadaccino.- lo provocò con tono gentile, allontanandosi di qualche passo.
Aster la guardò con rabbia, provando l’intenso desiderio di
colpirla, ma poi l’espressione preoccupata che trapelava dai suoi occhi verdi
lo bloccò. Haris era sinceramente preoccupata per il suo dolore e, a modo suo,
cercava di distrarlo e farlo reagire da quel senso di sconfitta che lo stava facendo
precipitare nell’apatia. Si riscosse, stringendo l’elsa della sua spada con
tanta forza da sentire i rilievi delle decorazioni imprimersi sul palmo.
-Ed infatti lo sono.- disse,
mettendosi in guardia.
Ancora una volta lasciò che fosse lei a fare la prima mossa,
ma questa volta era preparato all’attacco. Scambiarono un paio di rapidi colpi,
giusto per sondare le rispettive capacità, quindi si bloccarono, studiandosi
con aria attenta. Nel successivo assalto si vennero incontro, facendo sfoggio
entrambi di una buona conoscenza di affondi e parate,
prima di separarsi di nuovo.
Aster studiò Haris come se la vedesse per la prima volta,
mentre in lui l’uomo veniva sostituito dallo
spadaccino.
Non era più una ragazza goffa e dai movimenti impacciati;
quella davanti a lui, con il volto arrossato per l’eccitazione, era una
combattente da non sottovalutare. Con un sorriso, l’uomo si preparò a fare sul
serio.
Le due spade si incrociarono ancora
una volta, con un forte suono metallico, e Haris dovette reggere l’arma con
entrambe le mani per non cadere in ginocchio, sopraffatta dalla forza
dell’uomo. Con un agile movimento del polso, la ragazza riuscì a deviare la
lama avversaria e contrattaccare.
L’uomo evitò senza problemi il suo
affondo, quindi la costrinse in difesa.
Aster era un ottimo spadaccino, ma con stupore si accorse
che Haris riusciva a tenergli testa, utilizzando entrambe le mani per parare i
suoi affondi e compensando la sua scarsa forza con un’agilità incredibile ed
una buona conoscenza tecnica.
Nel giro di qualche minuto, entrambi i contendenti erano
stanchi e sudati, tuttavia nessuno era riuscito a prevalere.
Un nuovo attacco di Haris venne
parato e respinto, quindi la ragazza si accorse di un varco nella guardia
dell’avversario e subito si esibì in un rapido affondo. Troppo tardi si rese
conto della trappola in cui era caduta: Aster schivò
la lama senza problemi, poi, approfittando del fatto che si era sbilanciata, le
sfiorò la gola con la punta della spada.
Il combattimento era terminato.
Haris s’irrigidì e lasciò cadere l’arma, accettando la
sconfitta con un sorriso, prima di piombare a sedere sull’erba per recuperare
fiato.
Aster si sedette accanto a lei, socchiudendo gli occhi per
il sole primaverile che ormai si levava alto nel cielo.
-I miei complimenti, non sono in molti quelli che riescono a
tenermi testa così a lungo.- le disse, sentendo un
leggero senso di pace accompagnare la stanchezza fisica che riusciva a
distogliergli la mente dai dolorosi ricordi.
-Ma adesso sei ferito. Se fossi
stato in piena salute probabilmente mi avresti battuto
subito.- replicò la ragazza, arrossendo però d’orgoglio alle parole dell’uomo.
-Chi ti ha insegnato?-
-Nessuno in particolare, i maghi più anziani disapprovano il fatto che a me piaccia combattere. Di solito
mi alleno con un mio amico, ma lui non è abile quanto te.- commentò con un
sorriso affettuoso all’indirizzo di Vahn. -E tu come hai imparato?-
Incalzato dalle sue domande, Aster le raccontò il suo
addestramento nelle severissime scuole del suo villaggio, i primi duelli, il
tentativo di raggiungere il rango di spadaccino e poi quello più elevato di
maestro, concesso solo ai migliori combattenti.
-E’ da quando avevo quindici anni che sono un maestro di
scherma.- una ruga amara comparve nel suo volto –Ora sono l’unico rimasto.-
Un silenzio improvviso scese su di loro,
latore di ricordi e sofferenza.
-Posso vedere la tua spada?- chiese timidamente la ragazza,
tendendo la mano.
Aster le passò l’arma, osservando la cura e l’ammirazione
con cui Haris toccava l’elsa finemente decorata, la lama
affilatissima ed una piccola scalfittura proprio vicino alla punta.
-E’ bellissima.- mormorò lei, eppure in quel commento
apparentemente banale si nascondeva tutto l’entusiasmo e l’ammirazione che non
si possono esprimere a parole.
-Me l’ha regalata mio fratello maggiore quando ho rotto la
mia prima spada.-
Quasi a malincuore, Haris gliela restituì,
ascoltandolo rapita mentre le parlava dell’equilibrio e della flessibilità
della lama, di quanto fosse importante l’impugnatura e di come, tramite
determinate leghe di metalli, fosse possibile ottenere armi leggerissime eppure
molto resistenti. Nemmeno con Vahn aveva mai provato quell’intensa
sensazione di affinità che adesso sentiva nei
confronti di Aster.
Lo guardò con rispetto, assaporando la gioia di condividere
la stessa passione; adesso che Aster si sentiva interrogato nel suo argomento
preferito, la sua espressione di dolore era scomparsa, rivelandole un volto
poco più vecchio del suo.
-Quanti anni hai?- gli chiese
all’improvviso, non appena ebbe finito di parlare.
-Ventuno, come mai me lo chiedi?-
-Allora ho cinque anni per raggiungere la tua abilità con la
spada.-
Aster le sorrise, stupito degli imprevedibili ragionamenti
che sembravano uscire da quella testa arruffata con una logica tutta
particolare.
-Due, ormai sono tre anni che non faccio grossi progressi.-
-Solo due? Dubito di riuscirci.- commentò
lei con un’espressione sconfortata.
L’uomo si ritirò nei suoi pensieri per qualche minuto.
-Una volta sconfitto il Demone,
potrei insegnarti a migliorare il tuo stile.- le propose infine.
Haris lo guardò, cercando invano una traccia di presa in
giro nei suoi occhi azzurri.
-Guarda che è una promessa!- lo avvertì,
sorridendo per l’offerta.
Si alzarono, il sole alto sopra di loro e la fame che
cominciava a farsi sentire indicavano come ormai fosse
ora di pranzo.
Haris raccolse la sua spada, che giaceva sull’erba da quando
l’aveva lasciata cadere dopo la sconfitta. Stranamente, l’arma scivolò nel
fodero senza fatica.
Mentre si avviavano verso il
villaggio, videro una ragazzina che correva verso di loro.
Non appena fu a pochi passi di distanza, Haris la riconobbe
come Leera, una piccola apprendista maga molto dotata, che spesso veniva usata dai Saggi per le commissioni. La spadaccina la
salutò con cordiale cenno della testa, facendole apparire un sorriso.
Forse a causa del suo carattere timido e introverso, Leera
aveva un’adorazione per Haris e cercava di emularla in ogni suo comportamento,
tanto che un giorno le aveva chiesto di insegnarle a
combattere, nonostante fosse a conoscenza della disapprovazione del villaggio
per una pratica così poco femminile.
Haris aveva rifiutato, eppure capitava spesso che la
ragazzina più giovane fosse presente quando si allenava con Vahn, seduta in
silenzio poco distante da loro, con gli occhi castani fissi sulle spade in
un’espressione attenta.
-Haris, tuo padre ti vuole parlare, ti aspetta nella sala
del Consiglio.- disse Leera non appena li raggiunse e
riuscì a riprendere fiato.
-Perché?-
-Non lo so, ma ha detto di sbrigarti.-
Lanciò un’occhiata di timida curiosità allo sconosciuto, poi
si dileguò, rapida com’era arrivata.
Con un’espressione perplessa, Haris salutò lo spadaccino e
si avviò assieme a lei
Aster le guardò allontanarsi assieme, la composta e aggraziata
ragazzina dai capelli biondi, vestita con l’immacolata tunica delle
apprendiste, e la spadaccina, con i capelli un po’ arruffati e i pantaloni
sporchi di erba; una strana emozione lo attraversò
all’improvviso.
Quella mattina, a parte l’ultima breve conversazione, non
aveva pensato al suo villaggio nemmeno una volta.