Teneva
il capo chinato verso il basso, le mani dietro la schiena gli erano
state legate così strette da impedire quasi che il sangue
circolasse nei polsi, e i suoi occhi, bendati da una spessa fascia
nera, erano per la prima volta completamente inoffensivi.
Era
lì, Sasuke Uchiha, da almeno due ore in quella tana di lupi.
Restava fermo, immobile, al centro della sala, accompagnato unicamente
dall’opprimente consapevolezza che il suo tempo stesse ormai
per scadere. Sasuke portava al collo l’invisibile cappio
della fine e senza opporsi si lasciava sommergere, come
all’interno di una clessidra, dalla sabbia di ore, minuti e
secondi della sua vita. Non faceva così male la sensazione
di soffocamento, Sasuke del resto era abituato ad affogare negli abissi
più bui.
Quando il tuo corpo
affonda tra i flutti dell’oceano fino a raggiungere la
sabbia,
per
sprofondare ancora ti basta solo scavare.
Terza
giornata del processo.
Erano
all’incirca dieci gli ANBU stretti intorno a Sasuke. Alle sue
spalle un’assemblea d’idioti confabulava con
insistenza, e davanti ai suoi occhi bendati sedevano almeno tre Kage e
un consiglio di vecchi moribondi che si dibattevano per aver
l’ultima parola sulla sua vita.
Non
aveva paura della morte, né del cappio a cui sarebbe stato
appeso, e nemmeno di dover scontare il resto dei suoi giorni dentro una
lurida cella, a spaventarlo era la sua totale indifferenza verso se
stesso.
“Valutando
il significativo contributo di Uchiha Sasuke alla sconfitta di Uchiha
Madara e…”
La
voce autoritaria della Godaime risuonò forte
nell’aula mescolandosi alle feroci repliche del Consiglio, e
Sasuke si chiese in quel momento perché oltre gli occhi non
gli avessero chiuso anche le orecchie.
“Chiedo
la revoca della pena capitale, affinché Uchiha Sasuke sia
sottoposto a custodia cautelare in carcere, e in seguito sia reso
possibile un suo eventuale reintegro in società sotto la
tutela di personale scelto.”
Sasuke
sollevò il viso inclinandolo lievemente di lato. La
metaforica sabbia che lentamente cominciava a soffocarlo, penetrandogli
nelle narici e infilandosi tra le sue labbra, iniziò a
ritrarsi e turbinando nell’aria si ricongiunse alle ore e
agli anni nell’altra metà della clessidra. Il
tempo era tornato al suo giusto scorrere, al suo inesorabile scandirsi
con lenti battiti.
Udì
il distinto rumore di un sospiro di sollievo, ma non seppe riconoscerlo
come suo. Schiuse le labbra respirando con affanno, come se fosse
riemerso sulla superficie dell’acqua dopo
un’infinità di tempo.
Sasuke
aveva paura, dannatamente paura, di ricominciare a vivere. Sarebbe
stato molto più facile per lui abbandonarsi a quel morbido e
rassicurante cappio. Era già morto da tempo, precisamente da
quando aveva sette anni. Si era affogato con le sue stesse mani; non
avrebbe avuto alcun senso ricominciare.
Ottocentosedicesimo
giorno di carcere.
“Te
lo presento Sasuke, questa è la tua cura.”
Osservò, assottigliando le iridi
scure, lo sghiribizzo arancione dagli indefiniti contorni a pochi passi
da lui.
Aveva sempre creduto che Tsunade fosse una
beota, ma non certo fino a questo punto.
“Naruto Uzumaki”
Pigia il naso contro la
vetrina del negozio per riuscire a osservare meglio il piatto esposto
ricolmo di senbei.
Tondeggianti, di
pasticceria e dalla scorza dorata, niente male davvero. Devono essere
suoi.
“Sì
dai, sei bello teme. Ora però puoi smetterla di specchiarti
e scrostarti dal vetro?”
Osserva per un attimo
l’immagine riflessa di Naruto che lo richiama scaccolandosi.
“Usuratonkachi.”
Mormora istintivamente. Poi socchiudendo gli occhi e sbuffando con
stizza si raddrizza in piedi, avvicinandosi all’amico.
“Voglio
quelli.” Ordina perentorio.
“Quanto
costano?” Chiede tirando le labbra in una smorfia, mentre con
una mano estrae l’inguardabile portafoglio verde a forma di
rospo.
“Non lo so,
‘sti dannati scrivono troppo in piccolo.”
Nel momento in cui
Naruto si abbassa davanti alla vetrina per controllare il prezzo,
Sasuke solleva lo sguardo concentrando l’attenzione sulla sua
immagine riflessa. Gli fa uno strano effetto non potersi riconoscere a
causa della miopia, riesce soltanto a distinguere l’alta
figura di un uomo dai capelli neri e la pelle bianchissima. Per un
istante si confonde e in quello che dovrebbe essere il suo volto,
rivede il viso del fratello.
“Dieci ryo per
‘sta roba! Ma è un furto!”
Sgrana gli occhi di
fronte a quella somiglianza che in modo fulmineo e lancinante gli ha
fatto riaffiorare alla mente ricordi che avrebbe preferito dimenticare.
Non saprebbe spiegarlo a parole, ma non vuole assomigliare a lui, per
quanto lo ami, non vuole essere come Itachi.
Lascia scorrere lo
sguardo più in là, oltre la sottile lastra di
vetro, posandolo su alcuni clienti che si sono voltati verso di lui.
Non riesce a scorgere le loro espressioni colme di disprezzo, anche se
può facilmente immaginarle.
“Sas’ke
sei proprio sicuro di volerli?”
Non può
negare che a volte ripensi alla vendetta, a distruggere la causa del
suo dolore, a macchiarsi del sangue di tutti coloro che godono
tutt’ora di una pace nata dal massacro. Perché
trova profondamente ingiusto che quei bastardi, che ora stanno
guardando sia lui che Naruto con occhi di biasimo, vivano sereni nella
loro ignoranza, mentre la sua famiglia e Itachi sono…
“Da Abeshi,
sì ne sono certo, costano per lo meno la metà. Ok
che non saranno di pasticceria, questo te lo concedo, ma comunque non
c’è confronto!”
Ma non lo
farà, no, non troverà sollievo nella morte di
quella miserabile società, non distruggerà il
Villaggio dell’Ipocrisia.
“Oi, ma mi
stai ascoltando?!”
Non si è mai
pentito del suo passato, nemmeno una volta. Ogni sua scelta, per quanto
estrema e talvolta suicida, gli è stata dettata dal cuore.
È stato l’amore per la sua famiglia a muoverlo
verso quell’abisso di tenebre ed è stato sempre
l’amore a farlo riemerge.
Sasuke ama follemente
Mikoto, Fugako e Itachi, ma ama ancor più Naruto, tanto da
mettere da parte tutto l’odio e ogni desiderio di vendetta,
talmente tanto da poter risollevarsi dal vortice della disperazione.
Cadrà di nuovo ne è certo, ma ora sa che esiste
nella sua vita un ottimo motivo per continuare a rialzarsi.
“Teme sto
parlando con te!”
Finalmente solleva lo
sguardo sul ragazzo biondo, che da qualche minuto gli sta sbraitando
contro alla disperata ricerca d’attenzione.
“Scusami, ero
sovrappensiero.” Sussurra, guardando altrove.
Rialza immediatamente
gli occhi neri non appena Naruto gli poggia una mano sulla fronte,
scostandogli la frangia.
“Ehi, mi stai
chiedendo scusa? Sicuro di sentirti bene?” Gli domanda
perplesso.
In pochi secondi Sasuke
riesce a pizzicarsi dolorosamente il labbro inferiore
dall’interno, a stringere convulsamente i pugni, a fremere di
rabbia, e a far riassopire il tutto sotto uno spesso strato di
autocontrollo e calcolata freddezza.
“Smettila
idiota.” Esordisce infine scacciando con un gesto la mano di
Naruto, riservandogli lo stesso trattamento di una mosca fastidiosa.
Naruto gli risponde
prontamente con una linguaccia.
“A che pensavi
teme?” Riprende la parola dopo qualche attimo di silenzio.
“Nulla che tu
debba sapere.” Replica, iniziando a incamminarsi lungo il
viale.
Naruto resta un attimo
interdetto, poi raggiunge correndo l’amico.
“Oi teme, e i
senbei? Non li vuoi più?” Blatera
trotterellandogli vicino.
Sasuke ovviamente tace,
probabilmente non considera la domanda degna di risposta.
“Allora?”
“Vado al negozio di
Abeshi.” Replica laconico, sottolineando accuratamente con la
voce il verbo prima persona singolare — vado —.
Naruto sorride radioso,
guardando Sasuke con interesse.
“Va che prima
non dicevo sul serio, cioè sì, ma se vuoi quelli,
anche se costano di più te li prendo ugualmente.”
“Dio, ma di
che stai farneticando?” Sibila, inarcando con irritazione il
sopracciglio destro.
“Eh? Ma di
prima, no? Quando ti ho detto… Non hai ascoltato una sola
parola, vero?! Bah, lascia stare!”
“Usuratonkachi[1].” Bisbiglia a fior di
labbra.
“Va teme che
ti ho sentito!” Esclama Naruto offeso, mettendo su il
broncio. “Ma davvero pensi che io sia inutile?”
Aggiunge poco dopo, con voce mesta.
Sasuke tira le labbra in
una lieve smorfia. Quella domanda oltre ad essere inaspettata
è pure troppo imbarazzante e inopportuna per i suoi gusti;
“Che
c’è ti sei morso la lingua?”
e se fosse soltanto
scomoda e fuori luogo potrebbe anche farsene una ragione, ma mette
anche in luce con tremenda evidenza le sue sconfinate contraddizioni
personali.
Lo insulto sempre
dandogli dell’inutile, quando invece penso che sia la persona
— l’unica — più importante
della mia vita.
“Tzs.”
“Sarebbe
questa la tua risposta?” Commenta seccato, portandosi le mani
dietro la nuca.
“Taci,”
Ringhia a denti stretti. “us’ratonkachi.”
“Teme.”
Borbotta Naruto di rimando, giusto per avere l’ultima parola.
Alza lo sguardo al cielo osservando le sporadiche nuvole bianche,
mentre segue Sasuke a qualche passo di distanza.
I due ragazzi sono un
vero e proprio catalizzatore di sguardi, lo conferma il fermarsi
improvviso della maggior parte dei passanti non appena sono a portata
di vista. Molti abitanti di Konoha non sono ancora abituati
all’idea di ritrovarsi un ex-ninja traditore tranquillamente
in giro per il villaggio, e alla situazione già di per
sé paradossale si aggiunge anche il lato ironico di vederlo
perennemente accompagnato da quel casinista di Naruto Uzumaki, il suo,
per così dire, custode
personale.
Quindi, una buona dose a
ciascuno di occhiate perplesse e di biasimo, quest’ultime
dedicate in particolar modo all’Uchiha, non gliele risparmia
proprio nessuno.
Sasuke è
costretto ad ammettere che quegli sguardi insistenti e per nulla
amichevoli stanno incominciando a irritarlo, e con la coda
dell’occhio cerca il volto di Naruto per verificare se anche
lui è dello stesso avviso, ma ne resta deluso
poiché l’amico sembra fregarsene altamente,
impegnato più che altro a sputacchiare per terra i noccioli
di ciliegie, che di tanto in tanto ruba dalle fronde basse degli alberi
che fiancheggiano il viale.
Adesso che ci pensa
saranno almeno dieci minuti che Naruto non spiccica parola e questo in
un certo senso lo turba. La sua voce ha come un effetto estraniante su
di lui, lo allontana dai pensieri dolorosi riempiendogli la testa di
altro, e anche se questo altro
si rivela il più delle volte estremamente snervante e
fastidioso, per Sasuke è molto meglio che essere da solo
faccia a faccia con i suoi ricordi.
Bene, che la Naruterapia inizi.
“Ti faccio
presente che non sei costretto a seguirmi, dobe.” Proferisce
mordace. Non c’è modo migliore, e soprattutto non
ne conosce altri, per cominciare una piacevole conversazione tra amici.
“Ne,
teme,” Mugugna sputando l’ennesimo nocciolo tra i
cespugli. “guarda che se dipendesse da me stai certo che
spenderei il mio tempo più decentemente di
così.”
“A volte ho
come l’impressione che te ne approfitti.” Mormora
sibillino, gettando una rapida occhiata a Naruto per vedere la sua
reazione.
“Che stai
insinuando scusa?”
“Che mi stai
dietro più di quanto ti sia richiesto.”
“Ancora con
questa storia? Sai che ti dico? Che tu hai le manie di persecuzione!
Come puoi minimamente pensare che mi faccia piacere starti dietro tutto
il santo giorno, condividere i miei risparmi con te, addirittura il mio
letto e...”
Sasuke irrigidisce ogni
muscolo del corpo al solo sentire quelle parole e, socchiudendo gli
occhi in un’espressione rabbiosa, decide di distrarsi
canticchiando mentalmente il ritornello di qualche canzoncina idiota,
ma quando si rende conto di non conoscerne nessuna si arrende di fronte
all’inevitabile e terribilmente imbarazzante monologo di
Naruto.
“…doverti
seguire perfino al cesso e accompagnarti ogni volta a comprare
‘sti cacchio di senbei come se fossi la tua balia!? No! Ti
assicuro che non è assolutamente piacevole, ma questi sono
gli ordini di Tsunade-baba e non posso farci proprio nulla!”
Termina di abbaiare, accorgendosi improvvisamente che i suoi schiamazzi
hanno attirato più occhiate indesiderate del previsto.
Ora che Naruto si
è finalmente deciso a tacere, cala un tiepido silenzio tra i
due che continuano a camminare a circa un metro di distanza
l’uno dall’altro; sembra quasi di vedere appeso a
mezz’aria un sottilissimo filo rosso a tenerli uniti.
La piccola bottega di
Abeshi fa capolino da dietro l’angolo all’ombra di
alcuni ontani. Sasuke con un rapido ed elegante movimento della mano si
asciuga le gocce di sudore sulla fronte, scompigliandosi la frangia.
Con un lieve sbuffo si ritrova a confermare a se stesso che,
sì, quella è davvero una delle estati
più torride della sua vita.
“Oi,
Sas’ke, guarda in su.” Le parole di Naruto lo
sfiorano dolcemente.
“Cosa.”
Replica atono, senza neanche sforzarsi di dare una flessione
interrogativa al tono di voce.
“Un
aquilone.”
Solleva lo sguardo al
cielo cercandolo, e a pensare che a lui manco piacciono quei cosi volanti.
Ecco che improvvisamente
l’aria dispettosa gli ingarbuglia i capelli neri, e sia le
nuvole che il cielo iniziano a correre veloci proprio davanti ai suoi
occhi.
No, il mondo non
è ancora impazzito, è solo Naruto che dopo aver
preso Sasuke per mano lo trascina via con sé.
É da dodici
anni che nessuno lo teneva più per mano e ora, mentre quella
di Naruto racchiude la sua in una salda presa, è come se una
scarica di adrenalina gli percorresse tutto il corpo.
La mente di Sasuke
è affollata da miriadi di sentimenti sciocchi e scontati, ma
al contempo straordinariamente soffici e piacevoli. Incredibile come il
suo migliore amico riesca, con un gesto così semplice e
spontaneo, ad annientare tutte le barriere che imprigionano il suo
cuore e a scuoterlo fin nel profondo.
La mano di Naruto
è bollente, in confronto alla sua così fredda. Lo
sta ustionando, eppure non intende né smettere di correre
insieme a lui, né tantomeno lasciare la presa, anzi, se
fosse un po’ meno Sasuke
e un po’ più se stesso in un momento simile
potrebbe addirittura scoppiare a ridere o urlare di gioia.
Ramen
e pomodori.
Rivolge uno sguardo sconsolato alla sua cena: una potenziale ciotola di
ottimo ramen irrimediabilmente rovinata. Si potesse poi chiamare
ramen… il piatto in questione sono semplici soba[2] con sugo di pomodoro e qualche
verdura. Si può sapere che fine ha fatto il pollo? O il
maiale? I kamaboko[3]? Le uova? Il miso?
Volatilizzati.
“Dannato
Sasuke e dannato il suo ‘E oggi cucino
io!’” Borbotta a bassa voce Naruto, rimestando con
nervoso gli spaghetti.
Dopo aver scrutato con
sospetto l’ennesimo boccone, porta le bacchette alla bocca
masticando titubante. A esser sinceri non è proprio
così pessimo, ma non può certo definirsi ramen!
Al massimo gli concede la nomina di ‘aborto di quello che
sarebbe dovuto essere’.
Solleva un altro grumo
di soba e polpa di pomodoro. In fin dei conti, pessima o a malapena
commestibile che sia, quella roba
l’ha fatta Sasuke, e già questo di per
sé è un motivo più che valido per
sforzarsi di apprezzare la cena.
In questa sera
d’estate c’è pace e
tranquillità. C’è Naruto seduto sul
bordo del porticato che rigira i soba sulle bacchette mentre immerge i
piedi nudi nell’erba, e c’è Sasuke
accovacciato sul ciliegio di casa Uzumaki con una gamba a penzoloni.
Naruto
l’osserva d’ogni tanto, alzando lo sguardo per
scovare il suo profilo tra le fronde. Fra tutti gli alberi del giardino
Sasuke sale unicamente su quello lì, come se fosse il
prescelto, disdegnando il bellissimo pesco e l’alto nocciolo.
Tra la chioma verde e i rami flessibili del ciliegio è
capace di trattenersi anche per ore osservando il tramonto e il lento
calar della sera.
È in questi
momenti che Naruto ha come l’impressione che
nell’amico scatti qualcosa, forse, una sottile malinconia del
passato.
Sasuke non manca mai
l’occasione per ribadire che è del tutto
indifferente a Sakura, ma Naruto è convinto che la sua sia
solo la solita farsa in cui dice il contrario di ciò che
realmente pensa. Quel ciliegio su cui sale tutte le sere ne
è la dimostrazione. Può anche darsi che si
sbagli, eppure ha come l’impressione che la vicinanza di
Sasuke a quell’albero, che porta lo stesso nome
dell’amica, sia il suo modo per colmare la mancanza di
Sakura, per placare la nostalgia di quei giorni lontani, quando loro
tre erano ancora una squadra e la follia della vendetta non si era
ancora impadronita del suo cuore.
Sopra i due
ragazzi si staglia il cielo della sera con le sue meravigliose
tonalità del blu che diventano verso l’orizzonte,
dove il sole è tramontato, più chiare e luminose,
di un azzurro tenue screziato di rosa.
I vivaci colori del
giardino, ora che il sole non può più
illuminarli, sono mutati nelle fredde tinte del mare e rischiarati
soltanto dai giochi delle lucciole tra gli steli d’erba. I
tulipani rossi del viale sembrano delle coppe dai grandi petali
turchesi, mentre i caldi girasoli si richiudono su se stessi chinando
il capo in attesa di un nuovo giorno.
Naruto poggia a terra la
ciotola ormai vuota e solleva lo sguardo per cercare la figura di
Sasuke nascosta tra le fronde, ma non riuscendo a scorgerlo
è subito sopraffatto dalla preoccupazione. Il suo cuore
perde un battito e poi lo recupera insieme ad un altro milione quando
con la coda dell’occhio ritrova l’amico: Sasuke
è proprio davanti a lui, con quella maglia bianca e sempre troppo larga, con
quelle labbra tirate in una sottile linea orizzontale, e i capelli neri
e spettinati che gli incorniciano il volto. Sasuke ha la stessa
maestosità ed eleganza di una pantera, ma al contempo
è debole e dannatamente fragile, come il cuore di una
quattordicenne.
Uno sbatter di ciglia
è sufficiente perché Naruto si ritrovi un braccio
dell’Uchiha poggiato sulla spalla e quel viso perfetto
accanto al suo. Il profumo di Sasuke gli invade le narici e schiudendo
lievemente le labbra cerca di respirarlo anche con la bocca, è lo stesso identico
profumo dell’attimo prima che ti accada qualcosa di bello.
Naruto resta immobile
con i capelli serici di Sasuke che gli solleticano una guancia, aspetta
solo che arrivi il
qualcosa di bello.
“Vieni
dentro.” Mormora raucamente. La voce non è
più atona come al solito, ma flessa in una particolare
intonazione.
Naruto sgrana gli occhi
azzurri per un istante. La vicinanza di Sasuke gli ha sempre fatto uno
strano effetto: lo agita e gli dà pace, lo entusiasma e lo
sotterra, è come un pugno nello stomaco e il sesso,
depressione ed euforia insieme.
In quelle due parole
Naruto è capace di leggerci di tutto: disperazione, malizia,
rabbia, erotismo. — Vieni dentro casa —,
— Naruto, vieni con me —, — vieni
—, — Naruto, vienimi dentro —. Non ci
capisce più nulla, la voce profonda di Sasuke sa pizzicargli
con maestria ogni singola corda dell’anima.
Quella semplice
frase con le sue sfumature e interpretazioni contrastanti, la forza di
Sasuke e la sua intima fragilità, il suo cuore che batte
furioso e il freddo autocontrollo. Sasuke è un urlo
straziante e il silenzio dei sensi, odio intrinseco all’amore.
È antitesi e contraddizione, è incoerenza
assoluta.
Naruto si volta lentamente verso di lui. Lo guarda negli occhi, gli
osserva la bocca sottile, ma invitante, e i lunghi capelli che gli
sfiorano il volto. Gli prende una ciocca tra le dita — ha
sempre desiderato farlo — e con un gesto spontaneo attira
Sasuke verso di sé, baciandolo a fior di labbra.
Non
c’è rabbia, né impazienza,
né disperazione, è solo un bacio dolcemente
provocante, vagamente passionale, pieno di curiosità e
sentimenti che s’intrecciano.
Sasuke stringe gli occhi
colto da qualche emozione più forte delle altre, e quasi si
lascia andare sull’amico circondandolo in un debole e
solamente accennato abbraccio. Vuole prolungare il suo legame con Naruto,
sentirlo parte di sé, avere il suo sapore impresso per
sempre, vuole dimenticarsi di qualcosa e ricordare solo di questo
istante.
Termina
l’unione delle labbra, e Sasuke rimane con gli occhi fissi
sul volto di Naruto e la mano che ancora gli stringe possessiva un
braccio.
Schiude la bocca, mai
prima d’allora aveva sentito il bisogno così
assoluto di esprimere un sentimento; ma è dannatamente
difficile per lui dar voce alle emozioni, è come se mettesse
a nudo la sua parte più vulnerabile e non può
sopportarlo.
Alla fine sceglie di tacere, e così fa riassopire quel
coraggioso sentimento nel cuore che scalpita, singhiozza, urla
disperato, perché si rifiuta di essere ancora una volta il
cimitero dell’amore. Ma Sasuke non vuol sentir ragioni, che
gridi pure, che gli sfondi il petto quell’insensato cuore,
tanto lui è ancora troppo debole per accorgersi anche solo
di esserlo. Serra le labbra e abbassa lo sguardo.
“Ti voglio
bene, Sas’ke.”
Alza gli occhi neri non
appena quel sussurro gli trapassa le orecchie. La voce di Naruto
è piena di calore e le sue parole sono talmente cariche di
sincerità che non riescono a librarsi e disperdersi
nell’aria, ma rimangono sospese tra loro due.
Naruto, al contrario di
Sasuke, è fortissimo e coraggioso, non ha paura di soffrire
e dice sempre quello che pensa.
Uchiha volta il capo di
lato e, corrucciando le sopracciglia, allunga sulle labbra un amaro
sorriso. Poi si gira improvvisamente verso l’amico, con i
lineamenti del viso tesi e i pugni serrati.
“Idiota!”
Lo sgrida alzando la voce.
Naruto rimane allibito a
fissarlo, mentre Sasuke si tira su in piedi evitando accuratamente di
rivolgergli lo sguardo. Allora si alza anche lui di scatto,
ritrovandosi a pochi centimetri dal volto di Sasuke, e con una rabbia e
frustrazione addosso non indifferenti.
“Ehi! Stupido
di un Uchiha, che c’è? Non ci credi a quello che
ti ho detto?”
Sasuke tace continuando
a negargli lo sguardo. Non è che non ci crede, semplicemente
non si capacita di come Naruto possa sprecare il suo tempo a voler bene
a una persona come lui.
“Ahou sai che
ti dico? Che…”
“Cosa.”
Gli spezza la frase bruscamente, guardandolo finalmente negli occhi.
“Non
m’interrompere teme!” Abbaia arricciando il naso e
afferrandogli con forza un lembo della maglia. “Che non me ne
frega niente se non mi credi! Io saprò dimostrartelo ogni
volta!”
Che Dio gliene scampi
dal subirsi le dimostrazioni di affetto di Naruto, soprattutto
perché lui… perché lui non se le
merita.
Sasuke socchiude le
iridi scure e, alzandosi appena sulla punta dei piedi, posa un bacio
rude e impacciato sulla fronte di Naruto.
A loro basta un solo
scambio di colpi per comprendersi alla perfezione, e lo stesso vale per
quando si baciano, i loro sentimenti scaturiscono spontanei senza
alcuna possibilità di fermarli. Naruto sa già
tutto, conosce ogni cosa, Sasuke gli ha appena detto che va bene così.
Il fusuma si apre con il suo inconfondibile rumore che sa di casa, Sasuke
entra, Naruto lo segue. Non c’è più
bisogno di dirsi nulla.
Alla
fine, Naruto,
è
sempre la solita
tacita
promessa
‘il
mio cuore, le tue mani’.
Note:
[1] = Lo so, lo so
che sapete perfettamente cosa vuol dire, ma aggiungo soltanto una
piccola precisazione per far capire meglio una frase della fanfiction.
‘Usuratonkachi’ letteralmente significa "piccolo
martello" e quindi potrebbe voler dire anche inutile.
[2] = I soba sono un piatto della cucina giapponese consistente di
sottili tagliatelle di grano saraceno, solitamente cotti e serviti con
varie guarnizioni e condimenti. Occasionalmente si usa soba per
riferirsi alle tagliatelle in generale. A volte il ramen viene chiamato
chūka soba o shina soba (entrambe le parole significano "spaghetti
cinesi").
[3] = Sono le rotelline del ramen!^-^
Angolino
dell’autrice:
Ciao a tutti!
Come prima cosa
vorrei ringraziare di cuore chi ha recensito il precedente capitolo: wari, ryanforever, Lovy chan, DienLeben, AliH, Aria_chan e Ilarione. Le vostre
recensioni mi hanno reso davvero felicissima!
Mille grazie anche
a chi ha inserito la storia nelle preferite, ricordate e seguite!
Passando al
capitolo, spero veramente di non avervi deluso, anche se credo proprio
di averci ficcato un po’ troppo zucchero e la mia solita dose
di banalità e fesserie a vanvera xD
Comunque sia, ci
tengo a sapere cosa ne pensate, quindi se avete tempo e voglia, sarei
felice di ricevere la vostra opinione!
Un bacione grande
a tutti coloro che hanno letto, seguito e commentato ^-^
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