Spirito inquieto
(Cara sorella…)
Mi
chiamo Danielle Marie Angélique, contessa di Recamier.
Il mio
nome non vi dirà niente probabilmente, ma tra un attimo capirete.
Per
tutti coloro che mi conoscono, parenti o amici occasionali, sono solo Danielle.
Ebbene,
sono la quinta figlia di uno dei personaggi più illustri e discussi tra i
militari di Francia, il generale Jarjayes, uomo chiacchierato in società, non
certo per causa mia.
Sono nata venticinque anni fa,
in una sera di temporale, nella casa atavica dei miei genitori poco distante da
Versailles, come tutte le mie sorelle.
Le figlie del generale Jarjayes.
Tutte femmine, tutte bellissime
e destinate come donne a sposarsi per generare figli e perpetuare illustri
discendenze nobiliari. Ma non basta; ci sono altre tradizioni di
fondamentale importanza che vanno portate avanti nella famiglia di un generale
fedele alla corona di Francia, e queste, solo l’erede di sesso maschile le può
assolvere.
Così, per sei volte, mia madre
docile, ha vissuto l’ansia e l’attesa che finalmente arrivasse questo agognato
figlio maschio… e invece… ogni volta ha dovuto sopportare la colpa di aver
generato un’altra femmina e leggere con timore, la delusione mista alla rabbia
sul volto del generale, nostro padre. Chissà quanti dubbi e quanti dolori hanno
torturato il suo cuore di madre.
Dai racconti
della mia balia, quella strana sera d’inverno, un temporale infuriava battendo
violentemente contro le imposte del nostro palazzo; tuoni e fulmini
squarciavano il buio, mentre mia madre era in travaglio accudita dalla vecchia
governante.
Mia madre era
angosciata da un triste presentimento: forse aveva paura per la creatura che
stava per mettere al mondo; sentiva che tutte le forze della natura stavano
cantando il preludio alle difficoltà che avrebbe dovuto affrontare nella sua
vita.
E ancora non
immaginava quanto sarebbe stata bizzarra la sorte che mise al mondo due delle
sue figlie. Le ultime di sei fanciulle indesiderate, per la gioia di nostro padre.
Nostra
madre, Madame Jarjayes, ci ha amate tutte, colmandoci di quell’affetto che il
generale non concedeva liberamente; ma forse di più, o solo in modo diverso, ha
amato Oscar per la stessa ragione, quella figlia che le è stata tolta troppo
presto, che più delle sue sorelle reclamava quell’amore di cui tutti i figli
hanno bisogno.
Sono di
poco più vecchia di Oscar; pochi minuti hanno determinato le nostre esistenze
così differenti.
Ho i
suoi capelli biondi e identici occhi di un blu ceruleo, inquieti e profondi
come il mare della Normandia; sono la sua gemella, quella che è stata allevata
come una donna normale e l’ultima con cui lei abbia giocato da bambina.
Anzi,
sono l’unica, perché le altre più grandi di noi si sono sposate e hanno
lasciato la casa natale molto presto, quando noi eravamo ancora piccole.
Anch’io,
come loro, mi sono sposata molto giovane; avevo quindici anni, ero una bambina
in confronto a mio marito, un trentacinquenne maturo con un notevole bagaglio
d’esperienza.
Ho partorito i suoi figli, due
creature che sono tra le cose più belle che abbia avuto dall’unione con l’uomo
che sono stata obbligata a sposare.
Una sorte comune a tante nobili
fanciulle di buona famiglia, la mia.
Ricordo benissimo il giorno del
mio matrimonio, non si può certo dire che sia stato romantico.
Credo che mio padre lo abbia
pianificato in fretta, anche per allontanarmi velocemente da Oscar.
Dei mesi precedenti, ricordo
ancora tutti i preparativi; la dote, il trambusto, la presentazione alle
rispettive famiglie, tutte cose che Oscar aveva disertato con la scusa dei suoi
impegni a corte.
E poi, l’emozione consumata di
mia madre, avvezza da sempre al cerimoniale, e più ancora, quella genuina e
commovente di Nanny.
“Sembra ieri che giocavate nel
giardino con vostra sorella. E pensare che madamigella Oscar ha la vostra età,
è bella quanto voi, ma si preoccupa solo di tirar di scherma con quel buono a
nulla di mio nipote!!”
Forse in quel momento, avrei
volentieri scambiato la mia vita con la sua.
Piansi praticamente quasi tutto
il tempo e non perché ero emozionata dalla gioia.
Piansi di rabbia e di paura, di
ansia e delusione.
Nel candore della mia innocenza,
avevo creduto a lungo nel principe azzurro, ma sapevo che il mio futuro marito,
il conte di Recamier, conosciuto solo poco tempo prima, non lo era davvero. Era
un vecchio per me.
Fu un fidanzamento lampo che
durò il tempo necessario a sbrigare tutte le formalità del caso, intervallato
da poche e rapide conversazioni di rito tra me e il mio futuro marito, sotto
l’attento controllo di mia madre che vegliava su quegli incontri come
richiedevano le convenienze della buona società.
All’epoca delle mie nozze, Oscar
già da un anno occupava la carica di capitano delle Guardie Reali, al servizio
della giovanissima Delfina di Francia, la futura regina.
Non dimenticherò mai la sua
espressione di quel giorno; era sinceramente dispiaciuta e preoccupata per me,
ma anche sollevata di non dover subire quella medesima sorte. E pensare che
neppure lei aveva accettato con rassegnazione di indossare l’uniforme, quasi un
anno prima; probabilmente, a distanza di tempo, vedeva quella scelta sotto una
luce diversa.
Avrei potuto essere al posto di
Oscar, se mio padre avesse concepito un attimo prima quell’idea malsana, di
allevare l’ultimogenita come un maschio.
Invece di ventagli e crinoline,
ciprie e belletto, nella mia vita ci sarebbe stata la spada, l’esercito e forse
un uomo come André al mio fianco.
La folle decisione era stata
presa in un attimo dal nostro augusto genitore; quando la governante lo informò
della nascita di due femmine, mio padre aveva strappato l’ultima nata alle
braccia della balia e l’aveva sollevata in alto, come se volesse sfidare Dio,
manifestando il suo proposito incredibile, stravolgendo ogni legge di natura.
Forse sono stata fortunata o
forse no, perché tra le altre cose, ho sempre invidiato a mia sorella la sua
libertà di azione e pensiero. Che sia stato nostro padre o il caso a decidere
delle nostre sorti, ha dato a lei delle possibilità che nessuna donna del
nostro tempo potrebbe mai avere né conquistare.
Il ruolo di potere che ricopre
le permette di fare e dire ciò che vuole e pensa, in un mondo dominato
essenzialmente da ideologie maschili, che non concede spazi alle donne.
Ora è Colonnello delle Guardie
Reali, comanda il primo reggimento del regno di Francia, è rispettata e tenuta
in grande considerazione dallo stesso sovrano e da molti generali dell’esercito
che riconoscono il suo valore, magari solo perché è la figlia del generale
Jarjayes.
Nessuna donna normale potrebbe
godere di un simile privilegio in questa società; ma Oscar è un caso unico in
tutta la storia.
Io ho dovuto adottare strategie
più sottili e raffinate per affermare me stessa in questo mondo. A una
fanciulla nobile e di alto lignaggio viene insegnato che dovrà sempre restare
al suo posto, che sia in un convento di clausura o consorte di un uomo.
Perse innocenza e ingenuità, non
ho mai voluto sottostare a questa regola, ed essendo ben dotata di quelle
tipiche armi femminili quali fascino e seduzione, unite ad un marito piuttosto
assente, ne ho fatto un uso intelligente allo scopo di potermi muovere in
società con sicurezza e libertà.
Al contrario di me, Oscar,
allevata come l’erede legittimo della famiglia Jarjayes, non dovrà mai
sottostare alla volontà di un marito, e quindi, subire le attenzioni di un uomo
che non ama.
Non sentirà mai la necessità di
tradire, come faccio io, per cercare al di fuori del legame coniugale quello
che manca nella tua vita, con la consapevolezza che comunque, quello che hai in
quel momento è solo qualcosa di effimero.
E come tradisco, io subisco
l’onta del tradimento, senza sentirmi umiliata da una consuetudine comune tra
molte coppie legate per interessi e non per amore. Oscar non dovrà mai scendere
a compromessi del genere per la sua felicità.
Da bambine nonostante
l’indole diversa, andavamo d’accordo ed eravamo molto legate; lo siamo ancora
oggi del resto, ma abbiamo avuto poco tempo per giocare insieme, per ovvie
ragioni.
In realtà,
nostro padre faceva in modo che Oscar non frequentasse troppo a lungo le sue
sorelle maggiori; era necessario evitare che ricevesse influenze troppo
femminili. Probabilmente lo giudicava un pericolo alla formazione della sua
carriera militare.
Ma crescere
vicino ad Oscar non è stato facile neanche per me; le difficoltà ci sono state,
subito.
La prima fu
quella di convincere una bambina di essere un bambino, avendo davanti la tua
copia esatta che ti somiglia come una goccia d’acqua e ha un aspetto troppo
femminile; sarebbe stato impossibile per Oscar non avere più di qualche dubbio
sulla sua identità, ma certe cose non si possono nascondere a lungo e con
l’arrivo dell’adolescenza tutto è diventato più complicato.
Per Oscar fu
inevitabile scontrarsi con la sua natura oltre che col padre severo e
intransigente, che non voleva recedere dal suo proposito aberrante; fare di una
donna un soldato.
Fui tentata più
di una volta di dire ad Oscar la verità, ma temevo molto di più la reazione di
mio padre. Alla fine, l’ostinazione del generale raggiunse il suo scopo
ottimamente.
Paradossalmente
io e Oscar eravamo le più belle tra le figlie del generale; chi ci vedeva
crescere insieme, attraverso me, poteva intuire chiaramente la promessa delle
splendida donna che sarebbe diventata Oscar. Ma tutti, famigliari e membri
della servitù, avevamo l’ordine di trattare Oscar come un maschio. Lei era una
fanciulla che si atteggiava come se fosse stata davvero un ragazzo, convinta di
esserlo; la delicatezza del suo sguardo, che nell’età adulta si è fatto più
duro e tagliente rispetto al mio, strideva con il passo deciso e marziale, con
la voce perentoria.
Le veniva
richiesto di essere coraggiosa, forte, non doveva mai cedere alla paura; quante
volte l’ho vista trattenere il pianto stoicamente, in un modo che era
addirittura eccessivo per una bambina della sua età.
Ma davanti a
nostro padre non doveva mai dimostrarsi debole, la pena sarebbe stata la sua
ira.
Non so se la
natura o il fato siano stati concilianti, ma incredibilmente mia sorella
dimostrava di avere tutte quelle doti che ci si sarebbe aspettati di trovare in
un maschio, l’erede tanto desiderato dal generale.
Col tempo, e non senza sforzo,
ho visto Oscar arrivare a dominare la sua natura e soffocarla sotto le sue
severe vesti maschili.
Comunque vicino a lei, anch’io
subivo l’influenza di un’ indole da maschiaccio irriverente e non nego che
certe volte, avrei voluto essere come lei. Oscar, ribelle per natura, assumeva
questo atteggiamento molto spesso quando nostro padre era assente.
Fin da bambina, aveva
l’abitudine di dire apertamente e senza remore quello che pensava, e agiva di
conseguenza, con grande disappunto di nostra madre, che tra sensi di colpa,
timori e sentimenti contrastanti, mal si era sempre adattata al capriccio del
marito di allevare mia sorella come un ragazzo. Il generale non avrebbe
certamente apprezzato i suoi toni insolenti e trasgressivi.
Lo amava, ma lo temeva e avrebbe
fatto quasi di tutto per compiacerlo, tranne che rinunciare alla compagnia
costante del nipote della nostra balia, quel bambino che le era stato messo
accanto come riferimento maschile cui ispirarsi.
Ad esempio, Oscar non accettava
di non poter mangiare in compagnia di André; se si tentava di spiegarle che lui
era semplicemente un membro della servitù e come tale, doveva stare con gli
altri servi, lei, da quella piccola testarda che era, confutava ostinatamente
quella teoria.
“André è un amico, anzi, è come
un fratello per me; se posso mangiare con le mie sorelle, non vedo perché non
dovrei mangiare con lui.”
Si impuntava talmente tanto, che
riuscì ad ottenere di poter pranzare con André quasi ogni giorno. Il generale
probabilmente l’assecondò in questo capriccio, convinto che la compagnia
costante di quel ragazzino, potesse accentuare il suo temperamento maschile.
E io crescevo ed ero affascinata
da lei; siamo gemelle, di conseguenza i nostri caratteri per certi versi erano
e sono molto simili. Ci assomigliavamo, nonostante le nostre educazioni,
fossero assai differenti. Alle mie bambole molto spesso preferivo correre e
saltare sui prati, ero esclusa solo dai giochi con le spade. Ma mi divertivo a
guardare lei e André duellare, tifando ora per l’una, ora per l’altro. Avevamo
una vecchia palla di pezza e ci divertivamo come pazze a lanciarla e lei
pretendeva sempre che André si unisse ai nostri giochi. In un certo modo le
invidiavo anche il rapporto che aveva con lui; ero gelosa della loro amicizia
sincera, profonda, il loro essere sempre complici.
Posso dire con certezza di non
aver mai avuto la gioia di una vera amicizia nella mia vita.
Certo, Oscar a volte cercava
comunque la mia compagnia, o quella delle sorelle maggiori, quando quelle poche
volte che accadeva, le capitava di litigare col suo compagno “d’armi”.
Da bambini non si tenevano il
broncio a lungo in realtà. Erano già troppo uniti anche allora per restare
separati più di qualche ora. In fondo André era davvero l’unico amico che mia
sorella avesse. Ho visto Andrè crescere con lei, vedevo la loro amicizia
crescere forte e vigorosa giorno dopo giorno. Oscar non ha mai legato con i
ragazzini della sua età, forse perché era intelligente e sveglia almeno il
doppio della metà dei suoi coetanei. Lei non ha mai concesso ad altri, ciò che
concedeva a quel fedele e silenzioso attendente.
Tante volte mi sono chiesta
perché…
Perché nessun altro nella nostra
famiglia, né le sue sorelle o sua madre, abbiano mai goduto della sua
confidenza? Dipendeva forse dalla sua educazione maschile?
Anche, certamente.
Con la maturità, avrei capito
anch’io da cosa dipendeva quello strano attaccamento che si era instaurato tra
loro attraverso gli anni; quella comprensione un giorno mi portò a temere che
potesse accadere quello che tra servi e padroni non potrà essere mai, senza
comprendere che mi stavo preoccupando di qualcosa di cui io per prima, sarei
stata vittima.
Continua…
Questa volta mi
sono imbarcata in un’ avventura che potrebbe essere superiore alle mie
capacità; ho quasi inventato un personaggio (una delle sorelle di Oscar,
gemella per giunta, un’ idea che mi intrigava). È da un po’ che mi frullava in
testa questa storia, mi decido solo ora a pubblicarla. Mi preme essere
realistica e verosimile per quanto mi sia possibile e l’aiuto di lettori
attenti sarebbe prezioso e ben accetto; se notate strafalcioni o situazioni che
non vi convincono o vi sembrano deboli vi pregherei di farmelo sapere. Non
abbiate remore a dirmi cosa pensate. Cercherò per quanto possibile di
correggere la mia storia.
Spero che le
premesse vi siano piaciute e che mi seguirete in questa novità. Un saluto a
tutte.