Furbizia e tanti libri.

di Ephi
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Il tempo non è che in lei non passasse, il tempo le si sedeva davanti, come quando un bambino va a teatro per la prima volta; Il Mago di Oz, ecco l'opera. Hermione se ne stava seduta a tavola, una tazza di tè in mano e qualche sorso ogni tanto, la Gazzetta del Profeta con numerose righe qua e là. Sempre la solita, spesso pensava, ma spesso rideva pure, perché per far notizia si scriveva perfino di Folletti stuprati o perfino di draghi allevati nelle contee del Galles. Aveva i capelli corti, ben pettinati, color castano cenere, un taglio netto col passato che aveva ancora addosso, una bruciatura sul braccio che non copriva quasi mai, perché no, non le faceva male, era fierezza, tutto qui. Aveva ancora gli occhi di chi dentro ha un'anima che esulta, un cuore che respira da sé, Hermione era sempre la stessa donna che tutti ricordavano e così, dicevano, sarebbe rimasta. Spesso la si vedeva arrivare al Ministero con la sua BMW, parcheggiare a pagamento e passare a comprare il The Times, perché infondo, diceva, - E' meglio sapere l'indice Nikkei che ascoltar le cantonate dei fanatici di Tu-Sai-Chi -. Se c'era una cosa che non sopportava era la Metropolvere, aveva insistito per ottenere un ingresso normale e non più i gabinetti e Kingsley era arrivato sull'orlo dell'isteria, tanto che si accordò col Parlamento Inglese per ottenere una sala al suo interno dove spostare la sede magica del Ministero per amministrare la Legge Magica anche col mondo dei Babbani. Fu una svolta, un'autentica collaborazione. Con l'obbligo della massima riservatezza, maghi e babbani collaboravano come mai era successo prima di allora, e tutto questo grazie a lei.
Harry, poi, la trattava come se fosse l'amica di tutti i giorni, quella strega davvero più brillante delle sue coetanee e sì, ancora era così. Se c'era una cosa che Hermione non aveva perso era la sua naturale bravura, quella capacità di imparare senza nemmeno faticare, e quell'amore per i libri che, forse, era solo superato da quello per Ron.
Le Fiabe di Beda il Bardo le conservava nel baule ai piedi del letto e qualche volta, nel bel mezzo della notte, Ron cliccava il suo Deluminatore e insieme ripercorrevano quelle pagine che, da sola, aveva tradotto per entrambi. Non amava leggerle ai propri figli, questo è da precisare. Rosie, dal canto suo, non le amava particolarmente, se non fosse per le rune che già cominciava ad ammirare. Hugo, al contrario, le adorava, e spesso era Ron a leggergliele perché, lei diceva, - Ron ha quella naturalezza d'animo a vedere il bello in tutte le cose, anche se traspare la tristezza. Io non riesco a distaccarmi da quel mondo reale come fanno i bambini.

- Hugo, è ora di andare a dormire! -, lo avvertì Hermione finendo il suo tè.
Dal salotto si sentì un mugugno strano, poi un tonfo e infine un principio di soffocamento.
- Niente scuse, non imitare tuo padre e a letto, op, op!
Hugo si rialzò rassegnato e si trascinò in cucina, sorridendole col sorriso migliore che poteva esprimere. Aveva quattro anni e le lentiggini sulle guance, aveva quattro anni ed era suo figlio. La abbracciò tre secondi e poi shizzò al piano di sopra, i capelli rossi fuoco, gli occhi oceanomare di Ronald. Hermione lo seguì con gli occhi e sorrise a sua volta, brillò.
Se c'era una cosa che però adorava in maniera smisurata erano proprio i suoi bambini. I suoi tesori, li chiamava. Quei doni che la vita ti regala dopo che hai lottato per lei una vita intera.










Hermione, che dire:
è me.
mi somiglia da far paura
o io somiglio a lei.
vedetela come volete :3
-sue




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