Dialogo notturno

di Espero
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Alla fine a quella lettera non rispose nessuno

Alla fine a quella lettera non rispose nessuno. Ma lo sento solo io questo rumore? Lo senti solo tu. Rispondere con un si? Con un no? Sarebbe troppo banale? Lo sarebbe. Scommetto che banale non vuoi sembrarlo? Non posso sembrarlo e poi la cosa resta tra noi. Dici che è una cosa tra me e te? Si, è una cosa tra me e te. E gli altri? Gli altri non possono fare nulla? Nulla, non possono fare per te né per me. Ne sei sicura? Ne sono sicura. Dunque non c’è altro essere al di fuori di noi? Non ci può essere altro uomo o donna al di fuori del nostro ego. Questa conversazione è così surreale, non trovi? Sono d’accordo, eppure sai che gli altri non accetterebbero il dialogo dell’uomo e della donna, della ragione e della luce, l’eterno inganno deve rimanere ambiguo, dialogo significa dualità, dualità significa distinzione e non deve esservi distinzione, solo uomo e donna, mai uomo, mai donna, solo androgino. E allora di lei cosa mi dici? Lei è diversa. Perché lei sarebbe diversa? Perché lei ha cessato di esistere al tuo occhio molto tempo fa. E dunque che sarebbe? Morta all’occhio fluttua nottilucente quando chiudi gli occhi spaziando nel tedio olocausto quotidiano. Dunque ormai non è che un’idea? Questo è, nient’altro che questo, un’idea. E il suo corpo? Un’idea. E la sua voce? Un’idea. La sua foto? Simulacro dell’idea, mero epitaffio. Dunque una lapide? Lapide, altro non può essere che la fredda pietra della lapide. E allora il suo bacio?

Cambio di luce sul palcoscenico buio. Un vecchio con vestiti logori rannicchiato su una poltrona sull’estrema destra del palco, molto vicino agli spettatori, abbraccia un orsacchiotto, ha gli occhi chiusi. piange.

Però il suo bacio è vero. non puoi togliere anche questo. Il suo essere fragola di bosco e proiettile di cemento e nave e nuvola e pioggia e terra umida morbida soffice. Essa è vita della tua mente essa è anestetico del tuo dolore e brezza d’orata che ristagna sul capo del febbricolante moribondo. E’ questo che sono? Sono un febbricolante moribondo? Un bambino idiota e deforme? Un freaks storpio che insegue sogni imbecilli e piegati dagli anni a ribollenti pozze di letame? Questo è ciò che sei. Null’altro che uno squallido ammasso di un cancro chiamato sogno, di un tumore chiamato vita. Sei noiosa, te ne rendi conto vero?

Silenzio.





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