Flawless Loop
Che
c’è di male nell’avere allungato
involontariamente una mano per abbracciarla?
Non era stato un gesto
d’affetto o qualche stronzata del genere, lui ne era ben
conscio. Era stato qualcosa di istintivo, cercare il corpo della
propria partner non era nulla di anormale.
Almeno,
così pensava fin quando Adrian non aveva avuto quella
reazione spropositata che gli aveva fatto venire un nervosismo come non
capitava da tempo.
Tutto ciò
che Matt si era permesso di fare era stato semplicemente ignorare il
fatto che la ragazza gli rivolgesse la schiena ed allungare il braccio,
toccandole appena il ventre, per stringere la mano. Voleva
semplicemente sentire il suo calore, anche se ancora non si spiegava il
perché di quella necessità improvvisa. Si era
spiegato più volte perché provasse desiderio per
quella donna, nonostante lei tutto sembrasse fuorché
interessata a lui (un’altra delle cose di cui non riusciva a
capacitarsi era perché si lasciasse andare solo ed
esclusivamente a letto, ma non aveva di che lamentarsi al riguardo) e
lo respingesse a volte anche in malo modo, ma perché avesse
protestato dopo, questo non se lo sarebbe mai spiegato – non
che ne avesse voglia, in effetti.
Era irritato dalla
riluttanza verso uno dei gesti più semplici di questo mondo.
Durante il rapporto,
Adrian rimaneva sempre in silenzio, si poteva sentire soltanto il suo
respiro irregolare, raramente gemeva, ma mai niente più di
questo; a Matt, comunque, stava bene, gli bastava semplicemente
possederla, poco gli importava di sentirla o meno. A volte, dopo, si
lamentava, borbottando tra sé che aveva sentito dolore, o
che non era particolarmente soddisfatta. Altre volte lo schiaffeggiava,
offesa da chissà cosa, quindi non gli parlava per il resto
della nottata (ed era capitato che non gli rivolgesse la parola per
giorni, lo aveva constatato con una nota quasi divertita). Altre volte
ancora, semplicemente gli dava la schiena e dormiva – o
fingeva di farlo.
Era quasi
imbarazzante, a volte, quel silenzio, ma né lui
né Adrian avevano mai fatto niente per evitare che si
creasse, e a Matt anche questo importava relativamente poco.
Quello che gli
importava quella notte – ed era una di quelle volte in cui
Adrian gli dava semplicemente la schiena senza fiatare – era
capire il motivo di tanta stizza.
L’aveva
sentita rabbrividire al suo passaggio, e non appena le aveva sfiorato
la mano era scattata come una furia. «Ascoltami
bene», aveva detto, sollevandosi improvvisamente dopo avergli
schiaffeggiato la mano, costringendolo a scuoterla per alleviare il
bruciore; il suo tono rasentava la rabbia «Il fatto che io ti
lasci fare NON ti autorizza a prenderti determinate confidenze nel
momento in cui il rapporto finisce
ed ognuno ritorna a farsi gli affari suoi. Mi dà fastidio
essere toccata da te quando non necessario, quindi vediamo di non
diventare affettuosi tutto d’un tratto, visto che se ti serve
qualcosa puoi risparmiarti di essere leccapiedi, dal momento che, come
tu ben sai, io e te abbiamo un rapporto di natura strettamente
professionale. Ora, se non ti dispiace, io tornerei a tentare di
dormire, e che non ti salti in mente di cercare amore dalla
sottoscritta. Anche se tu non ne sei capace», disse, quasi
tutto d’un fiato, diventando paonazza in viso e coprendosi
convulsamente con un lembo del lenzuolo. Matt la trovava
particolarmente attraente quando era isterica, ma nulla più
di questo. A quella scenata apparentemente immotivata rispose con un
ghigno divertito, che celava tuttavia una leggera
perplessità: che
cosa aveva fatto di male, in fondo?
Si fissò la
mano con aria inebetita, sentendo ancora il calore di quella di Adrian
sopra di essa. La sensazione gli inviò un piccolissimo
brivido lungo la schiena, niente di più, pensò
semplicemente che sarebbe stato bello riprendere da dove avevano
concluso prima, tuttavia non gli parve il caso di insistere.
Quando lo maltrattava,
Adrian assumeva tutto un altro fascino. Sì, il fascino della
servetta che tenta di darsi un tono ed essere dominante.
L’associazione lo fece sorridere.
Fissò la
donna per qualche secondo, dritto negli occhi, come faceva di solito
quando voleva metterla in difficoltà, senza che il suo
sorriso – gradevole
come una brezza primaverile - desse cenni di
cedimento. «Mi stai prendendo per il culo,
Engarde?», domandò lei, digrignando leggermente i
denti (Dio, quanto
detestava quando lo chiamava per cognome) «Ma
sei idiota o cosa?», chiese ancora, serrando la presa sul
lenzuolo. «Potrei gentilmente sapere che cosa ti prende
così all’improvviso, Adrian? Non mi pare di aver
tentato di strangolarti, o chissà che cosa. Ho allungato una
mano. Allora?», si limitò a proferire Matt, senza
perdere la calma, rimanendo coricato sul fianco, esibendo soltanto
metà del suo corpo (che rischiava di venire ulteriormente
scoperto, se Adrian non l’avesse piantata di tirare e
contorcere il lenzuolo), perfettamente incurante di tutto
fuorché del motivo per cui la ragazza lo aveva mandato a
quel paese così bruscamente. Non ottenendo alcun tipo di
risposta se non imprecazioni mormorate, l’attore
sospirò e, alzando gli occhi, disse solenne: «Chi
ti capisce è bravo. Dico sul serio. Per fortuna non
è un mio problema». Adrian neppure gli rispose.
Semplicemente gli fece capire che lo aveva mandato al diavolo e si
voltò sul fianco sinistro, lasciando scoperta la schiena
nuda, sbuffando sonoramente ed incrociando le braccia al petto.
Matt non
osò toccarla per tutto il resto della notte.
La fissò,
però. La fissò intensamente, nella penombra.
Erano troppe le cose
che non capiva di quella donna con cui dormiva praticamente tutti i
giorni, con la quale non aveva una vera e propria relazione (visto e
considerato che lei, teoricamente, usciva con Juan Corrida) ma che era
riuscita a catturare minimamente il suo interesse – ed era
raro, dato che per lui le donne non erano altro che un gioco. Era una
sorta di amante fissa, che non parlava, si lasciava fare praticamente
di tutto, ma pretendeva pudicamente di essere lasciata in pace nel
momento esatto in cui il rapporto terminava.
Adrian era strana, per
lui. Era fondamentalmente una donna inutile che soffriva di
co-dipendenza, e che lo aveva tampinato con insistenza soltanto per
“diventare” Celeste; insomma, qualcuno di cui
avrebbe potuto sbarazzarsi senza rimpianti. Era bella, però.
Molto. Era molto più bassa di lui, ora che lo notava. Aveva
la pelle chiara, pulita, praticamente perfetta. Tuttavia, gli occhi
erano quasi sempre cerchiati da occhiaie, che venivano coperte con
abbondante correttore. Gli occhi erano freddi, ma comunicavano molto;
comunicavano cose che a lui non interessavano. Gli comunicavano disprezzo.
Entrambi, senza
volerlo, avevano innescato una deliziosa routine che comprendeva
giornate di lavoro estenuanti, e notti altrettanto faticose, forse
anche più del lavoro stesso. Si procedeva così:
svegliarsi, spaccarsi la schiena, mangiare, bere, scopare e dormire.
Era sempre
così, da un po’ di tempo.
Noioso, no?
Non per Matt. A lui
non interessava niente. A lui interessava capire solamente due cose:
perché Adrian quella notte lo avesse respinto in malo modo
(peggio del solito), e che cosa veramente ci trovasse in lei.
Perché
qualcosa ci trovava, di questo era sicuro. Solo, non capiva cosa fosse.
«Chi ti capisce è
bravo, bella. Veramente bravo»,
ripeté sottovoce, per poi voltarsi sospirando, dando la
schiena all’altra.
Per quella notte, le
riflessioni erano terminate.
Avrebbero dormito, e
domani mattina avrebbero ripreso a comportarsi come al solito: in
termini strettamente professionali.
E
quella routine a cui non avrebbe potuto rinunciare sarebbe
ricominciata, senza imperfezioni.
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